Affitti brevi 2026: partita IVA obbligatoria dal terzo immobile

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La Legge di Bilancio introduce nuove regole fiscali per le locazioni turistiche: cedolare secca confermata al 21% per il primo immobile, ma dal terzo scatta l’obbligo di aprire partita IVA con tutti gli adempimenti del regime d’impresa.

La Manovra 2026 ridisegna completamente la fiscalità degli affitti brevi in Italia. Dopo settimane di confronto nella maggioranza, il governo ha raggiunto un accordo che introduce una distinzione netta tra attività occasionale e attività imprenditoriale basata sul numero di immobili affittati. La novità principale riguarda chi possiede tre o più appartamenti destinati alle locazioni turistiche: dal 2026 sarà obbligatorio aprire la partita IVA, con l’ingresso automatico nel regime d’impresa.

Per i proprietari di immobili destinati agli affitti brevi, il 2026 segna uno spartiacque importante. Le nuove regole fiscali approvate nell’ambito della Legge di Bilancio introducono criteri più stringenti che obbligano molti operatori a rivedere la propria posizione fiscale e valutare l’apertura della partita IVA.

Cosa cambia dal 2026: il nuovo sistema a scaglioni

La riforma della tassazione sugli affitti brevi si basa su un sistema progressivo che tiene conto del numero di immobili gestiti da ciascun proprietario. L’obiettivo dichiarato dal legislatore è duplice: da un lato tutelare chi affitta occasionalmente un singolo immobile, dall’altro far emergere chi opera in modo strutturato e continuativo nel settore turistico.

Il nuovo impianto normativo stabilisce tre soglie progressive. Per chi gestisce un solo immobile in locazione breve, quindi con contratti inferiori ai 30 giorni, resta confermata l’aliquota della cedolare secca al 21%. Questa scelta protegge le famiglie che utilizzano una seconda casa o un appartamento non utilizzato come integrazione al reddito.

Chi possiede due immobili in affitto breve potrà ancora operare come privato, ma con una tassazione differenziata: cedolare secca al 21% sul primo immobile (a scelta del contribuente) e 26% sul secondo. Questa progressione riflette una maggiore capacità contributiva rispetto alla locazione occasionale di un singolo appartamento.

La vera rivoluzione riguarda chi gestisce tre o più immobili. Dal terzo immobile in poi scatta automaticamente la presunzione di attività imprenditoriale, con l’obbligo di aprire partita IVA e l’impossibilità di continuare ad applicare la cedolare secca. Si entra nel regime d’impresa, con tutti gli adempimenti contabili, fiscali e contributivi che ne derivano.

Cedolare secca: conferme e novità nelle aliquote

La cedolare secca rappresenta da anni il regime fiscale più utilizzato dai proprietari che affittano immobili per brevi periodi. Si tratta di un’imposta sostitutiva dell’IRPEF e delle relative addizionali, che semplifica notevolmente la gestione fiscale delle locazioni.

Con la Manovra 2026, la cedolare secca rimane applicabile esclusivamente per chi gestisce al massimo due immobili in locazione breve. L’aliquota del 21% resta confermata per il primo immobile destinato agli affitti turistici, indipendentemente dal fatto che il proprietario gestisca direttamente le prenotazioni oppure si affidi a piattaforme online come Airbnb, Booking o altri intermediari. Questa precisazione ha rappresentato uno dei punti più dibattuti durante l’iter parlamentare, poiché la prima versione del disegno di legge prevedeva l’esclusione dell’aliquota agevolata per chi utilizzava portali telematici.

Per il secondo immobile, l’aliquota sale al 26%. Il proprietario mantiene la facoltà di scegliere su quale dei due immobili applicare la tassazione ridotta al 21%, optando generalmente per quello che genera maggiori ricavi annui per minimizzare il prelievo complessivo.

È importante sottolineare che la cedolare secca si applica sia nel caso di gestione diretta sia quando l’immobile viene affidato a intermediari o property manager. La tassazione rimane la stessa indipendentemente dal canale di distribuzione utilizzato.

