I nomadi digitali sono persone che vivono in modo nomade, in costante movimento da un paese all’altro. Si tratta di soggetti che sfruttano la tecnologia ed il web per gestire le proprie relazioni personali, ma soprattutto per lavorare.

La crescente diffusione di internet e di attività lavorative che possono essere svolte in smart working hanno portato al crescere di soggetti che vogliono vivere viaggiando per il mondo in modo nomale.

Da questa definizione possiamo ricavare alcune caratteristiche che identificano i nomadi digitali:

  • Utilizzo delle tecnologie dell’informatica per lo svolgimento dell’attività lavorativa;
  • Lavoro da remoto, senza postazioni di lavoro fisse;
  • Vita nomade, non stanziale. Il nomade digitale spesso non passa più di qualche mese nello stesso Stato.

Anche questi dovranno provvedere ad aprire una Partita IVA. Come forse già saprai, è un codice numerico che serve a diverse operazioni. In primo luogo, consente di emanare le fatture, ma è indispensabile anche per versare le imposte e i contributi previdenziali.

Inoltre, ove si voglia svolgere l’attività in maniera continuativa, essa è indispensabile. Solo con la partita IVA si può assicurare la possibilità di svolgere attività senza limiti di reddito o di tempo. Con la partita IVA potrai anche avvalerti di collaboratori dipendenti, acquistare attrezzature da lavoro, e tutto ciò essendo in regola con il fisco italiano.

Vediamo dunque, come possono aprire una partita IVA i nomadi digitali!

Chi sono i nomadi digitali?

I nomadi digitali sono forse una categoria di lavoratori di cui hai scarsa conoscenza. Eppure, soprattutto nelle fase acute dell’emergenza Pandemica, un po’ tutti siamo stati nomadi digitali, almeno in senso lato.

A parte questa breve parentesi, i nomadi digitali, tuttavia, sono delle specifiche figure professionali.

Sono, in genere, definiti tali tutti quei lavoratori che svolgono un’attività che si caratterizzano per flessibilità ed autonomia nell’organizzazione del lavoro e l’utilizzo della Rete, come mezzo preponderante per l’attività. A parte queste poche caratteristiche, chiunque, potrebbe essere nomade digitale.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi questi appartengono a specifiche categorie professionali. Vi rientrano coloro che in genere svolgono l’attività da freelancer. Vediamo allora alcuni categorie professionali che possono esser definite tali.

Alcune categorie di Nomadi digitali

Come dicevamo nel paragrafo precedente, invero, al fenomeno dei nomadi digitali appartengono svariate categorie di lavoratori. Tuttavia, è possibile individuare determinati soggetti che si definiscono tali. Questi, infatti, sono professionisti che per la maggior parte opera in ambiti molto avanzati ed innovativi rispetto al passato:

  • Web marketing: tale attività è divenuta piuttosto comune negli ultimi anni, e coinvolge diverse figure professionali. Dal social media manager al copywriter, dal blogger all’ideatore di campagne online. Questo, infatti, è un settore fiorente e in pieno sviluppo, che può comportare un considerevole sviluppo per la nostra economia;
  • Design e arti grafiche  anche il settore del Web design è in forte crescita negli ultimi anni. Tale attività viene svolta dal grafico pubblicitario, designer di prodotti che lavorano come liberi professionisti e, sovente, con il lavoro da nomadi digitali.
  • Video e fotografia, la figura del nomade digitale, dunque, abbraccia anche gli artisti e professionisti in settori non necessariamente legati a social media ma che sono più “tradizionali”, sebbene sono attività che vengono svolte mediante l’ausilio delle nuove tecnologie, come macchine professionali digitali, computer, e altri strumenti, che valgono a qualificare l’artista come nomade digitale.
  • Insegnamento e formazione, anche l’attività di formazione può essere effettuata a distanza, come ci ha insegnato negli ultimi due anni l’esperienza della DAD. Invero, anche prima dell’emergenza pandemica erano comuni delle attività di formazione a distanza, mediante Zoom o Myteams. Soprattutto le grandi aziende svolgono suddetti corsi di formazione a distanza, ma talvolta anche i corsi di lingua si avvalgono di tali ausili;
  • Informatica Tra i settori con la più alta concentrazione di nomadi digitali, non può di certo mancare l’informatica: programmatori, sviluppatori di app per smartphone, esperti di UX design e via di seguito.

Interventi normativi in materia

Gli ultimi interventi normativi sul punto sono stati proprio recentemente introdotti, mediante un emendamento al DdL di conversione del Decreto sostegni Ter. Questo ha introdotto alcune interessanti norme in tema di nomadi digitali. In particolare, la norma ha inteso regolare in maniera più compiuta quelle che sono le norme in tema di lavoratori dei Paesi extra UE. Proprio rispetto a questi ultimi che potrebbero sorgere delle controversie applicative.

