I lavori in corso su ordinazione (definiti anche lavori su commessa) rappresentano quei lavori realizzati generalmente mediante la sottoscrizione di contratti di appalto o di somministrazione aventi ad oggetto la realizzazione per conto terzi di opere o la fornitura di servizi correlati alla realizzazione di un’opera, o anche la fornitura di più beni o servizi tra loro interdipendenti tali da poterli considerare contrattualmente come oggetto unitario. Si tratta quindi di forniture di beni o servizi effettuati dietro una specifica commessa di un cliente finale, che risultano non terminati alla fine dell’esercizio. Si pensi al caso dei lavori commissionati per la costruzione di edifici, strade, ponti, dighe, navi, impianti industriali, grandi macchinari. 

Il Codice Civile non fornisce un’esplicita definizione dei lavori in corso su ordinazione, limitandosi solo ad indicare la loro collocazione negli schemi di bilancio ed i criteri che possono essere adottati per la relativa valutazione. Una più compiuta disciplina è invece contenuta nel principio contabile OIC 23 (edizione dicembre 2016), che, oltre a fornire una specifica definizione dei lavori in corso su ordinazione, indica le regole da seguire per la loro classificazione negli schemi di bilanci, per i metodi di valutazione da adottare (commessa completata e percentuale di completamento) e per le necessarie informazioni da indicare nella Nota Integrativa a corredo dei dati contabili.

Lavori in corso su ordinazione

I lavori in corso su ordinazione rappresentano quei lavori realizzati generalmente mediante la sottoscrizione di contratti di appalto o di somministrazione aventi ad oggetto la realizzazione per conto terzi di opere (ad esempio edifici, strade, ponti, dighe, navi, impianti) o la fornitura di servizi correlati alla realizzazione di un’opera (ad esempio servizi di progettazione), o la fornitura di più beni o servizi pattuiti come oggetto unitario. Si tratta quindi di forniture di beni e servizi effettuati dietro una specifica commessa di un cliente finale, che risultano non terminati alla fine dell’esercizio. Questo aspetto permette di distinguere tali lavori da quelli realizzati internamente ed ancora in corso alla data di chiusura dell’esercizio (cc.dd. “lavori in economia”), per i quali valgono diverse regole contabili dettate in relazione agli specifici beni cui fanno riferimento.

Il Codice Civile non fornisce un’esplicita definizione dei lavori in corso su ordinazione, limitandosi solo ad indicare la loro collocazione negli schemi di bilancio ed i criteri che possono essere adottati per la relativa valutazione.

Entrando nel dettaglio, ai sensi dell’art. 2424 c.c., i lavori in corso su ordinazione devono essere indicati nella sezione dell’Attivo dello Stato Patrimoniale, nella classe C) Attivo Circolante, al numero 3 della voce I –  Rimanenze. La variazione delle rimanenze di tali elementi deve essere invece rilevata, ai sensi dell’art. 2425 c.c., nel Conto Economico al punto 3 della voce A) Valore della produzione.

Stato patrimoniale

ATTIVOPASSIVO
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C) Attivo circolante
I – Rimanenze
1) materie prime, sussidiarie e di consumo



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Conto economico

A) Valore della produzione
1) ricavi delle vendite e delle prestazioni
2) variazioni delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati e finiti
3) variazioni dei lavori in corso su ordinazione
4) incrementi di immobilizzazioni per lavori interni
5) altri ricavi e proventi, con separata indicazione dei contributi in conto esercizio
Totale
 
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Inoltre, il Codice Civile stabilisce all’art. 2426, co. 1, n. 11 che “i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”.

A darne una specifica definizione è invece il principio contabile OIC 23, secondo cui:

Un lavoro in corso su ordinazione (o commessa) si riferisce a un contratto, di durata normalmente ultrannuale, per la realizzazione di un bene (o una combinazione di beni) o per la fornitura di beni o servizi non di serie che insieme formino un unico progetto, ovvero siano strettamente connessi o interdipendenti per ciò che riguarda la loro progettazione, tecnologia e funzione o la loro utilizzazione finale. I lavori su ordinazione sono eseguiti su ordinazione del committente secondo le specifiche tecniche da questi richieste”.