Terzo immobile: quando scatta l’obbligo di partita IVA

Il limite dei due immobili rappresenta il confine tra attività occasionale e attività imprenditoriale secondo la nuova normativa. Dal terzo immobile destinato agli affitti brevi, il proprietario non può più operare come privato e deve necessariamente aprire una partita IVA, configurando la propria attività come impresa.

Questa soglia si abbassa rispetto alla disciplina precedente, che prevedeva l’obbligo di partita IVA solo dal quinto immobile. La modifica risponde alle richieste del settore alberghiero tradizionale, che da tempo lamentava una concorrenza fiscalmente agevolata da parte degli affitti brevi, e all’esigenza di far emergere chi opera in modo professionale nel mercato turistico.

La presunzione di attività imprenditoriale dal terzo immobile è automatica e opera a prescindere da altri elementi come il volume d’affari generato, la durata complessiva degli affitti nell’anno o il numero di prenotazioni gestite. Conta esclusivamente il numero di unità immobiliari destinate alla locazione breve nel periodo d’imposta.

Nel computo degli immobili rientrano solo quelli affittati con contratti di durata inferiore ai 30 giorni. Le locazioni di durata superiore, come i tradizionali contratti 4+4 anni o i contratti transitori, non concorrono al raggiungimento della soglia. Questo significa che un proprietario con quattro immobili, di cui uno affittato con contratto pluriennale e tre con affitti brevi, rientra comunque nell’obbligo di partita IVA.

Analogamente, nel caso di affitto di singole stanze all’interno dello stesso immobile, l’unità abitativa conta sempre come un solo appartamento ai fini del calcolo.

Come aprire la partita IVA per affitti brevi

L’apertura della partita IVA per chi gestisce tre o più immobili in affitto breve comporta una serie di adempimenti che è bene conoscere in anticipo per evitare errori e sanzioni.

Il primo passo consiste nella scelta del codice ATECO, ovvero la classificazione dell’attività economica svolta. Per le locazioni turistiche imprenditoriali, i codici principali sono due. Il codice 55.20.42 identifica i “Servizi di alloggio in camere, case e appartamenti per vacanze” e rappresenta la classificazione più comune per chi gestisce affitti brevi in forma d’impresa. In alternativa, dal 1° aprile 2025 è stato introdotto il codice 55.90.00 specifico per la Locazione Turistica Imprenditoriale (LTI), una nuova categoria che offre particolari vantaggi fiscali per chi opera senza fornire servizi accessori come colazione, pulizie durante il soggiorno o altri servizi tipici delle strutture ricettive.

Contestualmente all’apertura della partita IVA, è necessario scegliere il regime fiscale tra ordinario e forfettario. Il regime forfettario, se rispettati i requisiti di accesso (ricavi non superiori a 85.000 euro annui), rappresenta generalmente l’opzione più vantaggiosa per chi gestisce pochi immobili, come vedremo nel prossimo paragrafo.

L’iscrizione al Registro delle Imprese presso la Camera di Commercio competente è obbligatoria. L’immobile o gli immobili destinati alla locazione breve dovranno essere registrati come unità locali dell’attività d’impresa.

Dal punto di vista previdenziale, chi apre partita IVA per affitti brevi deve iscriversi alla Gestione Commercianti INPS. Una particolarità importante: a differenza di altre attività commerciali che devono versare contributi fissi minimi (circa 4.500 euro annui), chi svolge attività di locazione turistica è soggetto solo ai contributi proporzionali al reddito effettivamente prodotto, con la possibilità di richiedere la riduzione del 35% dei contributi INPS.

Regime fiscale: quale conviene davvero?

Una volta aperta la partita IVA, la scelta del regime fiscale diventa cruciale per ottimizzare il carico tributario. Le opzioni principali sono due: il regime forfettario e il regime ordinario.

Regime forfettario

Il regime forfettario è nella maggior parte dei casi la soluzione più vantaggiosa per chi gestisce affitti brevi in forma imprenditoriale. Il meccanismo prevede l’applicazione di un coefficiente di redditività del 40% ai ricavi lordi percepiti. In pratica, se si incassano 30.000 euro in un anno, si pagheranno imposte e contributi solo su 12.000 euro (il 40% di 30.000). Su questo importo si applica un’imposta sostitutiva del 15%, ridotta al 5% per i primi cinque anni di attività se si tratta di una nuova attività d’impresa.

