Le cessioni di beni con posa in opera sono escluse dal reverse charge. Questo in quanto tali operazioni costituiscono ai fini IVA cessioni di beni, e non prestazioni di servizi. Questa è la regola generale da tenere a mente quando riceviamo una fattura per la fornitura di un bene comprensiva della sua posa in opera. In alcuni casi il confine tra cessione con posa in opera e appalto è assai labile.
Pertanto, per distinguerli è necessario eseguire un’indagine circa la reale intensione delle parti e le caratteristiche dell’operazione. Senza l’analisi del contratto di compravendita, spesso, nella realtà è difficile individuare le cessioni di beni con posa in opera. Di seguito, quindi, andremo ad analizzare la disciplina IVA riguardante le cessioni di beni con posa in opera.
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Cessione di beni con posa in opera: applicazione del reverse charge
L’articolo 17, comma 6, lettera a-ter), del DPR n. 633/72 prevede l’applicazione del reverse charge per le prestazioni di servizi “di pulizia, di demolizione, di installazione di impianti e di completamento relative ad edifici“.
Per individuare le prestazioni di servizi che oggettivamente rientrano nell’ambito del reverse charge, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che si deve fare riferimento alle attività descritte nei codici Ateco elencati nella Circolare n. 14/E/2015. In proposito è utile ricordare che, per le prestazioni in questione, il meccanismo del reverse charge si applica a prescindere dalla circostanza che:
- Il prestatore sia un soggetto che opera nel settore edile. Quindi, è irrilevante il fatto che svolga un’attività inquadrata nella sezione F della classificazione Ateco 2007;
- Le prestazioni siano rese dal subappaltatore nei confronti delle imprese costruttrici o ristrutturatrici. Ovvero nei confronti dell’appaltatore principale o di un contraente generale a cui venga affidata la totalità dei lavori.
Per approfondire: “Reverse charge in edilizia: la disciplina IVA“.
Cessione di beni con posa in opera: applicazione dell’IVA in fattura
Sono escluse dal meccanismo del reverse charge in ambito edile le forniture di beni con posa in opera. Questo in quanto tali operazioni, ai fini IVA, costituiscono cessioni di beni e non prestazioni di servizi. Il punto è stato oggetto di conferma da parte dell’Agenzia delle Entrate, rispettivamente:
- Per la disciplina di cui alla lettera a) dell’articolo 17, comma 6, del DPR n. 633/72, in diversi documenti di prassi (Circolare n. 37/E/2006 e Risoluzione n. 148/E/2007);
- Per la disciplina di cui alla lettera a-ter) dell’articolo 17, comma 6, del DPR n. 633/72, nella Circolare n. 14/E/2015.
Non deve trarre in inganno il fatto che alcuni codici Ateco individuati nella Circolare n. 14/E/2015 indichino prestazioni di “posa in opera“. È il caso, ad esempio, del codice 43.32.01 – “posa in opera di casseforti, forzieri, porte blindate” e del codice 43.32.02 – “posa in opera di infissi, arredi, controsoffitti, pareti mobili e simili“.
Sulla base di questo ragionamento, trattandosi di prestazione e non di cessioni anche la mera posa in opera di serramenti, fornita dall’artigiano al produttore di serramenti, dovrebbe essere assoggettata al meccanismo del reverse charge. Per cui, la mera posa in opera di beni forniti da terzi, se rientrante nei codici Ateco sopra individuati, è soggetta a reverse charge.
Individuazione delle cessioni di beni con posa in opera
Il criterio per qualificare un’operazione come cessione di beni con posa in opera piuttosto che come prestazione di servizi risiede nella prevalenza dell’obbligazione di dare rispetto al facere. Per individuare l’effettiva prevalenza della cessione rispetto alla prestazione si può fare utile riferimento ai criteri contenuti nella sentenza Corte di Giustizia UE 29.3.2007 causa C-111/05.
Secondo i giudici comunitari, “il rapporto tra il prezzo del bene e quello dei servizi è un dato obiettivo che rappresenta un indice di cui si può tener conto nel quantificare l’operazione“, tuttavia “il costo del materiale e dei lavori non deve, da solo, assumere un’importanza decisiva” nella valutazione.
La distinzione tra cessione di beni e prestazione, nei casi controversi, può essere risolta indagando la reale volontà delle parti (di porre in essere una cessione piuttosto che una prestazione), desumibile dalla “descrizione delle clausole del contratto“.
Nello stesso senso, l’Agenzia delle Entrate ha affermato che, per stabilire “se sia prevalente l’obbligazione di dare o quella di fare, occorrerà fare riferimento alla volontà contrattualmente espressa dalle parti“.
La volontà delle parti
Con riferimento al suddetto principio, l’Agenzia delle Entrate, nella Circolare n. 37/E/2015, specifica ulteriormente che:
- Quando il programma negoziale posto in essere delle parti abbia quale scopo principale la cessione di un bene e l’esecuzione dell’opera sia esclusivamente diretta ad adattare il bene alle esigenze del cliente senza modificarne la natura. Tali contratti sono senz’altro qualificabili quale cessioni di beni con posa in opera;
- Se la volontà contrattuale è quella di addivenire ad un risultato diverso e nuovo rispetto al complesso dei beni utilizzati per l’esecuzione dell’opera, allora la prestazione di servizi si deve considerare assorbente rispetto alla cessione del materiale impiegato.
