Ti sei trasferito all’estero ma continui a seguire pazienti italiani online? L’iscrizione AIRE non basta: devi verificare residenza fiscale, gestire IVA sulle sedute B2C e capire se pagare ancora ENPAP o solo la previdenza estera.
- IVA su sedute online B2C a pazienti italiani: sempre 22% in Italia (art. 7-ter)
- ENPAP si evita invocando il Reg. UE 883/2004: paghi solo previdenza nel Paese dove lavori
- Imposte sui redditi: se nessuna base fissa in Italia, tributi solo all’estero (art. 14 Convenzioni)
Se sei un professionista italiano (psicologo) che si è trasferito all’estero stabilmente (con iscrizione AIRE), ma mantieni la tua attività, anche online, verso clienti italiani devi conoscere le regole del gioco. Sia sotto il profilo fiscale per le imposte dirette (sui redditi) che indirette (IVA), sia sotto il profilo contributivo ci sono disposizioni che devi conoscere per capire il modo corretto di operare in questa situazione specifica.
Indice degli argomenti
- Attenzione alla residenza fiscale
- Imposte sui redditi: quando paghi all’estero e quando in Italia
- IVA su sedute online: il nodo delle prestazioni B2C ai pazienti italiani
- ENPAP e previdenza estera: come evitare la doppia contribuzione
- La mia esperienza con psicologi espatriati: cosa verifico sempre
- Consulenza fiscale online per professionista all’estero
- Domande frequenti
- Riferimenti normativi
Attenzione alla residenza fiscale
Il punto di partenza di questa analisi è che il professionista abbia effettivamente trasferito la propria residenza fiscale all’estero. Come saprai l’iscrizione AIRE da sola non è sufficiente a dimostrare la residenza estera.
Sei residente fiscale in Italia se per almeno 183 giorni (184 in anno bisestile) risulti iscritto all’anagrafe italiana, oppure hai in Italia il domicilio o la residenza secondo il Codice Civile. Basta una sola di queste condizioni. L’iscrizione AIRE cancella il primo requisito, ma gli altri due rimangono potenzialmente attivi.
Il domicilio fiscale coincide con il luogo dove hai il centro dei tuoi interessi personali e familiari. Se tutti i tuoi pazienti sono italiani, fatturi a soggetti residenti in Italia e incassi compensi pagati da committenti italiani, l’Agenzia può sostenere che il tuo domicilio professionale è rimasto qui. La residenza fiscale ai sensi dell’art. 43 Codice Civile indica invece dove si concentrano le tue relazioni personali e familiari prevalenti.
Tradotto: se tua moglie e i tuoi figli vivono ancora a Milano, trascorri le vacanze in Italia, mantieni un appartamento a tuo nome e ritorni spesso nel Paese, il Fisco può ritenere che il tuo centro di vita sia rimasto qui. Conta la sostanza, non la forma. Ogni elemento viene valutato globalmente: movimenti bancari, utenze attive, abbonamenti sportivi, frequentazione di luoghi italiani documentata sui social. L’Agenzia delle Entrate incrocia banche dati e strumenti digitali predittivi per individuare trasferimenti fittizi.
Come difenderti da una contestazione di residenza
Hai due armi principali. La prima è la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e il Paese dove ti sei trasferito. Quando entrambi gli Stati ti considerano residenti fiscali sul proprio territorio (doppia residenza formale), la Convenzione prevede i cosiddetti tie-breaker: criteri di priorità per assegnare la residenza a un solo Paese.
Il primo tie-breaker guarda all’abitazione permanente: dove hai una casa a tua disposizione stabilmente. Se ce l’hai in entrambi i Paesi, si passa al secondo: il centro degli interessi vitali, cioè dove sono più stretti i legami personali ed economici. Terzo criterio: la dimora abituale, ovvero dove trascorri effettivamente più tempo. Quarto: la cittadinanza. Se anche questo non risolve, decide una procedura amichevole tra gli Stati.
La seconda arma è la prova documentale massiccia. Conserva tutto: contratti di affitto o atti di acquisto dell’immobile estero, bollette intestate, estratti conto bancari che mostrano l’operatività all’estero, certificati di residenza locale, iscrizioni a enti o associazioni del Paese estero, biglietti aerei e ferroviari, registri di presenza presso studi o strutture estere. Più documenti accumuli, meno margine lasci al Fisco per contestazioni.
