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Tassazione dell’incentivo all’esodo nel Paese di residenza

Fisco InternazionaleTassazione di redditi esteriTassazione dell'incentivo all'esodo nel Paese di residenza

Il criterio di collegamento per la tassazione dell'incentivo all'esodo erogato al lavoratore trasferito all'estero sconta tassazione solo nel Paese di residenza del lavoratore. Particolare attenzione alla divergenza tra norma nazionale e convenzionale sul trattamento dei compensi legati alla cessazione del rapporto di lavoro dipendente.

Che cos’è l’incentivo all’esodo?

L’incentivo all’esodo è una somma di denaro che il datore di lavoro può erogare al dipendente in occasione della risoluzione del rapporto di lavoro. Si tratta di una cifra ulteriore rispetto a quanto spetta al lavoratore per legge o per contratto alla fine del rapporto lavorativo. L’incentivo all’esodo rappresenta un accordo tra l’azienda e il lavoratore per la risoluzione consensuale del rapporto professionale a fronte di una somma di denaro. L’obiettivo dell’incentivo all’esodo è quello di incentivare la risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, evitando così eventuali contenziosi tra le parti. L’incentivo all’esodo può essere previsto da accordi collettivi o individuali e può essere erogato in un’unica soluzione o in più rate.

L’incentivo all’esodo per un lavoratore si riferisce ad una forma di incentivo offerto da un datore di lavoro ai propri dipendenti per convincerli a lasciare il posto di lavoro in modo volontario. L’obiettivo di un incentivo all’esodo può essere quello di ridurre il numero di dipendenti o di ristrutturare un’azienda.

Da cosa è composto

L’incentivo all’esodo prevede un pacchetto di benefici per il lavoratore, come ad esempio un’indennità, una somma di denaro o una maggiore copertura previdenziale. In alcuni casi, l’incentivo può anche includere la formazione professionale per aiutare il lavoratore a trovare un nuovo lavoro. In cambio, il lavoratore deve accettare di lasciare il proprio lavoro e di non intentare cause legali contro l’azienda in futuro. L’incentivo all’esodo può essere un modo per un’azienda di ridurre il personale in modo rapido e relativamente indolore, senza dover effettuare licenziamenti o altre misure più drastiche. Tuttavia, il lavoratore deve valutare attentamente se accettare o meno l’incentivo all’esodo, poiché potrebbe non essere vantaggioso per la sua situazione personale e lavorativa.

Detto questo dobbiamo interrogarci quale sia il corretto trattamento fiscale per la tassazione dell’incentivo all’esodo erogato da azienda italiana nei confronti di un lavoratore che ha trasferito la sua residenza fiscale all’estero. Partiamo dai chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate.

Tassazione dell’incentivo all’esodo del lavoratore residente all’estero

Per capire i criteri di collegamento per la tassazione dell’incentivo all’esodo prendiamo a riferimento la risposta ad interpello n. 132/2018 dell’Agenzia delle Entrate. Il documento ha ad oggetto la tassazione dell’incentivo all’esodo erogato da parte di una società italiana ad un lavoratore residente all’estero.

Il caso affrontato dall’Amministrazione finanziaria è quello di un lavoratore dipendente assunto da un azienda con sede in Italia, e contestualmente viene distaccato all’estero (in Argentina) presso una società consociata di diritto locale, dove il lavoratore ha, nel frattempo, trasferito la sua residenza anagrafica assieme alla sua famiglia. Tra azienda e lavoratore viene stipulato un accordo di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro svolto in Argentina e contestuale transazione a titolo novativo di ogni controversia, in forza del quale viene corrisposta una somma di denaro a titolo di incentivo all’esodo.

Normativa nazionale per i redditi da lavoro percepiti da non residenti

La tassazione dei redditi percepiti, alla cessione del rapporto di lavoro da parte di lavoratori residenti all’estero deve essere analizzata guardando all’art. 23, co. 2, lett. a) del TUIR. La stessa prevede che si devono considerare come prodotti in Italia e quindi assoggettabili a tassazione in Italia (ex art. 3 del TUIR), anche i redditi derivanti dalle indennità di fine rapporto di cui all’art. 17, co. 1, lett. a) del TUIR, in quanto: “se sono corrisposto dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazione nel territorio stesso di soggetti non residenti“.

Stante quanto indicato in queste disposizioni il fatto che tale compenso venga erogato da un datore di lavoro italiano determina la sua imponibilità in Italia, a nulla rilevando la residenza fiscale del lavoratore percettore della somma. Tuttavia, sul punto, è necessario analizzare anche quanto previsto dalla Convenzione contro le doppie imposizioni siglata tra l’Italia e lo stato estero in questione (Argentina).

Convenzioni internazionali (modello OCSE)

Come sappiamo, gli art. 169 del TUIR e 75 del DPR n. 600/73 prevedono la prevalenza del diritto unionale su quello interno. Pertanto occorre andare ad analizzare se tra gli Stati contraenti (in questo caso Italia ed Argentina) vi sia in vigore una convenzione contro le doppie imposizioni (e se questa sia conforme al modello OCSE). Tale modello di Convenzione, tuttavia, non contiene una specifica disposizione per quanto riguarda la tassazione dei compensi erogati a dipendenti al momento della cessazione del loro impiego. Per questo occorre analizzare le ordinarie disposizioni sul reddito da lavoro dipendente.

