Intangibles: pianificazione fiscale con marchi e brevetti

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Gli intangibles come licenze commerciali, brevetti industriali, marchi se utilizzati correttamente possono portare ad un notevole risparmio fiscale per l’impresa. La gestione corretta delle royalties legate allo sfruttamento commerciale degli intangibles può essere fonte di spunti pianificazione fiscale, ma con molta attenzione.

L’utilizzo strategico dei beni immateriali – marchi, brevetti, know-how e licenze commerciali – rappresenta una delle leve fiscali più potenti per imprese e professionisti. Quello che molti ancora non sanno è che gli intangibles, se gestiti correttamente, possono trasformarsi in strumenti concreti di risparmio fiscale, grazie a meccanismi come le royalties detassate e il Patent Box con super deduzione al 110%.

Gli intangibles permettono di separare l’attività operativa dalla componente immateriale del business, sfruttando regimi di vantaggio fiscale che possono ridurre significativamente il carico tributario. Parliamo di risparmi che possono arrivare fino al 30% sulle imposte per le persone fisiche e benefici ancora più rilevanti per le società.

Come i grandi gruppi sfruttano gli intangibles: il caso IKEA

Il colosso svedese dell’arredamento ha costruito la propria strategia di tax planning proprio sugli intangibles. Il marchio IKEA è intestato a una società lussemburghese, mentre tutte le società operative che gestiscono i negozi nel mondo pagano ingenti royalties per utilizzare quel brand.

Questa struttura crea un doppio vantaggio fiscale. Da un lato, ogni società italiana che paga royalties al Lussemburgo deduce quei costi dalla propria base imponibile, risparmiando il 24% di IRES su ogni euro versato. Su 100.000 euro di royalties pagate, la società italiana riduce le imposte di 24.000 euro. Dall’altro lato, la società lussemburghese che incassa i canoni li tassa con aliquote estremamente favorevoli, spesso inferiori all’1%.

Nelle operazioni di pianificazione fiscale internazionale, oltre il 70% delle multinazionali utilizza strutture basate sugli intangibles per ottimizzare il carico fiscale globale. La chiave del successo sta nel rispettare i requisiti di sostanza economica e transfer pricing.

Ovviamente, queste strategie devono rispettare precisi limiti normativi. In particolare, due discipline sono fondamentali: il transfer pricing, che impone l’applicazione del “valore normale” nelle transazioni infragruppo, e la clausola del beneficiario effettivo contenuta nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni. Senza il rispetto di questi principi, si rischia di sfociare nella pianificazione fiscale aggressiva, con conseguenze pesanti in caso di accertamento.

Per approfondire:

Transfer pricing

Il transfer pricing impone che i prezzi praticati nelle transazioni infragruppo – incluse le royalties per l’uso di marchi e brevetti – rispettino il principio del “valore normale”, ovvero corrispondano a quanto sarebbe stato pattuito tra parti indipendenti in condizioni di libera concorrenza. Le Linee Guida OCSE aggiornate al 2017, in attuazione del Progetto BEPS (Base Erosion and Profit Shifting), hanno rafforzato significativamente i controlli sugli intangibles proprio perché questi rappresentano uno degli strumenti più utilizzati per spostare profitti verso giurisdizioni a bassa fiscalità.

Clausola del beneficiario effettivo

La clausola del beneficiario effettivo, contenuta nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni, mira a evitare l’utilizzo di società intermedie prive di sostanza economica (le cosiddette “conduit companies”) per beneficiare indebitamente di aliquote ridotte sulle ritenute alla fonte. Se una società italiana paga royalties a una società lussemburghese che si limita a incassare e rigirare i proventi a un’entità in un paradiso fiscale, la clausola del beneficiario effettivo permette al fisco italiano di ignorare la società intermedia e applicare la tassazione come se i pagamenti fossero stati effettuati direttamente al soggetto finale.

