La retribuzione dei lavoratori dipendenti è una spesa importante per la maggior parte delle aziende. Pertanto, molte di queste trovano più facile pagarne almeno una parte della retribuzione, non in denaro ma attraverso l’attribuzione di azioni ai dipendenti. Anche in Europa, specialmente negli ultimi anni, molte imprese multinazionali stanno modificando le modalità di erogazione della retribuzione dei lavoratori dipendenti attraverso l’assegnazione di azioni vincolate. Questo tipo di remunerazione, attraverso l’erogazione di un fringe benefit, ha due vantaggi: da una parte, questo tipo di remunerazione, riduce la quantità di denaro che i datori di lavoro devono distribuire, ed inoltre il fringe benefit funge anche da incentivo per la produttività e la fidelizzazione dei lavoratori.

Nella pratica esistono molti tipi di erogazione di azioni, ed ognuno ha il proprio insieme di regole e condizioni. In particolare, vi sono le stock option, ovvero delle opzioni che consentono al lavoratore assegnatario, di poter esercitare la possibilità di convertire la stock in azioni, ad un determinato prezzo (solitamente inferiore al valore di mercato). In alternativa, vi può essere l’assegnazione diretta di azioni al lavoratore assegnato. Si parla, in questo caso, di azioni che rimangono vincolate per un determinato periodo di tempo, ovvero, le restricted stock units (RSU). Di seguito, intendo andare ad analizzare la natura delle azioni vincolate e la relativa disciplina fiscale di tassazione in Italia.

Che cosa sono le restricted stock units?

Le restricted stock units sono un tipo di retribuzione in cui una società trasferisce gradualmente le azioni a un dipendente. A seconda delle prestazioni dell’azienda, le quote di azioni vincolate possono variare di valore.

Le restricted stock units sono, per definizione, azioni che sono state assegnate a un dirigente che non sono trasferibili e soggette a decadenza a determinate condizioni, come la cessazione del rapporto di lavoro o il mancato rispetto dei parametri di riferimento delle prestazioni aziendali o personali. Lo stock vincolato diventa, inoltre, generalmente disponibile per il destinatario in base a un programma di maturazione graduale che, solitamente, prosegue per diversi anni.

Sebbene ci siano alcune eccezioni, le azioni con le maggiori limitazioni vengono concesse ai dirigenti. Le RSU assomigliano concettualmente alle stock option limitate, ma differiscono per alcuni aspetti chiave. Le RSU rappresentano una promessa non garantita da parte del datore di lavoro di concedere un determinato numero di azioni al dipendente al completamento del programma di maturazione. Alcuni tipi di piani consentono di effettuare un pagamento in contanti al posto del titolo, ma la maggior parte dei piani prevede l’emissione di azioni della società, anche se non sono disponibili fino a quando non vengono rispettati i covenants sottostanti. Pertanto, le azioni non possono essere consegnate fino a quando non sono stati soddisfatti i requisiti di maturazione e decadenza e non è stato concesso il rilascio. Alcuni piani di RSU consentono al dipendente di decidere entro certi limiti esattamente quando ricevere le azioni, il che può aiutare nella valutazione della propria pianificazione fiscale. Tuttavia, a differenza degli azionisti assegnatari di stock option, i partecipanti alla RSU non hanno diritto di voto sul titolo durante il periodo di maturazione, perché non è stato effettivamente emesso alcun titolo.

Elementi principali delle RSU

Restricted Stock Units
Le RSU rappresentano una forma particolare di retribuzione dei lavoratori dipendenti basata su azioni
Le RSU sono limitate durante un periodo di vesting che può durare anche per anni, durante i quali le RSU non possono essere vendute. Una volta maturate le RSU diventano azioni della società
Le RSU consentono sempre di avere un valore basato sulle azioni sottostanti al momento della maturazione
Il valore delle RSU (al netto dell’eventuale costo di assegnazione, ove previsto) deve essere considerato come reddito da lavoro dipendente, nell’anno di maturazione.

Qual è la differenza tra stock options e restricted stock units?

Le stock option conferiscono ai dipendenti il ​​diritto, ma non l’obbligo, di acquistare azioni a un valore determinato, che è solitamente meno elevato rispetto al valore di mercato delle azioni. Questo significa, indirettamente, che il lavoratore ha un vantaggio, fringe benefits solo se il prezzo delle azioni della società aumenta nel tempo. Le restricted stock units, invece, sono spesso strutturate in modo che il dipendente riceva un determinato numero di azioni dopo essere rimasto con l’azienda per un determinato periodo di tempo. Solitamente, non vi è un valore di assegnazione delle azioni.

Le restricted stock units (RSU) conferiscono diritti di voto?

In linea generale, le RSU non assegnano diritto di voto al lavoratore. Per poter votare, il dipendente dovrà attendere fino al momento in cui le sue restricted stock units non saranno effettivamente pagate e convertite in azioni ordinarie. Allo stesso modo, prima di questa conversione in azioni ordinarie, le quote di azioni vincolate non consentono l’erogazione di dividendi.

Come vengono tassate le RSU in Italia?