Abbiamo comunque affrontato l’argomento del TFR in ambito transnazionale in questo articolo: “Tassazione del TFR maturato in Italia percepito all’estero“.

Il parere dell’Agenzia: incentivo all’esodo come reddito da lavoro dipendente

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate offre la sua interpretazione in questa situazione dove mancano chiarimenti ufficiali da parte delle Convenzioni internazionali. In particolare, l’incentivo all’esodo deve essere parificato all’ordinaria retribuzione, così come già precisato nella Risoluzione n. 341/E/2008 in merito alla tassazione del TFR.

Questo significa che i compensi percepiti dal dipendente residente in un paese estero in luogo della cessazione del rapporto di lavoro devono essere ricondotti alla disciplina di cui all’art. 15 del modello di Convenzione contro le doppie imposizioni. Questo prevede che gli stipendi e le altre remunerazioni analoghe, che il residente di uno Stato contraente riceve in corrispettivo di un’attività di lavoro dipendente, sono imponibili soltanto in detto Stato, a meno che tale attività non venga svolta nell’altro Stato contraente. Se l’attività è quivi svolta, le remunerazioni percepite a tale titolo sono imponibili in questo altro Stato.

Considerato che, sulla base di quanto indicato nel caso in esame, il dipendente risulta essere residente in Argentina ed aver ivi prestato la propria attività lavorativa per tutta la durata del rapporto di impiego, trova applicazione il principio espresso nella prima parte dell’articolo 15 del Trattato sopra richiamato che attribuisce, in via esclusiva, la potestà impositiva allo Stato contraente di residenza del lavoratore, ovvero alla Repubblica Argentina. Vi sarebbe stata tassazione concorrente anche italiana nel caso in cui il lavoratore avesse prestato attività lavorativa in Italia.

Gli adempimenti del datore di lavoro

Per quanto concerne gli adempimenti del sostituto d’imposta relativamente alle suddette spettanze, si segnala che il datore di lavoro residente, previa presentazione, da parte del lavoratore, di apposita domanda corredata della certificazione di residenza fiscale – rilasciata dalla competente autorità fiscale estera – può, sotto la propria responsabilità, applicare direttamente il citato regime convenzionale, non operando, di conseguenza, la ritenuta alla fonte di cui all’articolo 23, co. 2, del citato DPR n. 600/73.

Naturalmente, nulla vieta al datore di lavoro residente di tenere un comportamento più prudente, ovvero applicare la disposizione interna di cui al citato art. 23 del TUIR ed assoggettare a tassazione il compenso.

Infatti, nel caso in cui il datore di lavoro scegliesse di accogliere la documentazione del lavoratore sulla sua residenza fiscale estera, in caso di controlli fiscali, sarebbe ritenuto responsabile della mancata applicazione della tassazione, se la documentazione non fosse ritenuta utile o sufficiente. Per questo motivo l’applicazione dell’art. 15 della Convenzione, resta una facoltà e non un obbligo per il datore di lavoro residente.

Conclusioni e consulenza fiscale online

La disposizione nazionale e convenzionale non sono coincidenti per quanto riguarda la tassazione di proventi che possono qualificarsi come componenti aggiuntive del reddito da lavoro dipendente, esattamente come per quanto precedentemente analizzato per il TFR. La norma nazionale si basa sulla residenza del sostituto d’imposta, chiamando a tassazione italiana anche i compensi erogati a lavoratori fiscalmente residenti all’estero. La norma convenzionale, invece, prevede che si debba guardare la residenza fiscale del lavoratore ed il luogo di svolgimento dell’attività lavorativa.

Quando questi luoghi coincidono vi è tassazione esclusiva nel Paese di residenza, senza alcuna potestà impositiva in capo al Paese ove è situato il datore di lavoro. Naturalmente, per poter validamente applicare la normativa convenzionale è necessario che il lavoratore presenti apposita documentazione (tra cui la certificazione di residenza fiscale) al sostituto di imposta, che ha la possibilità, sotto la propria responsabilità, di applicare il regime convenzionale. Come detto, non vi è obbligo da parte del datore di lavoro, ma soltanto una possibilità, in quanto eventuali responsabilità in caso di accertamento restano a carico del sostituto di imposta.

Se desideri analizzare la tua situazione personale è importante essere consapevoli delle implicazioni fiscali e dei potenziali rischi coinvolti. In questi casi, la consulenza di un dottore commercialista esperto di fiscalità internazionale è essenziale per garantire la conformità alle leggi fiscali internazionali e minimizzare gli impatti fiscali negativi. Inoltre, un professionista esperto può aiutarti a valutare i vantaggi e gli svantaggi di diverse opzioni fiscali, come ad esempio quelle individuate in questo articolo. Contattaci per ricevere il preventivo per una consulenza personalizzata.

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