L’Unione Europea aggiorna costantemente l’elenco dei paesi che ritiene essere ad elevato rischio per il riciclaggio di denaro contante. Si tratta dei paesi che richiedono una adeguata verifica rafforzata della clientela ed obbligo di adempimenti antiriciclaggio.
La Commissione europea ha adottato una black list di 11 paesi terzi il cui quadro giuridico di lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo accusa carenze strategiche. Il rischio legato al riciclaggio di denaro riguarda indistintamente imprese ed i relativi professionisti (avvocati, commercialisti, notai, etc) che lavorano per conto di esse. Insomma, tutti i soggetti per i quali è attività la normativa antiriciclaggio. Si tratta di misurare un rischio che può comportare sanzioni pesanti per chi non lo rispetta.
L’attività di riciclaggio di denaro ha l’obiettivo di nascondere la provenienza illecita di fondi. Obiettivo che spesso si intreccia con quello di finanziare organizzazioni criminali o terroristiche. Accanto a questo, va detto che per questi scopi possono essere utilizzato anche fondi legittimi, che vengono prestati per attività illecite. Il tutto con conseguente maggiore difficoltà di individuazione per le autorità competenti. Oggi questi aspetti nel mercato globalizzato sono diventati di importanza sovranazionale.
Per questo la Commissione UE è intervenuta varie volte per cercare di fornire indirizzi operativi. In questo articolo vediamo quali sono i principali paesi a rischio riciclaggio di denaro secondo la Commissione UE. Inoltre, vedremo quali sono i principali rischi ed adempimenti maggiorati che sono richiesti ai professionisti che si trovano ad operare con controparti residenti in questi Paesi.
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Paesi a rischio riciclaggio di denaro
La volontà di cercare di limitare il fenomeno del riciclaggio di denaro è arrivata ad un primo punto con l’emanazione della IV direttiva antiriciclaggio (Direttiva UE 2015/849). A norma della IV e della V Direttiva antiriciclaggio, la Commissione deve individuare i Paesi terzi ad alto rischio, effettuando una valutazione autonoma.
La Commissione europea ha adottato un nuovo elenco, sotto forma di regolamento delegato, di 11 Paesi terzi il cui quadro giuridico di lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo accusa carenze strategiche. L’analisi effettuata per la compilazione dell’elenco, condotta dalla Commissione in consultazione si è focalizzata su 54 giurisdizioni considerate prioritarie. Nell’ambito della valutazione effettuata, i Paesi soddisfano almeno uno dei criteri seguenti:
- Impatto sistemico sull’integrità del sistema finanziario dell’Ue;
- Giudicati centri finanziari offshore dal Fondo monetario internazionale;
- Rilevanza economica e forti legami economici con l’Ue.
Per ogni Paese è stato preso in considerazione il livello attuale di minaccia, il quadro giuridico vigente e i controlli posti in essere per prevenire i rischi di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo nonché il relativo livello di attuazione concreta degli stessi. Ulteriori riferimenti di cui la Commissione ha tenuto conto sono rappresentati dai lavori del Gruppo di azione finanziaria internazionale (GAFI), l’ente di normazione internazionale nel settore.
Ai paesi già elencati dal GAFI sono state aggiunte altre giurisdizioni per cui sono state riscontrate carenze strategiche nel regime di lotta contro il riciclaggio e il finanziamento del terrorismo. Si evidenzia, inoltre, che alcuni dei Paesi di cui è composto il nuovo elenco sono già presenti nell’elenco vigente, che ne comprende.
Nuova metodologia basata su criteri più rigorosi
L’obiettivo dell’elenco in esame di rappresentare un supporto alle banche e agli altri soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio dell’Unione Europea per individuare i flussi sospetti di denaro. Tali soggetti dovranno, infatti, svolgere misure rafforzate di adeguata verifica della clientela nei casi di operazioni finanziarie che coinvolgono clienti e istituti finanziari dei paesi terzi ad alto rischio che vi figurano.