In base a questa definizione, per qualificare un lavoro in corso su ordinazione è necessario che sussistano le seguenti caratteristiche:

  1. Carattere formale dell’operazione commerciale: deve essere stipulato un specifico contratto con il committente, che può consistere in un contratto di appalto, di somministrazione, di vendita di cosa futura o altra forma similare che rispecchi le medesime caratteristiche strutturali ed economiche. Nel contratto andranno fissate le clausole che disciplinano i vari aspetti del rapporto commerciale, tra cui le caratteristiche tecniche dell’opera da realizzare ed il corrispettivo pattuito.
  2. Durata contrattuale: con tale termine si intende il tempo che intercorre tra la data d’inizio di realizzazione dei beni e/o servizi e la data di ultimazione e consegna dei beni e/o prestazione dei servizi determinati dal contratto. Normalmente, la durata dei contratti aventi ad oggetto la realizzazione delle opere o la prestazione dei servizi è ultrannuale, ovvero investe un periodo superiore a dodici mesi. È bene precisare, però, che tale carattere non rileva propriamente ai fini della qualificazione di un lavoro in corso su ordinazione, potendosi riscontrare nella pratica, seppur non di frequente, contratti che prevedono una durata inferiore all’anno. Piuttosto, la maggiore o minore durata di un contratto può avere effetti sulla valutazione dei lavori, come meglio si vedrà in seguito.
  3. Oggetto del contratto: è rappresentato dalla realizzazione per conto terzi di opere o la fornitura di servizi correlati alla realizzazione di un’opera o la fornitura di più beni o servizi pattuiti come oggetto unitario commissionati dal cliente. Come per la durata, anche questo elemento non è rilevante in ordine alla qualificazione giuridica del contratto. L’oggetto, infatti, può avere differente natura (materiale o immateriale), sempreché sia possibile, lecito, determinato o determinabile, con ciò non intaccando comunque i caratteri strutturali di questa tipologia di lavori. Ciò che invece costituisce fattore rilevante è l’insieme delle sue caratteristiche tecniche, determinate, come visto, dal committente sulla base di uno specifico progetto;
  4. Finalità: corrisponde alla costruzione e realizzazione di un’opera o di una fornitura di beni e/o servizi che nel loro complesso fanno parte del medesimo progetto;
  5. Esecuzione: i lavori sono eseguiti in base alle richieste del committente e secondo le specifiche tecniche da questo indicate.

Tipologie contrattuali

A prescindere dalla forma e dalla struttura che può assumere un contratto avete ad oggetto la realizzazione di opere che generalmente impegnano le parti contrattuali per un periodo superiore ad un anno (che come abbiamo visto può conformarsi ai contratti di appalto, di somministrazione, di vendita di cosa futura e simili), nella prassi commerciale è possibile individuare due tipologie di contratti di commessa basate su due diverse modalità di determinazione del corrispettivo dell’opera:

  • i contratti a corrispettivo predeterminato;
  • i contratti con corrispettivo basato sul costo consuntivo più il margine.

Nei contratti a corrispettivo predeterminato, l’appaltatore si assume l’impegno ad eseguire l’opera sulla base di un prezzo predeterminato contrattualmente. Per limitare i rischi di tale impegno, il prezzo stabilito può essere vincolato a talune condizioni fissate in clausole contrattuali di revisione al fine di adeguarlo ad eventuali aumenti dei relativi costi o ad ogni altra circostanza che può incidere sul prezzo, come ad esempio la richiesta di modifiche all’originario progetto da parte del committente (cc.dd. “varianti in corso d’opera”) o la revisione di cui all’art. 1664 c.c. al verificarsi di determinati eventi aventi impatto sull’esecuzione dei lavori.

