Le convenzioni bilaterali offrono criteri gerarchici per risolvere i conflitti di residenza fiscale, ma quando questi non sono presenti nel trattato, è necessario ricorrere a procedure di mutuo accordo e analisi caso per caso delle specificità normative di ciascun Paese.
La doppia residenza fiscale rappresenta una delle questioni più complesse nella pianificazione fiscale internazionale di persone fisiche e società. Il fenomeno si verifica quando un soggetto risulta fiscalmente residente in due o più Stati secondo le rispettive normative interne, generando potenziali conflitti di tassazione che possono sfociare in doppia imposizione.
L’articolo 2 del TUIR stabilisce che sono considerati residenti in Italia i soggetti che per la maggior parte del periodo d’imposta (183 giorni) hanno il domicilio, la residenza anagrafica, l’iscrizione anagrafica o la presenza fisica nel territorio dello Stato. Tuttavia, quando altri Paesi applicano criteri di residenza diversi o concorrenti, si genera il conflitto che le convenzioni contro le doppie imposizioni cercano di risolvere attraverso le cosiddette “tie-breaker rules“.
La problematica si intensifica quando i criteri convenzionali non sono stati inseriti nella Convenzione bilaterale contro le doppie imposizioni con lo Stato estero di espatrio del contribuente. In queste situazioni, per fortuna limitate, si rende necessario fare ricorso alle procedure alternative che richiedono un’analisi approfondita delle specificità di ciascuna convenzione bilaterale.
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Il meccanismo delle tie-breaker rules: principi generali e limiti operativi
Le convenzioni contro le doppie imposizioni, modellate sul Model OECD, prevedono generalmente una sequenza gerarchica di criteri per risolvere i conflitti di residenza. L’articolo 4, paragrafo 2, del Modello OCSE stabilisce la seguente gerarchia: abitazione permanente, centro degli interessi vitali, soggiorno abituale e, infine, nazionalità.
Tuttavia, l’esperienza professionale dimostra che questi criteri spesso non conducono a una soluzione definitiva. Il centro degli interessi vitali, in particolare, richiede una valutazione complessiva dei rapporti personali ed economici del soggetto che può risultare ambigua. La Circolare 304/E del 1997 dell’Agenzia delle Entrate chiarisce che occorre considerare la famiglia, i rapporti sociali, le occupazioni, le attività politiche, culturali e altre attività, nonché la sede degli affari, il luogo da cui si amministrano i beni. Quando anche questo criterio risulta indeterminato, molte convenzioni prevedono il ricorso alla procedura amichevole di cui all’articolo 25 delle convenzioni stesse, che comporta un dialogo tra le autorità fiscali competenti per raggiungere un accordo sulla residenza del contribuente.
Tuttavia, vi sono altri casi in cui la Convenzione sottoscritta non prende in considerazione le tie-breaker rules. In questi casi, occorre analizzare le singole disposizioni che di volta in volta sono previste nella singola convenzione. In particolare, le Convenzioni bilaterali con l’Italia che presentano queste peculiarità sono quelle con:
- L’Irlanda;
- Giappone;
- Bulgaria;
- Australia.
Convenzione Italia-Irlanda
La convenzione tra Italia e Irlanda, ratificata con Legge 23 dicembre 1971, n. 1249, presenta alcune peculiarità nella risoluzione dei conflitti di residenza. Infatti, non vi è un articolo dedicato alla residenza fiscale. Le disposizioni si ricavano dall’articolo 3 dedicato alle definizioni generali. Qui viene specificato che:
L’espressione residente in Irlanda designa:
- Una società che ha la sua sede effettiva di controllo e direzione in Irlanda;
- Ogni altra persona che è considerata residente in Irlanda ai fini dell’imposta irlandese e
- Non residente in Italia ai fini dell’imposta italiana, o
- Che soggiorna in Italia per un periodo o per periodi che non eccedono un totale di 91 giorni durante l’anno fiscale.
L’espressione residente in Italia designa:
- Una società che ha la sua sede effettiva di controllo e di direzione in Italia;
- Ogni altra persona che è considerata residente in Italia ai fini dell’imposta italiana e
- Non residente in Irlanda ai fini dell’imposta irlandese, oppure
- Se residente in Irlanda, che vi soggiorna per un periodo o per periodi che non eccedono in totale i 91 giorni durante l’anno fiscale.
Di fatto si ha un criterio per esclusione basato, principalmente, sui giorni di presenza fisica in un Paese piuttosto che nell’altro nel periodo di imposta.
Convenzione Italia-Giappone
La convenzione con il Giappone, entrata in vigore con Legge 28 marzo 1991, n. 145, presenta caratteristiche peculiari. L’articolo 4 della convenzione segue il modello standard, senza tie-breaker rules:
Ai fini della presente convenzione l’espressione “residente di uno stato contraente” designa ogni persona che, in virtù della legislazione di detto Stato contraente è ivi assoggettata ad imposta a motivo del suo domicilio, della sua residenza, del luogo della sua sede o del suo ufficio principale, della sua direzione o di ogni altro criterio di natura analoga
Di fatto, quindi, il riferimento va sia alla “permanent home” (dimora permanente) effettivamente utilizzata dal contribuente con continuità, sia per il suo domicilio, concetto che possiamo avvicinare al c.d. centro degli interessi vitali. Quest’ultimo assume particolare rilevanza attribuendo un peso significativo ai rapporti familiari e alla continuità dei legami sociali. Un elemento distintivo è l’importanza attribuita alla partecipazione del soggetto alla vita comunitaria giapponese, includendo l’appartenenza a organizzazioni professionali locali e il mantenimento di rapporti continuativi con istituzioni finanziarie giapponesi.