Un elemento spesso sottovalutato: se mantieni l’iscrizione all’Albo italiano ma operi esclusivamente all’estero, considera di chiedere la sospensione dall’Albo o di specificare che eserciti solo fuori dall’Italia. L’iscrizione attiva alimenta la presunzione di attività italiana.
Imposte sui redditi: quando paghi all’estero e quando in Italia
Mettiamo che tu sia effettivamente residente fiscale all’estero. Devi comunque verificare dove tassare i compensi che percepisci. La regola generale per le professioni indipendenti si trova nell’articolo 14 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni (modello OCSE). Nei casi in cui la Convenzione con l’Italia non lo preveda occorre prendere a riferimento l’articolo 5 (sulla stabile organizzazione).
L’articolo 14 prevede che i redditi da professione indipendente siano tassati esclusivamente nel Paese di residenza del professionista, salvo che questi disponga di una base fissa nell’altro Stato. Se hai una base fissa in Italia, i redditi imputabili a quella base fissa sono tassabili anche in Italia.
Cosa significa base fissa? Un ufficio, uno studio, un locale stabile da cui eroghi abitualmente la tua attività professionale in Italia. Se ti trasferisci a Berlino ma mantieni uno studio a Roma dove ricevi pazienti quando torni in Italia, quella è una base fissa. Se invece lavori solo online dalla Germania, senza alcuna struttura fisica in Italia, non hai base fissa e i tuoi compensi si tassano solo in Germania.
Il caso dei compensi percepiti da pazienti italiani online
Lavori da Barcellona. Segui pazienti italiani esclusivamente online, tramite videochiamate. Non hai studio in Italia, non torni mai fisicamente per sedute. In questo scenario i tuoi redditi sono tassabili solo in Spagna, secondo l’articolo 14 della Convenzione Italia-Spagna.
Il committente italiano (il paziente) non deve applicarti alcuna ritenuta alla fonte, a patto che tu fornisca documentazione che provi la tua residenza fiscale estera. Puoi richiedere al committente di non applicare ritenute presentando un certificato di residenza fiscale rilasciato dall’autorità fiscale estera. In Italia questo avviene compilando il modello per la non applicazione delle ritenute previsto dall’art. 25 DPR n. 600/73.
Se il paziente è un privato, non essendo sostituto d’imposta, il problema non si pone. Ma se fatturi a una struttura italiana (clinica, ente, ASL) che agisce come sostituto d’imposta, dovrai bloccare la ritenuta del 30% esibendo la certificazione estera e invocando la Convenzione.
Operare con due partite IVA (italiana ed estera): quando è necessario
Attenzione, tuttavia, alla casistica del lavoro per pazienti italiani online mantenendo l’iscrizione all’Ordine italiano. In questo caso l’esercizio dell’attività passa attraverso il mantenimento della partita IVA italiana. In questo caso si crea la necessità di avere sia la partita IVA italiana sia quella estera (dello Stato di residenza), per poter rispettare l’applicazione dell’art. 14 della Convenzione. La doppia imposizione del reddito viene attenuata attraverso l’applicazione del credito per imposte assolte in Italia, nello Stato di residenza fiscale del professionista.
Assenza di Convenzione o redditi non coperti
Se ti trasferisci in un Paese con cui l’Italia non ha Convenzione, o se la Convenzione non copre le professioni indipendenti (raro ma possibile), i redditi prodotti in Italia restano tassabili in Italia secondo le norme interne. In questo caso, se presti servizi a committenti italiani che sono sostituti d’imposta, subirai la ritenuta del 30% a titolo d’imposta ai sensi dell’art. 25 DPR 600/1973.
IVA su sedute online: il nodo delle prestazioni B2C ai pazienti italiani
Molti psicologi all’estero pensano che, essendo residenti fuori dall’Italia, non debbano applicare IVA italiana. L’IVA segue regole di territorialità indipendenti dalla residenza fiscale del prestatore.
L’articolo 7-ter del DPR n. 633/72 stabilisce il criterio generale: nelle operazioni B2C (business to consumer), la prestazione è imponibile IVA nello Stato dove ha sede il prestatore del servizio. Quindi se tu, psicologo residente in Francia, fornisci una seduta online a un paziente privato italiano, la regola generale vorrebbe IVA francese.
Tuttavia esiste una deroga importante: l’articolo 7-septies prevede che alcune prestazioni rese a privati domiciliati fuori dall’UE non si considerino effettuate in Italia. Tra queste rientrano le “prestazioni di consulenza e assistenza tecnica o legale“. Ma i pazienti italiani sono dentro l’UE. Quindi questa deroga non si applica.