La disciplina per tali soggetti dispone che può essere rilasciato il nullaosta, al ricorrere di specifici presupposti, per svolgere la propria attività. Dunque, tale attività può essere svolta anche al di fuori della soglia prevista annualmente dal Decreto Flussi. Tale soglia è stata individuata dal decreto legislativo numero 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazone).

Quali modifiche?

La proposta di modifica va ad incidere su una delle norme del decreto Sostegni ter, in particolare si aggiunge all’articolo 27 del Testo Unico la lett. q-bis. In tal sede, il legislatore ha individuato la nuova categoria di lavoratori “nomadi digitali e lavoratori da remoto, non appartenenti all’Unione europea”. Questi sono definiti come segue:

“Cittadini di un Paese terzo, che svolgono attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto in via autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio dello Stato italiano.”

Dunque, appartengono a questa categoria le professioni altamente qualificate. Tra queste rientrano alcuni soggetti che abbiamo citato nel paragrafo precedente: programmatori web, specialisti di digital marketing, scrittori e blogger o ancora traduttori e graphic designer.

Ciò in quanto queste sono le categorie che in genere possono svolgere la propria attività in smart working. Proprio in fase di emergenza pandemica si era posto il problema, più volte presentato all’Agenzia delle entrate, di tali soggetti che svolgessero la propria attività da remoto in Italia.

Con la suddetta previsione, si dispone che possono entrare in Italia e lavorare come autonomi o per imprese, anche non residenti nello Stato. A differenza di quanto si prevedeva, non vi è più la necessità di ottenere il nulla osta.

Il permesso di soggiorno, della durata massima di un anno, verrà rilasciato loro purché siano in possesso di una assicurazione sanitaria.

Nomadi digitali: regime fiscale

nomadi digitali, come qualsiasi altro lavoratore, sono soggetti ad obblighi fiscali.

Ovviamente vi sono delle differenze in punto di regime fiscale, a seconda che i lavoratori:

  • si trovino in Italia pertanto saranno assoggettati al fisco italiano;
  • lavori all’estero:
    • a) per meno di 183 giorni l’anno (rimane soggetto alle leggi italiane);
    • b) per più di 183 giorni l’anno (può scegliere di trasferire all’estero la tassazione).

A tal proposito, laddove si decida di versare la imposte all’esteso, è necessario conformarsi al relativo sistema fiscale. Inoltre, è opportuno provvedere a rispettare le previsioni delle convenzioni con l’Italia, al fine di prevenire la doppia imposizione fiscale.

Aprire una partita IVA come nomade digitale

Fatto questo breve inquadramento sul nomade digitale, è necessario ricordare che quest’ultimo è un lavoratore autonomo, e come tale è tenuto ad aprire una partita IVA.

Le difficoltà sul punto sono ben evidenti, anche in considerazione della circostanza che la qualifica abbraccia diverse categorie di professionisti.

La Partita IVA , come forse già saprai, è un codice numerico che serve a diverse operazioni. In primo luogo, consente di emanare le fatture, ma è indispensabile anche per versare le imposte e i contributi previdenziali.

Inoltre, ove si voglia svolgere l’attività in maniera continuativa, essa è indispensabile. Solo con la partita IVA si può assicurare la possibilità di svolgere attività senza limiti di reddito o di tempo. Con la partita iva potrai anche avvalerti di collaboratori dipendenti, acquistare attrezzature da lavoro, e tutto ciò essendo in regola con il fisco italiano.

Pertanto, se desideri sviluppare la tua professionalità e scegliere la via del nomadismo digitale, la soluzione migliore è affidarti ad un esperto ed aprire Partita IVA.

Come aprire una Partita IVA come nomadi digitali?

Ciò premesso vediamo quali sono i diversi step per aprire una partita IVA come nomadi digitali. Ovviamente, la prima premessa è individuare il codice Ateco. Questo, a differenza di altri casi esaminati e che trovate disponibili in piattaforma, non è unico, perché, come evidenziato più volte nel corso del presente articolo, tale figura abbraccia più categorie.

Per quanto riguarda invece la procedura, è la medesima procedura per l’apertura della Partita IVA:

La presentazione dei modelli può essere presentata attraverso i seguenti modi:

  • recandosi presso l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate con apposito documento di riconoscimento;
  • invio con raccomandata con ricevuta di ritorno, con in allegato fotocopia del documento di riconoscimento;
  • invio per via telematica, tramite il software apposito che si scarica dal sito dell’Agenzia delle Entrate.

