Dalla toga dell’avvocato agli abiti di scena dell’artista: tutto quello che devi sapere sulla deducibilità delle spese per vestiario dal reddito di lavoro autonomo, con analisi della giurisprudenza più recente e casi operativi.
La questione della deducibilità delle spese per l’acquisto di vestiario dal reddito di professionisti e artisti rappresenta uno dei temi più dibattuti ed incerti della normativa. Negli ultimi anni, il contenzioso tributario si è arricchito di pronunce non sempre univoche, creando incertezza operativa per commercialisti, avvocati e professionisti dello spettacolo.
La complessità deriva dalla necessità di interpretare correttamente il principio di inerenza sancito dall’art. 54 del TUIR (Testo Unico delle Imposte sui Redditi), distinguendo tra vestiario strettamente strumentale all’attività e abbigliamento di carattere personale. Mentre per alcune categorie la deducibilità appare pacifica, per altre la valutazione richiede un’analisi caso per caso della correlazione tra spesa sostenuta e attività professionale esercitata.
Indice degli argomenti
- Normativa di riferimento sulla deducibilità delle spese professionali
- Vestiario tecnico: deducibilità integrale pacifica
- Vestiario generico per professionisti: orientamenti contrastanti
- Deducibilità del vestiario per artisti e professionisti dello spettacolo
- Elementi probatori da raccogliere
- Tabella riepilogativa deducibilità per categoria professionale
- Consulenza fiscale online
- Domande frequenti
- Normativa e prassi
Normativa di riferimento sulla deducibilità delle spese professionali
L’art. 54, co. 1, del TUIR stabilisce che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra l’ammontare dei compensi percepiti nel periodo di imposta e quello delle spese sostenute nel periodo stesso “nell’esercizio dell’attività“. La disposizione normativa consente la deducibilità esclusivamente delle spese dotate del requisito dell’inerenza rispetto all’arte o professione esercitata.
Il concetto di inerenza è stato chiarito dalla Corte di Cassazione (sentenza n. 3198/2015), che lo definisce come il rapporto di diretta e immediata correlazione che deve instaurarsi tra la spesa sostenuta e l’attività esercitata. Non è sufficiente una generica connessione con l’attività professionale: la spesa deve essere funzionalmente collegata alla produzione del reddito.
Per i beni a uso promiscuo, ovvero utilizzabili sia nell’ambito dell’attività professionale sia per fini personali, l’articolo 54-quinquies, co. 3, del TUIR prevede una deducibilità forfettaria nella misura del 50% del costo sostenuto. Questa previsione normativa è diventata il riferimento principale per le controversie relative al vestiario generico di professionisti e artisti.
Approccio dell’Agenzia delle Entrate
L’Agenzia delle Entrate ha da sempre adottato un orientamento restrittivo sulla questione. Nella risoluzione n. 79/E dell’8 marzo 2002, l’Amministrazione finanziaria ha precisato che le spese afferenti all’attività professionale devono essere sostenute per lo svolgimento di attività o per l’acquisizione di beni da cui derivano compensi che concorrono alla formazione del reddito professionale.
Secondo l’interpretazione dell’Agenzia, è necessario che sussista una connessione funzionale, anche indiretta, dei costi sostenuti rispetto alla produzione dei compensi. Questo approccio esclude automaticamente la deducibilità di capi d’abbigliamento che, pur utilizzati in contesti professionali, mantengono una potenziale utilizzabilità nella vita privata del contribuente.
La risoluzione n. 30/E del 2006 ha ulteriormente chiarito che il principio di inerenza richiede un rapporto di strumentalità del bene o servizio acquistato con l’attività professionale concretamente esercitata al momento dell’acquisto. L’onere della prova ricade integralmente sul contribuente, che deve dimostrare con documentazione adeguata il nesso causale tra spesa e attività.
Vestiario tecnico: deducibilità integrale pacifica
Esistono categorie di abbigliamento per le quali la deducibilità integrale è ormai consolidata nella prassi tributaria e nella giurisprudenza. Si tratta del cosiddetto vestiario tecnico o strumentale, ovvero capi d’abbigliamento la cui acquisizione e utilizzo sono strettamente necessari per l’esercizio dell’attività professionale.
Rientrano certamente in questa categoria gli indumenti il cui utilizzo è obbligatorio in base a specifiche norme di legge, come i dispositivi di protezione individuale previsti dalla normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs. n. 81/2008). Scarpe antinfortunistiche, caschi protettivi, guanti tecnici e altri DPI sono integralmente deducibili senza alcuna contestazione possibile da parte dell’Amministrazione finanziaria.
