Dumping fiscale che cos’è e quando si verifica

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Con il termine di dumping fiscale si fa riferimento a sistemi di tassazione che generano un trattamento più vantaggioso rispetto ad altri sistemi, creando una disparità tra gli Stati anche nell’attrarre investimenti.

Il dumping fiscale è una pratica di concorrenza sleale, in campo fiscale, in cui alcuni paesi offrono condizioni fiscali molto più vantaggiose rispetto ad altri, generando uno squilibrio nella competizione internazionale. Nel 2021, il G20 a Venezia ha cercato di affrontare questo problema introducendo una tassa minima globale del 15% per le grandi multinazionali del settore tecnologico. Questo accordo ha l’obiettivo di ridurre il ribasso delle competizioni fiscali tra i paesi e le perdite di entrate fiscali. Le conseguenze del dumping fiscale includono perdite fiscali significative per alcuni paesi dell’Unione Europea. Queste nuove regole si applicheranno sia alle multinazionali con un certo livello di ricavi annuali.

Al termine del G20 di Venezia è stato raggiunto nell’ambito della riforma fiscale globale un accordo che include l’introduzione di una “global minimum tax” (tassa minima globale) che le società multinazionali devono pagare su scala mondiale. Anche l’Unione Europea ha concordato sull’applicazione di questa tassa.

Effetti sul mercato globale del dumping fiscale

In ambito economico, il dumping indica una pratica scorretta in cui i prodotti vengono venduti a prezzi più bassi sui mercati esteri rispetto a quelli praticati sul mercato interno. Questo può portare a distorsioni della concorrenza.

La concorrenza è uno strumento importante all’interno di ogni mercato, qualora si va a praticare una concorrenza sleale, questa potrebbe ripercuotersi nei mercati dei Paesi esteri, con meno affluenza di investimenti nel settore di mercato, creando una disparità di trattamento economico.

Se prendiamo i dati alla mano del PIL nei Paesi quali Italia, Irlanda, Olanda vediamo come il PIL del nostro Paese sia nettamente inferiore rispetto a quello dei Paesi concorrenti.

L’Italia ha circa il 5% di crescita del PIL negli ultimi 5 anni , contro il 60% dell’Irlanda e il 12% dell’Olanda. Il dumping fiscale a cui facciamo riferimento porta a conseguenze di questo tipo, dove i Paesi che adottano un trattamento fiscale più favorevole si guadagnano gli investimenti di capitali estere di società interessate a instaurare li parte dei loro affari, in modo da avere meno spese in termini di tassazione.

Si tratta di Paesi che hanno una struttura fiscale non efficiente sotto l’aspetto interno, che godono di posizioni poco strategiche e che quindi cercano di compensare e attrarre capitale estero in questo modo.

Comprendiamo come sia necessaria riassestare l’equilibrio di mercato per permettere a questi capitali di muoversi anche in altri Paesi che adottano imposte maggiori o quanto meno uguali a quella proposta dai Paesi del G20.

Riforma fiscale globale

Nel contesto fiscale, il dumping fiscale si riferisce a situazioni in cui alcuni paesi offrono un trattamento fiscale molto più favorevole rispetto ad altri, attirando così imprese e investimenti esteri. Questo crea una disparità tra gli Stati da diversi punti di vista, inclusi gli investimenti stranieri.

Per affrontare questo tipo di problematica, è stata proposta una riforma fiscale globale con due principali pilastri:

Un nuovo sistema di tassazione delle grandi aziende multinazionali, in modo che paghino le imposte nei paesi in cui realizzano profitti, non solo dove hanno sede legale.

L’introduzione di una tassa minima globale, fissata almeno al 15% per le grandi aziende multinazionali con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro. Questo aiuterà a ridurre le possibilità di erosione della base imponibile e di spostamento dei profitti.

L’introduzione di questa tassazione minima rappresenta un passo importante nella lotta al dumping fiscale e dovrebbe aumentare le entrate fiscali a livello globale.

Conseguenze del dumping fiscale

Le conseguenze del dumping fiscale possono essere significative. Ad esempio, alcuni paesi dell’Unione Europea, come l’Irlanda, l’Olanda e il Lussemburgo, sono considerati paradisi fiscali e attuano pratiche fiscali aggressive che danneggiano le economie degli altri Stati membri. 

