Nel corso della vita di un’impresa si rende spesso necessaria l’esigenza di redigere bilanci riferiti ad archi temporali più ristretti rispetto a quelli che interessano i bilanci d’esercizio, e ciò principalmente al fine di monitorare l’andamento della gestione e di misurare il grado di coerenza delle azioni strategiche rispetto agli obiettivi di medio/lungo termine fissati dagli amministratori. Per distinguerli da quelli d’esercizio, che generalmente fanno riferimento ad un periodo di dodici mesi, vengono definiti intermedi, o anche infrannuali, e possono avere cadenze temporali differenti che variano a seconda di una serie di parametri, come la dimensione aziendale, il contesto socio-economico nel quale l’impresa opera e le esigenze informative che per il loro tramite si intendono soddisfare.
Hanno in genere uno scopo informativo a contenuto interno e la loro redazione non richiede necessariamente il rispetto di tutte le formalità previste per la redazione dei bilanci d’esercizio, in quanto, rispetto a questi ultimi, differenti sono gli scopi che attraverso i medesimi si vogliono raggiungere.
Per determinate circostanze, però, è il codice civile a richiamarne l’obbligatorietà, dettando i principi generali che occorre rispettare per la loro redazione. È il caso, ad esempio, di tutte le operazioni che possono avere incidenza sul capitale sociale, come quelle ne comportano la riduzione (anche nel caso di perdite) o l’aumento, o sulla situazione economico-finanziaria dell’impresa, come per le emissione di un prestito obbligazionario o le operazione di fusione o scissione.
Le norme del codice che regolano questi ed altri specifici casi sono interpretate ed integrate dal principio contabile OIC 30, che è stato emanato ad aprile 2006 sostituendo il precedente principio n. 30 elaborato nel 2002 dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dal Consiglio Nazionale dei Ragionieri.
I Bilanci Intermedi
Un bilancio intermedio, anche noto con il termine di infrannuale, è un documento contabile che espone la situazione patrimoniale ed economica riferita ad un periodo inferiore ai dodici mesi, la cui cadenza temporale può assumere configurazioni diverse a seconda delle esigenze informative, sia interne che esterne, che si tendono a soddisfare. Generalmente, l’arco di tempo a cui si riferisce abbraccia un periodo di tre o sei mesi, per cui, prima del bilancio annuale, che di regola si chiude al 31/12, possono aversi tanti bilanci intermedi a seconda del periodo di base scelto (così, se si sceglie il trimestre come periodo di riferimento si avranno quattro bilanci intermedi, mentre se si considera il semestre se ne avranno due).
Data la loro funzione meramente informativa e il differente carattere temporale che presentano rispetto ai bilanci d’esercizio e consolidati, non necessariamente devono essere strutturati come questi ultimi, ovvero comporsi di Stato Patrimoniale, Conto Economico e Nota Integrativa, essendo possibile ricorrere a forme rappresentative molto più snelle per rendere più semplice ed immediata l’informativa contabile richiesta.
Ciononostante, i bilanci intermedi devono essere redatti nel rispetto dei principi indicati nel codice civile riferiti ai bilanci d’esercizio, ed in particolare della clausola generale contenuta nel secondo comma dell’art. 2423, secondo cui:
“deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria della società e il risultato economico dell’esercizio.”
Come anticipato, i bilanci intermedi possono essere redatti in tutte quelle circostanze che richiedono il soddisfacimento di specifiche e diverse esigenze informative, come ad esempio monitorare l’andamento aziendale in corso d’anno ed analizzare la coerenza delle azioni strategiche rispetto agli obiettivi prefissati, o fornire informazioni sullo stato di salute dell’azienda e sull’impatto che particolari eventi di carattere eccezionale possono generare sulla situazione patrimoniale, finanziaria ed economica. Al riguardo, è il caso di sottolineare come il bilancio intermedio possa essere un indice molto importante ai fini della verifica periodica della continuità aziendale nell’ambito della normativa della crisi d’impresa e della composizione negoziata (D.LGS. n.14/2019 – L. n. 147/2021). Infatti, le relative disposizioni spingono l’imprenditore ad effettuare periodicamente monitoraggi sullo stato di salute dell’azienda attraverso la redazione di bilanci intermedi, al fine di evitare il verificarsi delle condizioni che possano portano ad uno stato di crisi ed eventualmente programmare tutti gli interventi ritenuti idonei a tale scopo.
