La Cassazione conferma il diritto al rimborso IRPEF per i lavoratori impatriati che avevano i requisiti ex art. 16 D.Lgs. n. 47/2015, anche se non hanno chiesto l’agevolazione al sostituto né l’hanno indicata in dichiarazione, per le annualità anteriori al 2019.
La recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 23526 del 19 agosto 2025 ha confermato per la terza volta che il rimborso impatriati è ammissibile per le annualità anteriori al 2019 anche in assenza di richiesta al datore di lavoro e di opzione in dichiarazione, se sussistono i requisiti sostanziali ex art. 16 D.Lgs. 147/2015 nella versione previgente alle modifiche del 2019. Il divieto di rimborsare le imposte versate “in adempimento spontaneo”, introdotto nel 2019 con il comma 5-ter dell’art. 16 e la parallela clausola nell’art. 44, comma 3-quater, D.L. n. 78/2010, non ha efficacia retroattiva e non si applica ai periodi d’imposta precedenti alla sua entrata in vigore. L’orientamento si innesta nel solco delle precedenti ordinanze n. 34655/2024 e n. 15234/2025, consolidando una via residuale di tutela tramite istanza di rimborso ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973 in presenza dei requisiti agevolativi, “nei relativi termini”.
Indice degli argomenti
Cosa ha stabilito la Cassazione
Con l’ordinanza n. 23526/2025, la Cassazione ha respinto il ricorso dell’Agenzia delle Entrate e ha riaffermato che per il 2018 un lavoratore trasferitosi in Italia nel 2017 può ottenere il rimborso delle maggiori imposte, benché non avesse presentato istanza al datore di lavoro né esercitato l’opzione in dichiarazione. La decisione ribadisce che l’omissione degli adempimenti formali non determina decadenza dal beneficio, in assenza di una specifica previsione normativa applicabile ratione temporis alle annualità anteriori al 2019. Il divieto di rimborso previsto dal comma 5-ter dell’art. 16 (e dall’analogo art. 44, comma 3-quater, per docenti e ricercatori), inserito dall’art. 5 del D.L. n. 34/2019, opera solo pro futuro e non può comprimere diritti già sorti in anni precedenti.
Quadro normativo
L’art. 16 del D.Lgs. n. 147/2015 ha introdotto il regime speciale per i lavoratori impatriati, riducendo la base imponibile dei redditi di lavoro prodotti in Italia al ricorrere di specifiche condizioni, con un’evoluzione normativa successiva fino alla riscrittura operata dal D.Lgs. n. 209/2023 per il nuovo regime dal 2024. Per i rientri entro il 31.12.2015, l’art. 16, comma 4, richiamava la L. 238/2010 con opzione alternativa per il regime impatriati “secondo le modalità definite con provvedimento del direttore AE”, cui si collegano il provvedimento 29 luglio 2011 per i “controesodati” e il provvedimento n. 46244/2016 per le modalità applicative del regime impatriati. Il D.L. n. 34/2019 ha inserito il comma 5-ter nell’art. 16 e il comma 3-quater nell’art. 44 D.L. n. 78/2010, prevedendo che “non si fa luogo, in ogni caso, al rimborso delle somme versate in adempimento spontaneo”, ma con esclusione della retroattività per espressa previsione di legge.
Prassi amministrativa richiamata dalla Corte
La circolare 14/E del 4 maggio 2012 ha previsto, “in via residuale”, la possibilità di chiedere il rimborso ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973 presso un Ufficio territoriale AE, allegando la documentazione a supporto dei presupposti agevolativi. La circolare 17/E del 23 maggio 2017 ha chiarito che, se il datore non può riconoscere l’agevolazione, il contribuente può fruirne direttamente in dichiarazione dei redditi, senza che ciò implichi un generale divieto di rimborso nei casi anteriori al 2019. Tali chiarimenti amministrativi confermano che la mancata istanza al sostituto non comporta decadenza sostanziale, fermo restando l’onere probatorio e il rispetto dei termini di legge per il rimborso.
