Tra le voci che i dipendenti possono trovarsi in busta paga troviamo anche i premi di produzione o premi di risultato. In pratica si tratta di una quota aggiuntiva sulla retribuzione che può essere riconosciuta da tutti i datori di lavoro (ad eccezione della Pubblica Amministrazione) a titolo di incentivo qualora siano stati raggiunti dal dipendente incrementi in termini produttività, redditività o di qualità, efficienza e innovazione.
Ciò che non sempre è noto è che i premi di produttività possono anche essere tramutati in contributi da destinare al fondo pensione. Al riguardo ha dato chiarimenti anche il fisco.
Vediamo di seguito i dettagli.
La particolarità dei premi di produzione
I premi di produzione godono di un regime fiscale agevolato, introdotto dalla Legge di Stabilità del 2016 e riservato a tutti i lavoratori del settore privato che nell’anno precedente all’erogazione dello stesso non abbiano superato gli 80 mila euro di reddito da lavoro dipendente. Per chi vi rientra, sui primi 3 mila euro di premio si applica un’imposta IRPEF e le addizionali regionali e comunali pari al 10% (sulla parte eventualmente eccedente la tassazione è ordinaria). Questi 3 mila euro, inoltre, non concorrono a formare il reddito del lavoratore ai fini fiscali.
Quanto ai premi di risultato erogati nel corso del 2023, l’aliquota dell’imposta sostitutiva è stata ridotta al 5%, cosa che è stata estesa temporaneamente dalla Legge di Bilancio 2024 anche per i premi erogati quest’anno.
Premi di produzione: quando vengono corrisposti e come trasformarli in contributi
L’erogazione dei premi di produzione avviene direttamente in busta paga, e possono essere corrisposti mensilmente, ogni 3 mesi, a cadenza semestrale o annuale. Per conoscere quando viene pagato il premio di produzione e con quali modalità di calcolo si raggiunge l’importo finale, dobbiamo fare riferimento sempre all’accordo sindacale che l’ha istituito.
Anziché farsi corrispondere questi premi in busta paga ciascun lavoratore ha anche la possibilità di convertire il premio stesso in servizi di welfare oppure in contributi ai fini della previdenza complementare. Al riguardo, come ha ribadito l’Agenzia delle Entrate, occorre fare particolare attenzione al regime fiscale che viene applicato. Tra gli incentivi alle forme pensionistiche complementari, c’è la deducibilità dal reddito dichiarato per l’IRPEF dei contributi versati al fondo pensione, fino alla somma di 5.164,57 euro.
Inoltre nella liquidazione della pensione complementare si gode della non tassabilità della quota di contributo previdenziale non dedotta dal reddito in fase di accumulo, per mancanza di capienza nel reddito dichiarato o perché eccedente la soglia massima ammissibile di 5.164,57 euro. Tuttavia bisogna comunicare al fondo pensione sia l’ammontare dei contributi non dedotti, sia l’ammontare dei contributi che sostituiscono il premio di produzione. Questo proprio perché l’importo dei contributi versati al posto dei premi deve essere noto al fondo per non formare la base imponibile della pensione complementare.
Per tutti questi motivi può dirsi decisamente conveniente procedere alla conversione dei premi di produzione in contributi.
Cosa stabilisce l’Agenzia delle Entrate
Sulla questione dei premi di produzione da trasformare in contributi è intervenuta l’Agenzia delle Entrate con apposito parere fornito in risposta a un quesito formulato dal Fondo pensione (risposta n. 154/E del 15 luglio 2024). Nel parere, facendo riferimento all’articolo 1, comma 184-bis, della legge 208 del 28 dicembre 2015, si stabilisce che i contributi versati a forme pensionistiche complementari, se convertiti dal premio di risultato, non concorrono alla formazione della base imponibile sulla quale si calcola l’Irpef. In altri termini, questi contributi sono esentasse sia nel momento in cui vengono aggiunti ai fondi pensione sia nel momento in cui vengono erogati come prestazioni pensionistiche.
L’Agenzia ha sottolineato inoltre come l’interessato sia tenuto a comunicare alla forma di previdenza complementare sia l’ammontare dei contributi non dedotti, sia l’ammontare dei contributi sostitutivi del premio di risultato. Questo passaggio è importante affinchè il fondo di previdenza complementare possa avere conoscenza anche dell’importo dei contributi versati in sostituzione del premio di risultato perché non devono concorrere, come detto, alla formazione della base imponibile della prestazione pensionistica.
Infine l’Ade ha precisato anche che, al fine di evitare la tassazione dei contributi versati in sostituzione dei premi di risultato al momento della liquidazione, nell’ipotesi in cui sia il datore di lavoro a provvedere a tale comunicazione al posto del dipendente, quest’ultimo possa ritenersi dispensato da detto obbligo.
Conclusioni
Un modo conveniente per poter godere dei premi di produzione, anzichè vederseli corrispondere in busta paga, è quello di trasformarli in contributi ai fini della pensione complementare.
La convenienza in tale ‘modus operandi’ risiede nel particolare regime di cui gode la previdenza complementare, con riguardo alla deducibilità fino a 5.164,57 euro e, in particolare, alla non tassabilità, nella fase di liquidazione della prestazione erogata al lavoratore, della quota di contributo previdenziale non dedotta dal reddito in fase di accumulo.
Chiarimenti in merito sono stati anche forniti di recente con apposito parere espresso dall’Agenzia delle Entrate, in risposta ad un quesito del Fondo Pensione.