Le esigenze informative alla base dei bilanci intermedi possono nascere sia da vincoli legislativi – nel qual caso la loro redazione, al verificarsi di determinate condizioni, sarà obbligatoria -, che da libere scelte degli amministratori, che volontariamente potranno decidere quale forma espositiva dei dati contabili adottare e a quale periodo intermedio far riferire gli stessi.
Principio contabile OIC 30
Il principio contabile OIC 30 si occupa di tutti quei casi nei quali la redazione dei bilanci intermedi è richiesta dalle norme del codice civile, fornendo le necessarie indicazioni affinché soddisfino adeguatamente i requisiti dettati dalla legge.
Pubblicato ad aprile del 2006, sostituisce il precedente principio n. 30 emanato nel gennaio 2002 a cura del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e del Consiglio Nazionale dei Ragionieri. L’esigenza di pubblicare un nuovo documento interpretativo è nata in ragione della riforma del Diritto Societario di cui al D.LGS. n. 6/2003, che ha introdotto diverse novità sulla disciplina delle società. Di queste, l’OIC ne ha tenuto conto aggiornando il vecchio principio contabile OIC 1 sui principali effetti della riforma del diritto societario sulla redazione del bilancio d’esercizio (edizione ottobre 2004), per cui si è resa necessaria la revisione anche del documento n. 30 (edizione gennaio 2002) al fine di coordinarne il testo con le nuove regole contabili introdotte dall’OIC 1.
Le principali modifiche appartate al precedente principio contabile n. 30 hanno riguardato principalmente l’eliminazione delle parti relative al confronto tra le regole contabili in esso riportate e quanto in merito fissato dai principi contabili internazionali IAS. Inoltre, si è provveduto ad eliminare anche le parti che il principio contabile dedicava ai bilanci intermedi di società quotate in mercati regolamentati, in quanto per le società che applicano i Principi contabili internazionali la redazione dei bilanci intermedi deve essere effettuata rispettando i dettami indicati dallo IAS 34 “Bilanci intermedi”. Ciononostante, l’OIC 30 riporta, per sola utilità del lettore, anche la normativa su tali bilanci e sulle relative relazioni semestrali e trimestrali.
Oltre ai bilanci redatti da società quotate nei mercati regolamentati, il principio OIC 30 non trova applicazione anche per quei bilanci intermedi definiti straordinari, predisposti, cioè, in occasione del verificarsi di particolari eventi straordinari, che hanno scopi e sono redatti con criteri diversi dai bilanci d’esercizio. Ne sono esempi i bilanci intermedi redatti in occasione di trasformazioni, conferimenti e liquidazioni. Tuttavia, non sono considerati bilanci straordinari le situazioni patrimoniali redatte dalle società partecipanti alla fusione (art. 2501-quater) ed alla scissione (art. 2504-novies), per cui tali fattispecie sono disciplinate dal principio in esame. Non vi rientrano, invece, i bilanci annuali in fase di liquidazione previsti dall’art. 2490 cod. civ.
L’OIC 30 è rivolto alla generalità delle imprese, ad eccezione di quelle che operano in settori particolari (come ad es.: gli enti creditizi e finanziari, le imprese assicurative, fiduciarie, di pubblici servizi, ecc.), che possono presentare aspetti peculiari regolati da specifiche normative.
