La pensione di vecchiaia ti permette di lavorare senza limiti, come dipendente o con partita IVA. Chi ha una pensione anticipata (Quota 103, precoci) incontra invece divieti fino ai 67 anni, con eccezione per i 5.000 euro annui da lavoro occasionale. Tassazione, contributi e supplemento pensione variano in base alla tua scelta lavorativa.
Raggiungi finalmente l’età pensionabile dopo decenni di contributi. Ricevi il primo assegno dall’INPS. Poi realizzi che l’importo copre a malapena le spese mensili, o semplicemente non ti basta smettere di lavorare. Puoi tornare attivo? La risposta cambia radicalmente in base al tipo di pensione che percepisci e all’attività che intendi svolgere.
La normativa dal 2009 ha abolito il divieto generale di cumulo tra pensione e redditi da lavoro. Ma attenzione: questa libertà presenta eccezioni importanti. Alcune pensioni anticipate bloccano completamente la possibilità di lavorare fino ai 67 anni. Altre riducono l’assegno se superi determinate soglie reddituali. Conosci le regole esatte prima di firmare un contratto o aprire una partita IVA.
Molti pensionati scoprono troppo tardi i limiti del loro trattamento. Un cliente con Quota 103 ha perso sei mesi di pensione per un contratto part-time da 800 euro mensili. La sospensione ha superato il guadagno percepito.
Indice degli argomenti
- Pensione di vecchiaia: lavori senza vincoli
- Pensione anticipata: regole più rigide
- Contributivi puri: condizioni aggiuntive
- Tabella di confronto tra diverse tipologie di pensione
- Partita IVA da pensionato: opportunità e vincoli
- Pensioni di invalidità: i limiti
- Reversibilità: riduzioni per fasce di reddito
- Comunicazioni obbligatorie all’INPS
- Domande frequenti
Pensione di vecchiaia: lavori senza vincoli
Chi accede alla pensione di vecchiaia gode della massima libertà lavorativa. Questa prestazione richiede 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi, requisiti confermati fino al 2026. Dal giorno successivo al pensionamento, riprendi qualsiasi attività: dipendente, autonomo, occasionale. L’INPS non riduce né sospende l’assegno.
Puoi firmare un contratto a tempo indeterminato, determinato o part-time. Apri una partita IVA in regime ordinario o forfettario. Collabori come consulente. Svolgi prestazioni occasionali. La legge non pone limiti quantitativi o qualitativi. Il reddito da lavoro si somma alla pensione solo ai fini IRPEF, aumentando potenzialmente l’aliquota applicata.
Questa regola vale sia per il sistema retributivo o misto (contributi prima del 1996) sia per quello contributivo puro (contributi solo dopo il 1996). Chi è andato in pensione prima del 2009 aveva invece vincoli severi. La riforma del D.L. n. 112/2008 ha cancellato ogni impedimento per la pensione di vecchiaia.
Devi però cessare formalmente il rapporto di lavoro dipendente in essere per ottenere la liquidazione della pensione. Questa interruzione serve solo all’avvio del trattamento. Una volta partito l’assegno, nulla vieta di farti riassumere dallo stesso datore o da un altro. Anche il giorno successivo alla decorrenza.
I lavoratori autonomi non hanno nemmeno questo obbligo di interruzione. Chi gestisce una partita IVA continua l’attività senza pause. La pensione decorre regolarmente mentre l’attività professionale prosegue. Questa differenza tra dipendenti e autonomi esiste solo nella fase di avvio del trattamento pensionistico.
Tassazione e contributi continuano
Torni a lavorare dopo la pensione? Riprendi anche a versare contributi. Come dipendente, paghi la tua quota (9,19% dello stipendio) e il datore versa la sua parte. Come autonomo con partita IVA, calcoli e versi i contributi INPS sulla tua gestione di appartenenza. Questi versamenti non vanno persi.
L’INPS riconosce un supplemento di pensione basato sui nuovi contributi. Questa integrazione si ottiene su domanda dopo cinque anni dalla decorrenza originaria o dall’ultimo supplemento liquidato. Il calcolo usa i contributi versati nel quinquennio per incrementare l’assegno mensile. L’aumento è definitivo, non temporaneo.
