Gli accertamenti bancari rappresentano sicuramente una modalità di controllo molto particolare a cui privati professionisti ed imprese devono prestare attenzione. Infatti, i risultati delle movimentazioni bancarie possono essere posti a base delle rettifiche e degli accertamenti previsti dagli art. 38, 39, 40 e 41 del DPR n. 600/73. Questo significa che tutti i contribuenti devono dimostrare di aver tenuto conto degli incassi nella determinazione del loro reddito (o che vi sono ipotesi di esenzione), oppure i prelevamenti che non trovano beneficiario o giustificazione (questo è quanto previsto dall’art. 32, co. 1 n. 2 del DPR n. 600/73).

Quando si parla di conti correnti, vi è sempre una regola base da rispettare:

“I prelievi dal conto corrente devono essere sempre giustificati. Questo sia da privati che anche e soprattutto da professionisti ed imprese”

Dimenticare questo aspetti significa, sostanzialmente, esporsi ad una possibile contestazione fiscale che può arrivare sino ad una ipotesi di evasione fiscale. L’evasione di per se è un illecito amministrativo sanzionato con una sanzione amministrativa di tipo pecuniario. Tuttavia, al superamento di alcune soglie, l’evasione fiscale può tramutarsi in un reato penale. Per questo occorre prestare la dovuta attenzione ai movimenti anomali sul proprio conto corrente.

Se sei un lavoratore autonomo o un professionista l’attenzione al tuo conto corrente deve essere massima. Andiamo ad analizzare, quindi, quali sono i principali elementi di anomalia e come nascono gli accertamenti sul conto corrente.

Accertamenti sul conto corrente
Accertamenti sul conto corrente

Quali sono gli elementi anomali per il Fisco su un conto corrente?

Negli ultimi anni l’Agenzia delle Entrate ha intensificato la propria attenzione sul monitoraggio dei conti correnti dei contribuenti. Infatti, il numero degli accertamenti sul conto corrente è in aumento. L’obiettivo dell’Agenzia, sostanzialmente, è quello di rilevare eventuali scostamenti tra:

  • Reddito dichiarato dal contribuente;
  • Valore dei risparmi annui sui propri conti correnti.

L’Amministrazione finanziaria ricerca la coerenza tra il reddito dichiarato nell’anno e l’aumento del risparmio del contribuente nello stesso anno. Proviamo a fare qualche esempio.

La posizione di un contribuente che ha dichiarato redditi imponibili per 50.000 euro ed un maggior risparmio annuo di 15.000 euro è sicuramente compatibile. Se, invece, per lo stesso reddito dichiarato vi fosse un aumento del risparmio di 60.000 euro potrebbero esserci degli elementi di incoerenza. In questo caso il risparmio ha superato il reddito dichiarato. Attenzione! non è detto che si tratti di redditi non dichiarati, potrebbe trattarsi di redditi esenti, di donazioni o altro. Si tratta di esempi banali ma che posso rendere una prima idea della situazione.

La ratio seguita dall’Amministrazione finanziaria per questo tipo di accertamenti sui contribuenti può essere schematizzata nel modo seguente:

  • Versamenti sul conto corrente: si presume che il contribuente versi quanto ha ottenuto mediante vendite di beni o prestazioni di servizi “in nero“;
  • Prelevamenti sul conto corrente: si ipotizza infatti che il contribuente abbia acquistato “in nero” beni destinati alla successiva rivendita “in nero“.

Ma quali sono i movimenti sul conto che potrebbero far scattare accertamenti sul conto corrente? Proviamo ad individuare alcune ipotesi frequenti e rilevanti.

Le principali situazioni di anomalia sui conti correnti

Di seguito, senza alcuna pretesa di esaustività andiamo a riepilogare schematicamente quali sono le principali fattispecie di anomalie che l’Amministrazione finanziaria può riscontrare sul conto corrente di un contribuente.

Le finte donazioni da parte di familiari o parenti

Un movimento sospetto sul conto corrente potrebbe riguardare un accredito da parte di un conoscente di un importo di diverse migliaia di euro senza una carta che giustifica il motivo del bonifico. In questi casi non è sufficiente giustificarsi con l’alibi della donazione. La donazione è un atto di liberalità che un soggetto compie verso un altro. Per la normativa le donazioni di modico valore non prevedono procedure particolari, ma quando gli importi sono rilevanti per il soggetto che li riceve occorre passare da atto notarile e da imposta di donazione.