Chi può chiedere il rimborso: condizioni sostanziali
La tutela riguarda chi possedeva i requisiti previsti dall’art. 16, comma 1, D.Lgs. n. 147/2015 nella versione applicabile all’anno d’imposta interessato, con trasferimento di residenza in Italia e svolgimento dell’attività in Italia secondo le condizioni richieste dalla disciplina pro tempore vigente. L’assenza di richiesta scritta al datore o di esercizio in dichiarazione non fa decadere dal beneficio per gli anni fino al 2018 compreso, fermo restando l’onere di dimostrare i requisiti e di attivare la via residuale del rimborso. Il rimborso non è invece esperibile per le annualità a cui si applica il divieto introdotto dal 2019, data la non retroattività ma la piena efficacia per i periodi successivi.
Procedura operativa: come impostare l’istanza
In primo luogo, è necessario verificare la sussistenza dei requisiti soggettivi e oggettivi previsti dall’art. 16 per l’anno oggetto di rimborso, includendo la residenza fiscale, la tipologia di reddito agevolabile e le ulteriori condizioni specifiche pro tempore. In secondo luogo, si predispone un dossier documentale con contratto di lavoro, certificazioni retributive, prova del trasferimento di residenza e ogni elemento utile a dimostrare il diritto sostanziale al regime per quell’anno. In via residuale, l’istanza di rimborso è presentabile ai sensi dell’art. 38 DPR n. 602/1973 presso l’Ufficio territoriale competente, allegando la documentazione probatoria e motivando l’applicazione del regime impatriati in luogo della tassazione ordinaria, “nei relativi termini”.
Le tre strade per fruire del beneficio
Secondo la Cassazione e i richiami di prassi, il lavoratore poteva fruire del beneficio: con richiesta al datore di lavoro per ritenute ridotte; in dichiarazione, se il datore non poteva riconoscere il regime; in via residuale con istanza di rimborso all’Agenzia. La richiesta al datore è una modalità di fruizione e non un’opzione costitutiva, per cui la sua omissione non estingue il diritto sostanziale per gli anni anteriori al 2019 in presenza dei requisiti. La via residuale del rimborso è stata espressamente contemplata dalla circolare 14/E/2012, a conferma della non chiusura del sistema in caso di omissioni formali.
Tabella comparativa
Novità del nuovo regime impatriati e coordinamento
Dal 1° gennaio 2024 il regime impatriati è stato riscritto dall’art. 5 del D.Lgs. n. 209/2023, che ha abrogato l’art. 16 e introdotto un nuovo perimetro di esenzione e requisiti più selettivi, con limite al reddito agevolabile e condizioni differenziate. Il nuovo impianto non incide sul principio affermato dalla Cassazione per i rimborsi relativi a periodi ante 2019, ma impone oggi un’attenta pianificazione per la fruizione prospettica delle nuove regole. In ottica strategica, è cruciale distinguere le posizioni maturate nel “vecchio regime” da quelle regolate dal 2019 in avanti e dal nuovo regime 2024, per evitare confusione applicativa.
Consulenza fiscale online
Per valutare la praticabilità del rimborso impatriati e impostare un’istanza solida è determinante un’analisi puntuale dei requisiti sostanziali, della versione normativa pro tempore e della documentazione probatoria disponibile. Un supporto esperto consente di massimizzare le chance di successo, di prevenire eccezioni connesse a termini e decorrenze e di coordinare eventuali profili contenziosi o integrativi dichiarativi.
Fonti
- Cassazione, ord. n. 23526 del 19.8.2025; richiami a ord. n. 34655/2024 e n. 15234/2025.
- Art. 16 D.Lgs. 147/2015 (G.U. e consolidato).
- Art. 5 DL 34/2019: introduzione del comma 5-ter e art. 44, comma 3-quater, DL 78/2010;
- Circ. AE 14/E del 4.5.2012: rimborso residuale ex art. 38 DPR 602/1973.
- Circ. AE 17/E del 23.5.2017: fruizione in dichiarazione.
- D.Lgs. 209/2023, art. 5: nuovo regime dal 2024.