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Lavoro in smart working: i controlli del datore di lavoro

Fisco NazionaleFiscalità del lavoroLavoro in smart working: i controlli del datore di lavoro

Il lavoratore che opera in smart working è soggetto al controllo del datore di lavoro. Questo deve indicato nel contratto stipulato tra le parti e riguardano gli strumenti utilizzati dal lavoratore, come pc, tablet, smartphone, etc.

Con l’arrivo dello smart working e la sua diffusione così massiccia, molti lavoratori si trovano a svolgere una mansione da remoto nella propria abitazione, e altri invece alternano il lavoro agile a quello in presenza. Quando si parla di smart working e gestione del lavoro, ogni azienda può procedere in modo specifico, in base alle mansioni delegate al lavoro agile.

Tuttavia quali sono i poteri del datore di lavoro? Quale forma di controllo può essere attuata dal titolare sui dipendenti, sulle procedure e sulle operazioni svolte? Il lavoratore in smart working è soggetto al potere di controllo dell’azienda Si tratta di quesiti nuovi, che sono piuttosto attuali e che non sempre trovano indicazioni precise, per cui sono ancora fonte di dubbi. Va anche tenuto in considerazione che lo smart working prevede l’utilizzo di strumenti di tecnologia come computer, tablet e smartphone, che in qualche modo possono essere controllati o messi a disposizione dall’azienda.

I controlli possono riguardare gli strumenti utilizzati dal lavoratore per lo svolgimento delle sue mansioni, come pc, tablet, smartphone, posta elettronica. Tutti i controlli effettuati devono, comunque, svolgersi nel rispetto della normativa di legge (in particolare lo Statuto dei lavoratori L. n. 300/1970) e della privacy dei dipendenti. I lavoratori devono essere informati sulle modalità di esecuzione dei controlli. Per un datore di lavoro tale modalità di svolgimento del lavoro comporta sicuramente quella di offrire la massima fiducia nei propri lavoratori che lavorano a casa propria, in totale libertà.  

Cerchiamo di fare chiarezza in questo articolo su quali sono i controlli che le aziende possono applicare sul lavoro in smart working, e quali sono effettivamente in questo caso i poteri del datore di lavoro.

Come si organizza il lavoro agile

Da quando è scoppiata la pandemia, il lavoro agile è stata la risposta per garantire una continuità a molti lavoratori dipendenti, che hanno potuto continuare a lavorare anche senza doversi recare in un luogo fisico in presenza. Anche dopo il termine dello stato di emergenza, questa modalità di svolgimento del lavoro ha continuato ad essere utilizzata in molti casi.

Lo smart working infatti porta con sé molti vantaggi: in primis la possibilità di lavorare da ovunque, e in qualunque orario. Inoltre il lavoro organizzato in questo modo porta molti vantaggi anche a livello economico alle aziende, che possono risparmiare notevolmente sulle spese per il mantenimento di un luogo fisico in cui svolgere l’attività.

In particolare, il lavoro agile permette di risparmiare concretamente sugli spostamenti, da casa al luogo di lavoro, o da un luogo ad un altro, e permette alle aziende anche di risparmiare sul costo dell’affitto, in caso di ufficio. In questo modo l’ufficio diventa virtuale, e per il lavoratore basta disporre di un computer e di una connessione internet per poter svolgere una mansione da casa.

Tuttavia l’arrivo di questa nuova modalità di svolgimento di un lavoro ha portato a non pochi dubbi: come viene organizzato il lavoro in smart working? Con quale strumentazione? Con quali modalità e orari si può lavorare da remoto? Le aziende si sono trovate di fronte alla necessità di rispondere a queste domande, e lo stato ha proposto anche alcune indicazioni normative per lo svolgimento del lavoro agile.