Le donazioni, infatti, prevedono l’applicazione di un’imposta patrimoniale dell’8 per cento. Solo le donazioni tra parenti stretti hanno una franchigia che supera il milione di euro con una tassa pari al 4 per cento. Tra fratelli e sorelle la franchigia è fissata a 100mila euro con una imposta del 6 per cento.

In questi casi i problemi principali riguardano l’identificazione del “modico valore” della donazione e la giustificazione che deve esserci in relazione al trasferimento di denaro. Tempo fa mi è capitato il caso di un soggetto che ha ricevuto un accertamento fiscale per una ingente somma ricevuta sul proprio conto corrente. La somma era stata bonificata da una zia che aveva venduto un quadro di famiglia. Con parte del ricavato la zia ha fatto un “regalo” al nipote. In questo caso, senza alcune verifica preliminare (sempre necessaria in questi casi) l’operazione è avvenuta informalmente, senza un (necessario) passaggio da atto notarile (di donazione). Tutta la situazione è stata difficilmente dimostrabile per la mancata documentazione della vendita del quadro (avvenuta tra privati), e sul fatto che per il donatario la somma non rappresentava “modico valore“.

Non si deve mai dimenticare di prestare molta attenzione a queste situazioni (c.d. “donazioni indirette“), per le quali spesso si rende necessario e prudenziale passare per atto notariale. Altrimenti, il rischio che si corre è che questo tipo di operazione possa aprire la strada verso un accertamento bancario da parte dell’Agenzia delle Entrate.

I bonifici effettuati in modo continuativo verso uno stesso beneficiario

Una seconda fattispecie su cui porre attenzione riguarda l’effettuazione di bonifici bancari periodici diretti ad una stessa persona. In questi casi l’Amministrazione finanziaria potrebbe sospettare di un rapporto di lavoro in “nero o del pagamento di un affitto senza regolare contratto.

Immagina il caso di usufruire di un collaboratore familiare “non regolare” contrattualmente in casa, che viene pagata tramite bonifico ogni mese. La movimentazione continua dal conto attraverso bonifici con uno stesso beneficiario è un campanello di allarme.

L’Agenzia delle Entrate potrebbe chiederti la giustificazione di queste movimentazioni, che potrebbero segnalare un lavoratore non regolare o un contratto di affitto non registrato.

Incassi e prelevamenti non giustificati per i titolari di partita IVA

Se sei un soggetto titolare di partita IVA (professionista o imprenditore individuale) devi sempre prestare attenzione ad incassi e prelevamenti sul conto corrente. Come anticipato, la regola generale è che un incasso non giustificato o un prelevamento non giustificato potrebbero esserti contestati come fatturato non dichiarato. Questo aspetto è molto importante la normativa in questi casi introduce una presunzione legale relativa, che ribalta l’onere probatorio sul contribuente (è il contribuente a doversi giustificare, non è l’Amministrazione finanziaria che deve cercare prove).

Se operi con una partita IVA e vuoi evitare accertamenti sul conto corrente devi sempre verificare tutti gli incassi, per individuare tutti quelli da fatturare. Allo stesso modo, prelevamenti di importo superiore a quello giustificabile per esigenze proprie e della famiglia devono essere giustificabili. Ma cosa vuole dire prelevamenti di importo giustificabile?

L’art. 32 del DPR n. 600/73 prevede un limite per i prelievi di 1.000 euro giornalieri, e comunque di 5.000 euro mensili al di sotto del quale la presunzione (di cui sopra) non può operare. Per i versamenti, a prescindere dall’importo, rimane la presunzione di ricavi o compensi non dichiarati. Il computo delle soglie dovrebbe essere interpretato nel senso che il contribuente deve fornire la prova contraria per i prelevamenti:

  • Eccedenti la soglia giornaliera di 1.000 euro, seppur inferiori a quella di 5.000 euro mensili;
  • Di importo inferiore a 1.000 euro, che nel complesso superino la soglia mensile di 5.000 euro, per la quota eccedente i 5.000 euro (circ. Guardia di Finanza n. 109546/2017).

Se questo tipo di accorgimenti non viene effettuato nel modo corretto, in caso di accertamenti sul conto corrente, tutto quello che non è giustificato con documentazione è considerato maggior reddito. Ma quanto detto vale anche per i privati (non solo per le partite IVA). Facciamo un esempio.

