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Acconto sul prezzo o caparra: la disciplina Iva

IVA nei rapporti con l'esteroAcconto sul prezzo o caparra: la disciplina Iva

La differenza ai fini dell'imposta sul valore aggiunto tra acconti e caparre sul prezzo.

Un acconto è un pagamento anticipato di parte dell’importo della fattura in un momento diverso in cui avviene la cessione di beni o la prestazione di servizi. Una caparra è l’anticipo di una somma di denaro versata a titolo di garanzia dell’adempimento di un contratto. Queste due forme di pagamento hanno una diversa applicazione dell’Iva.

Nelle operazioni commerciali molto spesso si assiste al versamento, antecedentemente al momento della conclusione dell’operazione, di somme di denaro da parte dell’acquirente del bene. Per conoscere il trattamento Iva da applicare in tale situazione è necessario comprendere se tale versamento è stato eseguito a titolo di acconto o di caparra.

L’art. 13 comma 1, del DPR n. 633/72 stabilisce che l’IVA è calcolata sull’ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all’esecuzione, nonché inclusi i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti. Laddove, poi, antecedentemente al momento della conclusione di un’operazione commerciale l’acquirente versi somme di denaro al fornitore, per determinare il trattamento ai fini dell’imposta sul valore aggiunto occorre, come sopra evidenziato, comprendere se il denaro viene versato a titolo di acconto o di caparra (confirmatoria o penitenziale).

Versamenti a titolo di acconto sul prezzo

Laddove venga versato un anticipo del prezzo, lo stesso assume rilevanza ai fini Iva e la relativa operazione deve considerarsi effettuata alla date del pagamento. Questo, limitatamente, tuttavia solo all’importo pagato. In pratica gli acconti, costituiscono un anticipo sul pagamento del prezzo dovuto, che viene consegnato dall’acquirente al venditore, al fine di confermare la propria volontà all’acquisto (di un bene o di un servizio).

Affinché l’imposta possa diventare esigibile, nel corso del versamento di un acconto senza che la cessione o la prestazione sia ancora stata effettuata, occorre che tutti gli elementi qualificanti del fatto generatore, vale a dire la futura cessione o la futura prestazione, siano già conosciuti e dunque, in particolare, che, nel momento del versamento degli acconti, i beni o i servizi siano specificatamente individuati. Ciò che caratterizza gli acconti, rispetto alla caparra, è che il versamento a titolo di acconto deve essere restituito ogni volta che il contratto non si conclude, indipendentemente dalla responsabilità delle parti. Per ottenere il risarcimento di un danno arrecato, la parte danneggiata dovrà fare causa all’altra al fine di dimostrare di aver subito un danno.

Applicazione dell’Iva

Nell’ipotesi di versamento di una somma di denaro a titolo di acconto, il cedente dovrà, pertanto, emettere fattura con addebito di imposta. In particolare, dovrà emettersi una vera e propria fattura Iva, con indicazione di tutti gli elementi previsti dalla Legge (non può utilizzarsi, cioè, una semplice fattura pro-forma). La fattura emessa dovrà essere annotata sul registro dei corrispettivi, secondo le ordinarie modalità e i tempi fissati dalla disciplina in materia. Al momento, poi, della consegna dei beni, deve essere emessa da parte del fornitore una fattura a saldo. Nel documento emesso l’ammontare dell’acconto versato deve essere decurtato dell’imponibile relativo ai beni e servizi forniti. Anche questa fattura dove essere annotata sul registro dei corrispettivi, secondo le ordinarie modalità e i tempi fissati dalla disciplina in materia.