Categorie professionali con vestiario pacifico
Per alcune categorie professionali, la giurisprudenza ha da tempo riconosciuto la deducibilità integrale di specifici capi di vestiario considerati strumentali allo svolgimento dell’attività:
Avvocati: la toga forense, la pettorina e la cordoniera sono considerati strumenti necessari per l’esercizio della professione. La loro deducibilità integrale è pacifica, essendo imposti dal codice deontologico forense e dalle norme processuali per la comparizione in udienza (articolo 88 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile).
Medici e farmacisti: il camice professionale è riconosciuto come vestiario tecnico integralmente deducibile. L’utilizzo del camice risponde a esigenze igienico-sanitarie e di riconoscibilità professionale previste dalla normativa di settore e dai codici deontologici delle rispettive professioni.
Magistrati: la toga è considerata vestiario d’ufficio la cui acquisizione è necessaria per l’esercizio delle funzioni giurisdizionali.
Artigiani e operai specializzati: le tute da lavoro, le divise aziendali e gli indumenti tecnici specifici per determinate lavorazioni (es. abbigliamento ignifugo, antistatico, impermeabile) sono integralmente deducibili quando imposti dalla natura dell’attività o da normative specifiche di settore.
Vestiario generico per professionisti: orientamenti contrastanti
La questione si complica significativamente quando si analizza la deducibilità del vestiario generico, ovvero di capi d’abbigliamento formali e di rappresentanza che, pur essendo utilizzati prevalentemente in contesti professionali, mantengono una potenziale utilizzabilità anche nella sfera privata del contribuente.
La giurisprudenza tributaria ha sviluppato orientamenti non univoci, con decisioni che variano sensibilmente in funzione delle specifiche circostanze del caso concreto e della capacità del contribuente di dimostrare il nesso di inerenza tra la spesa e l’attività professionale.
Orientamento favorevole: il caso del commercialista di Torino
Una delle sentenze più favorevoli ai contribuenti è la n. 959/2/24 della Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Torino. Nel caso specifico, i giudici hanno ritenuto deducibili i costi per l’acquisto di capi di abbigliamento sostenuti da un dottore commercialista.
La motivazione della sentenza si è fondata su elementi specifici che hanno dimostrato l’inerenza della spesa: il professionista ricopriva importanti cariche istituzionali nell’ambito dell’Ordine dei Commercialisti, era proprietario di un noto studio professionale con numerosi dipendenti e collaboratori, e la sua attività comportava frequenti incontri con clienti di alto profilo e partecipazione a eventi pubblici.
I giudici torinesi hanno valorizzato la circostanza che il commercialista fosse “tenuto ad indossare abiti di qualità in occasione degli incontri con i clienti o in occasioni pubbliche, adeguati al decoro che la professione impone“. La correlazione tra l’immagine professionale curata e la capacità di attrarre e mantenere una clientela d’élite è stata ritenuta sufficiente a giustificare l’inerenza delle spese sostenute.
Orientamento restrittivo: commercialisti e avvocati
In senso diametralmente opposto si sono espresse altre pronunce giurisprudenziali che hanno negato la deducibilità di spese per abbigliamento sostenute da professionisti operanti nelle medesime categorie.
La Commissione Tributaria Provinciale di Venezia, con sentenza n. 65/2/22, ha dichiarato indeducibili i costi per l’acquisto di capi di abbigliamento e scarpe sostenuti da un dottore commercialista. I giudici veneziani hanno motivato la decisione affermando che tali spese non sono inerenti all’attività professionale esercitata, in quanto l’abbigliamento formale, pur contribuendo all’immagine del professionista, non presenta un collegamento diretto e necessario con la produzione del reddito.
Analogamente, la Corte di Giustizia Tributaria di primo grado di Catania (sentenza n. 4567/10/24) ha escluso la deducibilità dei costi per vestiario sostenuti da un avvocato. Anche in questo caso, i giudici hanno ritenuto che, esclusa la toga forense (pacificamente deducibile), gli altri capi d’abbigliamento utilizzati dal professionista non presentano caratteristiche tali da qualificarli come strumentali all’esercizio della professione legale.
La sentenza n. 177/2/2023 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Veneto ha confermato l’orientamento restrittivo, stabilendo un principio di portata generale: le spese per l’abbigliamento inteso in senso generico non rientrano tra i costi deducibili, non essendo sufficiente la mera considerazione che l’abbigliamento concorra all’immagine del professionista.
Promotori finanziari e consulenti
Un caso emblematico dell’orientamento restrittivo è rappresentato dalla vicenda di un promotore finanziario, il cui ricorso è stato respinto dalla Corte di Giustizia Tributaria del Veneto (sentenza n. 177/2/2023).