Versamento di contanti sul conto corrente

Immagina questa situazione. Soggetto disoccupato che ha raccolto nel salvadanaio di casa un po’ di risparmi, derivanti da regali di compleanno, donazioni da parenti e qualche vendita al mercato dell’usato. Ipotizziamo che questa persona abbia da parte circa 5.000 euro. Per questo il soggetto si reca allo sportello bancario per fare un versamento sul suo conto corrente. L’istituto bancario in questi casi potrebbe far partire una segnalazione che viene vista dall’Agenzia delle Entrate. Questa verifica il fatto che il soggetto è disoccupato e non percepisce alcun reddito.

Per questo viene inviato un accertamento fiscale. L’Agenzia, come vedremo di seguito, non ha bisogno di chiedere al contribuente come si è procurato quei soldi. Viene notificato direttamente l’atto impositivo. Se questo soggetto non vuole pagare dovrà difendersi in tribunale, impugnando l’avviso di accertamento ricevuto.

Ma cosa vuole da lui l’Agenzia delle Entrate? Le imposte, chiaramente sul versamento effettuato, che viene considerato reddito non dichiarato (sempre se il contribuente non dimostra con prova contraria che quel versamento non è reddito non dichiarato).

Accertamenti sul conto corrente e tenore di vita del contribuente

Tutti gli elementi anomali, come quelli che ti ho indicato in precedenza, sul conto corrente vengono analizzati dall’Agenzia delle Entrate. L’Amministrazione finanziaria ha a disposizione, infatti, un’anagrafe dei conti correnti di tutti i contribuenti fiscalmente residenti in Italia. Inoltre, attraverso il monitoraggio fiscale, ha a disposizione anche i dati di eventuali conti esteri detenuti sempre da soggetti residenti. Questo significa che avere un conto corrente all’estero non ti salva da possibili movimentazioni anomale presenti sullo stesso.

Attraverso la cooperazione internazionale, vedi accordi FATCA e CRS, i dati a disposizione del Fisco sono davvero tantissimi.

Ma qual’è elemento cardine che da segnalazioni di anomalia può portare ad accertamenti sul conto corrente?

Il tenore di vita del contribuente

L’aspetto più importante da tenere in considerazione è che un accertamento fiscale parte soltanto quando il tenore di vita di un soggetto è incoerente con il reddito dichiarato. Ad esempio un bonifico di circa 10mila euro a favore di un disoccupato o una spesa di una cifra simile in poco tempo per un soggetto che non lavora potrebbe immediatamente far scattare l’allarme dalle parti delle Entrate. Inoltre, bisogna porre particolare attenzione a spostamenti di denaro fra moglie e marito. Uno scambio frequente di bonifici con una cadenza piuttosto regolare (magari con cifre elevate) potrebbe portare ad un accertamento preciso sui conti correnti dei due coniugi con il sospetto di una una evasione fiscale. Oppure ancora per i soggetti dotati di partita IVA, prelevamenti costanti di importo ingente o incassi costanti, magari in contanti possono essere un forte campanello di allarme. Inoltre, attenzione a i bonifici che hanno provenienza dall’estero. Gli istituti bancari, infatti, devono seguire precise norme sull’antiriciclaggio, quindi potrebbero chiedere spiegazioni. Infine, attenzione anche i prelievi in contanti troppo elevati, anche questo tipo di operazioni vengono monitorate e potrebbero dare il via ad accertamenti sul conto corrente.

Accertamenti sul conto corrente ed onere probatorio

Arrivati a questo punto può essere importante conoscere gli aspetti legati agli oneri probatori in caso di accertamento. Quello che devi assolutamente ricordare è che:

“In caso di accertamento fondato su verifiche di conti correnti bancari, grava sul contribuente la prova che le movimentazioni del conto non siano riferibili ad operazioni imponibili”

L’onere probatorio per l’Amministrazione finanziaria è soddisfatto, per legge, attraverso i dati e gli elementi risultanti dai conti bancari accertati. Sul punto vedi la CTP Rieti n. 61/2018.

La decisione in esame affronta la ratio decidendi dell’accertamento fondato su verifiche di conto corrente bancario. Accertamento basato sulla presunzione legale di cui all’articolo 32, comma 1, del DPR n. 600/73. Questa presunzione prevede che l’ufficio finanziario può inviare ai contribuenti, specificandone i motivi, a fornire notizie e dati rilevanti ai fini dell’accertamento. Il tutto avviene indicando la presunzione legale (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti correnti bancari.