La tassazione delle RSU è un po’ più semplice rispetto ai piani di stock option standard. In pratica, con un piano di RSU l’impresa ha la possibilità di assegnare gratuitamente (o ad un determinato valore di assegnazione) ai propri dipendenti le azioni dell’azienda, che dopo un determinato periodo (c.d. “vesting period“) diventano a disposizione del lavoratore e quindi cedibili. Rispetto alle normali stock option, le RSU hanno la particolarità che (solitamente) non vi è costo di assegnazione dell’azione per il lavoratore, trattandosi di azioni (e non di opzioni sulle azioni). Inoltre, rispetto alle normali stock option le stock unit, mantengono sempre un certo valore garantito, a prescindere dall’andamento del titolo, tuttavia non consentono l’assegnazione di dividendi al detentore.

La disciplina fiscale di tassazione ai fini delle imposte sui redditi delle RSU è legata all’individuazione di diversi momenti impositivi. In generale, occorre sempre partire dall’identificazione della residenza fiscale del lavoratore a cui viene assegnato il piano di RSU. Una volta individuata la residenza fiscale del soggetto occorre andare ad individuare gli obblighi fiscali che, schematicamente, possono essere così riassunti:

  1. L’individuazione del fringe benefit, qualificabile nella categoria dei redditi da lavoro dipendente derivante dal momento di maturazione in cui termina il vincolo di assegnazione e le azioni divengono nella piena disponibilità del lavoratore assegnatario;
  2. L’eventuale individuazione del momento di attribuzione di eventuali dividendi distribuiti a seguito delle azioni assegnate al dipendente;
  3. Il momento in cui diventano realizzate le eventuali plusvalenze/minusvalenze derivanti dalla successiva cessione delle azioni ricevute o assegnate.

Questi momenti rilevanti ai fini delle imposte dirette sono quelli che determinano gli obblighi da parte del datore di lavoro, con l’assegnazione del fringe benefit direttamente in busta paga del lavoratore, oppure del lavoratore stesso in dichiarazione dei redditi (mi riferisco alla dichiarazione dei dividendi e/o per la tassazione delle plusvalenze da cessione).

L’assegnazione del fringe benefit al momento della maturazione delle azioni

Il comma 2, lettera g) dell’articolo 51 del DPR n. 917/86 (TUIR) afferma che le azioni assegnate al lavoratore dell’azienda costituiscono reddito da lavoro dipendente. Al fine di individuare il momento impositivo in cui si considera conseguito il reddito derivante dalle RSU è necessario prendere a riferimento il momento in cui le azioni maturano (ovvero al termine del periodo di vested). Il momento di maturazione, infatti, è il momento in cui il lavoratore acquisisce l’effettiva disponibilità delle azioni. In questo senso vedasi la Circolare n. 54/E/2008 e la Risposta a interpello n. 23/E/2020 dell’Agenzia delle Entrate. La disposizione generale da ricordare è che, sostanzialmente, il momento impositivo coincide con il momento in cui le azioni riservate al dipendente rientrano nella sua disponibilità giuridica. Tale momento coincide con quello di esercizio dell’opzione, e non il momento dell’offerta delle azioni da parte del datore di lavoro. Vedasi la Risoluzione n. 29/E/2001.

redditi di lavoro dipendente derivanti dalle attribuzioni di azioni, trattandosi di compensi in natura, devono essere valorizzati secondo quanto disposto dall’art. 51 co. 3 del TUIR. Tale disposizione prevede che la base imponibile su cui applicare l’IRPEF debba essere determinata come differenza tra:

  • Il “valore normale” delle azioni oggetto del piano di stock option;
  • Il prezzo pagato al momento dell’esercizio dell’opzione (c.d. “strike price“), che può anche essere pari a zero.

Questo significa, come detto, che quando il prezzo pagato dal lavoratore per l’assegnazione delle azioni è inferiore al valore normale dell’azione il lavoratore è chiamato a tassare la differenza come reddito da lavoro dipendente ex art. 51 del TUIR. Sul punto vedasi la Circolare n. 54/E/2008 dell’Agenzia delle Entrate. Per la determinazione del valore normale, l’art. 51 co. 3 del TUIR rinvia a quanto disposto dall’art. 9 del TUIR, il quale prevede tale metodo di determinazione:

  • Per azioni e titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, in base alla media aritmetica dei prezzi rilevati nell’ultimo mese;
  • Per le altre azioni, per le quote di società non azionarie e titoli di partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, in proporzione al valore del patrimonio netto della società o ente, o per l’ammontare proporzionale dei conferimenti nelle società o enti di nuova costituzione.

In relazione alla corretta determinazione del valore normale un importante riferimento deriva dalla risposta ad interpello n. 427/E/2019. In questo documento l’Agenzia delle Entrate dispone che il valore normale delle azioni deve essere determinato in proporzione al valore del patrimonio netto effettivo della società o ente. Tale valore deve risultare da una relazione giurata di stima. Il valore periziato deve riferirsi all’intero patrimonio sociale esistente a una data compresa nei 30 giorni che precedono quella in cui l’assegnazione è stata deliberata (in tal senso si richiamano la Circolare 21 maggio 1999, n. 112/E, e le Risoluzioni 20 marzo 2001, n. 29/E e 8 gennaio 2002, n. 3/E).