Bisogna anche tenere in considerazione che ci sono grandi differenze tra lo svolgimento di un lavoro da remoto tramite contratto subordinato, oppure in modalità freelance, ovvero come lavoratore autonomo con Partita Iva. Nel primo caso, vano rispettate comunque alcune condizioni imposte dall’azienda.

La normativa sul lavoro agile

Al momento, e fino alla fine di agosto 2022, nel settore privato si può optare per lo smart working con procedura semplificata, per cui è necessario unicamente inviare la comunicazione al sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, senza allegare il contratto di accordo con il lavoratore.

La situazione attuale quindi è agevolata proprio a causa della pandemia, che ha velocizzato le procedure per le aziende per poter garantire l’applicazione del lavoro agile come alternativa al lavoro in presenza. Per definizione, la normativa italiana prevede che non abbia vincoli di orario, o di luogo, tuttavia la gestione del lavoro è organizzata per fasi, cicli e obiettivi, tramite un accordo tra lavoratore e datore di lavoro. Come ribadisce il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, è importante garantire ai lavoratori da remoto la stessa tutela applicata in presenza:

“Ai lavoratori agili viene garantita la parità di trattamento – economico e normativo – rispetto ai loro colleghi che eseguono la prestazione con modalità ordinarie.”

Date queste definizioni, possiamo già dire che il datore di lavoro mantiene poteri di controllo sul lavoro svolto dai dipendenti, tuttavia solamente in base alla verifica dei risultati e degli obiettivi raggiunti, tramite un accordo specifico con il lavoratore su quali sono gli obiettivi previsti.

Non è possibile mettere videocamere e sistemi di sorveglianza, non sono ammessi.  Il controllo del lavoro a distanza non passa nemmeno attraverso l’utilizzo di tecnologie che permettono di geolocalizzare il tuo dipendente per sapere se sia seduto davanti al PC oppure sia fuori al parco. Lo smart working non è il telelavoro. Telelavoro significa lavorare da casa anziché in ufficio, con l’obbligo di essere online durante tutto l’orario di lavoro. Lo smart working è flessibile in termini di luogo (è possibile lavorare da casa ma anche al parco) che di tempo, quello che è importante è che siano raggiunti gli obiettivi prefissati alle scadenze definite con il datore di lavoro. 

L’accordo in smart working

Un ruolo fondamentale quindi ha l’accordo per lo svolgimento del lavoro agile, preso tra datore di lavoro e lavoratore. Questo accordo specifica le modalità di svolgimento dell’attività, quali sono gli obiettivi, e quali sono i controlli che l’azienda può applicare sul lavoro.

L’accordo può anche stabilire che in alcuni casi i lavoratori non sono tenuti a compiere alcune azioni, per cui nel caso in cui il lavoratore non rispetta questi obblighi, può anche essere deciso il licenziamento per giusta causa. Tuttavia, il controllo effettivamente può risultare più ostico per il datore di lavoro, proprio per la modalità per cui si svolge lo smart working.

Vanno anche tenuti in considerazione altri aspetti: l’azienda può chiedere al lavoratore di utilizzare i propri strumenti, come computer, tablet o smartphone, oppure fornire questa strumentazione a tutti i lavoratori in modalità da remoto. Inoltre, i poteri di controllo non devono andare a ledere la privacy del lavoratore in smart working, soprattutto dato che, lavorando per lo più da casa, la vita lavorativa e quella privata si mescolano inevitabilmente.

La questione dei poteri di controllo del datore di lavoro è molto spinosa, per tutto ciò che abbiamo visto sopra. Tuttavia facciamo chiarezza su come possono essere svolti, anche da remoto.

I doveri del datore di lavoro

Il datore di lavoro deve necessariamente comunicare le modalità di svolgimento del lavoro, ovvero gli obiettivi da perseguire, le tempistiche, le modalità d’uso degli strumenti di tecnologia, software, posta elettronica e così via. Può organizzare riunioni online tramite video chiamata, o riunioni in presenza, in base all’accordo specifico.

