Lavoro in Spagna, devo pagare le imposte in Italia? Proviamo, grazie al quesito posto da un nostro lettore a rispondere definitivamente a questa domanda, dandoti gli strumenti per capire quando, in caso di redditi esteri, sei tenuto a pagare le imposte anche in Italia. Se hai svolto (o stai svolgendo) un lavoro in Spagna e vuoi sapere se devi dichiarare anche in Italia i tuoi redditi, questo è l’articolo giusto per te.
La tassazione dei redditi percepiti all’estero è sempre un aspetto che genera molta confusione, in quanto vi sono vari aspetti da tenere in considerazione per capire dove devono essere tassati i redditi percepiti all’estero.
Vi sono poi differenze a seconda della convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra l’Italia e lo Stato estero ove il reddito è stato percepito. Per questo motivo, offrire una risposta generica non è mai possibile, piuttosto è sempre opportuno andare ad analizzare in dettaglio ogni situazione. In questo articolo mi occupo di fornire una risposta ad un quesito riguardante i redditi da lavoro in Spagna percepiti da un soggetto fiscalmente residente in Italia.
Quesito del lettore
Questo lettore si chiede se e come sia tenuto a dichiarare nel nostro Paese i redditi all’estero. Ecco il quesito pervenutoci:
Sono molti gli italiani, soprattutto studenti, ad avere un lavoro in Spagna. Soggetti che si chiedono se sono tenuti a pagare le imposte sui redditi anche in Italia. Per questo motivo proviamo a fornire una risposta chiara sulla eventuale tassazione di redditi esteri in Italia.
Indice degli Argomenti
La residenza fiscale del lavoratore
Il concetto fondamentale per stabilire ove un soggetto sia tenuto a pagare le imposte sui redditi percepiti è quello di “residenza fiscale“. Si tratta della disposizione contenuta nell’articolo 2, co. 2, del TUIR. Sulla base di questa disposizione un soggetto si considera fiscalmente residente in Italia se verifica almeno uno dei seguenti requisiti (per la maggior parte del periodo di imposta):
- È iscritto all’anagrafe della popolazione residente (ANPR);
- Ha il proprio domicilio (inteso come luogo dove si sviluppano i principali elementi personali e familiari del soggetto);
- Ha la propria residenza (ai sensi dell’articolo 43 del codice civile in Italia);
- Presenza in Italia per oltre 183 giorni (considerando anche le frazioni di giorno).
Il mantenimento della residenza fiscale in Italia, come nel caso del nostro lettore, che nonostante sia all’estero da oltre 183 giorni nell’anno, non si è mai iscritto all’AIRE, può comportare l’obbligo di pagare le imposte sui redditi in Italia anche sui redditi prodotti all’estero.
A partire dal 2024, la mancata iscrizione AIRE non è più una presunzione assoluta di residenza fiscale in Italia, ma piuttosto una presunzione relativa, ovvero che ammette prova contraria. Questo significa che il contribuente ha la possibilità (con non poche difficoltà) di dimostrare l’effettività della residenza fiscale francese. In alternativa, è possibile valutare l’applicazione di una delle tie breaker rules, previste dalla Convenzione contro le doppie imposizioni con la Francia. Anche questo tipo di dimostrazione non è per niente semplice e richiede un grado di approfondimento da valutare attentamente con un dottore Commercialista esperto.
Qualora nessuna di queste possibilità può trovare concreto riscontro il contribuente non può che trovarsi di fronte alla necessità di dover dichiarare il reddito estero in Italia. La situazione di doppia imposizione può essere attenuata attraverso l’applicazione di un credito di imposta per le eventuali altre imposte già pagate nei Paesi ove i redditi sono stati percepiti (tassazione nello Stato della fonte).
La tassazione dei redditi da lavoro dipendente percepiti all’estero
Se il lavoratore ha mantenuto la residenza fiscale in Italia e svolge attività lavorativa (come dipendente) in Spagna, l’art. 23 del TUIR prevede che tale reddito debba essere imponibile anche in Italia. In questo caso, viene a crearsi una fattispecie di doppia imposizione giuridica del reddito. Questo, in quanto la prestazione è resa all’estero, ed ivi tassata, ma il soggetto mantiene la residenza fiscale italiana (ed ai sensi dell’art. 3 del TUIR anche in Italia).
