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Tassazione dei dividendi in uscita dall’Italia verso società UE

La disciplina nazionale e convenzionale in relazione alla tassazione dei dividendi in uscita dall'Italia e la possibilità di usufruire di esenzioni o rimborsi sulla ritenuta applicata.

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La tassazione dei dividendi in uscita dall’Italia verso società UE. Applicazione dell’articolo 10 delle Convenzioni modello OCSE, articolo 27-bis e 27 comma 3 del DPR n. 600/73. Analisi del beneficiario effettivo e contrasto alle conduit company.


Quando una società di capitali residente in Italia distribuisce dividendi ad una holding residente, non ci sono ritenute da applicare. In questo caso, come abbiamo avuto modo di approfondire in altri articoli di questo portale, la holding domestica ha il vantaggio di portare a tassazione solo il 5% del dividendo, con una tassazione effettiva del 1,2% (ai fini IRES). Questa fattispecie sicuramente è vantaggiosa quando si viene a creare in gruppo di imprese. Tuttavia, è opportuno interrogarsi su cosa accade quando la holding del gruppo è situata in altro Paese UE e riceve i dividendi da parte di una società controllata residente in Italia. In questa fattispecie possono venirsi a creare fattispecie diverse che devono essere analizzate, sia in virtù della normativa tributaria interna che di quella legata alle Convenzioni contro le doppie imposizioni, il tutto facendo attenzione alle possibili fattispecie elusive che si possono trovare nella pratica (es. conduit company).

Per rispondere a questa domanda ho deciso di realizzare questo articolo in cui andare ad analizzare le possibilità a disposizione per la tassazione dei dividendi in uscita dall’Italia.

Dividendi in uscita dall’Italia: quadro normativo di riferimento

La tassazione dei dividendi in uscita è disciplinata, a livello nazionale, dalle seguenti disposizioni:

  • Articolo 27 del DPR n. 600/73. Si tratta della disposizione che disciplina la ritenuta in uscita sui dividendi corrisposti a soggetti esteri;
  • Articolo 27-bis del DPR n. 600/73. Si tratta della disposizione che disciplina i l’esenzione della ritenuta sui dividendi erogati da società di capitali residenti nel territorio dello Stato a soggetti residenti UE.

Oltre alla normativa nazionale assumono rilevanza nella tassazione dei dividendi in uscita, anche le seguenti disposizioni:

Tabella: le disposizioni sovranazionali in relazione alla tassazione dei dividendi in uscita dall’Italia

DISPOSIZIONENORMA DI RECEPIMENTOBENEFICIOLIMITAZIONE AL BENEFICIO
Convenzioni contro le doppie imposizioniRiduzione/esenzione ritenute su dividendiStatus di beneficiario effettivo
Direttiva madre/figliaart. 27-bis DPR n. 600/73Esenzione ritenuta su dividendi UEStatus di beneficiario effettivo

Andiamo ad analizzare, adesso, con maggiore dettaglio queste disposizioni.

Applicazione della ritenuta in uscita sui dividendi verso l’estero: art. 27, co. 3 DPR n. 600/73

La tassazione dei dividendi in uscita dall’Italia corrisposti a società ed enti non residenti è contenuta nell’articolo 27, comma 3 del DPR n. 600/73. Questa disposizione prevede quanto segue:

La ritenuta è operata a titolo d’imposta e con l’aliquota del 26% sugli utili corrisposti a soggetti non residenti nel territorio dello Stato diversi dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter […] (Articolo 27, comma 3, DPR n. 600/73).

Questa è la regola generale a cui deve sottostare una società di capitali italiana che eroga dividendi a società estera. A corollario di questa disposizione, tuttavia, occorre tenere presenti altre disposizioni che, a seconda dei casi, possono rendersi applicabili.

