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Note di variazione IVA: termini e modalità di emissione

IVA nei rapporti con l'esteroNote di variazione IVA: termini e modalità di emissione

La nota di variazione (nota di accredito o nota di addebito) è una fattura integrativa, che viene emessa quando, successivamente all'emissione della fattura originaria, si sono verificate variazioni di quanto fatturato. La procedura di emissione segue gli stessi requisiti dell'emissione di una fattura, ha però regole particolari per le variazioni verificatesi entro un anno.

Le note di variazione ai fini IVA trovano applicazione nel momento in cui, successivamente alla emissione della fattura, sorge la necessità di intervenire con una modifica (la nota di variazione, appunto). Questo documento IVA può essere emesso in aumento (nota di addebito) o in diminuzione (nota di accredito) e che può dipendere da un mero errore di individuazione dell’imponibile o dell’imposta o dal verificarsi di eventi successivi che incidono, comunque, sulla determinazione del debito verso l’Erario.

Quando si parla di note di variazione IVA la normativa di riferimento è contenuta all’interno dell’articolo 26 del DPR n. 633/72. Questa disposizione prevede, almeno per le note di accredito (rettifiche in diminuzione), la verifica della corretta fattispecie di modifica. Infatti, a seconda della fattispecie la nota di accredito può essere emessa nel termine massimo di un anno dall’emissione della fattura, oppure in altri casi senza particolari limiti temporali. Le note di addebito, invece, possono essere emesse senza particolari problematiche, in quanto seguono le disposizioni legate all’emissione di una fattura.

Di seguito intendo affrontare, da un punto di vista pratico, la disciplina contenuta nell’articolo 26 del DPR n. 633/72, con riferimento alle modalità di emissione dellae note di variazione IVA.

La nota di variazione in ambito IVA

L’art. 26 del DPR n. 633/72 (commi 2 e 3) consente al soggetto attivo di un’operazione soggetta ad Iva (cessione del bene o prestazione di servizio) di recuperare l’imposta addebitata in fattura (e conseguentemente versata all’Erario) quando, per cause originarie o sopravvenute:

  • Detta operazione imponibile viene meno (in tutto o in parte) o
  • Si verifica una riduzione del relativo ammontare imponibile.

Il recupero dell’IVA si attua attraverso un procedimento contabile che consente al soggetto attivo dell’operazione (cedente o prestatore) di rettificare la propria posizione debitoria nei confronti dell’Erario e di rideterminare l’imposta dovuta (recuperando l’imposta o rideterminandola) tramite l’effettuazione di una variazione contabile e l’emissione di una nota in diminuzione (“nota di credito“). Questa costituisce, tecnicamente, una fattura che rettifica quella precedentemente emessa per la medesima operazione.

Sul piano pratico, la rettifica in diminuzione rappresenta una mera facoltà attribuita al cedente/prestatore. Questi, infatti, risulta titolare di un diritto potestativo che, in quanto tale può decidere se esercitare o meno. Una volta emessa la nota di variazione in diminuzione (“nota di credito“), il cessionario/committente è tenuto ad eseguire le scritture di segno opposto a quelle effettuate dall’emittente.

Di conseguenza, per effetto della rettifica, il soggetto attivo dell’operazione acquista il diritto a recuperare l’IVA addebitata nella fattura originaria al cessionario/committente, mentre quest’ultimo è tenuto ad eliminare gli effetti della detrazione già contabilizzata riversando all’Erario l’imposta in precedenza detratta.

Nota di debito: variazioni in aumento

Il comma 1 dell’articolo 26 del DPR n. 633/72 disciplina le fattispecie in cui emerge una variazione in aumento dell’operazione in precedenza fatturata. La norma enuncia il principio della necessità di dover intervenire per evidenziare un maggior debito nei confronti dell’Erario derivante da un maggior imponibile o una maggiore imposta.

In questo caso il comportamento da adottare prevede l’emissione di un nuovo documento (fattura rettificativa o nota di debito), integrativo del precedente, il quale, in caso di maggiore imponibile, riporterà come regime IVA (compresa l’aliquota da applicare) lo stesso dell’operazione originaria cui la variazione si riferisce.

La fattura semplificata

Il nuovo documento può essere emesso anche sotto forma di fattura semplificata, cioè con un ridotto numero di indicazioni, indipendentemente dall’ammontare della variazione. Al riguardo, la Circolare n. 18/E/2014 afferma che la fattura rettificativa semplificata può avere anche un formato diverso da quella della fattura originaria (l’una può essere ad esempio elettronica e l’altra ordinaria e viceversa), purché riporti il riferimento alla fattura rettificata e le indicazioni specifiche che vengono modificate.