La Commissione proseguirà l’impegno con i Paesi che l’attuale regolamento delegato identifica come Paesi con carenze strategiche e proseguirà i contatti, in particolare, sui criteri da soddisfare per la rimozione dall’elenco stesso.
Con il provvedimento del 8 ottobre 2024 il Consigli UE ha aggiornato la lista dei Paesi a rischio riciclaggio, di cui al punto I dell’allegato del regolamento delegato UE n. 2016/1675. Documento che ha integrato la direttiva (UE) 2015/849 del Parlamento europeo e del Consiglio. Con il provvedimento in commento è stato aggiornato l’elenco delle giurisdizioni ad alto rischio, che presentano carenze strategiche nei loro regimi in materia di antiriciclaggio e di contrasto al finanziamento del terrorismo (AML (Anti Money Laundering) / CFT (Combating the Financing of Terrorism)). Di seguito l’elenco aggiornato dei paesi che presentano maggiore rischio.
N° | PAESI AD ELEVATO RISCHIO DI RICICLAGGIO DI DENARO PER LA COMMISSIONE EUROPEA |
---|---|
1) | Samoa |
2) | Anguilla |
3) | American Samoa |
4) | Fiji |
5) | Guam |
6) | Palau |
7) | Trinidad e Tobago |
8) | Isole Vergini Americane |
9) | Panama |
10) | Russia |
11) | Vanuatu |
Motivi per cui le giurisdizioni sono state rimosse dalla lista
La lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali (allegato I) comprende i paesi che non hanno partecipato a un dialogo costruttivo con l’UE in materia di governance fiscale o che non hanno rispettato i propri impegni volti ad attuare le riforme necessarie. Tali riforme dovrebbero mirare alla conformità con una serie di criteri oggettivi di buona governance fiscale, che includono la trasparenza fiscale, l’equa imposizione e l’attuazione delle norme internazionali intese a prevenire l’erosione della base imponibile e il trasferimento degli utili. La lista è aggiornata due volte all’anno per tenere traccia degli sviluppi, di norma in febbraio e in ottobre, sotto l’egida dei ministri delle Finanze dell’UE.
Per quanto riguarda Bahamas e Isole Turks e Caicos, dall’ottobre 2022, il forum dell’OCSE sulle pratiche fiscali dannose (FHTP) ha individuato carenze nell’applicazione dei requisiti di sostanza economica in entrambe le giurisdizioni. Nella valutazione più recente dell’FHTP, le raccomandazioni rivolte a entrambe le giurisdizioni di ovviare a tali carenze sono state declassate da “stringenti” a “blande“; il gruppo “Codice di condotta” ha così potuto considerare tali giurisdizioni conformi alla norma relativa alle giurisdizioni che applicano un’aliquota d’imposta sul reddito delle società pari a zero o solo nominale.
Nell’ottobre 2023 Belize e Seychelles sono stati inseriti nella lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali dopo una valutazione negativa da parte del forum globale dell’OCSE per quanto riguarda lo scambio di informazioni su richiesta. A seguito di modifiche delle norme applicabili in tali giurisdizioni, il forum globale ha concesso a entrambe un riesame supplementare, che sarà effettuato nel prossimo futuro. In attesa dell’esito di tale riesame, Belize e Seychelles sono state incluse nella pertinente sezione dell’allegato II.
Il Consiglio Ecofin dell’8 ottobre 2024 ha rimosso Antigua e Barbuda dalla lista UE delle giurisdizioni non cooperative a fini fiscali.
Inefficacia dei sistemi e dei controlli
I livelli di compliance riscontrati dalle autorità di supervisione non sono sufficienti a garantire la vulnerabilità delle imprese da reati finanziari. Tra le più comuni inefficienze si rileva la tendenza ad una scarsa diversificazione del rischio. Specie, nei casi di aumento dei livelli di rischio che richiedono presidi rafforzati.