Ritenuta ridotta per dividendi corrisposti a società beneficiarie residenti UE

A corollario della disposizione precedente deve essere considerato il comma 3-ter dello stesso articolo 27 del DPR n. 600/73. Qualora i dividendi in uscita siano corrisposti a società o enti residenti in Paesi UE o SEE soggette ad imposta sul reddito delle società negli Stati membri di residenza (UE, SEE, white list) la ritenuta in uscita è pari all’1,20% a titolo di imposta. Le condizioni per poter beneficiare della ritenuta ridotta sono le seguenti:

  • Beneficiari: società o enti che scontano nel Paese di residenza le imposte societarie;
  • Localizzazione: residenza delle società o ente UE o SEE (white list).

La soggettività alle imposte sui redditi per le società beneficiarie UE

Aspetto fondamentale di questa disposizione è l’individuazione delle società soggette alle imposte societarie. Sul punto è utile ricordare quanto disciplinato dalla Circolare n. 26/E/2009 dell’Agenzia delle Entrate. Il documento di prassi spiega cosa debba intendersi per soggettività ad imposte sui redditi:

Con riferimento al secondo requisito, occorre precisare che la condizione di soggetto passivo della locale imposta sul reddito delle società va interpretata come assoggettabilità di carattere generale ad imposizione. Condizione soddisfatta da tutte quelle società potenzialmente soggette all’IRES (o alle corrispondenti imposte cui sono soggetti le società e gli enti non residenti), indipendentemente dalla circostanza che godono, di fatto, di agevolazioni comunque compatibili con la normativa comunitaria

Ne consegue che possono fruire della ritenuta ridotta tutte le società o enti ai quali è riconosciuta soggettività passiva ai fini delle imposte societarie. Sono incluse le società che non pagano imposte in virtù di particolari esenzioni oggettive collegate alla tipologia del reddito da loro prodotto (es. esenzione sui passive income) o del luogo in cui è svolta l’attività. Non beneficiano della ritenuta ridotta, per converso, gli enti e le società estere che non rientrano nel presupposto soggettivo di applicazione del tributo. Aspetto importante da sottolineare è che la ritenuta dell’1,2% spetta in tutti i casi in cui non risulti applicabile la Direttiva “Madre-figlia, che vedremo di seguito.

Applicazione della direttiva “madre/figlia” sui dividendi in uscita

In alternativa a quanto finora indicato, qualora ne sussistano i requisiti, è applicabile la Direttiva n. 2011/96/UE. Disposizione che all’articolo 1 definisce l’ambito oggettivo di applicazione della tassazione dei dividendi in uscita in ambito UE. Attraverso la Direttiva Madre/Figlia si è voluto incentivare l’aggregazione di società localizzate in diversi Stati membri UE, attraverso l’eliminazione di fenomeni di doppia imposizione economica (e giuridica), garantendo ai gruppi multinazionali un trattamento analogo a quello che un gruppo di imprese avrebbe in un mercato nazionale non scoraggiando le distribuzioni di utili. A questo scopo la Direttiva Madre/Figli dispone, sia l’esenzione da ritenuta sui dividendi nello Stato membro della società erogante (controllata), sia l’esonero da imposizione, ovvero il credito di imposta “indiretto“, per gli stessi dividendi in capo alla società percipiente (controllante) UE. Tale Direttiva è stata recepita in Italia attraverso l’art. 27-bis del DPR n. 600/73 relativo all’esenzione da ritenuta sugli utili distribuiti a società madri comunitarie.

La Direttiva Madre/Figlia, sostanzialmente, è una disciplina di favore che consente, al rispetto di alcuni requisiti, quanto segue:

  • La non applicazione della ritenuta in uscita sui dividendi erogati in ambito UE;
  • L’eventuale rimborso della ritenuta subita dalla società che percepisce il dividendo in ambito UE, o l’applicazione del credito di imposta “indiretto“.

