I rimborsi chilometrici forfettari dei professionisti concorrono alla formazione del reddito professionale e sono soggetti a ritenuta d’acconto.
Dal 2025 i rimborsi chilometrici forfettari dei professionisti concorrono alla formazione del reddito e sono soggetti a ritenuta d’acconto. Sono esclusi dall’imponibile solo i rimborsi di spese effettivamente sostenute, documentate con giustificativi puntuali e pagate con strumenti tracciabili. Lo ha chiarito l’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 270 del 23 ottobre 2025.
I rimborsi chilometrici che addebiti ai tuoi clienti sono esclusi dal reddito o devi pagare le tasse anche su questi importi? La risposta dell’Amministrazione finanziaria è netta e si basa su un concetto tecnico: l’analiticità dell’addebito. E qui sta il punto: quello che molti professionisti considerano un rimborso analitico, per il Fisco potrebbe non esserlo affatto.
Indice degli argomenti
- Determinazione del reddito di lavoro autonomo
- Il caso concreto esaminato dall’Agenzia delle Entrate
- Quando un rimborso è davvero analitico: il nuovo standard dell’Agenzia
- Le conseguenze pratiche per chi ha già fatturato
- Come gestire i rimborsi spese in modo conforme
- Le regole di tracciabilità
- Il confronto con la disciplina dei lavoratori dipendenti
- Consulenza fiscale online
- Domande frequenti
- Fonti
Determinazione del reddito di lavoro autonomo
La riforma introdotta dal Decreto Legislativo n. 192 del 2024 ha modificato profondamente le regole di determinazione del reddito di lavoro autonomo. L’articolo 54, comma 2, lettera b) del TUIR prevede ora che non concorrono alla formazione del reddito i rimborsi delle spese sostenute dall’esercente arte o professione per l’esecuzione di un incarico e addebitate analiticamente in capo al committente.
Parallelamente, l’articolo 54-ter, comma 1, del TUIR stabilisce che queste stesse spese non sono deducibili dal reddito di lavoro autonomo del soggetto che le sostiene. Si tratta di una simmetria logica: se il rimborso non è un compenso ma un semplice riaddebito di costi sostenuti per il cliente, allora quelle somme non devono né aumentare i ricavi né ridurli come costi deducibili.
La filosofia della riforma è chiara e condivisibile: eliminare l’anomalia per cui un professionista doveva dichiarare come reddito e subire la ritenuta d’acconto anche su somme che rappresentavano semplicemente il recupero di spese sostenute per conto del committente. Pensiamo ai casi classici: il biglietto aereo per una trasferta presso il cliente, la notte in albergo per seguire una trattativa, il taxi per raggiungere la sede di un incontro urgente.
Il caso concreto esaminato dall’Agenzia delle Entrate
Il professionista che ha presentato l’interpello aveva emesso una fattura con due componenti distinte: i compensi per le prestazioni professionali di consulenza e un rimborso per spese chilometriche. Questo rimborso presentava caratteristiche che, a prima vista, sembravano rispettare tutti i requisiti di correttezza: era stato concordato preventivamente con il committente, calcolato su parametri oggettivi verificabili, commisurato ai chilometri effettivamente percorsi moltiplicati per una tariffa pattuita, ed era indicato separatamente in fattura rispetto ai compensi professionali.
Il professionista aveva persino documentato i tragitti attraverso un prospetto riepilogativo delle attività svolte, indicando sedi di lavoro, orari e chilometri percorsi, verificabili tramite strumenti di mappatura stradale e, per alcuni tratti autostradali, mediante il tracciamento del Telepass. La tariffa applicata per chilometro risultava coerente con i valori generalmente adottati per i rimborsi chilometrici in ambito professionale.
Nonostante questa apparente meticolosità, l’Agenzia delle Entrate ha bocciato la pretesa del professionista di escludere tale rimborso dall’imponibile. La motivazione merita attenzione perché definisce uno standard che molti professionisti dovranno rivedere nelle proprie prassi operative.
Quando un rimborso è davvero analitico: il nuovo standard dell’Agenzia
L’elemento decisivo individuato dall’Amministrazione finanziaria è la distinzione tra rimborso forfettario e rimborso effettivo. Secondo la risposta n. 270/2025, l’analiticità dell’addebito sussiste quando le spese sono contemporaneamente effettivamente sostenute dal professionista in relazione allo svolgimento dell’incarico professionale e indicate in fattura in modo separato rispetto ai compensi spettanti.
Le spese riaddebitate devono essere comprovate da idonea documentazione da cui si evinca puntualmente la tipologia di spesa sostenuta e l’esatta riferibilità all’attività professionale. L’obiettivo è consentire un controllo di coerenza e correttezza per evitare che il rimborso possa eccedere il costo effettivamente sostenuto e quindi rappresentare per il professionista una forma mascherata di compenso.
