Con l’entrata in vigore, a Gennaio 2023, della riforma della Giustizia “Cartabia”, è stato potenziato il diritto all’oblio esercitabile dall’interessato. Nei tre giorni successivi alla conclusione favorevole di un eventuale processo (o procedimento) penale, l’interessato potrà chiedere ed ottenere un provvedimento di deindicizzazione da parte della cancelleria del giudice che ha emesso la sentenza di assoluzione o il decreto di archiviazione.
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Nel presente articolo analizzeremo meglio le novità legislative introdotte in tema di diritto all’oblio facendo luce anche sugli eventuali limiti relativi alla deindicizzazione, in parte già affrontati in un articolo precedente.
Il diritto all’Oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini ex art. 64 -ter c.p.p.
Il diritto all’oblio è sancito dall’articolo 17 del Regolamento UE 16/678 (GDPR) il quale sul punto riconosce il diritto soggettivo di ogni cittadino europeo alla cancellazione dei propri dati dagli archivi di ogni titolare del trattamento.
Nell’ambito della “riforma Cartabia”, al fine di ottenere una maggiore efficienza del processo penale nonché “…in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari”, è stato introdotto nel codice di procedura penale l’art. 64-ter che disciplina il “Diritto all’oblio degli imputati e delle persone sottoposte ad indagini” e che dispone:
«1. La persona nei cui confronti sono stati pronunciati una sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere ovvero un provvedimento di archiviazione può richiedere che sia preclusa l’indicizzazione o che sia disposta la deindicizzazione, sulla rete internet, dei dati personali riportati nella sentenza o nel provvedimento, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016. Resta fermo quanto previsto dall’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 […] 2. Nel caso di richiesta volta a precludere l’indicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: “Ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, è preclusa l’indicizzazione del presente provvedimento rispetto a ricerche condotte sulla rete internet a partire dal nominativo dell’istante. 3. Nel caso di richiesta volta ad ottenere la deindicizzazione, la cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento appone e sottoscrive la seguente annotazione, recante sempre l’indicazione degli estremi del presente articolo: «Il presente provvedimento costituisce titolo per ottenere, ai sensi e nei limiti dell’articolo 17 del regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 aprile 2016, un provvedimento di sottrazione dell’indicizzazione, da parte dei motori di ricerca generalisti, di contenuti relativi al procedimento penale, rispetto a ricerche condotte a partire dal nominativo dell’istante».
La disposizione introduce la possibilità per il soggetto sottoposto ad un eventuale processo (o procedimento) penale di chiedere la deindicizzazione di un determinato articolo o che comunque che la notizia che lo riguarda non sia collegata ai suoi dati e quindi riconducibile all’interessato.
Il provvedimento, ai sensi della disposizione sopra menzionata, viene emesso del cancelliere e non del giudice: questo al fine di garantire la celerità dell’emissione del provvedimento che, inoltre, non risulterebbe impugnabile.
Il diritto all’Oblio e i limiti alla deindicizzazione dai motori di ricerca
La scelta compiuta in questo senso da parta della riforma Cartabia è in linea con il principio di bilanciamento tra “diritto all’oblio” e diritto all’informazione, richiamato in più occasioni sia dalla Corte di Giustizia che dalla Corte di Cassazione.
Tuttavia, seppur questo intervento normativo possa rappresentare un passaggio ulteriore e significativo nella tutela dei dati personali degli interessati, anche così non vengono meno i limiti propri della deindicizzazione. Come infatti abbiamo già avuto modo di vedere ed analizzare, la pratica della deindicizzazione non consente di eliminare del tutto dalla rete e dagli archivi delle testate giornalistiche i dati dei soggetti interessati, specie se nel frattempo detti dati sono stati ripresi, condivisi e memorizzati anche da parte di soggetti terzi, con la conseguenza che la notizia potrebbe continuare ad essere presente in rete e quindi a “riaffiorare” tra le ricerche.
Detta problematica, in teoria, non dovrebbe sussisterebbe se non fosse per la pervasività degli archivi informatici e soprattutto per la cronaca giudiziaria online.
Ciascuno, infatti, potrebbe chiedere – ed ottenere– la rimozione dei propri dati al titolare del trattamento, ma questo non significa purtroppo che il suo nome verrà “cancellato” dai motori di ricerca e dai risultati ad esso associati.
La questione relativa al tema (problema) della deindicizzazione è stata anche affrontata nelle linee guida n. 05/2019 da parte del European Data Protection Board che, sui criteri per l’esercizio del diritto all’oblio nel caso dei motori di ricerca, ha chiarito che «Se un interessato ottiene la deindicizzazione di un particolare contenuto, ciò determina la cancellazione di tale contenuto specifico dall’elenco dei risultati di ricerca relativi all’interessato, quando la ricerca è, in via generale, effettuata a partire dal suo nome. Il contenuto resterà tuttavia disponibile se vengono utilizzati altri criteri di ricerca […] Ad esempio, un interessato può richiedere la rimozione dall’indice di un motore di ricerca di dati personali provenienti da un mezzo di comunicazione, quale un articolo di giornale. In questo caso, il link ai dati personali può essere rimosso dall’indice del motore di ricerca, ma l’articolo in questione resterà comunque sotto il controllo del mezzo di comunicazione e può rimanere pubblicamente disponibile e accessibile, sebbene non sia più visibile nei risultati di ricerca basati sulle interrogazioni che includono, in linea di principio, il nome dell’interessato.»
Il problema della deindicizzazione continua quindi ad essere oltremodo attuale e soprattutto non risolto.
I mancati rimedi in caso di esiti negativi delle vicende giudiziarie
Seppur la norma introdotto con la riforma Cartabia sia quindi di assoluta importanza e rappresenti sicuramente un passo avanti nel contenimento e monitoraggio della diffusione dei dati degli interessati mancherebbero però ancora dei rimedi specifici e strumenti di tutela applicabili in caso di esito negativo per l’indagato/imputato del procedimento penale, specie se le vicende infauste di detti soggetti coinvolti riguardano vicende risalenti nel tempo e sia venuto meno un interesse attuale nella diffusione della notizia che li riguarda.
Per tutti questi casi infatti dovremmo ancora rifarci alle norme sul diritto all’oblio disciplinate dalla normativa privacy – più precisamente quelle contenute all’art. 17 del Regolamento UE n.679/16 che constano sicuramente di tempistiche ben più lunghe rispetto a quello previste dalla normativa introdotta con la recente riforma della giustizia.