Affinché trovi applicazione la Direttiva Madre/Figlia è necessario che vengano rispettate le seguenti condizioni sancite dagli articoli 2 e 3 della Direttiva n. 2011/96/UE. Si tratta dei seguenti:

  1. Le società rivestono una delle forme previste dall’allegato I parte A della Direttiva n. 2011/93/UE (sostanzialmente società di capitali);
  2. La società madre detiene una partecipazione diretta non inferiore al 10% del capitale della società che distribuisce gli utili;
  3. Le società risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell’Unione Europea;
  4. Sono soggette a tassazione nello stato di residenza. Questo senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano territorialmente o temporalmente limitati;
  5. La partecipazione è detenuta ininterrottamente per almeno due anni.

I requisiti di cui sopra devono essere dimostrati presentando apposita documentazione dell’Amministrazione finanziaria dell’altro Stato Membro che attesti la forma giuridica, la residenza e la soggezione a imposte della società percipiente, nonché da un’autodichiarazione della società percipiente che confermi l’avvenuto possesso ininterrotto della partecipazione.

Ai sensi dell’articolo 27-bis del DPR n. 600/73 al verificarsi delle suddette condizioni il soggetto non residente che ha percepito i dividendi può richiedere, in alternativa:

  • Il rimborso della ritenuta operata dalla società figlia (articolo 27-bis comma 1, DPR n. 600/73), oppure
  • La totale esenzione dall’applicazione della ritenuta in uscita sui dividendi (art. 27-bis comma 3 DPR n. 600/73).

Convenzioni contro le doppie imposizioni sui dividendi in uscita

Le disposizioni sinora indicate devono essere conciliate con quanto disposto dalle varie Convenzioni contro le doppie imposizioni siglate dall’Italia con i vari Stati coinvolti. Le convenzioni internazionali hanno valenza applicativa superiore alla normativa nazionale e possono essere applicate dal contribuente quando a lui più favorevoli. Solitamente le convenzioni contro le doppie imposizioni in tema di tassazione dei dividendi in uscita prevedono l’applicazione di una ritenuta in uscita. Tale ritenuta, a seconda dei casi, varia dal 5% al 15% del dividendo corrisposto. Tuttavia, per l’applicazione delle convenzioni si pone un problema molto delicato che riguarda l’intento dei legislatori di evitare il fenomeno del “treaty shopping“. Con questo termine si tratta di un fenomeno volto all’abuso delle norme internazionali al fine di eludere disposizioni fiscali. Proviamo a capire meglio questo aspetto con un esempio.

Immagina un gruppo multinazionale. In un ottica di pianificazione fiscale aggressiva questo gruppo potrebbe erogare flussi reddituali (tipicamente dividendi, interessi e royalties) azzerando o riducendo il prelievo fiscale nel Paese della fonte (es. Italia). Il tutto a vantaggio di una società holding, posta in un Paese a fiscalità privilegiata. Per ottenere questo obiettivo spesso vengono sfruttate indebitamente le regole impositive previste dai trattati internazionali contro le doppie imposizioni sui redditi.

Esempio pratico di pianificazione fiscale aggressiva

Nell’immagine seguente un esempio di pianificazione fiscale aggressiva attraverso l’utilizzo di una società holding ubicata in Paese non collaborativo, una sub-holding ubicata in Olanda ed una società operativa situata in Italia. Si tratta del famoso schema “Double Irish with Dutch sanwich“. In pratica, se vi fosse uno schema diretto dove la holding black list controlla la società italiana questa dovrebbe applicare la ritenuta ex art. 27 del DPR n. 600/73. Tuttavia, inserendo una società intermedia UE (come la sub-holding olandese) è possibile applicare, a determinate condizioni l’esenzione della ritenuta ex art. 24-bis del DPR n. 600/73. A sua volta la normativa interna olandese non prevede applicazione di ritenute verso i dividendi in uscita anche se relativi a controllante black list. In questo modo attraverso l’inserimento nello schema di una società interposta si è evitata l’applicazione delle ritenute in uscita sui dividendi. Naturalmente questo schema di pianificazione fiscale aggressiva che utilizza le diverse disposizioni fiscali dei vari paesi è contestato da moltissime giurisdizioni.