Nei contratti con corrispettivo basato sul costo consuntivo più il margine, il corrispettivo riconosciuto all’appaltatore è determinato dai costi sostenuti previsti contrattualmente, maggiorati di una percentuale dei costi stessi a titolo di recupero di spese generali e di altre spese non specificamente rimborsabili, oltre che del profitto, ovvero di un importo fisso. Il corrispettivo contrattuale non è quindi predeterminato, ma calcolato in funzione dei costi sostenuti dall’appaltatore.

La misura del margine riconosciuto all’appaltatore, che deve essere in ogni caso contrattualmente definita, può essere proporzionale ai costi sostenuti oppure essere predeterminata se viene calcolata come percentuale fissa dei costi stimati inizialmente. 

Criteri di valutazione

Il Codice Civile stabilisce all’art. 2426, co. 1, n. 11 che “i lavori in corso su ordinazione possono essere iscritti sulla base dei corrispettivi contrattuali maturati con ragionevole certezza”. Questa disposizione – che non si traduce però in obbligo, ma in mera possibilità – pone una deroga al principio generale sulla valutazione delle rimanenze, in base al quale il valore da attribuire alle stesse e da iscrivere in bilancio deve essere determinato dalla scelta prudenziale del minore tra costo e valore di mercato.

L’opzione di scrivere i lavori in corso su ordinazione sulla base dei corrispettivi pattuiti è meglio conosciuta nella prassi contabile come METODO DELLA PERCENTUALE DI COMPLETAMENTO, secondo cui i lavori sono valutati in base al corrispettivo contrattuale maturato con ragionevole certezza, anche se superiore al costo. In sostanza, la valutazione viene effettuata in base ad una percentuale del prezzo di vendita pattuito che viene determinata dallo stato di avanzamento dei lavori. Pertanto, nel rispetto del principio della competenza economica, ad ogni esercizio viene attribuita una specifica quota di ricavo in modo da spalmare lungo tutta la durata della commessa l’intero margine proporzionalmente al lavoro eseguito in ciascuno di essi.

L’opzione concessa dalla legge di ricorrere al metodo della percentuale di completamento per la valutazione dei lavori in corso su ordinazione si pone come alternativa alla regola generale della valutazione delle rimanenze, contenuta nell’art. 2426, co. 1, n. 9, c.c., secondo cui le rimanenze sono iscritte “al costo di acquisto o di produzione, calcolato secondo il numero 1), ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore; tale minor valore non può essere mantenuto nei successivi bilanci se ne sono venuti meno i motivi. I costi di distribuzione non possono essere computati nel costo di produzione”. Questo criterio di valutazione, informato al principio della prudenza, rappresenta la regola generale per tutte le tipologie di rimanenze, che qualora applicato nella valutazione delle commesse viene denominato nella prassi METODO DELLA COMMESSA COMPLETATA

Rispetto al precedente, questo metodo riconosce prudenzialmente il margine derivante dalla commessa solo in sede di ultimazione dei lavori e dunque quando il contratto è completato, ossia alla data in cui avviene il trasferimento dei rischi e benefici connessi al bene realizzato o i servizi sono resi. L’adozione di tale criterio comporta, quindi, la valutazione delle rimanenze per opere eseguite, ma non ancora completate, al loro costo di produzione, così come si verifica per tutte le altre rimanenze.

Gli effetti prodotti sul risultato economico dall’applicazione delle due metodologie valutative sono sostanzialmente diversi e incidono sulla rappresentazione della situazione reddituale dell’impresa, che viene fortemente compromessa applicando il metodo della commessa completata soprattutto per la realizzazione dei lavori che si protraggono oltre i dodici mesi.