Bilanci intermedi nella legislazione civilistica
L’OIC 30 fornisce indicazioni sulla composizione ed il contenuto dei bilanci intermedi in tutti casi in cui la loro redazione è resa obbligatoria dal codice civile o si renda necessaria per tutte quelle circostanze in cui le società pongono in essere operazioni sul capitale proprio o intendono procedere all’emissione di prestiti obbligazionari. Nello specifico, le situazioni indicate e regolate dal principio contabile che possono generare la necessità di redigere un bilancio intermedio sono le seguenti:
- riduzione del capitale sociale per perdite;
- riduzione del capitale sociale;
- emissione di un prestito obbligazionario;
- distribuzione di acconti sui dividendi;
- aumento gratuito del capitale sociale mediante imputazione di riserve;
- acquisto di azioni proprie;
- delibere di fusione e scissione.
Riduzione del capitale sociale per perdite (artt. 2446 e 2447 cod. civ.)
Il primo caso affrontato dal principio contabile riguarda la riduzione del capitale sociale per perdite regolato dagli artt. 2446 e 2447 cod. civ.
È il comma 1 dell’art. 2446 a richiamare la necessità, in capo agli amministratori, di provvedere alla redazione di una situazione patrimoniale della società nella circostanza in cui il capitale sociale dovesse ridursi di oltre un terzo al seguito del conseguimento di una perdita. Nello specifico viene previsto che
“Quando risulta che il capitale è diminuito di oltre un terzo in conseguenza di perdite, gli amministratori o il consiglio di gestione, e nel caso di loro inerzia il collegio sindacale ovvero il consiglio di sorveglianza, devono senza indugio convocare l’assemblea per gli opportuni provvedimenti. All’assemblea deve essere sottoposta una relazione sulla situazione patrimoniale della società, con le osservazioni del collegio sindacale o del comitato per il controllo sulla gestione. La relazione e le osservazioni devono restare depositate in copia nella sede della società durante gli otto giorni che precedono l’assemblea, perché i soci possano prenderne visione. Nell’assemblea gli amministratori devono dare conto dei fatti di rilievo avvenuti dopo la redazione della relazione”
La norma è stata posta al fine di garantire l’integrità del capitale, che rappresenta una forma di garanzia per i creditori e per tutti i soggetti terzi che hanno rapporti contrattuali con la società, e che controbilancia il regime di responsabilità che contraddistingue le società di capitali, specificamente previsto e regolato dal comma 1 dell’art. 2325.
Per comprovare che la perdita subita dalla società abbia eroso il capitale sociale di oltre un terzo, occorre verificare se la somma delle perdite indicate alle voci VIII e IX del patrimonio netto (classe A- del passivo dello Stato Patrimoniale), al netto delle riserve indicate nelle altre voci, risulti superiore ad un terzo rispetto al capitale sociale indicato alla voce I. Alternativamente, e più semplicemente, si può operare il confronto tra l’ammontare complessivo del patrimonio netto e il capitale sociale: quando il primo è inferiore ai due terzi rispetto al secondo, si dovrà procedere alla riduzione di quest’ultimo.
Secondo il dato normativo, quando si verifica la diminuzione del capitale a seguito delle perdite, gli amministratori (o il consiglio di gestione) dovranno convocare immediatamente l’assemblea per prendere tutti i provvedimenti necessari al fine di ripianare la perdita e tutelare l’integrità del capitale. L’assemblea, dopo aver visionato la situazione patrimoniale, la relazione dell’organo amministrativo e le osservazioni del collegio sindacale (o del comitato per il controllo sulla gestione), e dopo aver analizzato tutte le altre informazioni eventualmente richieste, sarà chiamata a prendere i necessari provvedimenti, disponendo la riduzione del capitale per coprire le perdite e chiederne eventualmente la ricostruzione. L’organo amministrativo, però, può avere evidenza della riduzione del capitale anche dopo che l’esercizio si sia chiuso e prima che l’assemblea approvi il bilancio.
