Dal 1° gennaio 2024 è operativo l’Assegno di inclusione (ADI), che sostituisce il Reddito di Cittadinanza, a seguito dell’introduzione del Supporto per la Formazione e il Lavoro (SFL), avvenuto il 1° settembre 2023. È cruciale evidenziare che l’accesso all’ADI è subordinato alla partecipazione a un percorso attivo di inclusione sociale e lavorativa.
Nello specifico, il beneficio dell’ADI viene erogato dopo la verifica di determinati requisiti, partendo dal mese successivo alla sottoscrizione del PAD, ossia il Patto di Attivazione Digitale. Attraverso questo accordo, il beneficiario si impegna a rispondere alle convocazioni del servizio per il lavoro, competente per la stipula del Patto di Servizio Personalizzato.
Tuttavia, sorge spontanea la domanda: cosa accade se il beneficiario trova lavoro?
L’Assegno di Inclusione (ADI) è stato creato in modo da coesistere con l’occupazione di uno o più membri del nucleo familiare beneficiario ma con un limite di reddito da lavoro. L’articolo 3, commi 5-7, del Decreto-legge 48/2023 stabilisce la compatibilità dell’Assegno di Inclusione (ADI) con l’avvio, da parte di uno o più componenti della famiglia, di un’attività di lavoro dipendente, di impresa o di lavoro autonomo. Tale compatibilità è consentita entro il limite massimo annuo di 3.000 euro lordi. Il reddito derivante da tale attività, una volta superata la soglia prestabilita, incide sul riconoscimento o meno del beneficio.
Esploriamo più nel dettaglio i requisiti e il funzionamento dell’Assegno di Inclusione.
Indice degli Argomenti
Assegno di Inclusione: come funziona e i beneficiari
L’Assegno di Inclusione (ADI) rappresenta uno strumento nazionale volto a fornire supporto economico e promuovere l’inclusione sociale e professionale. Tuttavia, l’accesso a tale beneficio è strettamente vincolato al rispetto di specifici requisiti da parte dei nuclei familiari. Per potervi accedere, è necessario che almeno uno dei componenti soddisfi una delle seguenti condizioni:
- Presenti una disabilità;
- Sia minorenne;
- Abbia un’età di almeno 60 anni;
- Si trovi in condizione di svantaggio e sia inserito in un programma di cura e assistenza dei servizi sociosanitari territoriali, con certificazione rilasciata dalla pubblica amministrazione.
Una volta che questi prerequisiti sono soddisfatti, vengono innescati i criteri successivi di cittadinanza e residenza per poter beneficiare dell’ADI, come indicato nel comma 2 dell’Art. 2 del Decreto Legislativo n. 48 del 4 maggio 2023. In dettaglio, il richiedente deve:
- Essere cittadino dell’Unione o suo familiare, titolare del diritto di soggiorno o del diritto di soggiorno permanente. In alternativa, può essere cittadino di paesi terzi con il permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo o essere titolare dello status di protezione internazionale, come definito dal decreto legislativo del 19 novembre 2007, n. 251;
- Risiedere in Italia da almeno cinque anni, di cui gli ultimi due in modo continuativo, al momento della presentazione della domanda;
- Essere residente in Italia. Quest’ultimo requisito si applica anche a tutti i componenti del nucleo familiare che rientrano nel parametro della scala di equivalenza di cui al comma 4.
La struttura dettagliata di requisiti mira a garantire che l’ADI raggiunga coloro che effettivamente ne hanno bisogno, promuovendo al contempo l’integrazione e il benessere sociale, ma i termini per accedervi non terminano qui.
ADI: requisiti reddituali e patrimoniali
La Circolare n. 105 del 1° dicembre 2023 dell’Inps definisce con chiarezza quali sono i parametri reddituali e patrimoniali che è necessario rispettare per poter beneficiare dell’ADI. Il punto 2.2.1 dettaglia che, al momento della presentazione della domanda e durante l’erogazione della prestazione, il nucleo familiare del richiedente deve soddisfare congiuntamente i seguenti requisiti reddituali e patrimoniali.