Nel caso esaminato, il rimborso chilometrico calcolato moltiplicando i chilometri percorsi per una tariffa concordata, pur essendo indicato separatamente in fattura, non rappresenta un rimborso di spese addebitate analiticamente. Perché? Perché la tariffa chilometrica, per quanto ragionevole e documentata quanto ai tragitti, costituisce una stima forfettaria del costo effettivo di utilizzo del veicolo, non il riaddebito puntuale di spese documentate da giustificativi di terzi.
Facciamo un esempio pratico per comprendere la differenza. Se un commercialista si reca presso la sede di un cliente distante cento chilometri e addebita un rimborso di quaranta euro calcolati come cento chilometri per quaranta centesimi al chilometro, sta applicando un criterio forfettario. Anche se il tragitto è documentabile e la tariffa è di mercato, il professionista non sta riaddebitando specifiche spese sostenute: sta stimando un costo teorico comprensivo di carburante, usura del veicolo, assicurazione e manutenzione.
Diverso sarebbe se lo stesso professionista noleggiasse un’auto per la trasferta e riaddebitasse al cliente il costo del noleggio documentato dalla fattura della società di autonoleggio. In questo caso il rimborso corrisponderebbe esattamente a una spesa sostenuta e documentata, quindi analitica nel senso richiesto dalla norma.
Le conseguenze pratiche per chi ha già fatturato
La presa di posizione dell’Agenzia delle Entrate produce effetti immediati per chi ha già emesso fatture nel corso del 2025 includendo rimborsi chilometrici calcolati a tariffa chilometrica. Questi importi, secondo l’interpretazione ufficiale, concorrono alla formazione del reddito di lavoro autonomo e devono essere assoggettati alla ritenuta d’acconto quando il committente è un sostituto d’imposta.
Dal punto di vista del professionista, ciò significa che tali somme aumenteranno il reddito dichiarato nel modello Redditi. Specularmente, le spese effettivamente sostenute per gli spostamenti rimangono deducibili secondo le regole ordinarie, nei limiti previsti dalla normativa fiscale per le diverse tipologie di costo.
Dal punto di vista del committente che agisce come sostituto d’imposta, la corretta qualificazione del rimborso chilometrico come compenso implica l’obbligo di applicare la ritenuta d’acconto prevista dall’articolo 25, comma 1, del DPR n. 600/1973. Chi non l’avesse fatto dovrà regolarizzare la propria posizione, con le conseguenze sanzionatorie che ne derivano.
La questione si complica per i professionisti che hanno applicato l’IVA sul rimborso chilometrico ma non hanno considerato l’importo come reddito imponibile, magari ritenendo in buona fede che la separata indicazione in fattura fosse sufficiente a qualificarlo come rimborso analitico. Questi soggetti si troveranno con un doppio problema: aver versato l’IVA su somme che ritenevano escluse dal reddito e dover ora includere gli stessi importi nell’imponibile IRPEF.
Come gestire i rimborsi spese in modo conforme
Di fronte a questo scenario, i professionisti hanno essenzialmente due opzioni operative, ciascuna con vantaggi e criticità specifiche.
Il rimborso puntuale delle spese
La prima strategia consiste nell’adottare il criterio del rimborso puntuale delle spese effettivamente sostenute e documentate. Quando ti rechi da un cliente, conservi tutti i giustificativi delle spese sostenute: biglietti del treno, ricevute del taxi, fatture dell’albergo, scontrini del ristorante se appropriati. In fattura riaddebiti esattamente l’importo di queste spese, allegando copia della documentazione giustificativa. In questo modo rispetti pienamente il requisito dell’analiticità e puoi legittimamente escludere questi rimborsi dal reddito. Lo svantaggio evidente è l’appesantimento amministrativo: devi raccogliere, conservare e allegare documenti per ogni singola trasferta.
| RIMBORSO ANALITICO (escluso dal reddito) | RIMBORSO FORFETTARIO (imponibile) |
|---|---|
| Spesa documentata: ricevuta taxi 50€ | Calcolo: 100 km × 0,40€ = 40€ |
| Pagamento tracciato (carta/bonifico) | Nessun giustificativo specifico |
| Riaddebito puntuale: 50€ in fattura | Tariffa concordata in fattura |
| ✓ NO ritenuta d’acconto | ✗ SÌ ritenuta d’acconto |
| ✓ Escluso dall’imponibile IRPEF | ✗ Concorre al reddito professionale |
| ✗ Spesa NON deducibile | ✓ Spesa effettiva deducibile |
Includere rimborsi chilometrici nel compenso
La seconda strategia prevede di includere i rimborsi chilometrici nel corrispettivo complessivo della prestazione professionale, senza distinguerli come voce separata. In pratica, quando concordi il compenso con il cliente, includi già una componente che copre i tuoi costi di trasferta. Questo approccio semplifica la gestione fiscale perché tutto l’importo fatturato è palesemente compenso imponibile, ma richiede una revisione delle tue politiche di pricing per evitare di erodere i margini professionali.