Allo stesso modo la mancanza di una visione a lungo termine e, in generale, un approccio, ancora troppo standardizzato e formale. Una sorta di esercizio di “spuntare le caselle” (box ticking exercise) piuttosto che un concreto lavoro di indagine e valutazione del rischio.
Altro fattore riscontrato è l’insufficiente livello di consapevolezza ed expertise da parte del personale che è il risultato di un’inadeguata attività di formazione. Ciò rappresenta un limite di forte peso in un sistema basato sull’approccio del rischio che richiede alle imprese una specifica attività di valutazione dei fattori di rischio.
Regimi di lotta al riciclaggio non allineati tra gli stati UE
Altro aspetto di criticità è dato dal diverso approccio alle regole del settore tra i vari Stati membri. Diversità di approccio che potrebbe legittimare alcuni soggetti a beneficiare dei regimi più blandi operativi in altri Stati membri.
Le differenze sono dovute al fatto che le direttive europee stabiliscono regole comuni standard. Questo lasciando però, agli Stati membri una certa flessibilità nel recepire e adeguare le regole europee ai loro sistemi nazionali. In particolare le regole in materia di passaporto e di libera circolazione dei servizi possono avere un grande impatto.
Pensa alla possibilità di un soggetto richiedente l’autorizzazione all’esercizio di un’attività riservata di presentare la sua istanza in uno Stato membro che adotti una normativa più blanda. Potendo così ottenere un “passaporto” valido anche nei Paesi UE soggetti a maggiori restrizioni.
Canali non chiari di finanziamento al terrorismo
I deboli indicatori dei canali di finanziamento del terrorismo rappresentano un ulteriore ostacolo. Questo in quanto la provenienza di alcuni fondi può apparire a prima vista del tutto legittima e inoffensiva.
L’identificazione di chiari fattori di rischio può diventare ancora più insidiosa quando i clienti sono legittimamente giustificati a non esibire documenti identificativi come nel caso dei rifugiati politici. Manca, inoltre, un accesso tempestivo ai dati di intelligence sui sospetti che, se adeguatamente messo in atto, potrebbe contribuire in misura rilevante alla chiusura dei canali del terrorismo.
Costi di compliance normativa
Le piccole imprese fanno fatica a dotarsi di personale di compliance adeguato a discapito dell’efficacia dei sistemi interni adottati. Altra problematica è data dalla tendenza di alcune imprese di rifiutare servizi a clienti meno redditizi, associati a maggiori rischi di riciclaggio di denaro o di finanziamento al terrorismo. Con la conseguenza che le transazioni a maggior rischio sono sottratte ai circuiti tradizionali e gestiti “sottotraccia”.
Adempimenti legati a rapporti con paesi ad alto rischio di riciclaggio di denaro
L’individuazione dei Paesi a Rischio Riciclaggio di Denaro ha delle conseguenze per gli operatori italiani che hanno rapporti con questi Paesi. Mi riferisco a tutti i soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio. Per questo soggetti, l’elenco dei Paesi ad alto rischio individuati nei regolamenti dell’Unione Europea, è da valutare con grande attenzione. Questo per la corretta organizzazione dei presidi previsti dal D.Lgs. n. 231/2007, ed in particolare:
- Nella valutazione del rischio prevista all’articolo 17 del DLgs n 231/2007;
- Nell’adeguata verifica rafforzata prevista all’articolo 24 del DLgs n 231/2007;
- Al momento dell’esecuzione da parte di terzi dell’adeguata verifica prevista all’articolo 29 del Dlgs n 231/2007;
- Nelle disposizioni relative alla segnalazione di operazioni sospette. Disposizione prevista all’articolo 35 del DLgs n 231/2007;
- Con riferimento all’obbligo di astensione previsto all’articolo 42 del DLgs n 231/2007.
Oggettività negli adempimenti antiriciclaggio
Attraverso l’individuazione dei Paesi a Rischio Riciclaggio di Denaro è individuato un preciso perimetro di operatività per gli operatori. I soggetti destinatari della normativa antiriciclaggio, infatti, hanno precisi obblighi di monitoraggio e di valutazione rafforzati a cui adempiere. È stato individuato, quindi, un perimetro di operatività nello sviluppo degli adempimenti antiriciclaggio, che non è lasciato alla sensibilità e discrezionalità del soggetto destinatario degli obblighi.