Leggi anche: Prestazioni IVA a privati extra-UE
La regola concreta per lo psicologo estero
Se tu, psicologo residente all’estero (diciamo in Germania), eroghi sedute online a pazienti privati italiani (persone fisiche non titolari di partita IVA), devi applicare IVA italiana al 22% sulla fattura. Questo perché il paziente è un soggetto privato UE e la prestazione si considera effettuata in Italia secondo l’articolo 7-ter.
In pratica: apri partita IVA in Italia (se ancora non ce l’hai), emetti fattura con IVA al 22%, versi l’IVA in Italia trimest ralmente, compili la dichiarazione annuale IVA italiana. Sì, anche se risiedi all’estero e paghi le tasse sul reddito in Germania.
Se invece il paziente fosse una società o un ente con partita IVA italiana (operazione B2B), la territorialità IVA seguirebbe il committente: la prestazione sarebbe imponibile in Italia con meccanismo del reverse charge. Tu emetteresti fattura senza IVA (con dicitura “Inversione contabile – art. 7-ter DPR 633/72”) e sarebbe il committente italiano a versare l’IVA.
Esenzione IVA per prestazioni sanitarie
Le sedute di psicoterapia individuale, di coppia, di gruppo rientrano tra le prestazioni esenti IVA ai sensi dell’art. 10 DPR n. 633/72, se erogate da psicologi iscritti all’Albo. L’esenzione vale anche se sei residente all’estero, purché tu sia iscritto all’Albo italiano e la prestazione sia qualificabile come sanitaria (diagnosi, cura, riabilitazione).
Quindi: fattura senza IVA, ma con marca da bollo di € 2 se l’importo supera € 77,47. Il 2% ENPAP va comunque indicato in fattura anche per le prestazioni esenti IVA, perché si calcola sul compenso lordo, non sull’imponibile IVA.
ENPAP e previdenza estera: come evitare la doppia contribuzione
Il grande dubbio: paghi ENPAP in Italia oppure solo la previdenza del Paese dove risiedi? La risposta dipende dal Regolamento UE 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale.
Il principio cardine del Regolamento 883/2004 è l’unicità della legislazione applicabile: sei soggetto alla previdenza di un solo Stato membro, quello dove eserciti abitualmente l’attività lavorativa. Se lavori stabilmente in Francia, segui la previdenza francese. Se lavori in Italia, segui ENPAP. Non puoi essere obbligato a pagare in entrambi i Paesi per la stessa attività.
Come funziona in pratica
Sei psicologo residente in Spagna. Operi da Barcellona, segui pazienti spagnoli e italiani online. Non hai base fissa in Italia. Secondo il Regolamento 883/2004, sei soggetto alla previdenza spagnola, perché l’attività si esercita abitualmente in Spagna. Non sei obbligato a iscriverti a ENPAP.
Se sei già iscritto a ENPAP perché l’hai aperta prima del trasferimento, puoi richiedere la cancellazione dall’ente previdenziale italiano esibendo il certificato di copertura previdenziale estera (il modulo A1 o equivalente rilasciato dall’ente previdenziale del Paese dove risiedi). Questo documento attesta che versi i contributi all’estero e ti consente di evitare la doppia contribuzione.
ENPAP potrebbe resistere sostenendo che, fatturando a committenti italiani, dovresti restare iscritto. Ma il Regolamento UE prevale sulla normativa interna. Se dimostri che la tua attività si svolge abitualmente all’estero, ENPAP deve riconoscere l’esenzione contributiva.
Se lavori in più Paesi
Svolgi l’attività sia in Italia che all’estero? Per esempio: segui pazienti in studio a Milano due giorni a settimana e lavori online da Lisbona il resto del tempo. In questo caso devi verificare dove si concentra la parte sostanziale dell’attività (art. 13, comma 2, Reg. 883/2004). Se superi il 25% del tempo di lavoro o del reddito in Italia, potresti dover restare soggetto a previdenza italiana.
La casistica è complessa. Serve analisi individuale con documentazione precisa dei giorni lavorati in ogni Paese e dei redditi conseguiti in ciascuno. L’ente previdenziale competente rilascia il modulo A1 che certifica quale legislazione si applica.
Mantenere l’anzianità contributiva ENPAP
Se cancelli ENPAP ma vuoi preservare l’anzianità accumulata, puoi valutare il contributo di solidarietà previsto dal regolamento ENPAP per chi si cancella ma vuole mantenere la posizione attiva. È una quota ridotta che consente di non perdere gli anni già maturati. Verifica con ENPAP le condizioni specifiche.