Per approfondire:

Per contrastare tali fenomeni elusivi attraverso l’interposizione reale di un soggetto terzo tra l’erogante i redditi (supponiamo residente in Italia) e il beneficiario finale degli stessi, la convenzione OCSE ha introdotto la clausola del beneficiario effettivobeneficial ownership clause”.

Accordi contro le conduit company

Sostanzialmente, l’OCSE intende promuovere accordi tra i vari Stati affinché in sede di negoziazioni di nuovi accordi venga previsto l’inserimento di apposite clausole. Si tratta di accordi che limitino l’utilizzo improprio delle Convenzioni mediante la costituzione di società che in realtà non svolgono alcune attività reale. Si tratta delle c.d. “conduit companies“.

CONDUIT COMPANY
Le “conduit companies” sono entità aziendali utilizzate principalmente per facilitare operazioni finanziarie transfrontaliere, agendo come intermediari tra due parti in diverse giurisdizioni. Il loro scopo principale è quello di ridurre gli oneri fiscali, ottimizzando la struttura fiscale delle società multinazionali. Queste società sono spesso situate in paesi con regimi fiscali favorevoli o paradisi fiscali, consentendo così il trasferimento di fondi, diritti di proprietà intellettuale, o altri asset da una giurisdizione all’altra con un impatto fiscale minimo.
Le conduit companies sono di solito legalmente costituite e operano in conformità con le leggi del paese in cui sono registrate, ma potrebbero non avere significative operazioni commerciali o attività nel paese di registrazione. Il loro ruolo principale è quello di fungere da canale per il flusso di capitali, riducendo l’esposizione fiscale attraverso l’uso di accordi fiscali favorevoli o lacune nelle legislazioni fiscali internazionali.
Questa pratica, sebbene legale, è spesso oggetto di critiche e dibattiti, in quanto può essere vista come un modo per le aziende di eludere le responsabilità fiscali nei loro paesi di origine o operativi. In risposta, molte giurisdizioni e organizzazioni internazionali stanno implementando regole e accordi per contrastare l’abuso di queste strutture e per garantire una giusta tassazione delle società multinazionali.

Cosa si intende per beneficiario effettivo dei dividendi?

La locuzione “beneficiario effettivo” è andata consolidandosi nella prassi dell’OCSE, con una serie di disposizioni, miranti a fornire linee guida interpretative sulle conduit companies, vale a dire:

  • La notazione beneficiario effettivo non va intesa secondo un’accezione restrittiva, ma piuttosto nel suo contesto ed alla luce delle finalità dei Trattati. Finalità di evitare la doppia imposizione e di prevenire l’evasione o l’elusione fiscale in ambito internazionale;
  • Qualora un reddito sia percepito (finanziariamente) da un agente o da un fiduciario, sarebbe contrario allo scopo ed alle finalità dei Trattati che lo Stato della fonte conceda una riduzione della ritenuta nella misura convenzionale – come pure l’esenzione – dal momento che non vi sarebbe alcun rischio di doppia imposizione, visto che l’immediato percettore del reddito non sarebbe anche il “possessore” dello stesso ai fini fiscali;
  • Non si applica la ritenuta convenzionale, ovvero esenta il reddito prodotto nello Stato della fonte, quando il percettore, pur al di fuori di un rapporto di agenzia o fiduciario propriamente detto, abbia sostanzialmente poteri molto limitati che lo rendono un mero intermediario per conto di un altro soggetto, che di fatto è il beneficiario del reddito.