Conoscere questa presunzione ti fa comprende che l’onere probatorio dell’Amministrazione finanziaria è soddisfatto, per legge, attraverso i risultati della sua anagrafe. Si determina, in questo modo, un’inversione dell’onere della prova a carico del contribuente. Questi, infatti, deve dimostrare con una prova non generica, ma analitica, per ogni versamento bancario, che non vi sono elementi riferibili ad operazioni imponibili. Qualora il contribuente si limiti a deduzioni del tutto generiche sui versamenti effettuati senza fornire giustificazioni concrete questi non potranno che essere ripresi a tassazione dal Fisco.

La richiesta di documenti agli istituti bancari

L’Amministrazione finanziaria oltre ad avere in mano una presunzione legale relativa ha a disposizione anche altri strumenti per i suoi controlli. Uno di questi è sicuramente la richiesta, previa autorizzazione del direttore dell’Agenzia delle Entrate, agli istituti bancari, di qualsiasi rapporto intrattenuto od operazione effettuata. Ivi compresi i servizi prestati con i loro clienti, nonché le garanzie prestate da terzi. Questo è quanto prevede il comma 7 dell’articolo 32 del DPR n. 600/73.

Tutto questo per ribadire il concetto più importante. Ovvero, che per l’Amministrazione finanziaria è sufficiente l’analisi della propria anagrafe per far valere la presunzione relativa.

In caso di accertamenti sui conti correnti bancari, grava sul contribuente l’onere di dimostrare che le movimentazioni bancarie non siano riferibile ad operazioni imponibili. Mentre la prova dell’amministrazione è soddisfatta, per legge, dai dati desumibili dai predetti conti. La presunzione legale di cui dispone l’amministrazione prevista dal citato art. 32 del DPR n. 600/73 è superabile da prova contraria del contribuente che deve dimostrare che le operazioni derivanti dai movimenti bancari non sono imponibili.

La prova documentale del contribuente

La presunzione legale relativa dell’articolo 32, vincola le Entrate ad assumere per certo che i movimenti bancari eseguiti sui conti correnti siano imputabili al contribuente. Questo, senza la necessità di dover procedere all’analisi delle singole operazioni, che è a carico del contribuente, in virtù dell’inversione dell’onere della prova. Si considerano ricavi sia i prelevamenti che i versamenti su c/c. Salvo che il contribuente non provi che gli stessi siano serviti per pagare certi beneficiari, anziché acquisire degli utili.

Il contribuente, in mancanza di espresso divieto normativo, deve fornire una prova adeguata e rigorosa, anche mediante presunzioni semplici, da sottoporre comunque ad attenta verifica del giudice. A questo scopo non sono sufficienti mere asserzioni, tanto più se hanno l’effetto di ribaltare l’onere di verifica a carico dell’ufficio. Per contrastare le presunzioni legali, la “migliore” prova è quella documentale. Per tale ragione, l’Amministrazione finanziaria è esonerata da ulteriore prova, essendo sufficiente che essa abbia verificato l’esistenza di movimentazioni finanziarie delle quali il contribuente, per colpa o dolo, non aveva considerato nella determinazione del reddito imponibile.

Come ci si difende dagli accertamenti bancari su conto corrente?

In caso di accertamenti sul conto corrente, il contribuente si trova in una posizione di inferiorità nei confronti dell’Amministrazione finanziaria. A questa, infatti, è consentito presumere l’evasione fiscale anche senza prove. Mentre, al contribuente spetta fornire le prove contrarie delle presunzioni dell’Agenzia. Prove che devono necessariamente consistere in documenti scritti che attestino la natura non imponibile delle somme.

Che significa?

Che il contribuente vittima dell’accertamento dovrà, carte alla mano, dar prova che i soldi ricevuti sono stati già tassati alla fonte (prima cioè che gli fossero erogati come nel caso delle vincite al gioco) e sono esentasse (ad esempio un risarcimento del danno).

L’unica eccezione a questa regola riguarda i bonifici ricevuti da familiari conviventi. Per tali operazioni opera una presunzione inversa, questa volta a favore del contribuente. Questi trasferimenti si presumono infatti erogati nell’ambito dei doveri familiari di reciproca assistenza.

Un padre, ad esempio, non deve giustificare le ragioni per cui dà 200 euro al figlio. Tuttavia, per evitare di incorrere nel problema evidenziato è opportuno che la donazione avvenga non in contanti ma tramite bonifico bancario. Solo così il figlio potrà dimostrare un giorno che effettivamente si tratta di denaro proveniente dal genitore e da non dichiarare. A parte queste situazioni, l’unica difesa dalle presunzioni del Fisco, per il contribuente, è la dimostrazione documentale dell’operazione effettuata. Non esistono possibilità alternative.

