Molto spesso ci si limita a pensare che possa essere registrata soltanto la parte verbale (o figurativa) di un marchio, dando così per scontati alcuni aspetti che, per le persone non “addette al settore”, passano nettamente in secondo piano: tra questi troviamo il marchio di colore, che di fatto alcune volte rappresenta l’identità visiva di un brand e che quindi, proprio per la sua funzione, può assumere in determinati contesti un significato particolarmente importante.

Nel presente articolo capiremo meglio cosa si intende per marchio di colore e cosa prevede la normativa in materia, tanto a livello europeo quanto a livello nazionale.

Cos’è il marchio di colore?

Occorre preliminarmente dire che il marchio di colore è solo un altro tipo di marchio esistente ma che, a differenza degli altri, è costituito unicamente dal colore ( o da diverse combinazioni di colore ) e non un marchio composto da elementi colorati; esempi tipici, e ormai celebri, di marchi di colore sono il celeste Tiffany o l’arancione identificativo della maison francese di moda Hermes.

La registrazione del colore come marchio, sebbene sia – a livello fattivo - un’attività piuttosto semplice, in realtà può avere delle implicazioni particolari, che possono rivelarsi delicate, proprio per questo nel corso degli anni tale tipo di registrazione è stata molto dibattuta anche in dottrina e giurisprudenza.

Consentire infatti, in maniera del tutto indiscriminata, la registrazione di qualsiasi gradazione di colore renderebbe impossibile l’utilizzazione di queste da parte di altri soggetti del settore e si arriverebbe così a limitare la concorrenza, uno dei principi cardine del mercato libero; al fine quindi, proprio di cercare di regolare questo particolare aspetto e indicare limiti e requisiti necessari per effettuare la registrazione di un colore come marchio, si sono susseguite diverse pronunce nel corso del tempo, da parte sia di giudici europei che italiani.

La normativa europea

A livello europeo occorre dire che in realtà non esiste una disciplina specifica che preveda la possibilità di registrare un colore come marchio.

Tuttavia l’art. 15 dell’accordo TRIPS (Accordo sugli aspetti commerciali dei diritti di proprietà intellettuale), prevede che oggetto della protezione possano essere

“…Qualsiasi segno, o combinazione di segni, che consenta di contraddistinguere i prodotti o i servizi di un’impresa da quelli di altre imprese, può costituire un marchio d’impresa. Tali segni, in particolare parole, compresi i nomi di persone, lettere, cifre, elementi figurativi e combinazioni cromatiche, nonché qualsiasi combinazione di tali segni, sono idonei ad essere registrati come marchi d’impresa. Qualora i segni non siano intrinsecamente atti a distinguere i corrispondenti beni o servizi, i Membri possono condizionare la registrabilità al carattere distintivo conseguito con l’uso. Essi inoltre possono prescrivere, come condizione per la registrazione, che i segni sian...

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Martina Cergnai
Laurea in diritto internazionale penale “I gender crimes nel diritto penale internazionale“ Iscritta all'Ordine degli Avvocati di Pistoia. Nel 2021 partecipa al Corso di Alta Formazione in Fashion Law presso l'Università Cattolica di Milano. Mi occupo di aspetti legali su proprietà intellettuale, marchi, brevetti, fashionlaw e diritto informatico.