In tal caso, dovrà convocare l’assemblea per far approvare il bilancio senza considerare la perdita accertata dall’organo amministrativo, per poi procedere a deliberare, sulla base di una situazione patrimoniale aggiornata, sugli opportuni provvedimenti da adottare in relazione al capitale. La struttura e il contenuto della situazione patrimoniale in base alla quale l’assemblea è chiamata a deliberare non sono dettagliati dal codice civile, ma si ritiene (e in tal senso sono orientate diverse pronunce della giurisprudenza) che tale situazione debba essere rappresentata dallo Stato Patrimoniale e dal Conto Economico, redatti secondo quanto disposto dalle norme del codice civile e dai principi contabili in merito ai bilanci d’esercizio, evidenziando tutti i necessari elementi al fine di valutare adeguatamente la prospettiva della continuità aziendale.
Quanto disposto dall’art. 2446, comma 1 è applicabile anche al caso della riduzione del capitale sociale al di sotto del limite legale regolato dall’art. 2447 cod. civ.
Riduzione del Capitale Sociale (art. 2445 cod. civ.)
Il secondo caso affrontato riguarda la possibilità in cui la società decida di ridurre il capitale sociale per ragioni diverse da quelle analizzate al punto precedente. Le norme che regolano questa fattispecie sono contenute nell’art. 2445 cod. civ., che, in quanto operazione che comporta un’effettiva riduzione del patrimonio sociale ed è quindi potenzialmente pericolosa per i creditori e per i soci di minoranza, detta tutte le condizioni affinché si possa dar luogo ad una riduzione del capitale e le modalità attraverso cui possa espletarsi. Ai sensi del comma 1, la riduzione può avere luogo secondo due modalità:
- mediante liberazione dei soci dall’obbligo dei versamenti ancora dovuti;
- mediante rimborso del capitale ai soci.
Il capitale sociale, inoltre, non può essere ridotto al di sotto del minimo legale o di quello maggiore fissato dalle leggi speciali, e la deliberazione può essere eseguita solo dopo che siano trascorsi novanta giorni dal giorno che la stessa sia iscritta nel registro delle imprese. Tale termine viene fissato per permettere ai creditori sociali di fare opposizione alla delibera qualora ritengano che l’operazione di riduzione del capitale possa ragionevolmente pregiudicare i propri diritti.
La deliberazione in merito spetta all’organo assembleare, i cui componenti potrebbero, durante l’adunanza, richiedere all’organo amministrativo una relazione dettagliata sulla proposta di riduzione del capitale sociale, eventualmente accompagnata da una situazione patrimoniale aggiornata da cui possano evincersi, tra gli altri, anche dati relativi ad eventi verificatisi dopo la data di chiusura dell’ultimo bilancio approvato e che abbiano inciso in modo considerevole sul patrimonio sociale.
Emissione di prestiti obbligazionari (art. 2410 cod. civ.)
Altra ipotesi in cui si rende necessaria la redazione del bilancio intermedio è rappresentata dall’emissione di prestiti obbligazionari, regolata per le sole società per azioni dall’art. 2410 cod. civ. ed applicabile, secondo quanto previsto dall’art. 2454 cod. civ, anche per le società in accomandita per azioni, mentre è esclusa per le società a responsabilità limitata, per le quali è prevista la sola possibilità, a determinate condizioni, di emettere titoli di debito (art. 2482 cod. civ.).
Ai sensi dell’art. 2410 cod. civ., se la legge o lo statuto non dispongono diversamente, l’emissione di obbligazioni è deliberata dagli amministratori, la cui delibera deve risultare da verbale redatto da un notaio e depositata ed iscritta nel registro delle imprese.
L’art. 2412 cod. civ. pone, invece, un limite generale all’emissione delle obbligazioni, disponendo al primo comma che:
“La società può emettere obbligazioni al portatore o nominative per somma complessivamente non eccedente il doppio del capitale sociale, della riserva legale e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio approvato. I sindaci attestano il rispetto del suddetto limite”.
