Home Fisco Internazionale Tassazione di redditi esteri Dividendi provenienti da paradisi fiscali

Dividendi provenienti da paradisi fiscali

I dividendi provenienti da paesi a fiscalità privilegiata sono imponibili al 100% del loro ammontare per il soggetto percettore residente (privato o impresa). Tuttavia, è prevista la possibilità andare a verificare due distinte esimenti, con effetti diversi.

0

Criteri di tassazione dei dividendi ricevuti da parte di società ubicate in paesi a fiscalità privilegiata (paradisi fiscali). Esimenti legate alla dimostrazione del tax rate effettivo.


Il regime impositivo dei dividendi black list

I dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati a fiscalità privilegiata sono integralmente imponibili per il soggetto percettore. Questo, senza nessuna differenza tra percettore imprenditore o soggetto privato (artt. 47 co. 4 e 89 co. 3 del TUIR). L’imponibilità integrale del dividendo black list avviene a meno che non si verifichi una delle seguenti condizioni:

  • I dividendi siano già stati imputati al socio, secondo le disposizioni delle Controlled Foreign Companies (“CFC”) ex art. 167 del TUIR;
  • Sia stata data dimostrazione che dalle partecipazioni non è stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati (c.d. “seconda esimente“).

Base imponibile del dividendo ed eventuale ritenuta di acconto

L’imponibilità integrale del dividendo black list avviene sia in caso di possesso di partecipazioni qualificate o non qualificate. Nel caso in cui nell’incasso del dividendo intervenga un intermediario residente (che funge da sostituto di imposta), questi è tenuto ad applicare una ritenuta di acconto del 26%. La base imponibile della ritenuta è data dal 100% dei proventi percepiti, al netto delle ritenute (withholding tax) eventualmente operate nello Stato di erogazione.

Resta comunque ferma la possibilità di disapplicare la tassazione integrale del dividendo, beneficiando dell’esimente di cui all’art. 47-bis co. 2 lett. b) del TUIR (c.d. “seconda esimente“), se dalle partecipazioni nei soggetti esteri controllati non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Individuazione dei paesi a fiscalità privilegiata

L’individuazione dei paesi a fiscalità privilegiata ex art. 47-bis del TUIR passa attraverso due diverse modalità:

  • La società partecipata sia “controllata” da parte del socio italiano;
  • La società partecipata non abbia i requisiti dicontrollo” da parte del socio italiano.

Società estera controllata dal socio italiano

In caso di società estera che soddisfa il requisito di controllo, la nozione di regime fiscale privilegiato coincide con quella prevista dall’articolo 167 del TUIR in materia di CFC. In questo caso la controllata è considerata black list quando:

Il livello di tassazione effettiva della società si ottiene rapportando le imposte dovute dalla società controllata, con il suo utile ante imposte. Questo valore deve essere confrontato con il livello di tassazione “virtuale” nostrana della controllata estera. Tale valore si ottiene, a parità di denominatore, sulla scorta delle imposte che il medesimo soggetto avrebbe scontato ove residente nel nostro Paese. Come detto, il confronto tra i due valori assume importanza sia ai fini della normativa CFC, che per l’individuazione di dividendi o plusvalenze da Paesi black list.

Società estera che non ha i requisiti di controllo dal socio italiano

Nel caso in cui, invece, la partecipazione del socio italiano non sia di controllo, il requisito cambia. In questo caso si considerano privilegiati i regimi delle società il cui: il livello di tassazione nominale risulti inferiore al 50% di quello italiano. Requisito, questo, mutuato dall’attuale disciplina CFC, anche in virtù del fatto che si tiene conto dei regimi speciali che risultino fruibili in funzione delle specifiche caratteristiche dell’impresa, o limitatamente ad un determinato periodo temporale.

Ambito di applicazione delle disposizioni

In entrambe le situazioni, non possono mai essere considerati regimi fiscali privilegiati quelli di Stati o territori appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo. Questa nozione di Paesi a fiscalità privilegiata, inoltre, si applica alla generalità dei soggetti d’imposta. Questo in quanto la stessa viene richiamata sia:

  • Dall’articolo 47 del DPR n 917/86, che regola la tassazione dei dividendi percepiti dalle persone fisiche;
  • Dall’articolo 89 del DPR n 917/86, valevole per i soggetti IRES.

Le esimenti della disciplina sui dividendi black list

Il principio base è quello di imponibilità integrale di utili e proventi derivanti da Stati a regime privilegiato, individuati con i criteri previsti dall’articolo 47-bis del TUIR. Resta valida, inoltre, la possibilità di disapplicare il regime di imponibilità integrale. Questo è possibile con interpello o indicazione “sostitutiva” in dichiarazione, dimostrando almeno una delle esimenti previste dall’articolo 47-bis del TUIR.