Esiste un’eccezione: chiedi il supplemento dopo soli due anni se hai raggiunto l’età pensionabile di vecchiaia nella gestione dove versi i nuovi contributi. Questa possibilità vale una sola volta. Successivamente torni alla regola quinquennale per ulteriori supplementi. Pianifica bene quando presentare la domanda.
Sul fronte fiscale, pensione e reddito da lavoro formano un’unica base imponibile IRPEF. Le aliquote progressive si applicano al totale. L’INPS e il datore di lavoro applicano separatamente le ritenute sui loro pagamenti. Rischi un conguaglio pesante in dichiarazione dei redditi.
Attenzione: Comunica sempre al datore di lavoro la tua qualità di pensionato. Così applica le ritenute corrette tenendo conto del reddito complessivo. Eviti brutte sorprese a giugno quando compili il 730.
Pensione anticipata: regole più rigide
La pensione anticipata ordinaria richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini, 41 anni e 10 mesi per le donne. Nessun requisito anagrafico. Chi la ottiene cumula liberamente i redditi da lavoro, esattamente come per la vecchiaia. Nessuna riduzione, nessun divieto, nessuna comunicazione obbligatoria all’INPS.
Il divieto di cumulare il trattamento pensionistico con eventuali redditi è sancito dall’art. 14, comma 3 del decreto legge n. 4/2019 che disciplina la misura:
“La pensione non è cumulabile, […] fino alla maturazione dei requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia, con i redditi da lavoro dipendente o autonomo.”
La situazione cambia radicalmente per le pensioni anticipate “speciali” introdotte negli anni: Quota 103, pensione anticipata precoci, APE Sociale. Queste formule consentono di uscire prima dal lavoro ma impongono vincoli severi sul cumulo. Il legislatore vuole evitare che diventino prepensionamenti senza effettivo ritiro dall’attività.
Chi accede a Quota 103 (62 anni + 41 contributi) non può cumulare la pensione con redditi da lavoro fino ai 67 anni. Il divieto copre qualsiasi attività, anche all’estero: dipendente, autonoma, parasubordinata. L’unica eccezione riguarda il lavoro autonomo occasionale entro 5.000 euro lordi annui. Superata questa soglia, l’INPS sospende l’assegno.
La sospensione non cancella la pensione. Opera solo per il periodo in cui hai prodotto redditi vietati. Raggiunti i 67 anni, il divieto decade automaticamente. Da quel momento cumuli liberamente come un normale pensionato di vecchiaia. L’INPS recupera anche le mensilità pagate indebitamente se hai lavorato violando il divieto.
I pensionati anticipati precoci (41 anni di contributi con almeno 12 mesi prima dei 19 anni) subiscono un divieto totale. Nessuna eccezione, nemmeno per i 5.000 euro occasionali. Il blocco dura tutto il periodo di anticipo rispetto ai requisiti ordinari della pensione anticipata. Qualsiasi attività lavorativa comporta la sospensione immediata.
Pensione anticipata e socio di SRL
Una situazione particolare è quella che riguarda la possibilità, per le pensioni Quota 100 e Quota 102, di essere soci di SRL. In questo caso, solo in caso di pensionato Quota 100 che risulta essere anche socio non lavoratore di SRL, si ritiene non sussistano incompatibilità. Questo, in quanto il pensionato va a percepire unicamente reddito di impresa, non prestando alcuna attività lavorativa effettiva. Diverso, invece, il discorso per il socio lavoratore di SRL, il quale prestando attività lavorativa ha il divieto di cumulo con la pensione anticipata.
In ogni caso, l’INPS, con la Circolare n. 117/2019 ha riportato un elenco tassativo di tutti i redditi che non rilevano ai fini dell’incumulabilità della pensione anticipata.
ritirarsi dall’attività lavorativa, limitando l’accesso a chi potrebbe altrimenti cumulare redditi pensionistici con quelli da lavoro.
APE Sociale e contributiva: limiti specifici
L’APE Sociale richiede 63 anni e 5 mesi più 30 o 36 anni di contributi a seconda della categoria. Chi ha ottenuto la certificazione dal 2024 in poi non può cumulare redditi da lavoro fino ai 67 anni. Eccezione: lavoro autonomo occasionale entro 5.000 euro annui. Chi ha avuto la certificazione prima del 2024 mantiene invece i limiti vecchi: 8.000 euro da dipendente, 4.800 euro da autonomo.