Ti consigliamo tuttavia di rivolgerti a dei professionisti per essere più sicuro e prevenire errori.

Scelta Del Regime Fiscale

Sempre in sede di apertura della partita IVA devi scegliere il regime fiscale per la tua attività da nomade digitale.

A tal proposito ti consigliamo il regime forfettario costituisce l’unico regime fiscale agevolato, sostitutivo dell’IRPEF, utilizzabile per le partite IVA che vogliono intraprendere una nuova attività o per i professionisti e gli imprenditori individuali che ne rispettano i requisiti di permanenza. 

Il regime comporta numerosi vantaggi. In primo luogo, si applica il regime fisso del 5 o 15%. Questo sicuramente è il principale vantaggio che il regime di tassazione forfettario comporta.

L’imposta sostitutiva è, infatti, ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività in presenza di determinati requisiti.

Tassazione dei redditi dei nomadi digitali

Il concetto fondamentale per stabilire ove un soggetto sia tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti è quello di “residenza fiscale“. La tassazione dei redditi delle persone fisiche è differente in ogni Stato, pertanto i nomadi digitali preferiscono svolgere la propria attività e dove tassare i relativi proventi, nella maniera più vantaggiosa possibile.

Per saperne di più: “I nomadi digitali pagano le imposte sul reddito?”

obblighi fiscali nello stato di provenienza

Nonostante la motivazione dei nomadi digitali sia quella di svolgere la propria attività all’estero al fine di ridurre la “pressione fiscale” della propria attività, questi non possono sottovalutare il permanere di obblighi fiscali nei confronti dello Stato di provenienza. Ogni Stato ha il potere di definire le regole impositive valide all’interno del proprio territorio.

Esistono però dei criteri riconosciuti a livello internazionale secondo cui tale potere può essere esercitato anche oltre i confini territoriali, sempre che sussistano dei criteri di collegamento tra lo Stato e l’elemento da tassare.

Nell’ambito della fiscalità internazionale, infatti, la tassazione dei redditi segue criteri di collegamento di natura:

  • Personale. Mi riferisco, ad esempio ai concetti di residenza, domicilio, dimora, sede legale, sede amministrativa e luogo dell’oggetto sociale; 
  • Reale. Classico esempio è la tassazione nello Stato della fonte del reddito.

Questi presupposti sono quelli utili a creare una sovrapposizione del potere impositivo di Stati diversi rispetto ai redditi prodotti a livello internazionale.

Il Principio Di Tassazione Dei Redditi Nello Stato Di Residenza Fiscale

La maggior parte dei Paesi applica criteri di tassazione basati sul principio della worldwide taxation. Sulla base di questo principio ogni Stato ha il potere di tassare tutti i redditi, ovunque prodotti, delle persone fisiche e delle società che hanno residenza fiscale nel proprio territorio. In Italia questo principio è sancito dall’articolo 3 del TUIR.

La nozione di residenza fiscale viene definita dai singoli Stati, pertanto può accadere che esso abbia portata diversa nei diversi Stati in cui un soggetto si trova ad operare. Tale situazione può provocare un disallineamento degli ordinamenti nel definire il concetto di residenza fiscale comportando in capo allo stesso soggetto la residenza fiscale di due Stati oppure anche di nessuno degli Stati coinvolti. Tale situazione prende il nome di “dual residence“.

Tuttavia, nella maggior parte dei casi vengono risolte attraverso l’applicazione delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate tra gli Stati coinvolti.

Nel nostro ordinamento la residenza fiscale delle persone fisiche è disciplinata dall’articolo 2, comma 2, del DPR n. 917/86. Ai sensi di questa disposizione un soggetto si considera fiscalmente residente in Italia quando, alternativamente, per almeno 183 giorni:

  • E’ iscritto all’anagrafe della popolazione residente;
  • Ha il domicilio (ai sensi dell’articolo 43 c.c.) in Italia;
  • Ha la residenza (ai sensi dell’articolo 43 c.c.) in Italia.

E’ sufficiente il verificarsi di anche solo uno di questi requisiti per essere considerati residenti fiscalmente in Italia

Nomadi Digitali Ed I Criteri Che Determinano La Residenza Fiscale Italiana

Di seguito vediamo quali sono i requisiti per perdere la residenza fiscale Italiana:

  • Iscrizione AIRE;
  • Domicilio all’estero;
  • Residenza all’estero.

 ATTENZIONE! Tali criteri non sono alternativi, ma devono essere rispettati congiuntamente per ottenere il trasferimento della propria residenza fiscale all’estero.

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