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L’abuso del diritto nell’art. 10-bis della Legge n. 212/00

Fisco NazionaleRiscossione dei tributiL'abuso del diritto nell'art. 10-bis della Legge n. 212/00

Si configurano come abuso del diritto tutte le operazioni prive di sostanza economica, effettuate rispettando le norme tributarie ma al solo fine di ricevere vantaggi fiscali indebiti.

La definizione di abuso del diritto

Il concetto di abuso del diritto o elusione fiscale sono definiti dall’art. 10-bis della Legge n. 212/00 (lo Statuto dei diritti del contribuente) e dall’art. 53-bis del DPR n. 131/86.

Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Tali operazioni non sono opponibili all’amministrazione finanziaria, che ne disconosce i vantaggi determinando i tributi sulla base delle norme e dei principi elusi e tenuto conto di quanto versato dal contribuente per effetto di dette operazioni“.

Si è in presenza di abuso del diritto quando ci si trova di fronte ad una o più operazioni prive di sostanza economica, che pur rispettando le norme tributarie, realizzando vantaggi fiscali indebiti per il soggetto che le ha volontariamente poste in essere.

Il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, il quale preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, pur se non contrastante con alcuna specifica disposizione, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un’agevolazione o un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, diverse dalla mera aspettativa di quei benefici

Si tratta della definizione di abuso del diritto riscontrabile nella sentenza del 13 maggio 2009 n. 10981 della Corte di Cassazione (Sezione Tributaria Civile).

In altre parole, si è in presenza dell’abuso del diritto allorché una o più operazioni prive di sostanza economica, pur rispettando le norme tributarie, realizzano essenzialmente vantaggi fiscali indebiti. Dunque, l’abuso del diritto inizia laddove finisce il legittimo risparmio d’imposta e si realizza in ipotesi non riconducibili all’evasione.

Configurano abuso del diritto una o più operazioni prive di sostanza economica che, pur nel rispetto formale delle norme fiscali, realizzano essenzialmente indebiti vantaggi fiscali, ossia benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario. Si considerano operazioni prive di sostanza economica, i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, non idonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali.

Gli elementi indicatori dell’abuso

Gli elementi costitutivi dell’abuso del diritto sono costituiti da:

  • La mancanza di sostanza economica nelle operazioni effettuate;
  • La realizzazione di un indebito vantaggio fiscale;
  • La natura essenziale del vantaggio fiscale indebito conseguito.

Sotto il profilo pratico l’Amministrazione finanziaria deve, preliminarmente, procedere alla verifica dell’esistenza del primo elemento (l’indebito vantaggio fiscale). Solo nel caso in cui venga individuato è necessario verificare la sussistenza degli altri elementi costitutivi (assenza di valide ragioni economiche ed essenzialità del vantaggio ottenuto). In assenza anche solo di uno di questi elementi non si può parlare di abuso (vedasi la Risoluzione n. 93/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate).

Le operazioni prive di sostanza economica

Un’operazione si considera priva di sostanza economica se i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, sono inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali. Invece, si considerano indebitamente conseguiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario. E

’ bene porre la dovuta attenzione al fatto che questa fattispecie di abuso del diritto va ad abrogare la precedente norma antielusiva contenuta nel nostro ordinamento tributario, ovvero quella contenuta nell’articolo 37-bis del DPR n. 600/73.

Il vantaggio fiscale indebito

Si considerano vantaggi fiscali indebiti i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario. In sostanza, l’abuso inizia dove finisce il legittimo risparmio d’imposta e non si è in presenza di fattispecie riconducibili all’evasione. Adesso, con la nuova disciplina viene stabilito chiaramente, rispetto al vecchio articolo 37-bis del DPR n. 600/1973 (ormai abrogato), che costituisce legittimo risparmio d’imposta il fatto che il contribuente possa scegliere tra più operazioni o regimi, il trattamento fiscale meno oneroso. Un aspetto, questo, di rilevantissima civiltà giuridica.

Come si individua l’abuso del diritto?

L’abuso del diritto si potrà individuare solamente per esclusione, ovvero quando il contribuente ricava un vantaggio fiscale illegittimo che non può essere ascrivibile alla fattispecie dell’evasione fiscale. In sostanza, il principio fondamentale diviene che l’abuso del diritto si può individuare solamente se il contribuente consegue un vantaggio fiscale illegittimo attraverso fattispecie che non rientrano nell’evasione. Va rilevato che si evade quando il contribuente non rispetta una disposizione di legge, e questo accade anche quando risulta alterato il rapporto giuridico, come nelle ipotesi di simulazione, dissimulazione e interposizione fittizia.

In pratica, dovrà essere l’Agenzia delle Entrate a dimostrare la sussistenza in capo al soggetto passivo della fattispecie di abuso del diritto. Da parte sua, il contribuente avrà l’onere di dimostrare l’esistenza di ragioni economiche (extrafiscali) che abbiano determinato la scelta di compiere quella specifica operazione. Infatti, non possono essere considerate abusive quelle operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente.