La Legge di Bilancio 2025 ha introdotto una novità per i contributivi puri che vogliono la pensione anticipata a 64 anni. Possono sommare la rendita da previdenza complementare per raggiungere l’importo minimo (3 volte l’assegno sociale). Chi sceglie questa strada subisce il divieto di cumulo con redditi da lavoro, salvo i 5.000 euro occasionali.
Violazione del divieto di cumulo
Si fa presente che, in caso di mancato rispetto del regime di non cumulabilità, l’INPS è tenuta a sospendere la pensione e a recuperare le mensilità pagate indebitamente.
In caso di violazione del divieto di cumulo è prevista la sospensione del trattamento pensionistico per l’intero ammontare. L’INPS provvede ad una decurtazione della pensione in forma intera, in quanto la prestazione è considerata non cumulabile con qualsiasi reddito da lavoro fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia.
L’istituto provvede ad emettere un avviso in capo al soggetto, richiedendo l’intero trattamento pensionistico erogato per l’anno di riferimento.
Contributivi puri: condizioni aggiuntive
Chi ha versato tutti i contributi dopo il 31 dicembre 1995 rientra nel sistema contributivo puro. Queste persone possono cumulare pensione e redditi da lavoro, ma solo se rispettano almeno una di queste condizioni: hanno compiuto 60 anni se donne o 65 se uomini, oppure hanno maturato 40 anni di contributi.
Nella pratica, chi raggiunge i requisiti ordinari per la pensione di vecchiaia (67 anni + 20 contributi) o anticipata soddisfa automaticamente le condizioni. Il problema sorge per chi accede con formule particolari, come Opzione Donna. Qui la normativa resta poco chiara sulla cumulabilità.
Opzione Donna calcola la pensione interamente con il metodo contributivo, anche se esistono contributi ante-1996. Le lavoratrici che la scelgono possono uscire a 61 anni (con riduzioni per i figli). Per analogia con le altre pensioni contributive, dovrebbero poter lavorare liberamente. Ma l’INPS non ha mai emesso una circolare esplicita sul punto.
Tabella di confronto tra diverse tipologie di pensione
Per fornire una visione più chiara delle differenze vediamo la tabella seguente.
| Tipo pensione | Età minima | Contributi | Cumulo lavoro | Eccezione |
| Vecchiaia | 67 anni | 20 anni | Totale | Nessuna |
| Anticipata ordinaria | Nessuna | 42 anni 10 mesi (U) 41 anni 10 mesi (D) | Totale | Nessuna |
| Quota 103 | 62 anni | 41 anni | Vietato fino a 67 anni | 5.000€ occasionale |
| Precoci | Nessuna | 41 anni | Vietato nel periodo anticipo | Nessuna |
| APE Sociale | 63 anni 5 mesi | 30-36 anni | Vietato fino a 67 anni | 5.000€ occasionale |
Partita IVA da pensionato: opportunità e vincoli
Apri una partita IVA anche da pensionato. La pensione non rappresenta una causa di esclusione. Scegli tra regime ordinario e forfettario in base ai tuoi ricavi previsti e al reddito pensionistico. Il forfettario offre la flat tax al 15% (5% primi cinque anni) ma richiede il rispetto di limiti specifici.
Per accedere al regime forfettario, il tuo reddito da pensione non deve superare 35.000 euro lordi annui. Questo limite è stato innalzato dal 2025 (prima era 30.000 euro). Se percepisci una pensione di 40.000 euro annui, rientri automaticamente nel regime ordinario. Valuta bene i costi e i benefici di ciascuna opzione.
Nel regime forfettario non addebiti IVA ai clienti e non scarichi le spese. Calcoli il reddito imponibile applicando un coefficiente di redditività al fatturato (varia dal 40% al 86% secondo il codice ATECO). Sulla base imponibile applichi la flat tax. Semplice ma a volte meno conveniente del regime ordinario, specie con molte spese.
Nel regime ordinario gestisci IVA, deduzione analitica dei costi, aliquote IRPEF progressive. Più complesso ma potenzialmente vantaggioso con spese elevate. Il reddito da partita IVA si somma alla pensione. Rischi di entrare negli scaglioni IRPEF più alti (35% o 43%) con una tassazione complessiva pesante.
