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Dividend washing

Fisco NazionaleDividend washing

Il dividend washing è una pratica finanziaria, considerata abusiva in molti ordinamenti, che consiste nello sfruttare temporaneamente la compravendita di titoli azionari per ottenere vantaggi fiscali sui dividendi. In particolare, si tratta di acquistare e vendere azioni in prossimità della data di stacco del dividendo con l'obiettivo di ridurre o evitare la tassazione sugli stessi, oppure per ottenere doppie agevolazioni fiscali sui dividendi.

Che cos’è il dividend washing?

Il dividend washing è una operazione che consiste nell’acquisto di partecipazioni societarie in prossimità della data di stacco del dividendo e la successiva cessione dei titolo dopo l’incasso degli utili. Si tratta di una modalità di incasso dei dividendi che può generare profili di abuso del diritto. Questo in quanto attraverso questa operazione l’intento è quello di “trasformare” il dividendo in plusvalenza da cessione di partecipazioni.

L’operazione in commento, in dettaglio, è composta da due distinte operazioni di compravendita di partecipazioni, ovvero:

  1. Vendita di un titolo azionario (comprensivo di dividendi) da un soggetto all’altro, il cessionario paga un prezzo che tiene conto degli utili contenuti nel titolo, in quanto ne potrà godere al momento della successiva distribuzione di dividendi;
  2. Vendita da parte del primo acquirente dell’operazione precedente al detentore originario del titolo della partecipazione una volta incassato il dividendo. In questo caso il valore di cessione risente (in negativo) del fatto che la partecipazione non ha più il dividendo (già incassato).

In questa operazione il primo cedente, di fatto, trasforma l’incasso del dividendo in una plusvalenza da cessione di partecipazioni, che successivamente vengono riacquistate a corrispettivo inferiore. Il primo acquirente, invece, realizza una minusvalenza deducibile che deriva dalla cessione delle partecipazioni ad un valore inferiore a quello di acquisto, con incasso del dividendo.

Obiettivo

L’obiettivo principale di questa pratica è evitare o ridurre l’imposta sui dividendi approfittando di differenze nei regimi fiscali applicati a diversi investitori, o tra azioni con e senza dividendi. Spesso questa pratica è utilizzata da investitori istituzionali che cercano di minimizzare la tassazione complessiva sul portafoglio.

Esempio di dividend washing

Ipotizziamo che la società Alfa costituisca una società controllata Beta conferendo il capitale di 10.000 euro. Alla chiusura del primo esercizio di Beta viene realizzato un utile netto di 4.000 euro. Tale utile viene destinato ad essere assegnato ad Alfa come dividendo.

Alfa potrebbe decide di cedere la sua quota di partecipazione in Beta al valore di 14.000 (ovvero il valore del capitale inziale versato più il valore del dividendo che andrebbe a ricevere) alla società Gamma. Alfa realizza una plusvalenza di 4.000 euro, mentre Gamma va ad incassare il dividendo di 4.000 euro.

A questo punto Gamma cede la sua partecipazione ad Alfa ad un valore di 10.000 euro. Questa cessione avviene ad un valore inferiore rispetto a quello di acquisto (14.000 euro), pertanto per Gamma si forma una minusvalenza pari a 4.000 euro.

Profili elusivi della disciplina

A prima vista l’operazione descritta nell’esempio potrebbe sembrare estranea a vantaggi fiscali. Tuttavia, è opportuno notare che la società prima venditrice (Alfa) della partecipazione, qualora sia in grado di verificare i requisiti della partecipation exemption (PEX di cui all’art. 87 del TUIR) potrebbe scontare una esenzione dalla tassazione della plusvalenza, mentre il primo acquirente (Gamma) dopo aver incassato il dividendo (non potendo verificare i requisiti PEX) si trova di fronte ad una minusvalenza deducibile (data dal confronto tra valore della partecipazione al momento dell’acquisto ed al momento della vendita).

Si tratta, di operazione che, senza valida ragione economica alla base, consente (a determinate condizioni) un duplice vantaggio fiscale (un minor utile da una parte ed un utile ed una minusvalenza deducibile dall’altra).

I correttivi dell’art. 109 del TUIR

I profili elusivi visti nel paragrafo precedente sono stati oggetto di attenzione da parte del legislatore. Infatti, il D.L. n. 203/05 (conv. con mod. Legge n. 248/05, co. 1, art. 5-quinquies), ha inserito i commi 3-bis, 3-ter e 3-quater nell’articolo 109 del TUIR.