I commi successivi, poi, prevedono specifiche deroghe a tali limiti. La norma contenuta nel primo comma indica, quale documento cui fare riferimento per la verifica del limite indicato, “l’ultimo bilancio approvato”, per cui sembrerebbe esclusa l’ipotesi, almeno secondo la legge, di ricorrere alla redazione di un bilancio intermedio. Di contrario avviso è la giurisprudenza, che in molte pronunce ha ravvisato la possibilità di redigere un bilancio intermedio secondo i principi di redazione e valutativi dettati dal codice civile per il bilancio d’esercizio, costituito dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Economico e dalla Nota Integrativa. L’unica condizione che la giurisprudenza pone in merito alla validità di tale bilancio, è che la relativa approvazione sia avallata da una specifica delibera dell’assemblea. Si rende opportuno, inoltre, che l’organo amministrativo rediga una specifica relazione attraverso cui rendere note le motivazioni alla base della proposta di emissione di un prestito obbligazionario, evidenziando in particolare gli aspetti legati all’utilizzo delle risorse finanziarie che possono confluire all’impresa mediante la sua emissione e al recupero dell’investimento ai fini di giustificare il piano di rimborso.
Distribuzione di acconti sui dividendi (art. 2433-bis cod. civ.)
L’art. 2433-bis cod. civ. prevede che, a determinate condizioni, possano essere distribuiti, in corso d’anno o al termine del periodo amministrativo, acconti sui dividendi per i possessori di azioni. Nello specifico, stabilisce che la distribuzione:
- è consentita solo alle società il cui bilancio è assoggettato per legge a revisione legale dei conti;
- deve essere prevista dallo statuto e deliberata dagli amministratori previo giudizio positivo sul bilancio dell’esercizio precedente rilasciato dal soggetto incaricato ad effettuare la revisione dei conti;
- non è consentita se dall’ultimo bilancio approvato risultino perdite relative all’esercizio o a esercizi precedenti;
- non può superare la minore somma tra l’importo degli utili in corso, al netto della quota destinata a riserva legale e statutaria, e quello delle riserve disponibili;
- deve risultare da un prospetto contabile e da una relazione, assoggettati al parere della società di revisione, dai quali risulti che la situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società consenta tale distribuzione.
Il codice civile, relativamente a tale prospetto (che sostanzialmente corrisponde ad un bilancio intermedio se la distribuzione avviene in corso d’anno), si limita ad indicarne l’obbligatorietà ma non specifica da quali documenti debba essere composto. Al riguardo si ritiene che il legislatore faccia implicito riferimento a due dei documenti che compongono il bilancio d’esercizio, ovvero allo Stato Patrimoniale e al Conto Economico, redatti secondo i crismi dettati dal codice, dai quali è possibile ottenere una rappresentazione della situazione patrimoniale, economica e finanziaria della società così come richiesto dalla norma.
Quanto alla relazione, invece, si esclude che essa debba essere assimilata al documento di Nota Integrativa e quindi essere redatta secondo i dettami del codice. Pertanto, si ritiene che l’organo amministrativo sia libero quanto a contenuti e forma, purché si garantisca l’indicazione dettagliata dei criteri di valutazione adottati nella stesura del prospetto contabile e l’importo degli utili in corso rapportati alle riserve distribuibili al fine di determinare la somma massima disponibile per la distribuzione degli acconti.
Aumento gratuito del Capitale Sociale mediante imputazione di riserve (art. 2442 cod. civ.)
L’aumento gratuito (o nominale) del capitale sociale è un’operazione contabile che non comporta il versamento di ulteriori conferimenti rispetto a quelli già effettuati in sede di costituzione o in momenti successivi della vita sociale, per cui il patrimonio della società, a seguito della stessa, risulterà invariato.
