Quando si parla di contributi previdenziali, la questione del loro versamento da parte del datore di lavoro è di cruciale importanza per il futuro dei lavoratori. I contributi non versati rappresentano una problematica complessa che può compromettere il diritto alla pensione e alle altre prestazioni previdenziali di cui i lavoratori hanno diritto. In questo articolo esploreremo in dettaglio le conseguenze del mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro, come identificare le mancanze e cosa fare per tutelarsi.
Indice degli Argomenti
- Cosa sono i contributi previdenziali e perché sono importanti?
- Conseguenze per il lavoratore: quali rischi se i contributi non vengono versati?
- Omesso versamento contributivo per l’azienda
- Contributi non versati: che fare?
- Costituzione rendita vitalizia
- Contributi non versati: il lavoratore autonomo
- Conclusioni
- Domande frequenti
Cosa sono i contributi previdenziali e perché sono importanti?
I contributi previdenziali sono somme versate all’INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) che garantiscono al lavoratore la copertura per diverse prestazioni, tra cui la pensione, le indennità di malattia, maternità e disoccupazione. Questi contributi sono suddivisi tra la parte a carico del lavoratore, trattenuta direttamente dalla busta paga, e la parte a carico del datore di lavoro, che dovrebbe essere versata all’ente previdenziale.
Il versamento dei contributi è obbligatorio e il datore di lavoro ha il compito di effettuarlo in modo regolare. Se non viene fatto, il lavoratore rischia di perdere importanti benefici. In pratica, ogni mese il datore di lavoro deve inviare i contributi raccolti per ogni dipendente all’INPS, garantendo così il diritto del lavoratore alla pensione e ad altre tutele.
Conseguenze per il lavoratore: quali rischi se i contributi non vengono versati?
Il principale rischio per un lavoratore è la mancanza di copertura previdenziale. Se i contributi non sono versati, il lavoratore potrebbe:
- Perdere l’anzianità contributiva necessaria per raggiungere la pensione. Questo significa che ogni mese non coperto dai contributi rappresenta un ritardo nel raggiungimento dell’età pensionabile o dei requisiti necessari per ottenere la pensione anticipata. A lungo termine, ciò potrebbe comportare anche un prolungamento dell’attività lavorativa per anni rispetto ai piani originari.
- Vedere ridotto l’importo della pensione futura, poiché il calcolo viene effettuato sulla base dei contributi effettivamente versati. L’importo della pensione si basa su una media dei contributi accumulati durante tutta la carriera lavorativa, quindi qualsiasi mancanza di versamento può comportare una significativa riduzione dell’importo finale. Questo rischio è particolarmente alto per i lavoratori con contratti discontinui o precari, che possono già avere lacune contributive dovute a periodi di disoccupazione o di lavoro irregolare.
- Non poter accedere alle prestazioni INPS come malattia, maternità o disoccupazione. Senza la giusta copertura contributiva, anche le prestazioni più fondamentali vengono compromesse. Ad esempio, in caso di malattia prolungata, il lavoratore potrebbe non ricevere alcun supporto economico, aumentando il disagio finanziario durante il periodo di recupero. Lo stesso vale per l’indennità di maternità o paternità: la mancata contribuzione rende il lavoratore non idoneo a ricevere supporto economico in uno dei momenti più delicati della vita.
Inoltre, la mancanza di copertura previdenziale potrebbe avere conseguenze negative per il lavoratore in termini di accesso ai benefici sociali correlati all’anzianità di lavoro. Ad esempio, alcuni bonus o agevolazioni economiche sono spesso collegati al raggiungimento di un certo numero di anni di contribuzione continua. Di conseguenza, il mancato versamento potrebbe rendere più difficile accedere a questi vantaggi.
Omesso versamento contributivo per l’azienda
Nel caso in cui l’obbligo di versamento contributivo non viene rispettato, l’azienda si trova in una situazione di evasione contributiva. I contributi obbligatori in totale riguardano il 33% della retribuzione del dipendente, in base a tutti i giorni lavorativi svolti.