Accertamenti sul conto corrente: conclusioni

La prima conclusione che si può trarre da questa trattazione sugli accertamenti sul conto corrente è che:

“per l’Agenzia delle Entrate è come se fossimo tutti evasori fino a prova contraria”

Questo per ogni prelevamento o versamento non giustificato sul conto corrente. Vi è una presunzione a favore del fisco tutte le volte in cui c’è un movimento non giustificato sul conto corrente. 

Per questo motivo, è importante avere sempre traccia di incassi ricevuti e pagamenti effettuati. Spesso si tende a pensare che trasferimenti tracciati (come i bonifici) non debbano essere documentati. Tuttavia, è opportuno avere sempre evidenza documentale di ogni operazione. Solo in questo modo, infatti, è possibile superare la presunzione legale relativa dell’Agenzia delle Entrate. La documentazione è fondamentale perché solo la prova documentale è ammessa nel processo tributario. Quindi, per eventualmente pensare di andare in contenzioso con l’Amministrazione finanziaria occorre provare di avere evidenza documentale a proprio favore.

Se desideri un dottore Commercialista esperto che possa aiutarti a capire la tua situazione, contattami. Segui il link sottostante per ricevere un preventivo e metterti in contatti con me per una consulenza personalizzata.

Accertamenti bancari: FAQ

La presunzione legale di evasione vale in ogni caso se verso contanti sul conto?

L’Amministrazione finanziaria può contare per legge (art. 32 DPR n 600/73) di una presunzione legale relativa a proprio favore secondo la quale il prelevamento o il versamento non giustificato rappresentano reddito per il contribuente.

Ci sono limiti di versamento o incasso oltre i quali scatta il controllo fiscale?

Non esistono dei limiti certi che possono far scattare il controllo fiscale. Tieni presente che vi è un limite di € 3.000 relativo ai pagamenti in contanti. Quindi, è consigliabile non effettuare versamenti in contanti superiori a questa soglia.

Se devo effettuare un versamento sul conto di importo rilevante è utile frazionarlo?

Se hai una cifra importante da versare sul conto frazionarla non ti aiuterà. La presunzione riguarda anche il caso di pagamenti diluiti in più tranche inferiori al limite: la violazione avviene infatti anche se questi “appaiono artificiosamente frazionati”.

I controlli sui conti correnti riguardano solo imprese e professionisti o anche i lavoratori dipendenti?

Il controllo sui conti correnti riguarda tutti i contribuenti fiscalmente residenti. Naturalmente i soggetti maggiormente sottoposti a controllo sono i titolari di partita IVA.

Quanti anni ha a disposizione l’Agenzia per i controlli?

Il termine per i controlli va dal 31 dicembre del quinto anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione dei redditi, fino ad arrivare al settimo anno successivo se per quell’anno la dichiarazione dei redditi non è stata presentata. La documentazione cartacea delle operazioni deve essere tenuta per tutto questo periodo.

Commenti:
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6 COMMENTI

  1. Capisco le ragioni per un controllo sui versamenti, ma per quanto riguarda i prelievi, perché mai uno che preleva soldi dal suo conto corrente, dopo averli tassati, dovrebbe essere un evasore?

  2. E’ una bellissima domanda la sua Danilo, che condividiamo, ma alla quale dovrebbe dare risposta chi ha promosso queste disposizioni a sfavore dei liberi professionisti.

  3. Quanto detto si applica ugualmente alle transazioni effettuate tramite PayPal? O solamente ai trasferimenti da PayPal al conto bancario? Oppure un conto PayPal è considerato esattamente alla stregua di un conto corrente bancario?

    Inoltre, per quanto riguarda i donativi tra familiari: se un genitore da un sussidio mensile al figlio (che ha lavoro dipendente) per sostenerlo nelle spese abituali, questo è da considerarsi un reddito o un donativo? Va dichiarato?

  4. Salve dottore, spero possa rispondermi!
    Ho un salvadanaio che riempio da vent’anni, la cifra è inevitabilmente sopra i cinquemila. Non mi sento un evasore perforza di cosa, anzi vorrei versarli e quindi dichiararli, per spenderli nella maniera più consona e corretta.
    Come fare e a quanto ammonta l’atto impositivo?
    Grazie!

  5. E’ opportuno un consulto con il commercialista che la segue, altrimenti se vuole ci può contattare in privato per una consulenza. La aiuteremo a capire la sua situazione e le violazioni in cui potrebbe incorrere.

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