Secondo quanto previsto dall’art. 2442, cod. civ., l’aumento, deliberato dall’assemblea straordinaria, può essere effettuato imputando a capitale le riserve e gli altri fondi iscritti in bilancio in quanto disponibili. Sarà quindi necessario avere come riferimento un bilancio da cui risulti l’iscrizione delle relative poste, anche se il codice non specifica se deve essere redatto ex-novo in occasione dell’operazione di aumento del capitale o possa a tal fine farsi riferimento ad un bilancio già esistente ed approvato. Nella prassi è consolidata l’idea che se si intendono utilizzare ai fini dell’operazione solo le riserve accantonate alla fine del precedente esercizio, si deve fare riferimento all’ultimo bilancio approvato, mentre se si vogliono utilizzare nuove riserve costituite eventualmente dopo la chiusura dell’esercizio sarà opportuno redigere un bilancio intermedio rispettando tutte le norme relative al bilancio d’esercizio.
Acquisto di azioni proprie (art. 2357 cod. civ.)
Le società per azioni possono compiere, nel rispetto delle condizioni e dei limiti posti dal legislatore, specifiche operazioni sulle proprie azioni, che possono consistere sia nel loro acquisto che nella loro sottoscrizione. Tali operazioni sono sottoposte ad una disciplina piuttosto rigida in quanto ritenute pericolose soprattutto sotto il profilo dell’integrità del capitale sociale, poiché, sostanzialmente, con l’acquisto o la sottoscrizione di proprie azioni non si realizza un effettivo incremento dello stesso. A ragione di ciò, la legge (art. 2357 cod. civ.) prevede una serie di vincoli e condizioni per l’effettuazione di tali operazioni, disponendo in particolare che:
- l’acquisto di proprie azioni è un’operazione consentita solo nei limiti degli utili distribuibili e delle riserve disponibili risultanti dall’ultimo bilancio regolarmente approvato;
- possono essere acquistate solo azioni interamente liberate;
- l’acquisto deve essere autorizzato dall’assemblea;
- il valore nominale delle azioni acquistate dalle società che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio non può eccedere la quinta parte del capitale sociale.
Anche in questo caso la norma non prevede la redazione di un bilancio intermedio, in quanto viene indicato che occorre fare riferimento all’ultimo bilancio regolarmente approvato. Tale possibilità, però, non è esclusa, per cui nulla vieta che l’organo amministrativo possa redigerlo, nel qual caso dovrà comunque essere sottoposto all’assemblea per l’approvazione.
Fusione e scissione
Relativamente alla fusione, il codice, all’art. 2501-quater, dispone che l’organo amministrativo, tra gli altri, ha il compito di redigere, con l’osservanza delle norme che regolano il bilancio d’esercizio, la situazione patrimoniale delle società interessate all’operazione, precisando che questa può essere sostituita dal bilancio dell’ultimo esercizio se lo stesso è stato chiuso non oltre sei mesi prima del giorno del deposito del progetto di fusione.
Al riguardo si ritiene che la situazione patrimoniale a cui fa riferimento la norma sia da intendersi come un bilancio intermedio costituito dallo Stato Patrimoniale e dal Conto Economico, in quanto idonei a valutare sia la capacità finanziaria, patrimoniale ed economica delle società partecipanti alla fusione, sia le cause delle eventuali variazioni intercorse successivamente alla data di riferimento dell’ultimo bilancio approvato. Si ritiene, inoltre, che occorre corredare il bilancio anche della Nota Integrativa.
Le medesime considerazioni valgono anche in caso di scissione (art. 2506-ter cod. civ., comma 1).
