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Normativa CFC: calcolo tax rate estero semplificato

Fiscalità InternazionaleNormativa CFC: calcolo tax rate estero semplificato

È considerata non congrua la tassazione effettiva del soggetto controllato estero in misura inferiore al 15%, determinata come rapporto tra la somma delle imposte correnti dovute e delle imposte anticipate e differite iscritte nel bilancio d'esercizio del soggetto controllato estero e l'utile ante imposte risultante da tale bilancio.

Il D.Lgs. sulla fiscalità internazionale (n. 209/23) ha introdotto un’importante semplificazione in merito alla disciplina legata alle società estere controllate (c.d. “normativa CFC“). Come sappiamo si tratta di normativa antielusiva che ha l’obiettivo di contrastare la formazione di società estere controllate che non rispettano determinati requisiti. La semplificazione in commento riguarda la possibilità di effettuare il calcolo del tax rate estero semplificato.

Determinazione semplificata del tax rate estero nella disciplina CFC

La normativa CFC italiana, delineata nell’articolo 167 del TUIR, disciplina il trattamento fiscale dei redditi generati da entità controllate in Paesi con fiscalità agevolata. Se il tax rate effettivo è inferiore al 50% dell’aliquota italiana standard (24%), i redditi dell’entità estera possono essere tassati in Italia.

In particolare, la lettera a) del co. 4 dell’art. 167 del TUIR prevede un calcolo semplificato per la determinazione del tax rate effettivo estero (ETR). In pratica, tale disposizione considera residenti in un Paese a fiscalità privilegiata le entità estere assoggettate a tassazione effettiva inferiore al 15%, sulla base del rapporto tra:

  • La somma delle imposte correnti e di quelle anticipate e differite iscritte nel bilancio d’esercizio della controllata e
  • L’utile ante imposte del medesimo bilancio.

Tale criterio di calcolo “forfetario” si applica a condizione che il bilancio d’esercizio dell’entità estera sia oggetto di revisione e certificazione da parte di operatori professionali autorizzati nello Stato estero di localizzazione, e la cui opinion sia utilizzata dal revisore del soggetto controllante residente in Italia ai fini dell’audit del bilancio annuale o consolidato.

Nel caso di entità estere controllate prive di bilancio revisionato e certificato, rimane applicabile il sistema attualmente in vigore, e quindi i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti siano assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia.

Soglia minima del 15% per l’effective tax rate estero

La semplificazione principale riguarda il fatto che viene fissata una soglia minima del 15% come valore congruo di tassazione per la società controllata estera. In questo modo vengono meno le precedenti modalità di calcolo del tax rate, sicuramente più complesse. Tuttavia, la possibilità di usufruire del calcolo semplificato è condizionata ad una duplice condizione: il bilancio d’esercizio del soggetto controllato estero è assoggettato a revisione da parte di un soggetto autorizzato all’esercizio dell’attività di revisione nello Stato estero in cui il soggetto controllato è localizzato. Gli esiti di tale attività di revisione sono utilizzati dal revisore del soggetto controllante italiano ai fini dell’espressione del proprio giudizio sul bilancio, di esercizio o consolidato, di quest’ultimo.

Altre specificazioni

La disposizione in commento occorre tenere in considerazione quanto segue:

  • Ai fini del calcolo dell’ETR Test, rileva anche l’imposta minima nazionale equivalente (QDMTT) dovuta dal soggetto controllato ai sensi della normativa di attuazione del “Pillar 2“. Nel caso di più soggetti controllati esteri residenti nella medesima giurisdizione si prevede una formula di attribuzione proporzionale all’excess profit dei vari soggetti esteri;
  • In alternativa all’effettuazione del calcolo dell’ETR Test, i soggetti controllanti italiani possono corrispondere un’imposta sostitutiva del 15% dell’utile contabile netto dell’esercizio (rettificato delle imposte che hanno concorso a determinare detto valore, della svalutazione di attivi e degli accantonamenti a fondi rischi); tale opzione è irrevocabile e ha durata per 3 esercizi (rinnovata tacitamente a scadenza, salvo revoca da effettuare secondo modalità che saranno stabilite da un provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate) e può essere esercitata a condizione che il soggetto controllato estero abbia il bilancio di esercizio e i cui esiti siano utilizzati dal revisore del soggetto controllante ai fini del giudizio sul bilancio annuale o consolidato.

Resta fermo il resto della disciplina CFC, ivi incluso il c.d. “passive income test” e l’esimente dell’effettivo svolgimento di un’attività economica mediante l’impiego di personale, attrezzature attivi e locali.

Effetti per le holding

Questo tipo di semplificazione in commento comporta conseguenze nel caso in cui la società controllata estera sia una holding. In questo caso, quando l’utile ante imposte della stessa deriva principalmente da plusvalenze o dividendi (parzialmente esenti in virtù di regimi di favore), l’aliquota di tassazione effettiva potrebbe essere inferiore al 15%. Di fatto, le variazioni permanenti di natura fiscale derivanti da dividendi e plusvalenze esenti potrebbero far rientrare la holding estera nel regime CFC.

Per ovviare a questa problematica il testo del decreto prevede quanto segue:

i soggetti controllanti devono verificare che i soggetti controllati non residenti sono assoggettati ad una tassazione effettiva inferiore alla metà di quella a cui sarebbero stati soggetti qualora residenti in Italia, determinata secondo le modalità stabilite con provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate

In pratica, i controllanti hanno la possibilità di effettuare anche il calcolo del tax rate effettivo con metodo analitico (al posto del semplificato). Questo al fine di superare l’eventuale problematica.

Impatti del tax rate per nella normativa CFC

La semplificazione legata al calcolo del tax rate impatterà anche in merito all’individuazione dei regimi a fiscalità privilegiata (c.d. “black list“) per quanto riguarda la tassazione dei dividendi e le plusvalenze da cessione di partecipazioni. Infatti, l’art. 87 co. 1, lett. c) e 89 co. 3 del TUIR richiamano l’art. 47-bis del TUIR. Quest’ultimo prevede che siano qualificabili come regimi black quelli per i quali si verifica la condizione di cui all’art. 167, co. 4, lett. a) del TUIR. Pertanto, deve essere prestata attenzione alle discipline in commento.

Conclusioni

La semplificazione in commento deve essere valutata in modo positivo nell’ottica di evitare ai gruppi multinazionali il complesso calcolo della tassazione “virtuale” domestica dell’entità estera, secondo le regole fiscali italiane, e il conseguente confronto con il livello effettivo di tassazione estera. Tuttavia, nella pratica, deve essere evidenziato come non tutte le società estere di un gruppo multinazionale possono avere il proprio bilancio sottoposto a revisione. In questo caso, continua a trovare applicazione la modalità ordinaria di calcolo. Di fatto, quindi, tale semplificazione potrebbe trovare non piena applicazione pratica.

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