Quando si strutturano operazioni internazionali con intangibles, è essenziale documentare la sostanza economica: funzioni svolte, rischi assunti, asset utilizzati e personale dedicato dalla società che detiene gli intangibles. Una documentazione master file e local file conforme alle linee BEPS rappresenta la migliore difesa in caso di controlli.

Royalties e detassazione per le persone fisiche

Con il Decreto Legislativo 13 dicembre 2024 n. 192, entrato in vigore il 31 dicembre 2024, il legislatore ha completamente riscritto la disciplina dei redditi di lavoro autonomo, introducendo il nuovo articolo 54-octies del TUIR. Questa norma conferma e rafforza il trattamento fiscale di favore per le royalties percepite dalle persone fisiche.

Se sei titolare di un marchio o di un brevetto registrato a tuo nome e ne concedi l’utilizzo a terzi – per esempio alla tua società o a partner commerciali – i canoni che percepisci beneficiano di una deduzione forfettaria che varia in base alla tua età. Specificamente, puoi dedurre il 40% dei proventi se hai meno di 35 anni, oppure il 25% se hai superato questa soglia.

In termini pratici, se percepisci 20.000 euro di royalties annuali e hai 40 anni, verrai tassato solo su 15.000 euro. Quei 5.000 euro di deduzione forfettaria sono completamente detassati. Considerando le aliquote IRPEF, il risparmio effettivo può oscillare tra il 23% e il 43% su quella quota, traducendosi in un vantaggio fiscale concreto che va da 1.150 a 2.150 euro.

La situazione diventa ancora più vantaggiosa se confrontata con altre forme di prelievo. Un imprenditore che preleva guadagni dalla propria SRL tramite compenso amministratore subisce una tassazione complessiva superiore al 50% tra IRPEF e contributi INPS. Le royalties invece non sono soggette a contribuzione previdenziale e godono della detassazione parziale, riducendo la tassazione effettiva a un range che va dal 17,25% (il 75% del 23% di IRPEF) fino al 32,25% (il 75% del 43% di IRPEF).

Prima di registrare un marchio o brevetto a titolo personale per sfruttare il regime delle royalties, verifica sempre che la registrazione avvenga prima dell’utilizzo commerciale e che tutti i costi di sviluppo siano effettivamente sostenuti dalla persona fisica titolare, non dalla società utilizzatrice. Questo, per evitare le principali contestazioni che effettua l’Amministrazione finanziaria in questo tipo di controlli.

Patent box: super deduzione al 110% per le imprese

Quando gli intangibles sono intestati a società, entra in gioco un altro strumento potente: il Patent Box. La normativa attuale, disciplinata dall’articolo 6 del D.L. 146/2021 e chiarita dalla Circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 5/E del 24 febbraio 2023, prevede una maggiorazione del 110% dei costi di ricerca e sviluppo sostenuti per sviluppare, mantenere e valorizzare beni immateriali come software protetti da copyright, brevetti industriali e disegni o modelli registrati.

Il meccanismo è semplice ma estremamente efficace. Se la tua società sostiene 10.000 euro di costi qualificati per lo sviluppo di un software, potrà dedurre fiscalmente 21.000 euro: i 10.000 euro effettivamente spesi più un’ulteriore maggiorazione di 11.000 euro. Considerando un’aliquota IRES del 24% e un’IRAP media del 3,9%, il risparmio fiscale complessivo ammonta a circa 3.069 euro, pari al 30,69% dei costi sostenuti.

L’agevolazione ha durata quinquennale ed è rinnovabile. Uno degli aspetti più interessanti è la possibilità di recuperare i costi sostenuti negli otto anni precedenti, permettendo di valorizzare investimenti già effettuati. Il tutto senza necessità di ruling preventivo con l’Agenzia delle Entrate: l’impresa autodetermina il beneficio, a patto di predisporre un’idonea documentazione che garantisce la cosiddetta “penalty protection” in caso di controlli.