Facendo un calcolo concreto: con 30.000 euro di ricavi annui, il reddito imponibile sarà di 12.000 euro. L’imposta sostitutiva al 15% ammonta a 1.800 euro, a cui si aggiungono i contributi INPS proporzionali (circa 3.120 euro, calcolati al 26% sul reddito imponibile). Il prelievo complessivo si attesta quindi intorno ai 4.920 euro, pari al 16,4% dei ricavi lordi. Se si beneficia dell’aliquota agevolata al 5% per i primi cinque anni, l’imposta scende a 600 euro e il prelievo totale a circa 3.720 euro, pari al 12,4% dei ricavi.

Un ulteriore vantaggio del regime forfettario è l’esenzione dall’IVA, che semplifica notevolmente la gestione contabile ed evita l’obbligo di fatturazione elettronica nei confronti dei clienti privati.

Regime ordinario

Il regime ordinario prevede invece la tassazione secondo le aliquote IRPEF progressive (23%, 33% e 43%) applicate al reddito calcolato sottraendo ai ricavi una riduzione forfettaria del 15% prevista dall’articolo 90 del TUIR. Non è possibile dedurre altri costi specifici. In regime ordinario non si paga l’IRAP, ma è obbligatoria l’emissione della fattura elettronica per tutti i contratti. L’affitto di immobili abitativi è esente IVA, quindi in fattura non si applica l’aliquota del 10%.

Il regime ordinario può risultare conveniente solo per volumi d’affari molto elevati o in particolari situazioni reddituali complesse, ma per la maggior parte dei proprietari con tre o quattro immobili il forfettario rappresenta la scelta ottimale.

Gli adempimenti da non dimenticare

Oltre agli obblighi fiscali e contributivi, chi passa dal regime privato a quello imprenditoriale deve prestare attenzione a una serie di adempimenti amministrativi che possono avere impatti significativi sull’operatività.

La SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) diventa obbligatoria per chi svolge attività di locazione breve in forma imprenditoriale. Questa va presentata presso lo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) del Comune dove sono situati gli immobili. Con l’introduzione della Locazione Turistica Imprenditoriale dal 1° gennaio 2025, sono stati standardizzati i moduli a livello nazionale per semplificare le procedure.

Un aspetto spesso sottovalutato riguarda il Codice Identificativo Nazionale (CIN). Chi trasforma una locazione breve già attiva in attività d’impresa deve richiedere un nuovo CIN con natura imprenditoriale. Il vecchio codice assegnato per l’attività non imprenditoriale non è più valido, con la conseguente perdita delle recensioni accumulate sulle piattaforme, anche se l’immobile rimane fisicamente lo stesso.

È inoltre necessario aggiornare tutti gli annunci pubblicati sulle piattaforme di intermediazione turistica (Airbnb, Booking, Vrbo, ecc.) inserendo il nuovo CIN e dichiarando esplicitamente la natura imprenditoriale dell’attività.

Dal punto di vista della sicurezza, restano confermate le disposizioni del Decreto Anticipi relative all’installazione obbligatoria di rilevatori di fumo e monossido di carbonio ed estintori, con un minimo di un estintore per piano e comunque uno ogni 200 metri quadri.

Chi già gestiva immobili con autorizzazioni rilasciate per attività non imprenditoriali dovrà richiederne di nuove, revocando la Comunicazione di Inizio Attività (CIA) esistente e presentando una nuova SCIA.

Strategie lecite e pianificazione fiscale

La nuova normativa richiede ai proprietari una pianificazione più attenta della gestione del proprio patrimonio immobiliare. Alcune strategie lecite possono consentire di ottimizzare il carico fiscale nel rispetto delle regole.