La fattura semplificata deve avere un contenuto minimo che lo stesso articolo 21-bis del DPR n. 633/72 specifica nei seguenti elementi: data di emissione; numero progressivo; ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cedente o prestatore, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti; numero di partita IVA del soggetto cedente o prestatore; ditta, denominazione o ragione sociale, nome e cognome, residenza o domicilio del soggetto cessionario o committente, del rappresentante fiscale nonché ubicazione della stabile organizzazione per i soggetti non residenti; descrizione dei beni ceduti e dei servizi resi; ammontare del corrispettivo complessivo e dell’imposta incorporata, ovvero dei dati che permettono di calcolarla.

La fattura rettificativa

Si sottolinea che le note di variazione, in questo caso sotto forma di fattura rettificativa (o nota debito) se emesse (come di regola accade) oltre il termine ordinario di emissione della fattura comporteranno l’applicazione di sanzioni e interessi (anche attraverso il ravvedimento operoso), ai sensi del comma 1, dell’articolo 6 del D.Lgs. n. 471/97, a meno che la variazione non sia diretta conseguenza di specifiche clausole contrattuali, ovvero di fatti non imputabili al cedente/prestatore.

Le fattispecie

A tale riguardo, diverse sono le situazioni che possono verificarsi. Solo per fare alcuni esempi, ci si potrebbe trovare in presenza di un contratto con prezzo da determinare. Altra fattispecie potrebbe essere quella in cui il fornitore del bene o del servizio riceve una dichiarazione di intento da parte di un suo cliente (esportatore abituale) per l’applicazione del regime di non imponibilità per un importo superiore al plafond disponibile e, successivamente all’emissione della fattura, gli viene richiesta una rettifica del regime.

Ancora, potrebbe essere chiesta l’applicazione dell’aliquota ridotta da parte di un soggetto in possesso dei requisiti prima casa, il quale, in seguito, perde tale status, con conseguenze sulla corretta individuazione dell’aliquota IVA. In tutte queste ipotesi, emerge chiaramente la non ascrivibilità dell’errore al soggetto che ha emesso la fatture, il quale, però, deve obbligatoriamente interviene per effettuare una variazione in aumento.

Note di credito: variazioni in diminuzione

Le note di variazione in diminuzione, a differenza di quelle in aumento, sono facoltative per cui possono anche non essere effettuate (Circolare n. 13/E/1994). Tra le varie fattispecie di note di variazione in diminuzione occorre distinguere tra quelle che possono essere effettuate senza alcun limite temporale e quelle invece che non possono essere effettuate dopo che sia trascorso un anno dall’annotazione nei registri dell’operazione originaria.

I commi 2 e 3 dell’art. 26, riconoscono il diritto al recupero dell’imposta al ricorrere di tre tipologie di situazioni:

  • Nel caso in cui, successivamente alla nascita del rapporto giuridico sottostante allo scambio, si verifichi un evento (quale la nullità, l’annullamento, la revoca, la risoluzione, la rescissione e simili) in grado di incidere sul rapporto contrattuale tanto da travolgerlo e produrre il venir meno del titolo negoziale (comma 2);
  • In caso di concessione da parte del cedente/prestatore di sconti o abbuoni in virtù di specifiche condizioni contrattuali (comma 2);
  • Nel caso in cui il venir meno dell’operazione soggetta ad imposta trae origine da un accordo sopravvenuto tra le parti volto a modificare le pattuizioni contenute nell’accordo originario, ovvero dipenda da inesattezze della fatturazione e errori materiali o di calcolo (comma 3).

Limiti temporali di emissione della nota di credito

A seconda della tipologia di evento o atto a conferire al soggetto attivo dell’operazione facoltà di emettere la nota di variazione si modificano i termini entro i quali la stessa può essere eseguita. Nelle ipotesi disciplinate dal comma 2 le variazioni possono essere effettuate senza alcun limite temporale gravando sul contribuente l’onere di dimostrare la ricorrenza dei presupposti per accedere al regime della variazione in diminuzione. Si tratta di operazioni volte ad evitare un pregiudizio economico per l’operatore, relativamente a situazioni estranee alla sua volontà, come le ipotesi in cui l’ammontare imponibile della fattura emessa ed annotata si riduce a seguito di “dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili“.