Non a caso al G20 di Venezia, l’Irlanda era uno tra i 7 paesi di 139 ad essere contrario alla tassazione minima del 15% delle multinazionali.

Le pratiche scorrette comportano per i nostri Paesi delle perdite consistenti, le entrate fiscali dell’Unione Europea che vengono considerate perse, a seguito delle pratiche scorrette di altri Paesi, si aggira tra 35 e 70 miliardi di euro all’anno.  

A dicembre 2022, il Consiglio europeo ha approvato una proposta di direttiva per integrare la Global Minimum Tax dell’Ocse, detta Pillar 2, in tal modo dal 2024, se gli stati membri ratificheranno la direttiva come previsto, le multinazionali europee saranno soggette a un’aliquota fiscale effettiva (Afe) minima del 15 % sui loro profitti realizzati in ogni paese dove operano tramite sussidiarie o stabili organizzazioni. 

Nei casi in cui alcuni Paesi adottano un’imposta inferiore al 15% si applicherà un’imposta aggiuntiva (top-up tax) tale da raggiungere il prelievo minimo corrispondente all’aliquota del 15 per cento.

Le nuove regole si applicheranno sia alle multinazionali che ai gruppi domestici con almeno 750 milioni di euro di ricavi annuali.

Per approfondire: Come sfruttare al meglio la teoria delle bandiere?

Tipologie di dumping

A livello economico le tipologie di asimmetria che possiamo trovare sono le seguenti:

  • Predatorio: si realizza quando un prodotto o un servizio viene venduto su un mercato estero ad un prezzo inferiore rispetto a quello praticato nel paese di origine. Tale sistema viene realizzato con la finalità di impadronirsi del mercato estero e diventare monopolista su tale mercato;
  • Sporadico: si realizza in casi particolari, ad esempio quando un produttore si trova ad avere una parte della produzione invenduta;
  • Persistente: a differenza dei primi due non ha natura temporanea.

Soluzioni

L’OCSE negli anni ha studiato delle soluzioni per combattere il fenomeno del dumping:

  • Aliquota fiscale minima sul reddito d’impresa: essa sarebbe applicata su una base imponibile consolidata per le società che dovrebbero pubblicare i profitti realizzati in tutti i Paesi in cui operano, nonché quanto effettivamente corrisposto in termini di tassazione;
  • Riforma IVA a livello comunitario;
  • Riforma dei regimi speciali.

Domande frequenti

Che cos’è il dumping fiscale e come può influenzare la concorrenza tra i paesi?

Si tratta di una pratica di concorrenza sleale in campo fiscale in cui alcuni paesi offrono condizioni fiscali molto più vantaggiose rispetto ad altri. Questo può creare uno squilibrio nella concorrenza globale, poiché alcune imprese possono essere attratte da tali condizioni favorevoli.

Quali sono gli effetti del dumping fiscale sul mercato globale?

Nel contesto economico può portare a distorsioni della concorrenza, con conseguenze come una minore affluenza di investimenti nei paesi che subiscono la concorrenza sleale. Ciò può creare una disparità di trattamento economico tra paesi.

In che modo la riforma fiscale globale cerca di affrontare il problema del dumping fiscale?

La riforma fiscale globale propone due pilastri principali. Primo, un nuovo sistema di tassazione delle grandi aziende multinazionali, in modo che paghino le imposte nei paesi in cui realizzano profitti. Secondo, l’introduzione di una tassa minima globale, fissata almeno al 15% per le grandi aziende multinazionali con un fatturato globale superiore a 750 milioni di euro. Queste misure dovrebbero contribuire a ridurre l’erosione della base imponibile e lo spostamento dei profitti.

Quali sono le conseguenze del dumping fiscale per i paesi dell’Unione Europea?

Le conseguenze per i paesi dell’Unione Europea includono la perdita di entrate fiscali significative, stimata tra 35 e 70 miliardi di euro all’anno a causa delle pratiche fiscali aggressive di alcuni paesi membri. Per affrontare questo problema, il Consiglio europeo ha approvato una proposta di direttiva per integrare la Global Minimum Tax dell’Ocse, che imporrebbe alle multinazionali europee un’aliquota fiscale effettiva minima del 15% sui loro profitti.

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