Versamenti a titolo di caparra

Al contrario, nell’ipotesi in cui la somma versata sia riferibile ad una caparra, questa non è soggetta ad IVA. Questa, infatti, non costituisce il corrispettivo di una prestazione di servizi o di una cessione di beni, in quanto assolve una funzione risarcitoria, e non è pertanto soggetta ad Iva per mancanza del presupposto oggettivo. La Risoluzione n. 197/E/2007 dell’Agenzia delle Entrate ha preso in considerazione le differenze tra acconto e caparra, in relazione al trattamento del preliminare ai fini dell’imposta di registro fornendo anche chiarimenti in materia di Iva. Secondo l’Agenzia delle Entrate, a differenza dell’acconto, la caparra confirmatoria non rappresenta un anticipo del prezzo, rivestendo natura risarcitoria in caso di inadempimento contrattuale.

La caparra confirmatoria

Sul tema l’articolo 1385 del codice civile recita:

“Se al momento della conclusione (1326) del contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di danaro o una quantità di altre cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento, deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta (1194). Se la parte che ha dato la caparra è inadempiente (1218), l’altra può recedere dal contratto, ritenendo la caparra; se inadempiente è invece la parte che l’ha ricevuta, l’altra può recedere dal contratto ed esigere il doppio della caparra (1386,1826; att. 164).
Se però la parte che non è inadempiente preferisce domandare l’esecuzione o la risoluzione (1453 e seguenti) del contratto, il risarcimento del danno è regolato dalle norme generali (1223 e seguenti; att. 164)”

Anche la caparra confirmatoria, come gli acconti, rappresenta un anticipo sul pagamento di un prezzo dovuto, che viene consegnata dall’acquirente al venditore, al fine di confermare la propria volontà all’acquisto di un bene o di un servizio. Nel caso in cui, tuttavia, una delle due parti venga meno agli impegni presi nel contratto di compravendita, la caparra assume funzione risarcitoria senza che si debba fornire prova del danno subito.

In caso di inadempimento contrattuale del soggetto acquirente (c.d. “rifiuto ad acquistare”), la caparra confirmatoria versata può essere trattenuta dal soggetto venditore al fine di sopperire al danno subito. Nel caso opposto, qualora si renda inadempiente del venditore (che non arriva a concludere la vendita), l’acquirente ha facoltà di chiedere la restituzione del doppio della caparra versata. L’alternativa è quella di rivolgersi al giudice per costringere la parte a rispettare l’impegno contrattuale assunto.

Caparra come anticipazione del prezzo

Il versamento di denaro a titolo di caparra confirmatoria costituisce la liquidazione convenzionale anticipata del denaro in caso di inadempimento di una delle parti. Pertanto lo stesso non ha natura di anticipazione del prezzo pattuito, ma ha esclusivamente una funzione risarcitoria (Cassazione, sentenze n. 28697/2005 e n. 4047/2007). Le somme versate a questo titolo non costituiscono, infatti, il corrispettivo di una operazione e non fanno parte, conseguentemente, della base imponibile ai fini dell’imposta sul valore aggiunto.

Come noto, l’Iva si applica, invero, soltanto nel caso in cui le somme versate rappresentano l’effettivo corrispettivo di un bene o di un servizio individuabile fornito nell’ambito di un rapporto giuridico caratterizzato da prestazioni sinallagmatiche. Pertanto, in caso di versamento di denaro a titolo di caparra confirmatoria, si applica l’imposta di registro (DPR n. 131/1986). Al momento del perfezionamento del contratto definitivo, tuttavia, questa, così come accade per l’acconto, potrà essere imputata all’operazione effettuata, concorrendo a formare la base imponibile.

Condizioni necessarie

Per potersi affermare la stipulazione di una caparra confirmatoria, deve, invero, verificarsi con certezza che le parti abbiamo inteso conseguire gli scopi pratici previsti dal Codice civile per i casi di inadempimento (Cassazione 23 dicembre 2005, n. 286997). In pratica, in mancanza di diverso accordo, la somma versata senza specificare che si tratta di una caparra confirmatoria è considerata come acconto. Perché possa considerarsi caparra è necessario che ciò venga esplicitato nel contratto.