La tassazione sui dividendi distribuiti in relazione alle azioni assegnate

Le RSU, fino al momento di maturazione, non consentono la lavoratore di percepire i dividendi. In questo caso, infatti, l’azione è solo teorica e non ancora assegnata. Una volta, invece, che viene terminato il periodo di maturazione il lavoratore dipendente è assegnatario dell’azione e diventa a tutti gli effetti azionista della società. Questo significa che, fiscalmente, gli eventuali utili percepiti a fronte delle azioni in proprio possesso costituiscono redditi di capitale, ex art. 44, comma 1, lett. e) del TUIR. Questo significa, in buona sostanza che, in caso di attribuzione di utili trova applicazione la normativa relativa ai dividendi (nazionali o esteri). Sul punto vedasi la Risoluzione n. 103/E/2012 dell’Agenzia delle Entrate.

Per quanto riguarda l’ambito dichiarativo, il soggetto percettore del dividendo è chiamato a dichiarare tali redditi nel quadro RM (sezione V) del modello Redditi P.F.. Il regime di tassazione dei dividendi derivanti da partecipazioni prevede l’assoggettamento di tali redditi a ritenuta a titolo d’imposta. La ritenuta applicabile ha un’aliquota pari al 26% che il lavoratore deve scontare in dichiarazione dei redditi (a meno che non vi sia l’intervento di un intermediario finanziario residenti che possa fungere da sostituto di imposta).

La tassazione sulle plusvalenze realizzate a seguito della cessione delle azioni 

L’articolo 13, paragrafo 5 del modello OCSE, stabilisce che: “gli utili derivanti dall’alienazione di beni […] sono imponibili soltanto nello Stato del contraente di cui l’alienante è residente“. Questo significa che le plusvalenze realizzate dalla cessione di azioni derivanti da piani di restricted stock unit sono imponibili in Italia qualora il soggetto alienante sia ivi fiscalmente residente. I soggetti (azionisti) che abbiano realizzato, nel periodo d’imposta, plusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni, qualora non abbiano effettuato la scelta per l’applicazione del regime del risparmio gestito o amministrato, devono dichiarare tali plusvalenze nel modello Redditi P.F. all’interno del quadro RT. Con il regime del risparmio gestito o amministrato, invece, l’applicazione dell’imposta sostitutiva del 26% su ciascuna operazione viene effettuata da parte di un intermediario qualificato (Banca o Sim).

Con maggiore dettaglio, possiamo dire che dall’alienazione di un’azione è possibile generare una plusvalenza o una minusvalenza secondo le regole ordinarie. In particolare, queste componenti di reddito devono essere determinate come differenza tra:

  • Il corrispettivo percepito dalla cessione delle azioni o quote di partecipazione al capitale della società o ente;
  • Il valore di costo o il valore di acquisto assoggettato a tassazione (compenso in natura), aumentato di ogni onere inerente alla produzione, compresa l’imposta di successione o donazione, con esclusione degli interessi passivi (art. 68, comma 6, del TUIR).

Nel caso in cui la differenza sia positiva, si genera una plusvalenza che rientra nella categoria dei redditi diversi, ai sensi dell’art. 67 del TUIR. La disposizione in commento è particolarmente importante, in quanto, la determinazione della plusvalenza non deve essere calcolata come differenza tra valore di assegnazione e valore i vendita della partecipazione. Il valore imponibile corretto, infatti, deriva sempre da valore di cessione al netto del valore di costo o di acquisto assoggettato a tassazione sul lavoratore (ovvero il valore del fringe benefit assoggettato a tassazione). Nella prima ipotesi, infatti, a fronte di uno stesso imponibile ci sarebbe una quota di plusvalenza assoggettata a tassazione due volte: una a seguito della tassazione del compenso in natura e una seconda volta come plusvalenza. Di fatto, per le plusvalenze si applica l’imposta sostitutiva del 26% sia in caso di cessioni di partecipazioni non qualificate che nel caso di cessione di partecipazioni qualificate.

Assegnazione di RSU: conclusioni e consulenza fiscale

I piani di retribuzione ed incentivazione delle imprese multinazionali prevedono oggi un grande utilizzo delle restricted stock units (RSU). Se hai letto questo articolo e sei uno dei dipendenti interessati da questo tipo di retribuzione, devi preoccuparti della relativa gestione fiscale di questi strumenti.

Come ho cercato di farti capire in questo articolo vi sono più obblighi fiscali da rispettare. Essi dipendono e variano in base alle scelte effettuate di anno in anno, tra detenzione e vendita delle azioni acquistate. Per adempiere in modo corretto a questi obblighi fiscali hai la necessità di affidarti ad un consulente esperto in grado aiutarti a capire la come gestire al meglio la tua situazione personale. Se stai cercando un dottore Commercialista esperto in questo ambito, segui il link seguente per metterti subito in contatto con me.

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