Il contribuente aveva dedotto spese per l’acquisto di abiti eleganti e accessori sostenendo che tali costi fossero necessari per mantenere un’immagine professionale consona al ruolo di consulente finanziario. I giudici di primo grado avevano parzialmente accolto il ricorso, ammettendo la deducibilità al 50% dei costi in applicazione della disciplina dei beni a uso promiscuo.
La Corte d’appello ha però ribaltato la decisione, affermando che l’inerenza è esclusa quando le spese sono genericamente intese a influire sull’immagine del professionista senza che vi sia un collegamento specifico e documentato con la produzione del reddito. La sentenza ha precisato che il criterio dell’immagine professionale è troppo generico e non sufficiente a giustificare la deducibilità.
Deducibilità del vestiario per artisti e professionisti dello spettacolo
Per quanto riguarda artisti, professionisti dello spettacolo e figure pubbliche, la giurisprudenza ha sviluppato un orientamento tendenzialmente più favorevole, riconoscendo in molti casi la specificità dell’attività svolta e il ruolo centrale dell’immagine nella produzione del reddito.
Attori, showgirl e conduttori televisivi
Il caso più noto e dibattuto è quello relativo alla showgirl Belen Rodriguez, risolto dalla Commissione Tributaria Provinciale di Milano con sentenza n. 6443/XL/16 del 22 luglio 2016. L’Agenzia delle Entrate aveva contestato la deducibilità integrale dei costi per abbigliamento, accessori, trucco e arredi utilizzati per l’attività professionale.
I giudici milanesi hanno accolto parzialmente il ricorso, riconoscendo la deducibilità forfettaria al 50% dei costi per vestiario e accessori in applicazione della disciplina dei beni a uso promiscuo prevista dall’articolo 54, comma 3, del TUIR. L’elemento determinante è stato rappresentato dai contratti di ingaggio prodotti dalla contribuente, nei quali era espressamente previsto che l’artista dovesse “usare adeguato vestiario moderno di sua proprietà (abiti, vestiti, scarpe, accessori in genere, trucchi, ecc.)“.
La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia ha confermato questo orientamento con sentenza n. 3938/15/18, estendendolo ad altre figure professionali operanti nel mondo dello spettacolo. I giudici hanno valorizzato l’obbligo contrattuale di indossare abbigliamento adeguato come elemento probatorio dell’inerenza della spesa.
Cantanti lirici e artisti professionisti
Un’importante conferma dell’orientamento favorevole agli artisti è rappresentata dalla sentenza n. 949/1/22 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, relativa a una cantante lirica professionista.
I giudici hanno ritenuto deducibili al 50% i costi per l’abbigliamento, motivando la decisione con la considerazione che tale spesa è “direttamente funzionale (quindi inerente) allo svolgimento della professione, che richiede sicuramente determinati standard di immagine, la presentazione in scena con abbigliamento adatto, la partecipazione ad eventi promozionali che esigono la garanzia di una immagine connotata da specifiche caratteristiche“.
La sentenza ha evidenziato come, per i professionisti dello spettacolo, l’abbigliamento non sia un semplice elemento accessorio ma costituisca parte integrante della prestazione artistica offerta al pubblico. Gli standard estetici richiesti dall’attività operistica giustificano pienamente la sostenibilità di spese per vestiario di qualità.
Giornalisti e influencer nel settore moda
Un’evoluzione significativa della giurisprudenza è rappresentata dalla sentenza n. 468/7/24 della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia, che ha riconosciuto l’inerenza delle spese per vestiario sostenute da una giornalista e influencer operante nel campo della moda.
I giudici hanno affermato che, per tale tipologia di professionista, il vestiario utilizzato è parte integrante del personaggio e dell’immagine che viene professionalmente spesa. L’acquisto di abbigliamento rappresenta “una condizione strettamente collegata con l’attività svolta e ne rappresenta il necessario presupposto di modo che va ritenuto inerente alla particolare attività professionale esercitata“.
Questa pronuncia estende il principio della deducibilità a nuove figure professionali legate al mondo digitale e dei social media, riconoscendo che l’immagine e il vestiario costituiscono elementi essenziali della prestazione professionale anche in ambiti diversi dallo spettacolo tradizionale.
Elementi probatori da raccogliere
Per sostenere efficacemente la deducibilità delle spese per vestiario, il contribuente deve raccogliere e conservare una documentazione articolata che dimostri concretamente l’inerenza della spesa:
Documentazione contrattuale: contratti di lavoro, lettere di incarico, accordi con committenti che prevedano espressamente obblighi relativi all’abbigliamento da utilizzare durante le prestazioni professionali. Inserire nei contratti con brand e agenzie clausole che prevedano espressamente l’obbligo di utilizzo di abbigliamento proprio per la creazione di contenuti, documentare fotograficamente ogni utilizzo professionale.