Il successivo paragrafo 2 richiede che in caso di conflitto di residenza vi sia l’avvio di una procedura amichevole:
Quando in base alle disposizioni del paragrafo 1, una persona è residente di entrambi gli Stati contraenti, le autorità competenti determinano di comune accordo lo Stato contraente di cui detta persona dovrà essere considerata residente ai fini della presente Convenzione
Convenzione Italia-Bulgaria
La convenzione tra Italia e Bulgaria, ratificata con Legge 11 dicembre 1990, n. 367, presenta caratteristiche distintive rispetto a tutte le altre siglate dall’Italia. Di fatto, non esiste un articolo esplicitamente dedicato alla definizione di “residenza fiscale” nella Convenzione firmata il 21 settembre 1988, ratificata con Legge n. 399 del 4 novembre 1990 ed entrata in vigore il 31 dicembre 1990.
Di conseguenza:
- Non viene adottata formalmente la clausola di tie-breaker OCSE, ossia l’articolazione a cascata dei criteri in caso di doppia residenza;
- La residenza fiscale viene disciplinata implicitamente nel preambolo e nei riferimenti contenuti negli articoli relativi alla tassazione dei redditi (ad esempio: dividendi, interessi, lavoro dipendente, professioni indipendenti, etc.).
Questo significa, operativamente, che in assenza di una definizione convenzionale comporta che:
- La residenza viene determinata secondo le normative interne di ciascun Paese (quindi art. 2 TUIR per l’Italia e la normativa fiscale bulgara);
- In caso di conflitto, non c’è una clausola convenzionale che stabilisce criteri di prevalenza (come domicilio permanente, interessi vitali, ecc.);
- Le situazioni di doppia residenza devono essere risolte tramite negoziazione tra le autorità competenti (ex art. 26 della Convenzione – “Procedura amichevole”). Le procedure amichevoli con la Bulgaria si caratterizzano per una durata mediamente contenuta rispetto ad altri Paesi, ma richiedono una documentazione particolarmente accurata.
Convenzione Italia-Australia
La convenzione tra Italia e Australia presenta caratteristiche peculiari che riflettono l’evoluzione del sistema fiscale australiano e la sua eredità anglo-sassone. L’articolo 4 della convenzione differisce sostanzialmente modello OCSE, per alcune peculiarità.
Ai fini della presente convenzione, una persona è residente di uno degli Stati contraenti:
- Per quanto riguarda l’Australia e salvo quanto stabilito al paragrafo 2), se essa è residente dell’Australia ai fini dell’imposta australiana;
- Per quanto riguarda l’Italia, se essa è residente dell’Italia ai fini dell’imposta italiana.
Il successivo paragrafo 2 indica che: Relativamente ai redditi di fonte italiana, una persona assoggettata ad imposizione in Australia per i redditi di fonte australiana non è considerata residente dell’Australia salvo il caso in cui il reddito di fonte italiana sia assoggettato all’imposta australiana o, se tale reddito è esente dall’imposta australiana, sia esente solo perché assoggettato all’imposta italiana.
Il successivo paragrafo 3 ricalca, sostanzialmente, le tie-breaker rules. In primo luogo si prende a riferimento l’abitazione permanente. Come secondo criterio si guarda al soggiorno abituale. In terzo luogo si prende a riferimento le relazioni personali ed economiche più strette.
Strategie operative per la risoluzione dei conflitti
L’esperienza professionale nella gestione di casi di doppia residenza evidenzia l’importanza di un approccio metodico che consideri le specificità di ciascuna convenzione e le prassi interpretative delle autorità fiscali coinvolte.
La documentazione rappresenta l’elemento cruciale per la risoluzione dei conflitti. È necessario raccogliere prove concrete dei rapporti del soggetto con ciascuno Stato, includendo contratti di locazione o atti di proprietà immobiliare, estratti conto bancari, certificazioni di lavoro, documentazione sanitaria e scolastica per i familiari, oltre a prove della partecipazione alla vita sociale e culturale.
Le procedure amichevoli richiedono una strategia specifica che consideri i tempi procedurali, spesso molto lunghi, e la necessità di mantenere coerenza nelle posizioni assunte. L’esperienza dimostra che è preferibile avviare la procedura amichevole contestualmente alla presentazione delle dichiarazioni dei redditi per evitare successivi contenziosi con le amministrazioni fiscali.
Un aspetto spesso trascurato è la necessità di considerare gli effetti delle convenzioni contro le doppie imposizioni anche in relazione alle imposte sui redditi societari e alle imposte indirette, quando il soggetto è titolare di partecipazioni o svolge attività imprenditoriali in entrambi gli Stati.
Aspetti procedurali e giurisprudenziali
La Cassazione ha chiarito con la sentenza n. 25719/2019 che la residenza fiscale deve essere determinata sulla base di elementi obiettivi e verificabili, non potendo limitarsi a dichiarazioni di intenti del contribuente. Questo principio assume particolare rilevanza nei casi di doppia residenza, dove la dimostrazione della prevalenza dei rapporti con uno Stato richiede prove concrete e continuative.
La procedura amichevole di cui all’articolo 25 delle convenzioni non è automatica ma richiede istanza specifica del contribuente, che deve dimostrare l’esistenza di una doppia imposizione effettiva o potenziale. L’Agenzia delle Entrate, con la Circolare n. 35/E del 2016, ha chiarito che la procedura può essere attivata anche preventivamente, prima dell’insorgere del contenzioso.
Un elemento procedurale importante è rappresentato dalla necessità di coordinare l’eventuale contenzioso interno con la procedura amichevole internazionale. La sospensione del processo tributario interno durante la procedura amichevole può essere richiesta ma non è automatica, richiedendo una valutazione caso per caso dell’opportunità di tale strategia.
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