Un ulteriore elemento rilevante, per individuare la natura dell’operazione effettuata, consiste nel valutare se le parti “abbiano inteso attribuire prevalenza all’attività lavorativa prestata o all’elemento della materia“. Infine, appare utile indicare un criterio proposto dalla dottrina, per distinguere le prestazioni di servizi rispetto alle forniture di beni con posa in opera, risiederebbe nell’indagare se l’attività dell’operatore economico consiste nella produzione o commercio dei beni piuttosto che nella prestazione di servizi.
Posa in opera e chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate
Seguendo questa impostazione, ad esempio, rientrerebbero nell’ambito della disciplina del reverse charge tutti gli interventi posti in essere dagli artigiani. Vediamo adesso, alcuni casi di cessioni di beni con posa in opera, a cui ha dato risposta l’Agenzia delle Entrate:
- Fornitura con posa in opera di impianti di riscaldamento, condizionamento, lavanderia, cucina, infissi, pavimenti qualora l’assuntore dei lavori ne sia il fabbricante
o il commerciante abituale – Considerate cessioni di beni con posa in opera (R.M. 5.7.76 n. 360009); - Installazione impianti di allarme e loro manutenzione ordinaria – Considerate cessioni di beni con posa in opera (Risoluzione n. 164/E/2007);
- Fornitura con posa in opera di controsoffitti e pareti in cartongesso per ampliamento e ristrutturazione locali – Considerata prestazione di servizi (Risoluzione n. 220/E/2007);
- Fornitura con posa in opera di pannelli in acciaio-porcellanato – Considerate cessioni di beni con posa in opera (Risoluzione n. 255/E/2008);
- Fornitura di kit solare e materiale generico per l’installazione di impianti fotovoltaici – Considerate prestazioni di servizi (Risoluzione n. 474/E/2008).
Posa in opera effettuata dal terzista
Il meccanismo del reverse charge non trova applicazione in presenza di un accordo negoziale che ha natura di “fornitura di beni con posa in opera” e non di “prestazione di servizi“. Si evidenzia il particolare caso in cui un’impresa che produce o commercializza determinati beni li cede ad impresa edile assumendo anche l’obbligazione accessoria della posa in opera. Attività per la quale tuttavia si rivolge a sua volta ad un soggetto che svolge esclusivamente attività di installazione dei beni in questione.
Non si applica il meccanismo del Reverse Charge di cui alla lettera a) dell’articolo 17, comma 6, del DPR n. 633/72.
Difatti, posto che il rapporto tra committente e impresa di produzione e commercializzazione non si configura come prestazione di servizi in appalto (ma come cessione di bene con posa in opera). Ne consegue che anche il rapporto tra installatore e impresa di commercializzazione, ancorché avente per oggetto una pura prestazione di servizi riconducibile al settore edile, risulta escluso dall’inversione contabile.
Terzista per l’installazione non fa subappalto
Questo, non potendosi configurare quale subappalto per il semplice fatto che a monte di tale rapporto non vi è altro rapporto di appalto o subappalto, ma appunto una cessione di beni con posa in opera. Per quanto concerne la fattispecie di reverse charge di cui alla lettera a-ter) dell’articolo 17, comma 6, il caso in cui la posa in opera del bene ceduto sia effettuata da un soggetto terzo rispetto al cedente il bene non è stato affrontato dall’Agenzia delle Entrate.
Si può, tuttavia, fare utile riferimento al contenuto della Risoluzione n. 172/E/2007, nella quale l’Agenzia delle Entrate, in relazione alla fattispecie di cui alla lettera a) dell’articolo 17, comma 6, ha ritenuto che, nel caso di cessione di bene con posa in opera e affidamento della posa ad un soggetto terzo, il meccanismo del reverse charge non si applica:
- Né con riferimento alla prima cessione tra committente e cedente il bene con posa in opera;
- Né nel rapporto tra il prestatore del servizio ed il soggetto cedente il bene.
Passando all’analisi delle cessioni con posa in opera rientranti nella lettera a-ter) dell’articolo 17 comma 6 del DPR n. 633/72, si tratta di valutare se le conclusioni raggiunte dalla Risoluzione n. 172/E/2007 possano essere confermate anche per tale fattispecie.
Poiché l’applicazione del meccanismo del reverse charge riguarda non soltanto le opere effettuate nei contratti di subappalto, ma tutte le prestazioni rese nei rapporti B2B riferiti a servizi di pulizia, demolizione, installazione impianti e completamento di edifici, sembrerebbe doversi concludere che quanto affermato nella Risoluzione n. 172/E/2007 non trovi piena applicazione con riferimento alla lettera a-ter) dell’articolo 17 comma 6 e, quindi, la fattura del soggetto terzista debba essere emessa con il meccanismo del reverse charge.
Consulenza
In questo articolo ho cercato di fornirti una serie di informazioni utili per capire quando la cessione di beni con posa in opera non applica il reverse charge.
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