Il lavoro supplementare entra in atto nel momento in cui un dipendete ha un contratto part-time e svolge ore extra sul posto di lavoro. Il limite massimo di ore effettuate fuori dall’orario pattuito non devono superare le 40 ore settimanali. Qualora questa soglia venga superata, le ore lavorate rientrano nella categoria di lavoro straordinario.
Il lavoro supplementare ed il lavoro straordinario sono caratterizzati dallo svolgimento di ore lavorative ulteriori rispetto a quelle previste da contratto.
La differenza consiste nel tipo contratto a cui vengono applicate: il supplementare è tipico dei contratti a tempo parziale mentre lo straordinario può essere svolto sia dai lavoratori part-time sia da quelli full-time.
Per quanto riguarda il pagamento, le ore vengono indicate rispettivamente con la loro voce, direttamente in busta paga. La loro retribuzione dovrebbe essere maggiorata in base a quanto stabilito nel contratto di lavoro.
Entrambe queste formule di lavoro extra sono soggette alla tassazione Irpef e alle trattenute sui contributi INPS.
Il lavoro part-time
Il contratto a tempo parziale è una formula di lavoro subordinato caratterizzato da un orario lavorativo stabilito, il quale deve essere inferiore al contratto normale, o full-time, ovvero come prevede la legge, 40 ore settimanali.
Si può usufruire della formula part-time sia nel caso di lavori a tempo determinato sia indeterminato.
Nel contratto devono esserci scritte le modalità di lavoro, la durata della prestazione e dell’orario con riferimenti al giorno, alla settimana, al mese o all’anno.
La gestione delle ore lavorative può essere suddivisa in:
- orizzontale, nel momento in cui il dipendente lavora ogni giorno;
- verticale, quando si effettua un tempo pieno in determinati giorni della settimana,
- misto, quando c’è un mix fra le due sopraelencate.
I dipendenti che usufruiscono di questa formula hanno gli stessi diritti degli altri lavoratori.
Lavoro supplementare, in cosa consiste
Iniziamo col citare la normativa Dlgs. n. 81/2015 art. 6, la quale afferma:
Nel rispetto di quanto previsto dai contratti collettivi, il datore di lavoro ha la facoltà di richiedere, entro i limiti dell’orario normale di lavoro di cui all’articolo 3 del decreto legislativo n. 66 del 2003, lo svolgimento di prestazioni supplementari, intendendosi per tali quelle svolte oltre l’orario concordato fra le parti ai sensi dell’articolo 5, comma 2, anche in relazione alle giornate, alle settimane o ai mesi.
Viene definito, quindi, il lavoro supplementare come un’attività lavorativa svolta oltre l’orario concordato da contratto dove il limite delle ore extra è il raggiungimento del tetto di 40 ore a settimana previsto dai contratti full time.
In ogni caso nel contratto di lavoro part-time dovrà esserci la clausula delle conseguenze e del pagamento del lavoro supplementale.
Si tratta quindi di una tutetla dei lavoratori part-time per garantire loro un giusto compenso nel momento in cui gli viene chiesto di fare qualche ore extra.
L’azienda potrà richiedere il lavoro supplementare per vari motivi, alcuni dei quali possono essere:
- esigenze tecnico-produttive,
- casi di forza maggiore;
- eventi particolari, come possono essere mostre, manifesazioni o fiere.
Non vengono accettate frasi generiche nel momento di richiesta di ore lavorative extra, quindi il datore di lavoro deve fornire una risposta esauriente.
Differenze con il lavoro straordinario
Se lo svolgimenti di ore extra raggiunge una quota massima di 40 ore, in automatico entra il “lavoro straordinario”.
Anche in questo caso può essere richiesto un prolungamento orario in base alle necessità aziendali.
In ogni caso il dipendente, sia che si tratti di straordinario si di supplementare potrà rifiutare la richiesta di fare più ore dimostrando:
- esigenze familiari particolari;
- problemi di salute;
- corsi di formazione professionale.
In ogni caso il totale complessivo non deve superare le 48 ore settimali, come stabilito dall’articolo 36 della Costituzione: Diritto al riposo:
Obbligare il dipendente al lavoro supplementare
Il datore di lavoro ha tutto il diritto di chiedere di effettuare ore supplementari ma si deve basare sulle normative del CCNL di riferimento.
Per darvi un’idea generale, solitamente esse comprendono:
- Il tetto massimo di ore supplementari settimanali;
- Le conseguenze per il suo eventuale superamento;
- Le cause per cui il datore di lavoro può effettuare questa richiesta;
- Le maggiorazioni riconosciute.
L’esempio pià famoso è quello del CCNL commercio il quale prevede una maggiorazione del 35% per il lavoro supplementare.
E per lo straordinario?
Purtroppo quello che starete per leggere non vi piacerà molto, infatti il datore di lavoro può obbligarvi a a fare ore di lavoro in più a patto che siano già comprene nel CCNL di riferimento.
Ovviamente il datore di lavoro deve presentare una ragione valida per l’eventuale richiesta.
È possibile evitare le ore straordinarie solo in casi eccezionali purchè essi siano certificati, come possono essere le visite mediche.
Lavoro supplementare e pagamento, come funziona
L’importo della retribuzione oraria supplementare deve essere per forza segnalato nella busta paga con le maggiorazioni previste dal CCNL di riferimento per quella formula di lavoro.
Questo gonfiamento della retribuzione oraria viene rappresentato da una percentuale rispetto alla quota iniziale, ovvero al costo per ora del singolo dipendente.
La somma risultante, sia che essi siano supplementi o straordinari, subirà sia i pagamenti delle trattenute dei contributi Inps, sia la tassazione Irpef.
Contributi Inps
I contributi Inps sono un versamento obbligatorio da effettuare all’INPS nel momento in cui si inizia un’attività lavorativa di qualsiasi genere.
Essi vengono accumulati per poter poi ottenere la pensione una volta terminato il periodo lavorativo previsto dalla stato.
I contributi possono essere versati in modo differente, ed esso varia dal tipo di categoria di lavoratori di appartenenza:
- dipendenti;
- autonomi;
- parasubordinati.
Tassazione Irpef
Conosciuta anche come Imposta sul Reddito delle Persone Fisiche, è una tassa sulle persone fisiche e su alcune società.
In parole povere, chiunque generi reddito paga l’imposta.
Accomuna moltissime persone, in parole povere chi ha un reddito, sia come:
- lavoratore dipendete;
- lavoratore autonomo;
- socio d’impresa;
Tutti questi soggetti devono essere residenti in Italia o percepire il reddito in questo Stato.