Nell’impostazione accolta nella versione 2014 del Commentario al Modello OCSE, (art 10-11-12) di fatto rileva – ai fini della identificazione del beneficiario effettivo – non già il diritto esclusivo ad usare e godere dei flussi reddituali (“the full right to use and enjoy”), come previsto nel draft 2011, bensì la circostanza che il diritto del beneficiario di detti flussi non sia vincolato da specifici obblighi legali o contrattuali di ri-trasferimento (“recipient’s right to use and enjoy … is constrained by a contractual or legal obbligation to pass on the payment received to another person”).

Beneficiario effettivo e prassi ministeriale

In un primo momento l’amministrazione finanziaria aveva introdotto il criterio per il quale si qualifica come beneficiario effettivo, ai fini convenzionali, il soggetto su cui ricade effettivamente l’imponibilità del reddito erogato (Risoluzione 7 maggio 1987 n. 12/431). Successivamente invece aveva definito il beneficiario effettivo il soggetto cui il reddito è fiscalmente imputabile. Pertanto, come rileva lo stesso Commentario OCSE, non si realizza la figura del “beneficiario effettivo” quando viene interposto un intermediario – come ad esempio un agente – tra il beneficiario ed il debitore del provento. (Risoluzione 6 maggio 1997 n. 104/E). Da questa ultima interpretazione non si è più fatto riferimento alla effettiva imponibilità del reddito in capo al soggetto estero – la quale andava necessariamente verificata in funzione della legislazione tributaria estera applicabile al soggetto percettore – bensì alla imputabilità del reddito, che tiene conto, in prima battuta della soggettività passiva così come è disciplinata dalle disposizioni del TUIR.

Conclusioni e consulenza fiscale online

In questo articolo ho voluto riepilogare le casistiche principali di tassazione dei dividendi in uscita dall’Italia. Aspetto principale da analizzare è la disposizione convenzionale. Quando le disposizioni convenzionali sono applicabili e favorevoli al contribuente devono essere applicate. Su questo aspetto particolare interesse deve essere osservata la clausola del beneficiario effettivo.

Detto questo, superata l’analisi convenzionale, occorre rifarsi all’articolo 27-bis del DPR n. 600/73. Mi riferisco all’esenzione da ritenuta in uscita prevista dalla Direttiva Madre Figlia. Anche in questo caso vi sono una serie di criteri e requisiti da rispettare. Qualora, infine, queste disposizioni non si rendano applicabili si applica la disposizione dell’articolo 27 del DPR n. 600/73. Norma che prevede una ritenuta dell’1,2% sul dividendo in uscita. Se hai dubbi o desideri che un Commercialista esperto di Fiscalità Internazionale analizzi la tua situazione, contattami!

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Domande frequenti

Cos’è una ritenuta alla fonte sui dividendi?

Una ritenuta alla fonte sui dividendi è un’imposta prelevata dallo stato di origine sui dividendi pagati a un investitore residente in un altro paese. Questa tassa viene di solito detratta dal pagamento del dividendo prima che raggiunga il beneficiario estero.

Perché vengono applicate le ritenute alla fonte sui dividendi internazionali?

Le ritenute alla fonte sono un mezzo per gli stati di assicurarsi che venga pagata una certa imposta sui profitti generati all’interno delle loro frontiere, specialmente quando il beneficiario dei dividendi è un soggetto estero.

È possibile ridurre o evitare la ritenuta alla fonte sui dividendi?

Sì, spesso è possibile ridurre o eliminare la ritenuta alla fonte se esiste un trattato fiscale tra il paese di origine e il paese di residenza del beneficiario. Il beneficiario dovrebbe fornire la documentazione necessaria per dimostrare la propria idoneità a beneficiare delle condizioni del trattato.

I trattati fiscali internazionali influenzano le ritenute alla fonte sui dividendi?

Sì, i trattati fiscali possono ridurre significativamente i tassi di ritenuta alla fonte o fornire esenzioni, a seconda delle specifiche disposizioni del trattato tra i paesi coinvolti.

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