Una prima opzione riguarda la diversificazione delle tipologie di contratto. Gli immobili affittati con contratti di durata superiore ai 30 giorni non rientrano nel computo degli affitti brevi ai fini dell’obbligo di partita IVA. Un proprietario con quattro immobili potrebbe destinarne due alla locazione con contratto 4+4 anni o transitorio, mantenendo solo due unità in affitto breve e restando così sotto la soglia imprenditoriale.

Per chi si trova già in possesso di tre o più immobili, una valutazione importante riguarda la scelta volontaria del regime imprenditoriale. Anche chi gestisce uno o due immobili può infatti optare per l’apertura della partita IVA e accedere ai vantaggi del regime forfettario, particolarmente interessante con l’aliquota al 5% nei primi cinque anni.

In ambito familiare, la ripartizione del patrimonio immobiliare tra più soggetti (coniugi, figli maggiorenni) può consentire a ciascun proprietario di rimanere sotto la soglia dei tre immobili. Questa strategia è lecita purché abbia una sostanza economica effettiva e non costituisca un’operazione meramente elusiva. Donazioni o vendite intrafamiliari devono essere adeguatamente documentate e giustificate da ragioni patrimoniali concrete.

Un aspetto spesso trascurato riguarda i tempi. Chi prevede di superare la soglia dei due immobili nel 2026 dovrebbe valutare con il proprio commercialista l’apertura anticipata della partita IVA entro fine anno, per poter beneficiare dal primo giorno del 2026 dell’aliquota agevolata al 5% riservata alle nuove attività.

Conclusioni: cosa fare ora

Le nuove regole sugli affitti brevi rappresentano un cambiamento significativo per migliaia di proprietari italiani. Chi gestisce attualmente tre o più immobili in locazione turistica deve prepararsi ad affrontare il passaggio al regime imprenditoriale con apertura della partita IVA.

Il primo passo è fare un’analisi accurata della propria situazione: quanti immobili sono effettivamente destinati agli affitti brevi? Qual è il volume di ricavi generato annualmente? Ci sono margini per riorganizzare il portafoglio immobiliare in modo da ottimizzare la posizione fiscale?

Il secondo passaggio fondamentale consiste nel confrontarsi con un commercialista esperto di locazioni turistiche per valutare la convenienza del regime forfettario rispetto ad altre opzioni e pianificare correttamente l’apertura della partita IVA con tutti gli adempimenti connessi (codice ATECO, iscrizione Camera di Commercio, SCIA, INPS).

Chi si trova in prossimità della soglia dei tre immobili dovrebbe considerare l’opportunità di aprire la partita IVA già entro fine 2025, in modo da poter accedere dal 1° gennaio 2026 all’aliquota agevolata al 5% prevista per le nuove attività, con un risparmio fiscale significativo per i primi cinque anni.

È importante anche non sottovalutare gli aspetti amministrativi: aggiornamento delle SCIA, richiesta di nuovi CIN con natura imprenditoriale, modifica degli annunci sulle piattaforme di intermediazione. Questi adempimenti richiedono tempo e una pianificazione accurata per evitare interruzioni nell’attività.

La Manovra 2026 segna un punto di svolta nella regolamentazione degli affitti brevi in Italia. Per chi opera nel settore, non è più possibile improvvisare: diventa indispensabile una gestione professionale e consapevole, con una corretta pianificazione fiscale e il supporto di professionisti qualificati. Chi saprà adeguarsi per tempo alle nuove regole potrà continuare a operare con successo in un mercato in forte crescita, beneficiando anche dei vantaggi fiscali del regime forfettario. Chi invece resterà in una zona grigia rischia sanzioni e accertamenti che possono risultare molto onerosi.

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Federico Migliorini
Federico Migliorinihttps://fiscomania.com/federico-migliorini/
Dottore Commercialista, Tax Advisor, Revisore Legale. Aiuto imprenditori e professionisti nella pianificazione fiscale. La Fiscalità internazionale le convenzioni internazionali e l'internazionalizzazione di impresa sono la mia quotidianità. Continuo a studiare perché nella vita non si finisce mai di imparare. Se hai un dubbio o una questione da risolvere, contattami, troverò le risposte. Richiedi una consulenza personalizzata con me.
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