Presentazione di interpello 

Il contribuente ha facoltà di proporre interpello preventivo secondo quanto disciplinato dall’articolo 10-bis, secondo la procedura prevista dall’articolo 11 della Legge n. 212/2000. Il contribuente può inoltrare per iscritto all’Amministrazione finanziaria (che risponde entro 120 giorni) istanze di interpello riguardanti l’applicazione delle disposizioni tributarie a casi concreti e personali, qualora vi siano obiettive condizioni di incertezza sulla corretta interpretazione delle disposizioni stesse: la risposta dell’Amministrazione finanziaria, scritta e motivata, vincola con esclusivo riferimento alla questione oggetto dell’istanza di interpello, e limitatamente al richiedente.

Inoltre, qualora essa non pervenga al contribuente entro il predetto termine di 120 giorni, si intende che l’Amministrazione concordi con l’interpretazione o il comportamento prospettato dal richiedente. Infine, qualsiasi atto, anche a contenuto impositivo o sanzionatorio, emanato in difformità dalla risposta, anche se desunta ai sensi del periodo precedente, è da considerarsi nullo. Limitatamente alla questione oggetto dell’istanza di interpello, non possono essere irrogate sanzioni nei confronti del contribuente che non abbia ricevuto risposta dall’Amministrazione finanziaria entro il termine di 120 giorni.

Il disconoscimento degli effetti da parte dell’Amministrazione finanziaria

Le operazioni abusive non sono opponibili al fisco: quando l’Agenzia delle entrate accerta la condotta abusiva, le operazioni elusive effettuate dal contribuente diventano inefficaci ai fini tributari e, quindi, non sono ottenibili i relativi vantaggi fiscali.

Questo significa che l’Amministrazione finanziaria ha la possibilità di disconoscere i vantaggi fiscali derivanti da operazioni che configurano abuso del diritto, salvo che il contribuente dimostri che tali operazioni sono giustificate da valide ragioni extrafiscali (si tratta delle c.d. “valide ragioni economiche“). Resta ferma la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi e tra operazioni che comportano un diverso carico fiscale. Tuttavia, sono indici di mancanza di sostanza economica la non coerenza della qualificazione delle singole operazioni con il fondamento giuridico del loro insieme e la non conformità dell’utilizzo degli strumenti giuridici a normali logiche di mercato. Di converso, non si considerano abusive le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa o dell’attività professionale del contribuente.

Viene previsto, inoltre, che l’abuso del diritto sia accertato con apposito atto preceduto, a pena di nullità, dalla notifica al contribuente di una richiesta di chiarimenti (da fornire entro il termine di 60 giorni) in cui sono indicati i motivi per i quali si ritiene configurabile un abuso del diritto. La richiesta di chiarimenti deve essere notificata dall’Amministrazione finanziaria (articolo 60 del DPR n. 600/73) entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’atto impositivo. Nella richiesta di chiarimenti devono essere indicate le motivazioni sulla base della quale l’Amministrazione Finanziaria ritiene sussistente un’ipotesi di abuso del diritto. Nel caso in cui l’avviso di accertamento venga emesso, l’atto impositivo deve essere specificamente motivato in relazione alla condotta abusiva, alle norme o ai principi elusi, agli indebiti vantaggi realizzati nonché ai chiarimenti forniti dal contribuente. Secondo quanto previsto dalla nuova disciplina antiabuso, l’onere probatorio in capo al contribuente e all’Amministrazione finanziaria si suddivide come segue:

  • L’Amministrazione finanziaria ha l’onere di dimostrare la sussistenza della condotta abusiva;
  • Il contribuente ha l’onere di dimostrare l’esistenza delle ragioni extrafiscali che giustificano l’operazione.

L’abuso del diritto non è penalmente punibile. Resta possibile l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie, ove ne ricorrano i presupposti. Di fatto, si tratta principalmente delle sanzioni legate alla dichiarazione infedele, previste dagli art. 1 e 5 del D.Lgs. n. 471/97.

Onere della prova

Nel procedimento di accertamento dell’abuso del diritto l’onere della prova della condotta abusiva grava sull’amministrazione finanziaria, mentre il contribuente è tenuto a dimostrare la sussistenza delle valide ragioni extrafiscali che stanno alla base delle operazioni effettuate. L’abuso del diritto non può essere rilevato d’ufficio da parte del giudice tributario.

Abuso vs evasione

Il comportamento abusivo non può essere confuso con l’evasione, posto che:

  • L’evasione consiste nella violazione di norme realizzata attraverso la tenuta di condotte che sono palesemente e volutamente contrarie ai precetti legislativi, in quanto finalizzate all’occultamento di materia imponibile (pertanto, l’evasione si contrappone all’abuso in quanto in questo caso l’illecito viene conseguito mediante la creazione di una realtà in apparenza divergente da quella effettiva);
  • L’abuso integra, al contrario, l’aggiramento di precetti normativi reso possibile attraverso l’utilizzo distorto di strumenti giuridici.

Per approfondire:

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