Accanto a questa regola generale vi è, in questo caso, una disposizione derogatoria applicabile, che riguarda l’applicazione delle retribuzioni convenzionali. Nel caso la prestazione di lavoro deve essere svolta all’estero in via continuativa e come oggetto esclusivo del rapporto di lavoro, e deve essere svolta all’estero per un periodo superiore a 183 giorni nell’arco di 12 mesi. Si tratta di una disciplina molto particolare, che richiede particolare attenzione al suo utilizzo, da valutare attentamente con l’ausilio di un dottore commercialista esperto.
Qualora questa disciplina derogatoria non possa trovare applicazione trova applicazione il regime ordinario sopra indicato.
Convenzioni contro le doppie imposizioni
La normativa nazionale, sopra indicata, deve essere coordinata con le disposizioni presenti nella Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Spagna. In particolare, il reddito di lavoro dipendente prestato all’estero è disciplinato dall’art. 15 della convenzione, secondo il quale:
- In linea generale, il reddito di lavoro dipendente è tassato nello Stato dove l’attività viene svolta (in questo caso Spagna), oltre che, in base ai principi generali, nello Stato di residenza del lavoratore (Italia);
- È però prevista la tassazione nel solo Stato di residenza del lavoratore (Italia) se questo soggiorna nell’altro Stato per un periodo che non oltrepassa i 183 giorni nel corso di un periodo di 12 mesi e, contemporaneamente, le retribuzioni sono pagate da (o per conto di) un datore di lavoro non residente nello Stato dove viene svolta l’attività (e non sono pagate da una stabile organizzazione di cui il datore di lavoro dispone nello Stato in cui viene svolta l’attività).
Secondo l’Agenzia delle Entrate deve seguire questi criteri anche la tassazione del TFR (Risoluzione n. 341/08, Risposte ad interpello n. 343/E/2020, e n. 460/E/2020).
Le retribuzioni convenzionali
Accanto alla regola generale legata alla tassazione ordinaria in Italia del reddito da lavoro dipendente prestato all’estero da parte di soggetto residente abbiamo detto che vi è una disciplina derogatoria legata alle (citate) retribuzioni convenzionali. Si tratta della disciplina dettata dall’art. 51, co. 8, del TUIR, secondo la quale:
Si tratta di una norma agevolativa che consente di vedersi tassare non il reddito estero da lavoro dipendente effettivamente percepito ma, piuttosto, un reddito figurativo (solitamente più favorevole) previsto dalle tabelle ministeriali. Questa disciplina, tuttavia, non è applicabile in tutti i casi. Infatti, prima di tutto occorre verificare che il settore economico in cui viene svolta l’attività da parte del lavoratore dipendente sia previsto nel Decreto ministeriale che determina le retribuzioni convenzionali. Si tratta di un Decreto che viene puntualmente pubblicato e aggiornato ogni anno. Inoltre, è necessario il rispetto di ulteriori specifici requisiti legati all’attività del lavoratore:
- Il lavoratore dipendente deve mantenere residenza fiscale in Italia;
- Svolgimento di lavoro dipendente all’estero in via continuativa che opera in uno dei settori di attività individuati nel nel decreto ministeriale sulle retribuzioni convenzionali;
- Il lavoro sia oggetto esclusivo del rapporto;
- Soggiorno all’estero per un periodo superiore a 183 giorni anche non consecutivi.
Qualora non trovi concreta applicazione una delle condizioni esposte non potrà trovare applicazione l’applicazione delle retribuzioni convenzionali per la tassazione del reddito. In questo caso il reddito deve essere dichiarato prendendo a riferimento la retribuzione effettivamente percepita (secondo il principio di “cassa“).
Attenuazione della doppia imposizione del reddito da lavoro dipendente estero
Come abbiamo visto, il lavoro in Spagna, può comportare il pagamento delle imposte sui redditi in Italia. Questo è quanto è dovuto, almeno per il nostro lettore, che si trova a dover pagare le imposte sia in Spagna che in Italia, a fronte di uno stesso reddito percepito. Questa situazione determina una situazione di doppia imposizione del reddito.
Al fine di evitare questa doppia imposizione, conseguente al pagamento delle imposte sui redditi nel Paese di residenza del dichiarante oltre che nel Paese di produzione del reddito:
- Sia la convenzione contro le doppie imposizioni stipulata tra Italia e Spagna (firmata l’otto settembre 1977), all’articolo 22;
- Sia il DPR n. 917/86 (TUIR), all’articolo 165,
prevedono un principio generale di divieto della doppia imposizione. Principio per cui l’imposta non può essere applicata più volte su uno stesso reddito.