I Bilanci Intermedi secondo i Principi Contabili Nazionali
Analizzate le ipotesi in cui si rende obbligatoria la redazione dei bilanci intermedi, il principio contabile OIC 30 si sofferma sulle modalità di presentazione e redazione di tali bilanci, i quali, come già specificato, hanno una funzione informativa ad uso esterno e che, proprio in ragione della loro differenza rispetto alle funzioni che un bilancio d’esercizio è chiamato ad assolvere (tra cui rientra, ovviamente, anche quella informativa), possono essere predisposti con un minor livello di dettaglio informativo e con modalità di rappresentazione più snelle. In ogni caso saranno considerati come dei veri e propri bilanci d’impresa, che, essendo pubblici, dovranno rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria nonché il risultato economico della società.
Il principio contabile, a tal proposito, consiglia di evitare l’uso di titoli come “bilancio” se questo viene redatto in difformità alle norme che regolano il bilancio d’esercizio. Inoltre, saranno in ogni caso tenute a precisare che si tratta di rappresentazioni contabili delimitate a periodi inferiori all’esercizio, potendosi utilizzare a tal fine anche i termini usati dal legislatore ed analizzati in precedenza, come “relazione trimestrale/semestrale”, “prospetto contabile” o “situazione patrimoniale”. In Nota Integrativa, infine, oltre a riportare tutte le informazioni sulle varie poste del bilancio, si dovrà chiaramente evidenziare che nella stesura dei relativi prospetti sono state utilizzate modalità di rappresentazione semplificate.
Di seguito si riportano le regole che il principio contabile stabilisce per la redazione dei bilanci intermedi.
- LA RAPPRESENTAZIONE DEI DATI CONTABILI
I documenti che compongono un bilancio intermedio sono rappresentati, dallo Stato Patrimoniale, dal Conto Economico e dalla Nota Integrativa (definita dal principio contabile anche come “Nota Illustrativa”), mentre non è prevista l’obbligatorietà di predisporre il Rendiconto Finanziario, anche se se ne consiglia la redazione.
Gli schemi che devono essere adottati sono quelli previsti dagli artt. 242 e 2425 cod. civ., anche se talune voci, qualora non alterino l’informativa di bilancio, possono essere aggregate. In ogni caso, la massima aggregazione consentita sarà rappresentata:
- per lo Stato Patrimoniale, almeno dalle voci precedute da numeri romani,
- per il Conto Economico, almeno dalle voci precedute da numeri arabi.
È poi consigliato, al fine di consentire la comparabilità nel tempo dei bilanci intermedi, non modificare in corso d’anno la modalità di aggregazione adottata, a meno che ciò non sia ritenuto opportuno per garantire un maggiore dettaglio informativo. Inoltre, sempre per lo stesso principio, è buona norma riportare il raffronto dei dati contabili con quelli registrati nel periodo precedente o anche con i dati dell’ultimo esercizio.
Quanto alla Nota Integrativa, è prevista la possibilità di limitarne il contenuto rispetto a quanto previsto dal codice per il bilancio d’esercizio, laddove ciò, ovviamente, non pregiudichi l’informativa contabile. In ogni caso, salva la responsabilità dei redattori dei bilanci nel decidere quali informazioni ritengano siano essenziali da riportare, il contenuto minimo della Nota Integrativa, secondo l’OIC 30, deve essere il seguente:
- descrizione dei principi e dei criteri di valutazione adottati;
- nel caso di cambiamento di principi contabili, descrizione del nuovo principio e dell’effetto del cambiamento sul bilancio;
- descrizione di effetti significativi sull’utile dovuti a stagionalità o a fatti rilevanti di natura non ricorrente;
- voci di bilancio per le quali sono state effettuate stime in quanto i valori reali risulteranno solo alla fine dell’esercizio (come ad es. i premi di fine anno);
- eventi successivi che si reputano avere impatti rilevanti sul bilancio intermedio;
- impegni e passività potenziali ;
- effetti derivanti da operazioni straordinarie, come fusioni, scissioni, scorpori;
- variazioni verificatesi in relazioni alle voci del patrimonio netto.
Principi di Redazione
Ai bilanci intermedi dovranno applicarsi i criteri di redazione previsti per il bilancio d’esercizio, nonché le disposizioni interpretative ed integrative contenute nei principi contabili nazionali.