Le regole di tracciabilità
La questione dei rimborsi chilometrici si intreccia con un’altra novità introdotta per il 2025: l’obbligo di tracciabilità dei pagamenti per determinate categorie di spese. L’articolo 54, comma 2-bis, del TUIR stabilisce che le somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute nel territorio dello Stato relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante taxi o noleggio con conducente concorrono alla formazione del reddito se i pagamenti non sono eseguiti con versamento bancario o postale o mediante strumenti di pagamento tracciabili come carte di debito, credito o prepagate.
Questa disposizione introduce una presunzione sfavorevole: se hai pagato in contanti una spesa di viaggio e la riaddebiti al cliente, quel rimborso è comunque imponibile, anche se dovesse essere considerato analitico. L’obbligo di tracciabilità opera come condizione ulteriore per l’esclusione dall’imponibile.
Specularmene, l’articolo 54-ter, comma 5-bis, del TUIR prevede che le spese sostenute nel territorio dello Stato relative a vitto, alloggio, viaggio e trasporto mediante taxi o noleggio con conducente sono deducibili solo se i pagamenti sono stati eseguiti con strumenti tracciabili. Si tratta di una coerenza sistematica: se il pagamento in contanti rende imponibile il rimborso, lo stesso pagamento in contanti impedisce la deduzione della spesa.
Questa regola di tracciabilità non è un mero adempimento formale ma modifica sostanzialmente il comportamento operativo che i professionisti devono adottare. Non basta più conservare lo scontrino del taxi o la ricevuta del ristorante: occorre dimostrare di aver pagato con strumenti tracciabili. In caso di controllo, l’Agenzia delle Entrate potrà verificare la corrispondenza tra i pagamenti tracciabili e le spese riaddebitate o dedotte.
Il confronto con la disciplina dei lavoratori dipendenti
È interessante notare come la questione dei rimborsi chilometrici per i professionisti presenti analogie e differenze rispetto alla disciplina applicabile ai lavoratori dipendenti. Per questi ultimi, la normativa fiscale prevede che le indennità chilometriche corrisposte dal datore di lavoro per l’uso del veicolo personale del dipendente in trasferta non concorrono a formare il reddito entro limiti di importo che variano in funzione del tipo di veicolo e sono aggiornati periodicamente con decreto ministeriale.
Si tratta di un regime forfettario che presume la corrispondenza tra l’indennità chilometrica entro i limiti tabellari e il costo effettivo sostenuto dal dipendente. Questa presunzione legale semplifica enormemente la gestione amministrativa ma è stata esplicitamente prevista dal legislatore per i rapporti di lavoro dipendente.
Per i professionisti, invece, la riforma del 2025 non ha introdotto una presunzione analoga. L’esclusione dall’imponibile richiede la prova dell’effettiva sostenibilità e analiticità della spesa, senza spazi per forfettizzazioni anche se ragionevoli. Questa differenza di trattamento potrebbe apparire penalizzante ma riflette la diversa natura dei due rapporti: nel lavoro dipendente esiste una subordinazione e un potere direttivo del datore di lavoro che giustifica regole semplificate, nel lavoro autonomo l’autonomia organizzativa del professionista comporta una maggiore responsabilità nella documentazione dei costi.
Consulenza fiscale online
La corretta gestione fiscale dei rimborsi spese richiede un’attenta valutazione delle tue specifiche modalità operative e dei rapporti con i clienti. Ogni situazione professionale presenta caratteristiche uniche che possono richiedere soluzioni personalizzate per ottimizzare il carico fiscale nel rispetto della normativa.
Possiamo analizzare insieme la tua situazione specifica, valutare quale strategia di gestione dei rimborsi si adatta meglio al tuo modello di lavoro e implementare le procedure necessarie per documentare correttamente le spese. Contattaci per una consulenza mirata.
Domande frequenti
Sì, se documentati con la ricevuta del casello o l’estratto conto del Telepass e riaddebitate analiticamente al cliente. Il pedaggio autostradale costituisce una spesa puntualmente quantificabile e documentabile, quindi rispetta il requisito dell’analiticità richiesto dalla normativa.
Dal punto di vista della qualificazione del rimborso come imponibile o meno, non cambia nulla: le regole sull’analiticità dell’addebito valgono indipendentemente dalla natura del committente.
Fonti
- TUIR – Testo Unico delle Imposte sui Redditi (DPR 917/1986), articolo 54, commi 1, 2 lettera b) e 2-bis TUIR – articolo 54-ter, commi 1, 2-5 e 5-bis
- Decreto Legislativo 13 dicembre 2024, n. 192, articoli 5 e 6 DPR 29 settembre 1973, n. 600, articolo 25, comma 1
- Decreto Legislativo 9 luglio 1997, n. 241, articolo 23
- Legge 15 gennaio 1992, n. 21, articolo 1
- Decreto Legge n. 84/2025, articolo 1, comma 1, lettere c) n. 1 e d)