Sostanzialmente, le imposte estere pagate a titolo definitivo sul lavoro in Spagna possono essere utilizzate in detrazione dall’imposta netta italiana. Imposta scaturente dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui le imposte estere sono state pagate a titolo definitivo. Questa imposta concorre alla formazione del credito per imposte estere italiano (ex art. 165, co. 1 del TUIR). Il credito per imposte estere concorre ad abbattere l’IRPEF dovuta dal lavoratore, attenuando la doppia imposizione.
Il criterio da rispettare per la determinazione del credito per imposte estere è che lo stesso spetta fino alla concorrenza della quota di imposta italiana corrispondente al rapporto tra redditi prodotti all’estero e reddito complessivo.
Imposte estere a titolo definitivo
A prima vista può sembrare complicato, ma in pratica l’articolo 165 del TUIR prevede che il nostro lettore, cittadino italiano, che sostanzialmente svolge la sua vita all’estero ma continua ad essere iscritto all’anagrafe comunale della popolazione residente abbia l’obbligo di contribuire alle imposte sul reddito in Italia.
Nella sua dichiarazione dei redditi italiana, ha diritto ad un abbattimento dell’IRPEF (l’imposta sui redditi) pari all’ammontare delle imposte pagate in Spagna a titolo definitivo (non devono essere presi in considerazione gli acconti). Questo credito, comunque, non potrà mai superare la quota di IRPEF relativa al reddito estero.
Ad esempio se per un reddito pari a €. 1.000 la tassazione in Spagna è pari al 19% ed in Italia pari al 23% il nostro lettore verserà all’Amministrazione finanziaria spagnola il 19% del reddito e all’Amministrazione finanziaria Italiana la sola differenza del 4%.
In questo modo è correttamente applicato il principio di divieto di doppia imposizione previsto dall’articolo 165 del DPR n. 917/86.
Conclusioni e consulenza fiscale online
Cosa puoi imparare dall’esperienza del lettore?
Prima di tutto è bene ribadire che in questi casi è fondamentale consultare un Commercialista esperto in fiscalità internazionale. Queste analisi non sono mai semplici e la situazione personale di ognuno è diversa e determinante. Consiglio sempre di contattare un esperto quando si intende trasferirsi all’estero per periodi maggiori di 6 mesi, sia per studio che per lavoro, in modo da pianificare correttamente gli adempimenti fiscali conseguenti.
Non potendo tuttavia generalizzare in quanto ogni situazione personale ha le sue peculiarità, quello che posso dirti è che se un cittadino Italiano svolge la sua vita (personale e/o lavorativa) all’estero, per evitare il pagamento delle imposte sul reddito anche in Italia dovrebbe trasferire la propria residenza fiscale all’estero, iscrivendosi all’AIRE.
La questione però non si risolve così semplicemente, è necessario che il contribuente che intende trasferirsi all’estero sposti con se il c.d. “centro degli interessi vitali“. Con tale locuzione si intendendo sia i suoi principali interessi familiari e lavorativi.
Un soggetto che vuole trasferirsi all’estero lasciando la sua famiglia in Italia o i suoi principali interessi economici in Italia sarà sicuramente soggetto a controlli ed accertamenti, per questo è bene pianificare con cura ed in anticipo questi aspetti legati alla normativa fiscale. Questo, anche se potrà sembrarti poco conveniente, ti consentirà di risparmiarti in futuro un possibile lungo e costoso contenzioso fiscale con l’Amministrazione finanziaria.
Anche tu ti sei trasferito all’estero e vuoi saperne di più sulla tua posizione fiscale?
Hai letto l’articolo ma vuoi avere la consulenza di un professionista esperto?
Utilizza l’apposito servizio di consulenza fiscale online dedicato ai redditi esteri e alle loro modalità di tassazione. Sarai ricontattato nel più breve tempo e potrai interagire ed ottenere la consulenza di un professionista preparato ed esperto in fiscalità internazionale. Possiamo aiutarti a valutare la sua situazione fiscale personale in relazione alla residenza fiscale ed ai criteri di collegamento per la tassazione di redditi di fonte estera. Potrai chiarire i tuoi dubbi e valutare le opportunità a tua disposizione per regolarizzare la tua posizione.