La mia esperienza con psicologi espatriati: cosa verifico sempre
Nella mia pratica quotidiana ho seguito anche psicologi italiani trasferiti all’estero che continuano a lavorare online con pazienti italiani. Il problema ricorrente? La sottovalutazione della residenza fiscale. Molti pensano che l’AIRE chiuda la questione, salvo poi ricevere accertamenti dell’Agenzia delle Entrate due o tre anni dopo il trasferimento.
Quando un collega psicologo mi contatta per una situazione di espatrio, il mio approccio prevede tre passaggi. Primo: verifico la sostanza della residenza confrontando iscrizione AIRE, presenza fisica all’estero (con estratti conto, contratti di affitto, bollette), provenienza geografica dei compensi, mantenimento di legami familiari o patrimoniali in Italia. Secondo: analizzo la Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e il Paese estero per individuare i tie-breaker applicabili e i criteri di tassazione per le professioni indipendenti (articolo 14). Terzo: valuto la posizione previdenziale invocando il Regolamento UE 883/2004 per evitare doppia contribuzione a ENPAP e cassa estera.
Particolare attenzione poi, deve essere prestata a tutte quelle situazioni in cui si rende necessario mantenere aperta la partita IVA italiana. In questi casi la gestione della posizione autonoma in due stati diversi potrebbe essere complessa da gestire, soprattutto in periodi medio/lunghi. Inoltre, questo tipo di situazione si intreccia con i possibili controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate, al fine di verificare l’effettiva residenza fiscale quando il domicilio professionale rimane in Italia (mantenimento dei principali clienti in Italia). In questi casi è fondamentale preparare una robusta documentazione per dimostrare che l’attività si svolge effettivamente all’estero (registro sedute con timestamp, IP di connessione, strumenti di videochiamata usati, contratti di affitto studio estero).
Consulenza fiscale online per professionista all’estero
Stai pensando di trasferirti all’estero ma vuoi continuare a seguire pazienti italiani? Hai già effettuato il trasferimento e non sai se la tua posizione fiscale e previdenziale è corretta? Ogni caso va analizzato individualmente, perché le conseguenze di errori nella gestione della residenza fiscale, dell’IVA o di ENPAP possono essere pesanti.
Come posso aiutarti:
- Verifica della tua effettiva residenza fiscale con analisi documentale completa (presenza fisica, legami familiari, provenienza redditi, base fissa);
- Applicazione corretta delle Convenzioni contro le doppie imposizioni (art. 14, tie-breaker, base fissa);
- Gestione IVA su prestazioni online B2C e B2B a pazienti italiani (esenzioni sanitarie, territorialità, adempimenti);
- Assistenza in caso di contestazione dell’Agenzia delle Entrate su residenza o base fissa in Italia.
Non improvvisare su temi fiscali internazionali: un errore di valutazione sulla residenza può costarti migliaia di euro di tasse arretrate, sanzioni e interessi. Contattami per una consulenza personalizzata e mettiamo in sicurezza la tua posizione prima che l’Agenzia delle Entrate bussi alla porta.
Domande frequenti
Dipende dalla natura della prestazione. Le sedute di psicoterapia (diagnosi, cura, riabilitazione) sono esenti IVA ai sensi dell’art. 10 DPR n. 633/72, anche se tu risiedi all’estero. Emetti fattura senza IVA, e apponi marca da bollo di € 2 se l’importo supera € 77,47.
Sì, invocando il Regolamento UE 883/2004 sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale. Se la tua attività si svolge abitualmente all’estero (lavori da uno studio estero, risiedi stabilmente fuori dall’Italia, non hai base fissa in Italia), sei soggetto alla previdenza del Paese dove operi. Devi richiedere all’ente previdenziale estero il certificato A1 (o equivalente) che attesta la copertura previdenziale in quel Paese.
Sì, a condizione che tu non abbia base fissa in Italia e che il tuo centro di interessi vitali sia effettivamente all’estero. Secondo l’articolo 14 delle Convenzioni contro le doppie imposizioni, i redditi da professione indipendente sono tassati solo nello Stato di residenza del professionista, salvo che questi disponga di una base fissa (ufficio, studio fisico) nell’altro Stato.
Riferimenti normativi
- D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 (TUIR), art. 2, 3, 23, 25
- D.P.R. 29 settembre 1973 n. 600, art. 25 – Ritenute sui compensi a non residenti
- D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633, art. 7-ter, 7-septies e 10
- Modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni, art. 14