Il Patent Box richiede una contabilità analitica precisa dei costi di ricerca e sviluppo. Nei primi controlli avviati dall’Agenzia delle Entrate, la mancanza di documentazione adeguata ha portato al disconoscimento del beneficio con applicazione di sanzioni. La preparazione documentale non è opzionale, è essenziale.

Royalties vs compenso amministratore: il confronto numerico

Per comprendere appieno il vantaggio fiscale delle royalties, vale la pena confrontarle direttamente con le alternative più comuni per prelevare utili dalla società.

Modalità prelievoImporto lordoTassazione effettivaNetto percepito
Royalties under 35 (deduzione 40%)20.000 €23-43% su 12.000 € = 2.760-5.160 €17.240-14.840 €
Royalties over 35 (deduzione 25%)20.000 €23-43% su 15.000 € = 3.450-6.450 €16.550-13.550 €
Compenso amministratore20.000 €IRPEF + INPS ≈ 53% = 10.600 €9.400 €
Dividendi20.000 €26% su tutto = 5.200 €14.800 €

Come emerge chiaramente, le royalties con deduzione forfettaria rappresentano spesso la soluzione più vantaggiosa, soprattutto per chi ha meno di 35 anni. Anche confrontando con i dividendi, che già godono di un regime agevolato, le royalties possono risultare più convenienti grazie all’assenza di contributi previdenziali e alla maggiore flessibilità nella strutturazione dei compensi.

Gli errori da evitare

Nella pratica professionale quotidiana emergono con frequenza tre errori ricorrenti che trasformano un’opportunità fiscale legittima in un problema serio con l’Amministrazione finanziaria.

Tempistica della registrazione

Il primo errore riguarda la tempistica della registrazione. Alcuni imprenditori decidono di registrare un marchio a proprio nome quando questo è già utilizzato da anni dalla loro società. L’obiettivo è iniziare a percepire royalties detassate per un asset che di fatto appartiene già all’azienda. Questa pratica è facilmente contestabile: se la società ha sostenuto nel tempo costi per lo sviluppo del marchio – anche solo la fattura del grafico che ha creato il logo – la registrazione successiva da parte dell’imprenditore configura una sostanziale appropriazione indebita che il fisco non esiterà a contestare.

Principio di inerenza

Il secondo errore critico riguarda il principio di inerenza. Non basta registrare un marchio e fatturare royalties: è necessario dimostrare che quel marchio genera effettivamente valore per l’azienda. Per IKEA è semplice dimostrare che il brand aumenta il valore di qualsiasi prodotto. Per una piccola impresa locale, diventa più complesso provare che il marchio giustifica i canoni pagati, soprattutto se tutte le spese pubblicitarie sono state sostenute dalla società e non dal titolare persona fisica.

Un imprenditore nel settore manifatturiero aveva registrato il marchio aziendale a proprio nome dopo dieci anni di attività, iniziando a fatturare royalties per 30.000 euro annui alla propria SRL. Durante un accertamento, l’Agenzia delle Entrate ha recuperato tutte le fatture pubblicitarie degli anni precedenti intestate alla società, disconoscendo integralmente la deducibilità delle royalties e applicando sanzioni per 42.000 euro oltre al recupero delle imposte evase.

Valorizzazione delle royalties

Il terzo errore riguarda la valorizzazione delle royalties. L’importo dei canoni non può essere scelto arbitrariamente ma deve essere commisurato al valore reale del marchio, determinato attraverso perizie tecniche professionali. Fissare royalties eccessive rispetto al valore dell’intangible espone al rischio di contestazioni per transfer pricing anche in ambito nazionale, con il conseguente disconoscimento dei costi.

Valutazioni di convenienza

La pianificazione fiscale attraverso gli intangibles non è una soluzione universale applicabile a tutti i casi. Esistono situazioni in cui funziona perfettamente e altre in cui è sconsigliabile o addirittura controproducente.