L’articolo 47-bis del TUIR consente la disapplicazione della totale tassazione dei dividendi black List, al verificarsi di una di queste due fattispecie:

  • Prima esimente. Che la partecipata svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali. Si tratta della medesima esimente prevista dall’articolo 167 del TUIR per la disapplicazione della disciplina CFC;
  • Seconda esimente. Che dalle partecipazioni non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati a regime fiscale privilegiato. Esimente che opera nell’attuale contesto normativo delle CFC e che, invece, con la riscrittura dell’articolo 167 del TUIR è stata espunta dalla norma.

La dimostrazione della prima esimente

La dimostrazione della prima esimente, al di là di una formulazione innovata rispetto all’attuale, porta al mantenimento della tassazione integrale (per i soggetti IRPEF), o alla tassazione ridotta al 50% (per i soggetti IRES), con attribuzione per le partecipazioni di controllo del credito indiretto quantificato in base alle imposte assolte dalla partecipata estera. In particolare, si tratta di dimostrare che la società partecipata svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature e locali.

La dimostrazione della seconda esimente

La dimostrazione della seconda esimente, invece, garantisce in entrambi i casi (partecipazione di controllo o meno) la rimozione delle penalizzazioni fiscali e la tassazione dei dividendi secondo le regole ordinarie.

Tale dimostrazione deve avere ad oggetto i soli periodi d’imposta in cui gli utili si considerano provenienti da Stati a regime fiscale privilegiato. Per l’applicazione della medesima, dovrebbero rimanere validi i chiarimenti indicati nella Circolare n 35/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate. Secondo tale circolare, la seconda esimente si considera sussistente anche attraverso la dimostrazione che l’investimento nella società localizzata in uno Stato a fiscalità privilegiata non ha dato luogo a un significativo risparmio d’imposta.

Determinazione dei tax rate effettivi

Ciò significa che detta presunzione può essere superata (anche) dimostrando che il carico fiscale scontato dalla partecipata estera è non inferiore alla metà di quello cui la stessa sarebbe stata sottoposta qualora residente in Italia. A tali fini è, tuttavia, richiesto che il confronto tra i rispettivi livelli di tassazione avvenga assumendo i rispettivi tax rate effettivi.

Fasi di verifica del tax rate

Al riguardo, la Circolare n 35/E/2016 ha chiarito che la verifica della congruità o meno della tassazione effettivamente scontata dai redditi della partecipata black list per la dimostrazione della seconda esimente si articola in un percorso che prevede due fasi:

  • Il confronto tra il “tax rate” effettivo estero cui sono stati assoggettati i redditi della partecipata e la metà dell’aliquota nominale italiana (IRES+IRAP). Se il “tax rate” effettivo estero supera tale livello, la seconda esimente si considera validamente provata;
  • Il confronto tra il tax rate effettivo estero e il “tax rate” virtuale domestico, qualora il primo dei predetti dati sia risultato inferiore al 50% dell’aliquota nominale (IRES+IRAP) italiana. Se il tax rate effettivo estero risulta superiore alla metà della tassazione virtuale domestica (vale a dire quella che la partecipata avrebbe scontato qualora residente in Italia), l’esimente si considera dimostrata.

Naturalmente, potrebbe non essere agevole per i soci non di controllo ottenere i dati per effettuare il test sopracitato. Tuttavia, essi potrebbero comunque seguire l’impostazione adottata dai soci di controllo residenti. Si osserva, infine, che il comma 4 dell’articolo 167 del DPR n. 917/86 riformulato dal D.Lgs. attuativo della direttiva prevede che con provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Entrate saranno indicati i criteri per effettuare, con modalità semplificate, la verifica del tax rate estero effettivo.


Conclusioni

Il regime fiscale di tassazione dei dividendi provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata è stato oggetto di profonda rivisitazione. Gli effetti della norma non sono mutati, tuttavia, si è andati verso una nuova e più ampia definizione di Paese a Fiscalità privilegiata. Si è cercata una definizione che potesse andare, di volta in volta, ad abbracciare Paesi diversi. Tale norma, tuttavia, presenta alcuna punti critici molto rilevanti.

L’individuazione della seconda esimente, risulta particolarmente difficoltosa, soprattutto nel caso di soci non di controllo. Questi molto difficilmente possono avere a disposizione la documentazione classica di tax rate nominale dell’azienda estera. Per questo motivo, comunque, tale esimente sarebbe quasi impossibile da dimostrare.

Exit mobile version