Elementi da considerare nei paesi a rischio di riciclaggio di denaro
I Paesi a Rischio Riciclaggio di denaro sono rilevanti ai fini di una attenta profilatura del rischio, legato all’aspetto geografico. Nell’identificazione del rischio devono tra l’altro essere tenuti in considerazione i seguenti elementi:
- La presenza tra i membri degli organi direttivi degli enti (non solo delle persone giuridiche ma anche di strutture quali trust, associazioni, fondazioni etc) di persone, residenti o originarie di “paesi terzi ad alto rischio”;
- La residenza della controparte del cliente, in “paesi terzi ad alto rischio”;
- Presenza tra i titolari effettivi degli enti (non solo delle persone giuridiche ma anche di strutture quali trust, associazioni, fondazioni etc) di persone, residenti o originarie di “paesi terzi ad alto rischio”;
- La provenienza o la destinazione dei fondi da “paesi terzi ad alto rischio”;
Il destinatario degli obblighi deve prima effettuare una fase di identificazione e verifica dell’identità del cliente, dell’esecutore e del titolare effettivo, che deve essere svolta come previsto all’articolo 18 del D.Lgs. n. 231/2007. Questo, prima dell’instaurazione del rapporto continuativo o del conferimento dell’incarico per lo svolgimento di una prestazione professionale. Il professionista deve tener conto che la localizzazione geografica del cliente o delle cariche direttive dell’ente, o del titolare effettivo, in un paese ad alto rischio. Se ciò si verifica è necessario applicare fin da subito obbligatori i presidi di adeguata verifica rafforzata previsti dall’articolo 24 del D.Lgs. n. 231/2007.
Misure rafforzate di adeguata verifica della clientela
La presenza di controparte in paesi a rischio riciclaggio di denaro, obbliga fin da subito il destinatario degli obblighi, ad adottare misure rafforzate di adeguata verifica della clientela. Misure che si ottengono:
- Acquisendo informazioni aggiuntive sul cliente e sul titolare effettivo;
- Approfondendo gli elementi posti a fondamento delle valutazioni sullo scopo e sulla natura del rapporto;
- Intensificando la frequenza dell’applicazione delle procedure finalizzate a garantire il controllo costante nel corso del rapporto continuativo o della prestazione professionale.
Tali misure, ad esempio, non consentono come nei casi di basso rischio l’acquisizione di una dichiarazione responsabile del cliente. Bensì richiedono una verifica di tutte le informazioni fornite, attraverso il ricorso ad altre fonti attendibili e indipendenti quali:
- I documenti di identità o riconoscimento in corso di validità;
- Gli atti pubblici, le scritture private autenticate, i certificati qualificati utilizzati per la generazione di una firma digitale associata a documenti informatici;
- La dichiarazione della rappresentanza diplomatica e dell’autorità consolare italiana;
- Gli archivi camerali, gli albi ed elenchi di soggetti autorizzati, gli atti costitutivi, gli statuti, i bilanci o documenti equivalenti, le comunicazioni rese al pubblico in conformità alla normativa di settore (quali prospetti, comunicazioni di partecipazioni rilevanti o informazioni privilegiate);
- Le informazioni provenienti da organismi e autorità pubbliche, ivi compresa la pubblica amministrazione, anche di Stati esteri, purché Paesi terzi equivalenti. Tali informazioni possono essere acquisite anche attraverso i siti web.
Identificazione del titolare effettivo dell’operazione
In casi di verifica rafforzata, ad esempio, l’identificazione del cliente, potrebbe essere accompagnata da ulteriori attività, non necessarie nei casi di basso rischio. Attività quali a titolo puramente indicativo:
- La richiesta al cliente di un documento d’identità supplementare rispetto a quello già acquisito. Magari in tempi diversi;
- Nel caso di persone fisiche, la richiesta di documentazione a supporto per la verifica della residenza dichiarata. Quali ad esempio la trasmissione di bollette o utenze energetiche, telefoniche, etc.