Sono considerati sostituti d’imposta tali datori di lavoro, ma anche chi provvede al pagamento di lavoratori domestici, come colf oppure badanti. Quando il datore di lavoro non versa questi contributi si parla di sanzioni sotto forma di denaro per il datore.
Puoi verificare la tua posizione contributiva mediante il Sito INPS accedendo con le tue credenziali SPID, ovvero con la carta nazionale dei servizi (CNS) ed accedere all’“Estratto conto contributivo”, il quale è un documento riepilogativo di tutti gli anni contributivi accreditati a tuo nome.
Nel prospetto vengono elencati i versamenti da lavoro; figurativi; e da riscatto.
A questo punto una volta accertata la mancanza, il lavoratore può chiedere all’azienda il versamento, e se continua a mancare è possibile recuperare questi contributi rivolgendosi direttamente all’INPS denunciando ciò che sta accadendo. L’ente previdenziale può provvedere al recupero di questi importi entro 10 anni dalla data effettiva presupposta per il versamento. In molti casi si può arrivare alla richiesta di risarcimento di danni.
Va ricordato che la mancanza di contributi versati all’ente previdenziale può comportare anche un allontanamento di diversi anni dal momento in cui si può accedere alla pensione, situazione comunque spiacevole per i lavoratori.
Il lavoratore dipendente preserva comunque il diritto alla pensione anche qualora il datore di lavoro non versi i contributi dovuti, fino a che non si verifichi la prescrizione (quinquennale). La Corte di Cassazione si è espressa in tal senso con la sentenza n. 2164/2021. L’art. 2116 c.c., co.1 , prevede che:
Contributi non versati: che fare?
Per prima cosa occorre verificare se i contributi non versati si riferiscono a un periodo inferiore o superiore a 5 anni. Qualora si riferiscono ad un periodo inferiore a 5 anni, è sufficiente informare immediatamente l’INPS che, insieme all’Agenzia delle entrate, provvederà a effettuare la verifica dei versamenti del datore di lavoro. Invece, qualora l’inadempienza si riferisca ad un periodo superiore a 5 anni, si verifica la prescrizione, pertanto decade l’obbligo di versare i contributi. In quest’ultimo caso, l’INPS non può agire nei confronti del datore di lavoro per ottenere il debito contributo. Tuttavia, il lavoratore ha la facoltà di riscattarli mediante la “costituzione di rendita vitalizia”. Questo istituto vale nell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e anche per i superstiti. Per poter agire occorre avere idonea documentazione che provi:
- l’esistenza del rapporto di lavoro;
- la durata del rapporto di lavoro;
- l’ammontare della retribuzione corrisposta.
Costituzione rendita vitalizia
La costituzione della rendita vitalizia ha la finalità di sanare un’omissione contributiva nell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti in relazione alla quale si sia verificata la prescrizione e, quindi, ha come presupposto l’inadempimento di un obbligo contributivo da parte del soggetto tenuto al pagamento dei contributi.
Per la domanda di rendita vitalizia non è previsto alcun termine di prescrizione. La richiesta di costituzione della rendita vitalizia può essere fatta dal lavoratore, in qualsiasi momento, ma anche:
- Dal datore di lavoro che ha intenzione di sanare la sua situazione;
- Dagli eredi del lavoratore.
Successivamente è stata riconosciuta anche in favore di:
- familiari coadiuvanti e coadiutori dei titolari di imprese artigiane e commerciali;
- collaboratori del nucleo diretto coltivatore diverso dal titolare;
- coloro che, essendo soggetti al regime di assicurazione obbligatoria nella Gestione Separata di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, non siano però obbligati al versamento diretto della contribuzione, essendo la propria quota trattenuta dal committente/associante e versata direttamente da quest’ultimo.
La costituzione della rendita vitalizia riguarda i contributi che non possono essere più versati in quanto è intervenuta la prescrizione. Inoltre, il riscatto può essere richiesto anche per omissioni parziali, come il mancato versamento di qualche mese di contribuzione da parte del datore di lavoro, o il versamento di contributi di importo inferiore a quelli realmente spettanti.