Documentazione fotografica: fotografie e video che documentino l’utilizzo del vestiario in specifiche occasioni professionali (eventi, conferenze, rappresentazioni, riprese televisive, incontri con clienti).
Registri e annotazioni: tenuta di un registro che documenti quando e dove determinati capi sono stati utilizzati per fini professionali, con indicazione delle attività svolte e dei compensi correlati. Data l’incertezza giurisprudenziale, adottare approccio prudente con deduzione al 50% supportata da documentazione che dimostri il ruolo istituzionale (verbali Consiglio Ordine, partecipazione a eventi ufficiali, incontri con istituzioni).
Comunicazioni con committenti: email e comunicazioni che attestino richieste specifiche relative al dress code da mantenere durante lo svolgimento delle prestazioni professionali.
Fatture e documenti di spesa: conservazione di tutte le fatture di acquisto con chiara identificazione dei capi acquistati e della loro destinazione professionale.
La deducibilità delle spese accessorie (lavaggio, stiratura, manutenzione) segue la stessa logica del capo principale: se l’abbigliamento non è deducibile, non lo sono nemmeno i costi di manutenzione correlati. Ho riscontrato numerosi casi di professionisti che deducevano abbonamenti mensili alla lavanderia per importi elevati, senza poter dimostrare che i servizi riguardassero esclusivamente vestiario professionale.
Conseguenze in caso di contestazione
In caso di verifica fiscale, l’Agenzia delle Entrate recupera a tassazione l’intero importo dedotto, applicando sanzioni del 70% della maggiore imposta dovuta, oltre agli interessi di mora. Per un professionista con aliquota marginale del 43%, una deduzione indebita di 10.000 euro comporta un recupero di circa 4.300 euro di IRPEF, più sanzioni per 3.010 euro, più interessi per ulteriori 600-800 euro. Il costo totale della contestazione può raggiungere 8.000 euro.
La deduzione di spese vistosamente elevate per vestiario può attirare l’attenzione dell’Amministrazione finanziaria e innescare verifiche più approfondite sull’intera posizione fiscale del contribuente, con conseguente analisi di tutti i costi dedotti.
Tabella riepilogativa deducibilità per categoria professionale
| Categoria professionale | Tipo vestiario | Deducibilità | Base normativa | Documentazione richiesta |
|---|---|---|---|---|
| Avvocati | Toga, pettorina, cordoniera | 100% | Art. 54 TUIR – Vestiario tecnico | Fattura + iscrizione albo |
| Avvocati | Completi formali, camicie | 0-50% | Art. 54-quinquies TUIR – Uso promiscuo | Orientamento contrastante – Alta documentazione |
| Commercialisti | Abiti formali | 0-50% | Giurisprudenza non univoca | Documentazione cariche istituzionali se dedotti |
| Medici | Camice professionale | 100% | Art. 54 TUIR – Vestiario tecnico | Fattura + iscrizione ordine |
| Medici | Abbigliamento sotto camice | 0% | Non inerente | Non deducibile |
| Farmacisti | Camice | 100% | Art. 54 TUIR – Vestiario tecnico | Fattura + titolo esercizio |
| Ingegneri/Architetti | DPI per cantiere | 100% | D.Lgs. 81/2008 | Fattura + DVR |
| Artigiani | Tute e divise lavoro | 100% | Art. 54 TUIR – Vestiario tecnico | Fattura |
| Attori/Showgirl | Abiti di scena/televisione | 50% | Giurispr. favorevole – Uso promiscuo | Contratti ingaggio con clausola vestiario |
| Cantanti lirici | Abiti da concerto | 50% | CTR Lombardia 949/1/22 | Contratti + calendario performance |
| Influencer moda | Abbigliamento per contenuti | 50-100% | CGTII Lombardia 468/7/24 | Contratti brand + documentazione fotografica |
| Promotori finanziari | Abiti formali | 0% | CGT Veneto 177/2/2023 | Orientamento negativo prevalente |
| Agenti commercio | Abiti formali | 0-50% | Giurisprudenza incerta | Alta documentazione + contratti mandato |
| Magistrati | Toga | 100% | Vestiario d’ufficio | Nomina |
Note alla tabella
Deducibilità 100%: Il vestiario è considerato integralmente inerente all’attività e deducibile per l’intero importo sostenuto. Rischio di contestazione minimo.