Caparra penitenziale

La caparra penitenziale è disciplinata dall’art. 1386 del Codice civile. Le parti possono stabilire che il contratto si possa sciogliere pagando un prezzo. Questa somma rappresenta la caparra penitenziale. In questo caso la parte adempiente non può richiedere né il maggior danno né l’esecuzione del contratto. In pratica, con questo tipo di caparra è come se si acquistasse il diritto di cambiare idea. Se a cambiare idea è il soggetto venditore, alla controparte spetta nuovamente il doppio della caparra versata, mentre il soggetto acquirente che decida di non osservare il contratto perderà la sola somma anticipatamente versata. L’esclusione dal campo di applicazione dell’Iva opera anche nel caso in cui il versamento di denaro venga effettuato a titolo di caparra penitenziale, cioè, laddove le somme versate da uno o entrambi i contraenti sono corrisposte al fine di garantirsi un diritto di recesso dagli obblighi contrattuali.

Tabella: differenze tra caparra confirmatoria e penitenziale

CAPARRA CONFIRMATORIACAPARRA PENITENZIALE
Le somme versate da uno o da entrambi i contraenti sono corrisposte al fine di garantirsi convenzionale una liquidazione anticipata del danno in caso di inadempimento di una delle parti.Le somme versate da uno o da entrambi i contraenti sono corrisposte al fine di garantirsi un diritto di recesso.
Non ha natura di anticipazione del prezzo pattuito, ma assolve esclusivamente ad una funzione risarcitoria. Conseguentemente è esclusa da Iva.Conseguentemente, il denaro versato a tale titolo è escluso dal campo di applicazione dell’Iva poiché non è riferibile né alla cessione di un bene né alla prestazione di un servizio.

Acconti o caparre?

La Corte di cassazione ha più volte evidenziato che il versamento di una somma di denaro effettuata al momento della conclusione di un contratto di compravendita costituisce caparra confirmatoria, nel caso in cui risulti espressamente che le parti abbiano intesi attribuire al versamento anticipato la funzione di rafforzamento e garanzia dell’esecuzione dell’obbligazione contrattuale. La suprema Corte ha stabilito, infatti, che dalla lettura del Codice civile (articolo 1385) si ricava che il titolo di “caparra” della somma data deve risultare formalmente o potersi desumere dall’effettiva intenzione delle parti, non essendo sufficiente a configurare tale fattispecie neppure il mero elemento formale delle denominazione come “caparra” adoperato dalle parti in riferimento al versamento (Cassazione n. 3014/1985).

Acconti e caparre: riflessi fiscali

Pertanto, per poter considerare escluse dal campo di applicazione dell’Iva le somme versate a titolo di caparra, occorre che il titolo risulti inserito nel contesto del contratto. Laddove, poi, sussistano dubbi sulla circostanza che le somme di danaro siano state versate a titolo di acconti sul prezzo o a titolo di caparra, si deve ritenere che i versamenti siano avvenuti a titolo di acconti sul prezzo stabilito per obbligazione principale e non già a titolo di caparra. Questo, non potendosi ipotizzare che le parti si siano tacitamente assoggettate ad  un risarcimento, ravvisabile nella funzione risarcitoria della caparra confirmatoria. Nel caso in cui, poi, alla somma versata a titolo di caparra confirmatoria si voglia attribuire anche la funzione di anticipazione del corrispettivo, sarà necessario che le parti attribuiscano espressamente alla stessa tale ulteriore funzione. In quest’ultima ipotesi, la somma versata dovrà essere assoggettata ad Iva.

Deposito cauzionale

Non costituiscono una forma di pagamento parziale e, come tali, non devono essere assoggettate ad Iva, le somme versate a titolo di deposito cauzionale. Queste ultime, devono essere versate a garanzia dell’adempimento degli obblighi derivanti da contratti stipulati.

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    Elisa Migliorini
    Elisa Migliorinihttps://www.linkedin.com/in/elisa-migliorini-0024a4171/
    Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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