Il sistema funziona ottimamente quando il marchio o brevetto ha un reale valore di mercato riconoscibile, documentato attraverso perizie professionali, e viene registrato prima del suo utilizzo commerciale. Se stai avviando una nuova attività e sviluppi personalmente un marchio distintivo, registrarlo a tuo nome e concederlo in licenza alla tua futura società può rappresentare un’ottima strategia per ottimizzare la tassazione dei prelievi.

Parimenti, per le imprese innovative che sostengono significativi costi di ricerca e sviluppo su software, brevetti o disegni industriali, il Patent Box rappresenta un’opportunità concreta per abbattere il carico fiscale del 30% circa sui costi sostenuti, con un risparmio immediato e tangibile.

Al contrario, l’utilizzo degli intangibles diventa rischioso quando il marchio è già ampiamente utilizzato sul mercato e viene registrato a posteriori solo per finalità fiscali, oppure quando non si dispone di documentazione che provi il sostegno dei costi di sviluppo da parte del titolare persona fisica. In questi casi, il rischio di accertamenti con pesanti sanzioni supera di gran lunga i potenziali vantaggi fiscali.

Consulenza fiscale online

La pianificazione fiscale attraverso gli intangibles richiede un’analisi specifica della tua situazione personale e aziendale. Ogni caso presenta caratteristiche uniche che richiedono valutazioni professionali personalizzate: dalla struttura societaria attuale, al tipo di intangibles posseduti, fino agli obiettivi di ottimizzazione fiscale che intendi perseguire.

Effettuare errori in questo ambito può costare molto caro, con sanzioni che possono superare il 100% delle imposte evase e interessi di mora calcolati sugli anni pregressi. Per questo è fondamentale affidarsi a professionisti esperti che possano guidarti nella corretta strutturazione delle operazioni, nella predisposizione della documentazione richiesta e nella gestione di eventuali controlli fiscali.

Se vuoi valutare se gli intangibles possono rappresentare un’opportunità concreta per la tua attività, o se hai già implementato strategie di questo tipo e desideri verificarne la conformità normativa, contattami per una consulenza personalizzata. Analizzeremo insieme la tua situazione specifica e individueremo le soluzioni più adatte alle tue esigenze.

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    Domande frequenti

    Come si calcola il valore di un marchio per determinare le royalties congrue?

    Il valore del marchio si determina attraverso metodi professionali come il “relief from royalty” o l’approccio reddituale, certificati da perizie tecniche. Si identificano tassi di royalty di mercato per marchi comparabili (di solito tra l’1% e il 10% del fatturato) e si attualizzano i flussi di risparmio futuri.

    Quali sono i rischi principali nell’uso degli intangibles per la pianificazione fiscale?

    I rischi maggiori sono tre: contestazione della titolarità del marchio, disconoscimento del principio di inerenza e accertamento per valori non congrui.

    Posso registrare il marchio della mia azienda a mio nome per percepire royalties detassate?

    Tecnicamente sì, ma solo se il marchio è nuovo e non ancora utilizzato commercialmente. Registrare a titolo personale un marchio già sfruttato dalla società configura un’appropriazione indebita facilmente contestabile dal fisco.

    Fonti

    • Decreto Legislativo 13 dicembre 2024 n. 192
    • TUIR (D.P.R. 917/1986) – Articolo 54-octies
    • D.L. 21 ottobre 2021 n. 146 convertito in Legge 17 dicembre 2021 n. 215 – Art. 6
    • Agenzia delle Entrate – Circolare n. 5/E del 24 febbraio 2023
    • OECD Transfer Pricing Guidelines 2022 – Capitolo VI
    • Convenzione Modello OCSE contro le doppie imposizioni – Art. 12 – Canoni (royalties)
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    Federico Migliorini
    Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
    Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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