Il datore di lavoro è tenuto a rispettare la privacy del lavoratore, e il datore non può installare ad esempio sul computer appositi software per il controllo della geolocalizzazione del dipendente, o programmi similari che possono ledere la privacy.

Inoltre, il datore di lavoro non può accedere ai mezzi di comunicazione, come gli indirizzi email, privati dei lavoratori, anche se può disporre di indirizzi email appositamente utilizzati per lo svolgimento del lavoro, su cui non ci è un principio di segretezza.

Il lavoratore a sua volta, non può generalmente utilizzare i mezzi di comunicazione aziendali per scopi personali, e il datore di lavoro può controllare questi mezzi, se messi a disposizione esclusivamente per il lavoro. Tuttavia, in qualsiasi caso il datore di lavoro deve informare in un momento precedente tutti i lavoratori in smart working sui controlli, anche su quelli effettuati sulla posta elettronica usata per lavoro.

Il lavoratore quindi deve sempre essere al corrente di quali sono i controlli che vengono effettuati dal titolare, sulla strumentazione, hardware o software. I controlli tuttavia devono essere sempre anonimi, da parte dell’azienda.

I controlli a distanza possono essere effettuati dal datore di lavoro solamente per rispondere a necessità organizzative e produttive, ovvero non per monitorare lo svolgimento del lavoro del dipendente, e sempre informando preventivamente il lavoratore.

Il datore di lavoro può effettuare controlli sull’utilizzo di internet da parte dei dipendenti (Provvedimento Garante privacy del 1º marzo 2007). È ritenuta legittima la raccolta di dati con proxy server o altri strumenti, a condizione che ciò riguardi la tutela di beni estranei al rapporto di lavoro come il patrimonio aziendale e non l’adempimento della prestazione lavorativa. Il datore di lavoro deve informare i lavoratori sulle modalità di svolgimento dei controlli, sui comportamenti non concessi rispetto alla navigazione internet, limiti di utilizzo della linea internet per scopi personali, e le conseguenze in caso della tenuta di comportamenti contrari ai limiti indicati dall’azienda.

Protezione dei dati dell’impresa

Un’altra questione spinosa riguarda la protezione dei dati dell’impresa: con la modalità di lavoro agile infatti, è più facile che informazioni sensibili riguardo a dati e procedure aziendali possano essere portate fuori dai confini lavorativi.

L’azienda quindi può adottare sistemi di sicurezza aggiuntivi per proteggere il sistema di rete dei lavoratori, da possibili attacchi esterni, informando il lavoratore su quali sono i dati sensibili, quali sono le modalità per trattare queste informazioni e trasmetterle, quali sono le modalità di controllo prese in considerazione.

Il datore di lavoro in nessun modo può tuttavia utilizzare webcam, programmi o altri strumenti per verificare quali sono gli spostamenti del lavoratore, o per tracciare i siti da lui visitati. Il controllo dei lavoratori deve sempre passare prima da una comunicazione preventiva per informare lo stesso, vanno tenuti conto gli obblighi di privacy, e i lavoratori vanno informati sulla policy aziendale anche per tutelare i dati dell’impresa.

In particolare, l’azienda può indicare al lavoratore di non lasciare computer e monitor incustoditi, di conservare con cura tutti i documenti aziendali, evitare di stamparne in copia cartacea, aggiornare i sistemi operativi e software, utilizzare antivirus e programmi similari, proteggere le password, e azioni similari.

Sanzioni disciplinari

I lavoratori che tengono comportamenti contrari al codice disciplinare dell’azienda o all’accordo di smart working, possono incorrere in:

  • Richiamo verbale;
  • Ammonizione scritta;
  • Multa, per un importo pari a quattro ore di retribuzione base;
  • Sospensione non eccedente i dieci giorni;
  • Trasferimento;
  • Licenziamento disciplinare per giusta causa o giustificato motivo soggettivo.
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