Requisiti assegno di inclusione
- ISEE: il valore dell’ISEE, in corso di validità, non deve superare i 9.360 euro;
- Reddito Familiare: il valore del reddito familiare deve essere inferiore a una soglia di 6.000 euro annui, moltiplicata per il corrispondente parametro della scala di equivalenza dell’ADI. Questo valore è fissato a 7.560 euro annui, moltiplicato per il corrispondente parametro della scala di equivalenza dell’ADI, nel caso in cui il nucleo familiare sia composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni o da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizioni di disabilità grave o di non autosufficienza;
- Patrimonio Immobiliare: il valore del patrimonio immobiliare, come definito ai fini dell’ISEE, diverso dalla casa di abitazione e valutato ai fini dell’Imposta Municipale Propria (IMU), non deve superare i 150.000 euro (o 30.000 euro nel caso specifico).
- Patrimonio Mobiliare: il valore del patrimonio mobiliare, come definito ai fini dell’ISEE (ad esempio, depositi, conti correnti, ecc., al lordo delle franchigie), non deve superare:
- 6.000 euro per i nuclei composti da un solo componente;
- 8.000 euro per i nuclei composti da due componenti;
- 10.000 euro per i nuclei composti da tre o più componenti (con un aumento di 1.000 euro per ogni minorenne successivo al secondo). I massimali sono poi incrementanti di 5.000 euro per ogni componente in condizione di disabilità, come definite ai fini dell’ISEE, presente nel nucleo oppure di 7.500 euro per ogni componente in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza, come definite ai fini dell’ISEE, presente nel nucleo.
Assegno di Inclusione e lavoro dipendente: obbligo di comunicazione all’INPS
Dopo aver esaminato il funzionamento e i requisiti per ottenere l’Assegno di Inclusione, è cruciale esplorare la procedura che si attiva nel caso in cui uno dei membri della famiglia trovi impiego dipendente o autonomo o avvii una propria attività. Il sistema è progettato per non scoraggiare la ricerca di lavoro, evitando che il timore di perdere il beneficio dell’ADI diventi un ostacolo. Approfondiamo come questa dinamica si concretizza.
Nel corso dell’erogazione dell’assegno di inclusione, nel caso in cui uno o più membri del nucleo familiare intraprendano un’attività lavorativa dipendente, il reddito aggiuntivo generato da tale impiego non sarà considerato nel calcolo del beneficio economico. Questo, a condizione che non superi i 3.000 euro lordi annui per l’intero nucleo. Se il reddito da lavoro oltrepassa tale soglia, contribuirà al calcolo del beneficio economico a partire dal mese successivo alla variazione, fino a quando non sarà incluso nell’Indicatore della Situazione Economica Equivalente (ISEE) per l’intero anno.
Per determinare il limite massimo di 3.000 euro lordi annui, il lavoratore dovrà comunicare all’INPS, entro 30 giorni dall’inizio dell’attività lavorativa (come indicato nelle comunicazioni obbligatorie), il reddito presunto derivante da tale attività utilizzando il modulo “Adi.Com Esteso“. L’INPS calcolerà esclusivamente la parte di reddito che supera il limite di 3.000 euro. Il mancato rispetto del termine di 30 giorni comporterà la sospensione del beneficio o la decadenza dopo 3 mesi di inadempienza.
Chiarimenti Inps
Il punto 10.2.1 della circolare n. 105/2023 dell’INPS chiarisce che nel caso in cui l’attività lavorativa dipendente, dichiarata al momento della presentazione della domanda di ADI o durante l’erogazione, si protragga nell’anno solare successivo, sarà necessario compilare un nuovo modulo “Adi.Com Esteso” entro gennaio dell’anno successivo. Questo dovrà essere fatto fino a quando i redditi derivanti da tale attività non saranno adeguatamente inclusi nella dichiarazione dell’ISEE per l’intero anno.
Per quanto riguarda, invece, l’avvio di un’attività d’impresa o di lavoro autonomo, nel corso dell’erogazione dell’Assegno di Inclusione, allora la comunicazione all’Inps deve essere effettuata entro il giorno antecedente l’inizio della stessa. Se non si provvede in tal modo, si rischia la decadenza dal beneficio.