Al contrario, la nota di variazione ex comma 3 dell’art. 26 del DPR n. 633/72 deve necessariamente intervenire entro un anno dall’emissione della fattura, e non oltre. Queste fattispecie derivano da circostanze riconducibili direttamente al soggetto che emette la fattura ovvero ad entrambe le parti, come quelle che derivano da un sopravvenuto accordo delle parti ovvero quando il cedente/prestatore si rende conto di aver emesso una fattura contenente un imponibile od un’imposta con ammontare maggiore di quello effettivo e che in alcuni casi può anche aver dato luogo ad una fattura considerata “per operazioni inesistenti“.

La ratio dell’articolo 26 del DPR n. 633/72 è quella di andare a rettificare la base imponibile della fattura emessa, nel caso in cui successivamente all’operazione la stessa sia stata ridotta a causa di “annullamento, recesso, risoluzione, non pagamento totale o parziale o riduzione di prezzo” (Risoluzione n. 42/E/2009 Agenzia delle Entrate e Direttiva 2006/112/CE).

Termine per la detrazione dell’IVA

Per quanto riguarda, invece, il termine per effettuare la variazione in diminuzione, questo va ricollegato con quello relativo al termine per effettuare la detrazione dell’IVA. Infatti, per effetto del combinato disposto del comma 2 dell’articolo 26 e dell’articolo 19 del DPR n. 633/72, le note di variazione devono essere emesse, al più tardi con la dichiarazione IVA relativa all’anno in cui si è verificato il presupposto per operare la variazione in diminuzione (Risoluzione n. 499/E/2008). Questo vuol dire che una volta verificatosi il presupposto per l’emissione delle note di variazione (annullamento, recesso, risoluzione, ecc.) il soggetto potrà effettuarla non oltre il termine in cui è consentito effettuare la detrazione della relativa IVA.

Per esercitare il diritto alla detrazione è necessario che il cedente o prestatore provveda all’emissione di una nota di variazione e che la stessa sia registrata nel registro degli acquisti di cui all’articolo 25 prima della liquidazione periodica o della dichiarazione annuale nella quale è esercitato il diritto alla detrazione.

L’esercizio della detrazione con note di variazione emesse nell’anno o in quello successivo

In sostanza, questo porta a concludere che le note di variazione devono essere emesse entro lo stesso termine previsto dall’articolo 19 per l’esercizio del diritto alla detrazione dell’imposta sugli acquisti, con decorrenza dal momento in cui si verifica l’evento.

Qualora, ci si trovi a dover emettere una nota di credito, dopo la conclusione del periodo di imposta, ma prima della presentazione della dichiarazione IVA annuale occorre tenere presente alcuni aspetti. Il primo riguarda il fatto che, in questa fattispecie, il diritto alla detrazione viene esercitato direttamente nella dichiarazione IVA. La fattura emessa nell’anno “n+1“, ma relativa alla rettifica di una fattura emessa nell’anno “n“, può essere emessa entro il 30 aprile dell’anno “n+1” (termine della presentazione della dichiarazione IVA).

Se la nota di variazione viene annotata nell’anno “n+1” da un punto di vista Iva essa deve transitare da apposito registro separato per far confluire quell’IVA nella dichiarazione annuale. Infine, occorre ricordare che la variazione in diminuzione dell’imponibile e/o dell’imposta da parte del cedente/prestatore comporta che il cessionario/committente deve procedere alla correlata variazione in aumento (attraverso l’annotazione della nota di debito nel registro delle fatture emesse) per annullare, relativamente a tale importo, la detrazione operata.

Note di variazione e procedure concorsuali

Le note di variazione IVA collegate all’insorgere di procedure concorsuali, possono essere emesse anticipando la variazione della fattura, fin dal momento dell’apertura della procedura concorsuale. Questo, a tutto vantaggio del creditore che non rimane troppo a lungo con un immobilizzo finanziario (il versamento dell’IVA relativa alla fattura emessa), in attesa che diventi effettivo il mancato pagamento da parte del debitore.