Tale disposizioni, aventi natura antielusiva hanno determinato il venir meno dei profili di elusività delle operazioni di dividend washing. In particolare, tali commi prevedono quanto segue:

ART. 109 TUIRDESCRIZIONE
co. 3-bisLe minusvalenze realizzate ai sensi dell’articolo 101 sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni che non possiedono i requisiti di cui all’articolo 87 non rilevano fino a concorrenza dell’importo non imponibile dei dividendi, ovvero dei loro acconti, percepiti nei trentasei mesi precedenti il realizzo. Tale disposizione si applica anche alle differenze negative tra i ricavi dei beni di cui all’articolo 85, comma 1, lettere c) e d), e i relativi costi.
co. 3-terLe disposizioni del comma  3-bis si applicano con riferimento alle azioni, quote e  strumenti  finanziari similari alle azioni  acquisite nei trentasei mesi precedenti il realizzo, sempre che soddisfino i requisiti per l’esenzione di cui alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 87.
co. 3-quaterResta ferma l’applicazione dell’articolo 37-bis del decreto del Presidente della  Repubblica  29 settembre 1973, n. 600, anche con riferimento ai differenziali negativi di natura finanziaria derivanti da operazioni iniziate nel periodo d’imposta o in quello precedente sulle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni di cui al comma 3-bis.

Particolare attenzione deve essere prestata al co. 3-bis il quale individua alcuni elementi importanti, ovvero l’ambito delle operazioni oggetto di attenzione, ovvero azioni, quote e strumenti finanziari simili alle azioni. A questo punto viene individuata anche la caratteristica che devono possedere, ovvero il fatto di non verificare i requisiti PEX di cui all’art. 87 del TUIR.

In questo caso, l’emersione di una minusvalenza dalla cessione di queste partecipazioni non rileva fiscalmente fino a quando non si raggiunge l’importo non imponibile dei dividendi percepiti (95%) nei 36 mesi precedenti all’operazione di cessione. Questa disposizione, di fatto, viene introdotta per superare la problematica dell’operazione potenzialmente elusiva. I successivi commi vanno poi a circoscrivere ancora meglio la portata della disposizione in commento.

Il comma 3-ter dell’articolo 109 traccia in modo più chiaro l’ambito applicativo della disciplina in esame. Dal dato normativo si evince, infatti, che il meccanismo di salvaguardia sopra descritto si applica “alle azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni acquisite nei trentasei mesi precedenti il realizzo, sempre che soddisfino i requisiti per l’esenzione di cui alle lettere c) e d) del comma 1 dell’articolo 87”.

Sul punto, l’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 21/E/2006 ha indicato che le disposizioni in commento sono volte a contrastare operazioni potenzialmente elusive a natura fraudolenta. Pertanto, secondo il documento nell’individuazione delle operazioni potenzialmente rilevanti per la sterilizzazione delle minusvalenze deve essere effettuato un raffronto per singolo titolo compravenduto prendendo in considerazione le operazioni effettuate su tale tiolo nei precedenti 36 mesi.

Riepilogo della norma antielusiva

Secondo la citata Circolare n. 21/E/2006 dal combinato disposto dei commi 3-bis e 3-ter dell’articolo 109 del TUIR emerge che la disposizione sulla indeducibilità delle minusvalenze (e delle differenze negative) da realizzo opera se:

  • 1) La cessione ha ad oggetto titoli partecipativi – posseduti da meno di trentasei mesi – che al contempo:
    • i) non rientrino nel regime p.ex. (essendo, come noto, fiscalmente irrilevante ogni minusvalenza, o differenza negativa, conseguita con riferimento alla cessione di questi ultimi);
    • ii) presentino, in ogni caso, i requisiti cd. di natura oggettiva richiesti per l’applicazione del regime p.ex., relativi, come noto, alla residenza fiscale della società partecipata ed all’attività da questa esercitata;
  • 2) Nei trentasei mesi precedenti la cessione, il titolo alienato abbia dato luogo alla distribuzione di dividendi.

Da ciò deriva che non debbono essere considerati – ai fini dell’individuazione dell’importo dei dividendi da confrontare con le minusvalenze (o le differenze negative tra ricavi e costi) – i dividendi relativi a titoli che si qualificano per il regime di participation exemption, in considerazione del fatto che le eventuali minusvalenze (o differenze negative) scaturenti dalla cessione di tali titoli non potranno mai costituire componenti negativi deducibili all’atto della determinazione dell’imponibile.

Considerazioni pratiche sul dividend washing

Sempre secondo la Circolare n. 21/E, la disposizione anti-elusiva in commento, come detto, si applica in relazione alla cessione di titoli privi dei requisiti oggettivi per fruire della participation exemption, che siano stati acquistati nei trentasei mesi precedenti il realizzo. Qualora dalla cessione di un titolo avente i requisiti appena richiamati scaturisca una minusvalenza o una differenza negativa, è necessario individuare i dividendi relativi al titolo medesimo percepiti negli ultimi trentasei mesi e confrontare la quota non imponibile di tali dividendi con la minusvalenza o la differenza negativa realizzata.