L’onere di riscatto è a carico del richiedente, pertanto è suo onere dimostrare che effettivamente questi contributi erano spettanti al lavoratore, mediante ogni documento che attesti il rapporto di lavoro nel periodo in cui i contributi sarebbero dovuti essere versati, buste paga, contratti di assunzione. La domanda va presentata all’INPS.
Ricapitolando:
- contributi non versati e non prescritti (contributi si riferiscono ad un periodo inferiore a 5 anni): il lavoratore può comunicare la situazione all’INPS in modo che possa agire in giudizio contro il datore di lavoro;
- contributi si riferiscono ad un periodo superiore a 5 anni, pertanto è intervenuta la prescrizione quinquennale: il lavoratore ha la facoltà di riscattarli mediante “costituzione di rendita vitalizia”. Il lavoratore può anche agire comunque contro il datore di lavoro per il risarcimento del danno “poichè tale situazione determina l’attualizzarsi per il lavoratore del danno patrimoniale risarcibile, consistente nella perdita totale del trattamento pensionistico ovvero nella percezione di un trattamento inferiore a quello altrimenti spettante (Cass. n. 3790 del 1988; n. 27660 del 2018)”.
Contributi non versati: il lavoratore autonomo
Un altro caso è quello dei lavoratori autonomi, che non hanno di fatto un sostituto d’imposta, ovvero un datore di lavoro che provvede al versamento dei contributi periodicamente. Nonostante non sia presente un sostituto di imposta, anche chi lavora con Partita IVA deve versare i propri contributi all’ente previdenziale INPS, o in alternativa ad una cassa specifica per la professione svolta.
Il lavoratore autonomo allo stesso modo di quello dipendente versa i propri contributi INPS per poter accedere alla pensione e ricevere un importo ogni mese dall’ente previdenziale. Quando il lavoratore autonomo non provvede al pagamento dei contributi INPS, calcolati sulla base del guadagno effettivo dell’anno, anche questo soggetto può essere punibile con sanzioni.
Nel caso in cui l’ente previdenziale si accorge di mancanze nei versamenti può fare richiesta al lavoratore autonomo di pagare le cifre dovute, con un’aggiunta di sanzioni ed eventuali interessi. In questo caso si deve procedere velocemente al pagamento degli importi, al massimo entro 30 giorni dal ricevimento della comunicazione, in alternativa le sanzioni saranno molto più alte, rispetto al 10% degli importi previsti con la prima comunicazione.
Al pari di come succede con le imposte non pagate, anche per i contributi INPS è possibile procedere con un ravvedimento operoso nel caso di mancato pagamento dei contributi, in base a quei periodi che sono stati scoperti dalla contribuzione.
Va ricordato anche che i lavoratori con Partita IVA spesso hanno con sé dei collaboratori che lavorano come dipendenti, per cui devono anche provvedere al versamento dei contributi. La situazione si aggrava a livello di sanzioni nel momento in cui il lavoratore con Partita IVA omette il versamento dei contributi sia per sé stesso che per i propri lavoratori.
Conclusioni
Il mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro ha ripercussioni significative sia per il lavoratore che per l’azienda. È fondamentale che i lavoratori monitorino la propria posizione contributiva e agiscano prontamente in caso di irregolarità. Per una consulenza personalizzata e per tutelare al meglio i propri diritti, è consigliabile rivolgersi a un esperto in materia previdenziale.
Domande frequenti
Puoi segnalare la situazione all’INPS e, se necessario, intraprendere un’azione legale presso il Giudice del Lavoro.
Accedendo al tuo estratto conto contributivo sul sito dell’INPS o richiedendo un estratto conto certificativo.
Il datore di lavoro può essere soggetto a sanzioni amministrative, civili e penali, a seconda della gravità dell’inadempienza.
Sì, i contributi si prescrivono in cinque anni. È importante agire tempestivamente per evitare la prescrizione.