Una rappresentazione chiara, veritiera e corretta, nonché il rispetto del principio della competenza economica, presupporrebbe una valutazione effettuata mediante un criterio che incorpori l’utile che gradatamente si forma in funzione del completamento della costruzione oggetto del contratto. Per tale ragione il principio OIC 23 stabilisce che nel caso di lavori in corso su ordinazione aventi durata ultrannuale, occorre fare ricorso all’applicazione del metodo della percentuale di completamento, a patto però che siano soddisfatte le seguenti condizioni:

  1. esistenza di un contratto vincolante per le parti che ne definisca chiaramente le obbligazioni e, in particolare, il diritto al corrispettivo per l’appaltatore;
  2. il diritto al corrispettivo per l’appaltatore matura con ragionevole certezza via via che i lavori sono eseguiti;
  3. non sono presenti situazioni di incertezza relative a condizioni contrattuali o fattori esterni di entità tale da rendere dubbia la capacità dei contraenti a far fronte alle proprie obbligazioni;
  4. il risultato della commessa può essere attendibilmente misurato.

Se non sono soddisfatte tali condizioni, o quando il contratto ha una durata inferiore ad un anno, la valutazione dei lavori deve essere effettuata secondo il criterio della commessa completata.

Scegliere un metodo valutativo piuttosto che l’altro comporta che il redattore del bilancio mantenga la scelta effettuata per la valutazione di ogni tipologia di commessa e, ai sensi dell’art. 2423-bis c.c., possa procedere a variarlo solo se si verificano circostanze eccezionali tali da incidere sulla rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale, economica e finanziaria risultante dal bilancio d’esercizio.

A queste regole generali valgono, però, alcune eccezioni, che giustificano il contemporaneo utilizzo dei due metodi per commesse. In particolare, un’impresa può utilizzare il metodo della percentuale di completamento quando si tratta di valutare lavori su commessa i cui costi e ricavi siano attendibilmente stimati e per tutte le commesse pluriennali. Quando invece c’è impossibilità nello stimare in modo attendibile gli elementi reddituali legati alla commessa o quando il contratto per l’esecuzione dei lavori ha una durata infrannuale, l’impresa può utilizzare ai fini valutativi il metodo della commessa completata.

Anticipi e acconti

Generalmente, la realizzazione di lavori per conto terzi comporta, a carico delle imprese chiamate a realizzare le opere loro commissionate, un rilevante impegno in termini finanziari, per cui è abbastanza ricorrente il ricorso a clausole contrattuali che prevedono la corresponsione di anticipi o acconti sui lavori da eseguire, ovvero di somme di denaro che rappresentano pagamenti parziali dell’intero corrispettivo pattuito corrisposte in momenti diversi: all’inizio dei lavori o in periodi antecedenti nel caso degli anticipi; in corso d’opera a fronte di lavori eseguiti, anche se non necessariamente determinati in funzione di questi, nel caso degli acconti.

Come si vedrà, tale distinzione ha rilevanza solo concettuale, in quanto contabilmente, ai fini della classificazione nelle voci di bilancio, anticipi e acconti ricadono entrambi nella medesima posta del passivo dello Stato Patrimoniale dell’impresa costruttrice.

Usuali sono anche gli accordi che prevedono la liquidazione dei ricavi di vendita rateale, generalmente in funzione dello stato di avanzamento dei lavori (SAL) invece che in un’unica soluzione a completamento dell’opera oggetto del contratto.

Contabilmente, secondo quanto stabilito dall’OIC 23, i crediti per le fatture emesse a fronte di anticipi, acconti o corrispettivi acquisiti a titolo definitivo sono rilevati nella sezione dell’Attivo dello Stato Patrimoniale, nella classe C) Attivo Circolante, voce II – Crediti, con separata indicazione, per ciascuna voce, degli importi esigibili oltre l’esercizio successivo, al numero 1 “verso clienti”, oppure ai numeri 2, 3, 4, e 5 se verso controllate, collegate, controllanti e imprese sottoposte al controllo delle controllanti. 