Il comma 4 dell’articolo 26 del DPR n. 633/72 individua con precisione il momento a partire dal quale, in caso di mancato pagamento, totale o parziale da parte del cessionario o committente, il cedente/prestatore può recuperare l’imposta riportata nella fattura a suo tempo emessa. La procedura relativa alla variazione può essere ora effettuata da parte del cedente/prestatore, che non riceve il pagamento della fattura, fin dal momento in cui il cliente si considera assoggettato a “procedure concorsuali“. Ci si riferisce al momento in cui viene emanata la sentenza dichiarativa di fallimento, o dalla data del Decreto che omologa un accordo di ristrutturazione dei debiti di cui all’articolo 182-bis del R.D. n. 267/42, o dalla data di pubblicazione nel registro delle imprese di un piano attestato ai sensi dell’articolo 67, comma 3, lettera d), del R.D. n. 267/42.

In pratica, non è necessario attendere la conclusione delle procedure concorsuali e il verificarsi della impossibilità per il creditore di recuperare quanto a lui dovuto essendo risultate “infruttuose” le procedure per il recupero dell’IVA. Già l’inizio delle procedure consente al cedente/prestatore di potersi attivare per recuperare l’Iva versata attraverso la variazione in diminuzione. Sembrerebbe, dunque, che la possibilità di operare le variazioni in diminuzione non sia vincolata alla presentazione della domanda di ammissione al passivo da parte del creditore.

Ipotesi di non operare variazioni in aumento connesse alla ricezione di nota di credito

Una particolare peculiarità, è disciplinata dall’articolo 26, comma 5, del DPR n. 633/72, secondo il quale, il soggetto cessionario/committente sottoposto a procedura concorsuale non è tenuto ad operare la variazione in aumento (ai fini IVA) connessa alla ricezione della nota di credito da parte del proprio fornitore (che ha operato a sua volta una variazione in diminuzione). In questa ipotesi il legislatore, tenendo conto della particolare situazione di insolvenza del soggetto sottoposto a procedura, non abbia ritenuto opportuno far emergere un suo ulteriore debito nei confronti dell’Erario, a cui non sarebbe stato in grado di far fronte. In tal modo, di fatto, lo Stato si addossa l’onere dell’insolvenza del soggetto in procedura concorsuale.

L’Amministrazione finanziaria ha chiarito che, ai sensi dell’articolo 26, comma 5, del DPR n. 633/72, qualora il cedente/prestatore si sia avvalso della facoltà di emettere una nota di variazione in diminuzione, il cessionario/committente, che abbia già registrato l’operazione (ai sensi dell’articolo 25 del DPR n. 633/72), deve procedere alla registrazione della corrispondente variazione in aumento. Questo, nei limiti della detrazione operata, salvo il suo diritto alla restituzione del’’importo pagato a titolo di rivalsa. Sono esclusi da tale obbligo il debitore sottoposto alle procedure concorsuali di cui al comma 4, lettera a). Ci si riferisce a:

  • Fallimento;
  • Liquidazione coatta amministrativa;
  • Concordato preventivo;
  • Amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi.

Note di variazione e procedure esecutive individuali

Per quanto riguarda le procedure esecutive individuali, per le quali è possibile emettere una nota di variazione in diminuzione per il recupero della sola IVA, il comma 12 dell’articolo 26 del DPR n. 633/72 specifica quando tali procedure devono considerarsi infruttuose, individuando una serie di ipotesi, che di seguito riepiloghiamo:

  • Nell’ipotesi di pignoramento presso terzi. Quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti che presso il terzo pignorato non vi sono beni o crediti da pignorare;
  • Nell’ipotesi di pignoramento di beni mobili. Quando dal verbale di pignoramento redatto dall’ufficiale giudiziario risulti la mancanza di beni da pignorare ovvero l’impossibilità di accesso al domicilio del debitore ovvero la sua irreperibilità;
  • Infine, nell’ipotesi in cui, dopo che per tre volte l’asta per la vendita del bene pignorato sia andata deserta, si decida di interrompere la procedura esecutiva per eccessiva onerosità.

Secondo quanto previsto dal comma 6 dell’articolo 26 del DPR n. 633/72, nel caso in cui successivamente alla rettifica effettuata dal cedente/prestatore venga effettuato un pagamento totale o parziale di quanto dovuto dal cessionario/committente, il creditore soddisfatto, in toto o in parte, deve procedere a una nuova variazione, questa volta in aumento, per rendersi debitore dell’imposta derivante dal pagamento.