Per l’identificazione del titolare effettivo, oltre alla dichiarazione responsabile del cliente (che fornisce i dati del titolare effettivo), ed una verifica degli stessi con quelli desumibili da una fonte affidabile ed indipendente, potrebbe essere opportuno richiedere sempre al cliente un documento d’identità in corso di validità del o dei titolari effettivi (cosa non necessaria nei casi di basso rischio). Fino ad arrivare nei casi di particolare opacità e secondo l’approccio basato sul rischio, alla identificazione in presenza del titolare effettivo. Inoltre in tali casi, è opportuno ottenere dal cliente una dichiarazione specifica sulla provenienza dei fondi, non obbligatoria nei casi connotati da un profilo di rischio basso.
Astensione o rinuncia all’incarico professionale
Nella fattispecie in cui il professionista incaricato di obblighi antiriciclaggio non sia in grado di rispettare le condizioni di conoscenza del cliente, dovrà astenersi dal rendere la prestazione professionale. Questo si verifica quando il lavoratore autonomo non sia in grado di rispettare le condizioni di approfondita conoscenza del cliente, resi necessari in base all’approccio basato sul rischio. In questo caso si è necessaria l’interruzione o la rinuncia all’incarico professionale. Così come previsto dal comma 1 dell’articolo 42 del D.Lgs. n. 231/2007. Oltre a questo il professionista deve valutare se le informazioni di cui dispone sono tali da far emergere anche il sospetto ai fini di una segnalazione. Così come previsto all’articolo 35 del D.Lgs. n. 231/2007.
In secondo luogo vi sono le disposizioni relative all’obbligo di astensione. I soggetti obbligati devono astenersi dall’instaurare il rapporto continuativo, eseguire operazioni o prestazioni professionali e porre fine al rapporto continuativo o alla prestazione professionale già in essere di cui siano, direttamente o indirettamente, parte società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore aventi sede in Paesi terzi ad alto rischio. Tali misure si applicano anche nei confronti delle ulteriori entità giuridiche, altrimenti denominate, aventi sede nei suddetti Paesi, di cui non è possibile identificare il titolare effettivo né verificarne l’identità.
Profili sanzionatori per il professionista
Le indicazioni previste sull’obbligo di astensione devono essere valutate alla luce del regime sanzionatorio. Regime previsto dall’articolo 56 del D.Lgs. n. 231/2007. I soggetti obbligati all’adempimento della normativa, che hanno controparte residente in un Paese a Rischio Riciclaggio di Denaro possono vedersi applicare una sanzione amministrativa. Sanzione di importo che varia tra i 50.000 euro e ai 100.000 euro, nei casi previsti dall’articolo 58 del D.Lgs. n. 231/2007. In pratica il legislatore stabilisce che quando nel rapporto professionale vi siano, direttamente o indirettamente:
- Società fiduciarie;
- Trust;
- Società anonime o controllate attraverso azioni al portatore
è necessario prestare attenzione alla residenza di questi enti. Qualora, infatti gli stessi abbiano residenza in paesi a rischio riciclaggio di denaro l’operazione o la prestazione professionale deve essere immediatamente interrotta. Inoltre, il legislatore allargando il perimetro di operatività del precetto previsto all’art. 42, comma 2, del D.Lgs. n. 231/2007, stabilisce l’immediata astensione anche in alti casi. Ovvero quando le entità giuridiche aventi sede in Paesi ad alto rischio, siano diverse da quelle sopra individuate. Cioè diverse dalle società fiduciarie, trust, società anonime o controllate attraverso azioni al portatore. Ovvero ancora in tutti i casi in cui al destinatario degli obblighi non risulta possibile identificare il titolare effettivo né verificarne l’identità.