Versi i contributi INPS sulla gestione di appartenenza: Gestione Separata per professionisti senza cassa, Gestione Artigiani e Commercianti per queste categorie, Casse professionali per gli iscritti agli ordini. Le aliquote variano dal 24% al 26% circa. Chi è già pensionato può chiedere l’applicazione di un’aliquota ridotta in alcuni casi.
Pensioni di invalidità: i limiti
La pensione di inabilità assoluta e permanente non consente alcuna attività lavorativa. Il presupposto stesso per ottenerla è l’impossibilità totale di lavorare. Svolgere qualsiasi lavoro, anche poche ore, comporta la revoca immediata del trattamento. Perdi anche l’iscrizione agli albi professionali richiesti per l’esercizio della professione.
L’assegno ordinario di invalidità presenta invece regole più articolate. Puoi lavorare ma subisci decurtazioni se il reddito supera determinate soglie. La pensione si riduce del 25% se il reddito supera 4 volte il trattamento minimo INPS (circa 31.100 euro nel 2025). La riduzione sale al 50% sopra 5 volte il minimo.
Esiste anche una seconda trattenuta per chi ha meno di 40 anni di contributi e un assegno superiore al minimo. La quota eccedente il minimo si riduce del 50% con redditi da lavoro dipendente, del 30% con redditi da lavoro autonomo. Questa trattenuta non scatta se il reddito da lavoro resta sotto il minimo INPS o con contratti sotto i 50 giorni annui.
Reversibilità: riduzioni per fasce di reddito
La pensione di reversibilità spetta al coniuge superstite. L’importo base è il 60% della pensione del defunto. Questo assegno può subire riduzioni se il superstite lavora e supera determinate soglie reddituali. La decurtazione non si applica in presenza di figli minori, studenti o inabili nel nucleo familiare.
Le riduzioni operano a scaglioni progressivi. Reddito tra 3 e 4 volte il trattamento minimo: pensione ridotta del 25%. Reddito tra 4 e 5 volte il minimo: riduzione del 40%. Reddito oltre 5 volte il minimo: riduzione del 50%. Il calcolo avviene sul reddito personale del superstite, non su quello della coppia originaria.
Comunicazioni obbligatorie all’INPS
Chi percepisce pensioni con limiti al cumulo deve comunicare all’INPS l’avvio di qualsiasi attività lavorativa. L’obbligo riguarda Quota 103, precoci, APE Sociale, pensione anticipata contributiva con previdenza complementare. Comunichi prima di iniziare il lavoro o immediatamente dopo l’assunzione.
I titolari di assegno ordinario di invalidità o pensione di reversibilità con redditi da lavoro autonomo presentano ogni anno il modello RED semplificato. La scadenza è il 31 ottobre dell’anno successivo a quello del reddito. Dichiari il reddito autonomo percepito per permettere all’INPS di calcolare le trattenute dovute.
Omettere queste comunicazioni comporta conseguenze pesanti. L’INPS sospende la pensione dal momento in cui hai iniziato a lavorare. Recupera tutte le mensilità indebitamente percepite tramite trattenute sulle rate future. In alcuni casi può anche chiedere la restituzione immediata delle somme con sanzioni e interessi.
Domande frequenti
L’assegno sociale è una forma di assistenza che dipende dal reddito complessivo del beneficiario. Se un pensionato con assegno sociale decide di lavorare, il reddito potrebbe portare alla riduzione o alla sospensione dell’assegno stesso, in quanto è una misura destinata ai soggetti con reddito molto basso.
No, con la pensione anticipata non è possibile cumulare redditi da lavoro subordinato fino al raggiungimento dell’età di vecchiaia. Questo vale anche per lavori part-time, salvo alcune eccezioni molto limitate per redditi occasionali.
No, per chi percepisce la pensione di vecchiaia o anticipata, i contributi versati continuando a lavorare non aumentano l’importo della pensionistico già liquidato, tranne in alcuni casi specifici di ricongiunzione o ricalcolo su richiesta.
Fonti
- D.L. n. 112/2008, art. 19
- D.L. n. 201/2011, art. 24
- Legge n. 335/1995
- Legge di Bilancio 2025
- Circolare INPS n. 117/2019
- D.Lgs. n. 503/1992