In questo caso l’emissione di una nuova fattura (in aumento) consentirà al cessionario/committente di portare in detrazione l’IVA derivante proprio da tale variazione in aumento. La detrazione potrà essere effettuata solo nella misura in cui la precedente variazione in diminuzione abbia generato la correlata rettifica in diminuzione della detrazione. In pratica, la nuova fattura consentirà al cliente di operare, nei limiti consentiti, la detrazione dell’imposta addebitatagli, in via di rivalsa.

 Note di variazione e reverse charge

Il legislatore permette l’emissione di note di variazione in diminuzione anche nel caso in cui il debitore dell’imposta sia lo stesso cessionario/committente che adempie mediante il meccanismo del reverse charge. Le fattispecie prese in considerazione sono quelle elencate nell’articolo 17 del DPR n. 633/72, sono:

  • Quelle previste dal comma 2. Fattispecie in cui il cessionario /committente diventa debitore dell’imposta quando il fornitore è un soggetto non stabilito,
  • Le ipotesi di reverse charge interno di cui al quinto e sesto comma dello stesso articolo 17 del DPR n. 633/72, nonché
  • Quelle relative al commercio di rottami, cascami, scarti, di cui all’articolo 74 del DPR n. 633/72, ed, infine, gli acquisti intracomunitari (di cui all’articolo 44 del D.L. n. 331/93).

La possibilità di effettuare variazioni in diminuzione nei casi di Reverse charge è data dal fatto che è lo stesso cessionario/committente che risulta inadempiente nei confronti del suo fornitore ed è lui stesso ad operare la rettifica dell’operazione.

La disposizione normativa, tuttavia, consente esplicitamente l’emissione della nota di variazione solo con riferimento alle operazioni di cui al comma 2 dell’articolo 26 del DPR n. 633/72. Ovvero, in caso di dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione e simili. Nonché per l’applicazione di abbuoni o sconti previsti contrattualmente, ma implicitamente possiamo affermare che tale possibilità può estendersi anche alle altre ipotesi elencate negli altri commi dello stesso articolo 26 del DPR n. 633/72, che, comunque, fanno riferimento alla disciplina di cui al medesimo comma 2. 

È, infine, da sottolineare come il comma 10 dell’articolo 26 del DPR n. 633/72, nell’ultimo periodo afferma che in caso di variazione da parte di soggetti in inversione contabile si applica ai cessionari o committenti la disposizione di cui al comma 5. Ci si riferisce all’obbligo di effettuare la correlata rettifica in diminuzione anche della detrazione. 

Scritture contabili legate all’emissione di note di credito/debito

Variazioni positive – Nota di credito

Immaginiamo la società Alfa che emette una nota di credito nei confronti del proprio cliente per errata fatturazione

Scrittura contabile del fornitore

CONTODAREAVERE
MERCI C/VENDITE500,00
IVA ACQUISTI110,00
CREDITI VS CLIENTI610,00

Scrittura contabile del cliente

CONTODAREAVERE
DEBITI VS FORNITORI610,00
MERCI C/ACQUISTI500,00
IVA A DEBITO110,00

Variazioni negative – Nota di debito

La società Alfa riceve una nota di addebito dal proprio fornitore per errata fatturazione.

Scritture del fornitore

CONTODAREAVERE
CREDITI VS CLIENTI610,00
MERCI C/VENDITE500,00
IVA A DEBITO110,00

Scritture del cliente

CONTODAREAVERE
MERCI C/ACQUISTI500,00
IVA A CREDITO110,00
DEBITI VS FORNITORI610,00

Domande frequenti

Come si calcola l’IVA in una nota di credito?

L’IVA viene calcolata sulla base della differenza tra l’importo originale e l’importo corretto, moltiplicato per il tasso di IVA applicabile.

Quali sono le implicazioni fiscali delle note di variazione IVA?

Le note di variazione IVA possono influenzare l’importo dell’IVA da versare o da ricevere, e quindi devono essere registrate accuratamente nelle dichiarazioni fiscali.

È possibile emettere una nota di credito IVA per una fattura in valuta estera?

Sì, ma è necessario convertire gli importi nella valuta locale e applicare il tasso di IVA corretto.

Cosa succede se emetto una nota di debito IVA erronea?

Un errore in una nota di debito IVA può portare a sanzioni o ad altre conseguenze fiscali, quindi è fondamentale assicurarsi che il documento sia accurato.

È possibile annullare una nota di credito IVA?

Sì, prima del suo invio in formato elettronico. Altrimenti, ci sono procedure specifiche da seguire, che possono includere l’emissione di una nuova nota o di una fattura correttiva.

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