In contropartita, gli anticipi e gli acconti devono essere indicati tra le passività nella classe D – Debiti alla voce 6 “acconti”. Nel caso di fatturazione definitiva dei lavori, gli anticipi e gli acconti, devono essere stornati dal passivo in contropartita alla rilevazione di un ricavo da imputare a Conto Economico nella classe A) Valore della produzione alla voce 1) “ricavi delle vendite e delle prestazioni”.

Informazioni da riportare in Nota Integrativa

  • Informazioni relative alle società che redigono il bilancio in forma ordinaria e in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.)

Per le società che redigono il bilancio in forma ordinaria e in forma abbreviata (art. 2435-bis c.c.), il Codice Civile all’art. 2427, co. 1, n. 1, stabilisce di indicare in Nota Integrativa: “i criteri applicati nella valutazione delle voci del bilancio, nelle rettifiche di valore e nella conversione dei valori non espressi all’origine in moneta avente corso legale nello Stato”. Sulla base di questa disposizione, relativamente ai lavori in corso su ordinazione, le informazioni da riportare nel documento di bilancio sono le seguenti:

  • il metodo di valutazione utilizzato (percentuale di completamento o commessa completata);
  • la metodologia adottata per stimare lo stato avanzamento dei lavori;
  • i criteri di contabilizzazione dei costi relativi alla commessa, ed in particolare quelli attinenti alla sua acquisizione, quelli pre-operativi ed infine quelli eventualmente da sostenersi dopo la chiusura della commessa;
  • il trattamento contabile degli oneri finanziari, nel caso siano stati considerati nella valutazione dei lavori in corso su ordinazione;
  • la contabilizzazione delle probabili perdite di valore rilevate.

Inoltre, ai sensi dell’art. 2427, co. 1, n. 9, c.c., è necessario indicare in Nota Integrativa “l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo stato patrimoniale, con indicazione della natura delle garanzie reali prestate; gli impegni esistenti in materia di trattamento di quiescenza e simili, nonché gli impegni assunti nei confronti di imprese controllate, collegate nonché controllanti e imprese sottoposte al controllo di quest’ultime sono distintamente indicati”

Pertanto, in riferimento ai lavori in corso su ordinazione occorre dare evidenza degli impegni contrattualmente assunti per opere e servizi ancora da eseguire a fine esercizio, informazione, questa, che prima dell’entrata in vigore del D. Lgs. n. 139/15 (che ha recepito la Direttiva 2013/31/UE relativa ai bilanci d’esercizio e ai bilanci consolidati), veniva riporta nel sistema dei conti d’ordine in calce allo Stato Patrimoniale.

Altre informazioni da riportare in Nota Integrativa, se rilevanti, possono riguardare gli effetti derivanti dall’aggiornamento dei preventivi, o l’ammontare delle altre richieste di corrispettivi aggiuntivi (cc.dd. “claim”). In linea generale, il redattore del bilancio, oltre alle informazioni ex-lege, è libero di riportare nella Nota qualsiasi informazioni che ritenga necessaria al fine di arricchire e completare l’informativa contabile in modo da rendere più chiaro possibile il contenuto del bilancio.

  • Informazioni relative alle micro-imprese (art. 2435-ter c.c.)

Il comma 2 dell’art. 2435-ter c.c, che disciplina le micro-imprese, dispone per queste l’esonero, tra gli altri, anche dalla redazione della Nota Integrativa quando in calce allo Stato Patrimoniale risultino le informazioni previste dall’art. 2427 cod. civ., riguardanti l’importo complessivo degli impegni, delle garanzie e delle passività potenziali non risultanti dallo Stato Patrimoniale e l’ammontare dei compensi, delle anticipazioni e dei crediti concessi agli amministratori ed ai sindaci. In caso contrario, con riferimento alle informazioni relative ai lavori in corso su ordinazione, saranno tenute a redigere la Nota Integrativa secondo quanto disposto per le società che redigono il bilancio in forma ordinaria e abbreviata.