In presenza di titoli omogenei acquisiti in tempi diversi è logicamente necessario individuare quello oggetto di cessione ai fini di valutarne le caratteristiche (possesso da non più di trentasei mesi e sussistenza dei requisiti oggettivi della PEX) e correlarvi i dividendi non imponibili. L’articolo 5-quinquies del decreto non fornisce alcun criterio né ai fini dell’individuazione dei titoli oggetto di cessione, né ai fini dell’individuazione dei dividendi correlati (relativi agli stessi titoli) con cui confrontare la minusvalenza (o la differenza negativa) realizzata. Allo stato, in altre parole, non risultano specificamente disciplinati dalla norma primaria le modalità che in presenza di più titoli omogenei consentano di individuare:

  • L’anzianità di possesso delle partecipazioni, rispetto alla quale si rende necessario mantenere distinta evidenziazione dei titoli acquisiti da più o da meno di trentasei mesi rispetto alla data di cessione;
  • I relativi dividendi non imponibili percepiti nel corso dei trentasei mesi precedenti il momento della cessione, al cui importo è parametrata la misura della sterilizzazione fiscale delle minusvalenze (o delle differenze negative tra ricavi e costi) conseguenti al realizzo dei titoli.

Titoli iscritti nelle immobilizzazioni finanziarie

Nel caso di titoli iscritti in bilancio tra le Immobilizzazioni finanziarie sarà ordinariamente più agevole, trattandosi di titoli immobilizzati, individuare in modo analitico il singolo titolo venduto, che ha dato luogo alla minusvalenza (o alla differenza negativa), e individuare anche i dividendi percepiti, in relazione a quel titolo, nei trentasei mesi precedenti.

Nella diversa ipotesi in cui i titoli immobilizzati siano valutati con criteri analoghi a quelli normalmente utilizzati per la valutazione dei titoli iscritti nell’attivo circolante, si potrà tenere conto delle considerazioni che seguono.

Titoli iscritti nell’attivo circolante

Nel caso della cessione di titoli iscritti in bilancio nell’Attivo circolante, ai fini dell’individuazione dell’anzianità dei titoli oggetto di cessione e dell’importo dei dividendi esenti in relazione ad essi percepiti, nel silenzio del legislatore sul punto, si ritiene che ciascun contribuente possa applicare:

  • a) Il metodo ordinariamente adottato in bilancio per la movimentazione e la valutazione del proprio magazzino titoli;
  • b) Ovvero, qualora il metodo di cui al punto precedente non preveda la memorizzazione delle date di acquisto dei titoli in portafoglio, un criterio uniforme che, ai limitati fini dell’applicazione della disposizione di contrasto al dividend washing, consenta di individuare puntualmente l’anzianità dei singoli titoli ceduti, nonché l’importo dei dividendi percepiti in relazione a questi ultimi nei trentasei mesi precedenti il realizzo. L’indicazione del criterio a tal fine seguito e la documentazione delle modalità con le quali è stato concretamente posto in essere dovranno essere fornite a richiesta degli Uffici dell’Agenzia delle entrate.

Dopo aver individuato, in base ai criteri esaminati, il titolo oggetto di cessione e l’ammontare dei dividendi correlati, è possibile determinare la minusvalenza o la differenza negativa (Delta) e, quindi, procedere al confronto (Delta – 95 % dividendi relativi ai titoli ceduti) tra i vari elementi per stabilire se debba o meno essere applicata la norma relativa al dividend washing.

Ai fini della disposizione in esame, si ritiene che le minusvalenze (o le differenze negative) risultanti dalla cessione di ciascun titolo non possano mai essere compensate con eventuali plusvalenze o differenze positive relative alla cessione di altri titoli della medesima categoria omogenea (quest’ultima da intendersi nell’accezione di cui all’articolo 94, comma 3, TUIR). Ne deriva, pertanto che non solo non è consentito compensare i risultati positivi e negativi delle transazioni avvenute nell’ambito di una medesima giornata, ma anche che è necessario individuare, nell’ambito di una medesima operazione di cessione di titoli (appartenenti alla medesima categoria omogenea, ma acquistati in momenti diversi), le eventuali differenze negative o positive che compongono il risultato globale.

Modalità di imputazione dei dividendi

Come più volte affermato, ai fini dell’applicazione del dividend washing, la minusvalenza (o la differenza negativa tra ricavi e costi) deve essere confrontata con la quota non imponibile dei dividendi relativi alle partecipazioni cedute: il componente negativo di reddito potrà essere dedotto esclusivamente per la quota parte eventualmente eccedente i dividendi medesimi.

È opportuno segnalare che l’ammontare dei dividendi correlati al titolo ceduto, che misura l’entità della minusvalenza o della differenza negativa indeducibile, dovrà essere “stornato” – nel senso che non se ne dovrà tenere conto – dal cd. “monte dividendi” rilevante all’atto della successiva cessione dei titoli della medesima categoria.

Nonostante il confronto con la minusvalenza o la differenza negativa sia effettuato esclusivamente considerando la quota non imponibile dei dividendi, tuttavia, anche la quota imponibile dei dividendi (che, mutatis mutandis, misura la porzione di minusvalenza, o differenza negativa, deducibile ai sensi della norma in esame) dovrà essere eliminata dal “monte dividendi” percepito nei trentasei mesi precedenti. Analogo “storno” dovrà effettuarsi in relazione a cessioni che diano luogo a plusvalenze o differenze positive, quando il contribuente è in grado di correlare analiticamente il titolo ceduto ed i dividendi ad esso relativi.

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