Deducibilità 50%: Il vestiario è considerato a uso promiscuo, deducibile nella misura forfettaria del 50% prevista dall’art. 54-quinquies TUIR. Rischio di contestazione medio, subordinato alla qualità della documentazione.
Deducibilità 0-50%: Deducibilità incerta, con giurisprudenza contrastante. La deduzione anche al 50% comporta rischio elevato di contestazione. Sconsigliata in assenza di documentazione specifica molto robusta.
Deducibilità 0%: Vestiario non inerente all’attività professionale. Deduzione non ammissibile. Qualsiasi tentativo di deduzione comporta certamente recupero a tassazione e sanzioni.
Consulenza fiscale online
La deducibilità delle spese per vestiario dal reddito di lavoro autonomo presenta numerose variabili che richiedono una valutazione specifica caso per caso. L’orientamento giurisprudenziale non univoco e l’approccio restrittivo dell’Agenzia delle Entrate rendono necessaria una pianificazione fiscale accurata per minimizzare i rischi di contestazione.
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Domande frequenti
La questione della deducibilità degli abiti eleganti utilizzati da commercialisti, avvocati e altri professionisti è tra le più controverse e presenta orientamenti giurisprudenziali non univoci.
L’articolo 54-quinquies, comma 3, del TUIR prevede una deduzione forfettaria del 50% per i beni mobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’arte o professione e all’uso personale o familiare del contribuente. Questa disposizione è stata applicata dalla giurisprudenza al vestiario che, pur essendo utilizzato prevalentemente in contesti professionali, mantiene una potenziale utilizzabilità anche nella sfera privata.
La presenza di clausole contrattuali che prevedono espressamente l’obbligo per il professionista di utilizzare abbigliamento proprio costituisce un elemento probatorio molto rilevante per dimostrare l’inerenza delle spese sostenute, ma non rappresenta un requisito tassativamente necessario in tutti i casi.
La categoria degli influencer e dei content creator rappresenta una delle più interessanti in termini di evoluzione giurisprudenziale sulla deducibilità del vestiario. La sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Lombardia (n. 468/7/24) ha riconosciuto che, per professionisti operanti nel settore della moda e dell’immagine, il vestiario costituisce parte integrante della prestazione professionale.
Normativa e prassi
Questo articolo è stato redatto sulla base delle seguenti fonti normative, di prassi amministrativa e giurisprudenziali.
D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (TUIR)
- Art. 54, comma 1: Determinazione del reddito di lavoro autonomo e principio di inerenza delle spese
- Art. 54, comma 3: Beni mobili adibiti promiscuamente all’esercizio dell’attività professionale
- Art. 54-quinquies, comma 3: Deducibilità forfettaria del 50% per beni a uso promiscuo
- Art. 109, comma 5: Principio di inerenza per il reddito d’impresa, estensibile al lavoro autonomo
D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81
- Norme sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro
- Dispositivi di protezione individuale (DPI) obbligatori per determinate attività
Prassi dell’Agenzia delle Entrate
- Risoluzione n. 79/E dell’8 marzo 2002
- Risoluzione n. 30/E del 16 febbraio 2006
Giurisprudenza tributaria rilevante
Corte di Cassazione
- Sent. n. 3198/2015: Definizione del principio di inerenza come rapporto di diretta e immediata correlazione tra spesa e attività
- Sent. n. 27786/2018: Giudizio qualitativo sull’inerenza, scevro da concetti di utilità o vantaggio economico
Giurisprudenza favorevole alla deducibilità
- C.G.T. I Torino, sent. n. 959/2/24: Deducibilità vestiario commercialista con cariche istituzionali
- C.T.P. Milano, sent. n. 6443/XL/16: Deducibilità 50% vestiario artista con clausola contrattuale (caso Rodriguez)
- C.T.R. Lombardia, sent. n. 3938/15/18: Deducibilità 50% vestiario attrice e conduttrice televisiva
- C.T.R. Lombardia, sent. n. 949/1/22: Deducibilità 50% vestiario cantante lirica professionista
- C.G.T. II Lombardia, sent. n. 468/7/24: Inerenza vestiario giornalista e influencer settore moda
Giurisprudenza contraria alla deducibilità
- C.T.P. Venezia, sent. n. 65/2/22: Indeducibilità vestiario commercialista
- C.G.T. I Catania, sent. n. 4567/10/24: Indeducibilità vestiario avvocato (esclusa toga)
- C.G.T. Veneto, sent. n. 177/2/2023: Indeducibilità vestiario promotore finanziario
- C.G.T. Brescia, sent. n. 314/2025: Indeducibilità borse, accessori e abbigliamento generico