Il reddito deve essere individuato secondo il principio di cassa e deve essere comunicato entro il quindicesimo giorno successivo al termine di ciascun trimestre dell’anno.
A titolo di incentivo, si potrà continuare a percepire l’importo spettante dell’AdI senza variazioni per le 2 mensilità successive a quella della variazione della condizione occupazionale. L’importo sarà successivamente aggiornato ogni trimestre, prendendo come punto di riferimento il trimestre precedente.
Inoltre, ai beneficiari che avviano un’attività di lavoro autonomo entro i primi 12 mesi di fruizione dell’Assegno, sarà riconosciuto, in un’unica soluzione, un beneficio addizionale pari a 6 mensilità, nei limiti di 500 euro mensili.
Assegno di Inclusione e lavoro d’impresa o autonomo: cosa succede?
Per quanto riguarda l’avvio di un’attività imprenditoriale o di lavoro autonomo, sia a livello individuale che in forma di partecipazione, da parte di uno o più membri del nucleo familiare nel corso del periodo di erogazione dell’Assegno di Inclusione, è importante sottolineare l’obbligo di comunicare tempestivamente questa situazione all’INPS, entro il giorno precedente l’inizio dell’attività, mediante l’utilizzo del modello “Adi.Com Esteso“. Il mancato rispetto di questa tempistica può comportare la decadenza dal beneficio.
Il reddito, valutato secondo il principio di cassa, dovrà essere notificato entro il 150º giorno successivo alla conclusione di ogni trimestre dell’anno. Come incentivo, sarà consentito mantenere invariato il beneficio per le due mensilità successive a quella in cui si verifica la variazione della condizione occupazionale. Questo, pur conservando la durata totale del beneficio. L’importo dell’Assegno di Inclusione sarà oggetto di aggiornamento trimestrale, basandosi sul trimestre precedente. Il reddito da dichiarare all’INPS concorrerà esclusivamente per la parte che supera i 3.000 euro lordi annui.
Inoltre, per i beneficiari dell’ADI che intraprendono un’attività autonoma o avviano un’impresa individuale o una cooperativa entro i primi 12 mesi di usufrutto del beneficio, l’articolo 10, comma 6, del D.L. n. 48/2023 prevede un beneficio aggiuntivo erogato in un’unica soluzione, equivalente a 6 mensilità dell’assegno, con un limite di 500 euro mensili. Le modalità di richiesta e di erogazione saranno definite attraverso un apposito decreto del Ministro del Lavoro.
Infine, la medesima compatibilità è estesa al caso di partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro che prevedano indennità o benefici di partecipazione, indipendentemente dalla loro denominazione, e all’accettazione di offerte di lavoro anche di durata inferiore a un mese.
Conclusione
L’accesso all’ADI è condizionato alla partecipazione a un percorso attivo di inclusione sociale e lavorativa. L’assegno ed è progettato per coesistere con l’occupazione di almeno uno dei membri del nucleo familiare, entro il limite annuo di 3.000 euro lordi. Il meccanismo dell’Assegno di inclusione mira a non scoraggiare la ricerca di lavoro. Infatti, estende la compatibilità a partecipazioni in percorsi attivi del lavoro con indennità o benefici, e all’accettazione di offerte di lavoro di breve durata.
Non solo scatta l’obbligo di partecipare a politiche attive del lavoro. Tuttavia, nel caso di lavoro dipendente durante l’erogazione dell’ADI, il reddito aggiuntivo non influisce sul beneficio fino a un massimo di 3.000 euro lordi annui per l’intero nucleo. Superata questa soglia, il reddito andrà a colpire sul beneficio dal mese successivo alla variazione, fino all’inclusione nell’ISEE per l’intero anno. Simili vantaggi si estendono anche all’avvio di attività autonome o imprenditoriali. In tutte le circostanze, è cruciale comunicare tempestivamente all’INPS il cambiamento mediante il modello “Adi.Com Esteso“, altrimenti si corre il rischio di perdere il beneficio.
Domande frequenti
I componenti del nucleo familiare che possono beneficiare dell’ADI devono avere un’età compresa tra 18 e 59 anni, con responsabilità genitoriali attivabili al lavoro. Questi individui saranno indirizzati ai Centri per l’impiego o ai soggetti accreditati ai servizi per il lavoro per la sottoscrizione del Patto di servizio personalizzato (PSP).
Il percorso di politica attiva può prevedere anche la partecipazione a Progetti utili alla collettività (PUC).
L’ADI è erogato su base annua a integrazione del reddito familiare ed è composto da due componenti:
Componente A: fino alla soglia di 6.000 euro annui, o 7.560 euro annui se il nucleo è composto da persone tutte di età pari o superiore a 67 anni, oppure da persone di età pari o superiore a 67 anni e da altri familiari tutti in condizione di disabilità grave o di non autosufficienza. L’importo è moltiplicato per la scala di equivalenza, di cui all’articolo 2, comma 4, decreto-legge 48/2023, verificata sulla base delle informazioni rilevabili dall’ISEE in corso di validità, dagli archivi dell’Istituto e dalle dichiarazioni rese in domanda;
Componente B: integrazione al reddito dei nuclei familiari residenti in abitazione concessa in locazione con contratto regolarmente registrato, quota B, il cui importo, ove spettante, è individuato sulla base delle informazioni rilevabili dall’ISEE, in corso di validità fino a un massimo di 3.360 euro.
L’ADI può essere richiesto in modalità telematica sul portale dell’Inps, presso i patronati e/o i Centri di Assistenza Fiscale. Il richiedente deve presentare la domanda e sottoscrivere un Patto di attivazione digitale (PAD) all’interno del Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL). Accessibile online direttamente dal portale INPS, dopo aver presentato la domanda di ADI.
Il Patto di Attivazione Digitale (PAD) è un documento che il richiedente dell’ADI è tenuto a firmare all’interno del Sistema Informativo per l’Inclusione Sociale e Lavorativa (SIISL). Sistema accessibile tramite il portale INPS, successivamente alla presentazione della domanda di ADI. Il beneficiario si impegna a rispondere alla convocazione del servizio per il lavoro competente per la stipula del Patto di Servizio Personalizzato.
Il Patto di servizio personalizzato (PSP) è un accordo che i beneficiari dell’ADI devono sottoscrivere:
– presso i Centri per l’impiego o
– i soggetti accreditati ai servizi per il lavoro (come le agenzie per il lavoro). Esso definisce le attività e gli impegni del beneficiario nel percorso di inserimento lavorativo.
La scala di equivalenza, secondo quanto stabilito dall’articolo 2, comma 4, del decreto-legge n. 48/2023, rappresenta un parametro utilizzato per determinare la soglia di reddito per l’accesso all’ADI. Questo parametro è fondamentale per il calcolo dell’integrazione economica destinata ai nuclei familiari che presentano fragilità. La scala varia in base ai componenti del nucleo familiare e alle loro specifiche condizioni, come disabilità, età e carichi di cura.
Non sono conteggiati nella scala di equivalenza i membri del nucleo familiare che risiedono in strutture a totale carico pubblico. Inoltre, durante i periodi di interruzione della residenza in Italia e in presenza di gravi motivi di salute documentati, i componenti possono essere esclusi dalla scala. Tuttavia, sono fatte alcune eccezioni per assenze per gravi e documentati motivi di salute.
L’articolo 3, comma 4, del D.M. n. 154/2023 fornisce ulteriori dettagli sull’applicazione della scala di equivalenza. Ad esempio, specifica l’assegnazione di un parametro di 0,50 ai minori di età con disabilità o non autosufficienti, e di 0,30 per ogni altro componente adulto in condizione di grave disagio bio-psico-sociale inserito in programmi di cura e assistenza certificati dalla pubblica Amministrazione. Questi dettagli rendono più chiara l’applicazione della scala in situazioni specifiche.
Sì, l’ADI non viene meno a fronte della partecipazione a percorsi di politica attiva del lavoro indennizzati. Inoltre, l’Assegno di Inclusione può essere accoppiato, entro il limite massimo di 3.000 euro lordi annui, all’avvio di:
– un lavoro dipendente,
– di un’impresa o di un’attività autonoma da parte di uno o più membri della famiglia.