Pertanto, ogni periodo intermedio sarà considerato come un esercizio di portata più limitata rispetto a quello a cui si riferisce il bilancio d’esercizio, con la conseguenza che occorrerà rispettare tutti i postulati del bilancio. Così, ad esempio, la contabilizzazione dei componenti positivi e negativi di reddito dovrà essere effettuata rispettando il principio della competenza economica in riferimento al periodo a cui il bilancio intermedio si riferisce. Allo stesso modo, si dovranno tenere in considerazione anche gli accadimenti avvenuti in data successiva a quella di chiusura del bilancio intermedio se esistenti alla data a cui questo si riferisce e se considerati d’impatto sulla situazione patrimoniale.
Principi di Valutazione
Per la valutazione delle poste contabili dei bilanci intermedi si dovranno utilizzare i criteri previsti per la redazione del bilancio d’esercizio, unitamente a quanto in merito disposto, in via interpretativa ed integrativa, dai principi contabili nazionali. In taluni casi, però, data la natura di alcune voci di bilancio, occorrerà adottare dei criteri specifici di valutazione che possono discostarsi da quelli generali validi per il bilancio d’esercizio. Si riportano di seguito alcuni esempi trattati dall’OIC 30 che possono verificarsi nella pratica contabile:
- Costi di ricerca e sviluppo. Generalmente tali costi vengono imputati a Conto Economico nel momento del loro sostenimento. In alternativa è prevista, però, anche la possibilità, secondo specifiche condizioni, di capitalizzarli come attività immateriali e successivamente ammortizzarli. Se l’impresa dovesse adottare quest’ultimo metodo, potrebbero esserci difficoltà applicative dipese dal fatto che non sempre risulta possibile verificare il rispetto delle condizioni previste relativamente al ristretto periodo considerato (quali la realizzabilità del progetto, la recuperabilità dei costi tramite ricavi futuri generati dallo stesso, la sua chiara definizione, l’identificabilità e la misurabilità dei relativi costi). Per tale ragione, il metodo della capitalizzazione risulta inapplicabile per queste tipologie di costi in quanto pregiudizievole del principio della veridicità e della correttezza del bilancio.
- Costi di manutenzione. Tali costi, il cui sostenimento è programmato in determinati periodi dell’anno, non possono essere oggetto di accantonamento nei bilanci intermedi dei periodi precedenti, in quanto vige la regola generale secondo cui i costi devono essere indicati nei bilanci intermedi quando vengono effettivamente sostenuti o, se dipendono dal passare del tempo, quando maturano. Di conseguenza, i costi di manutenzione programmati in determinati periodi dell’anno devono essere imputati a Conto Economico quando effettivamente vengono sostenuti o quando effettivamente maturano.
- Premi di fine anno. Generalmente tali premi sono commisurati ai volumi di vendita realizzati nell’arco di un anno, per cui solo al termine di un determinato esercizio se ne potrà quantificare il reale importo. Sono questi esempi di costi o ricavi che maturano su base annua, dei quali, però, l’impresa non può non tener conto della parte di competenza del periodo a cui il bilancio intermedio si riferisce. Occorrerà, pertanto, effettuare delle oculate stime per determinarne la frazione di tali costi o ricavi da imputare al Conto Economico del periodo considerato, contemperando il rispetto del principio di competenza economica con quello dello prudenza, al fine di evitare che il bilancio risulti inattendibile e non corretto.
- Ammortamento delle immobilizzazioni. L’ammortamento deve essere effettuato per i soli cespiti disponibili e pronti per l’uso durante il periodo di riferimento del bilancio intermedio, ricorrendo all’uso dell’aliquota annua ridotta in proporzione al periodo intermedio. È escluso, invece, l’ammortamento per immobilizzazioni che saranno disponibili e pronte per l’uso durante altri periodi dell’anno diversi da quello a cui il bilancio intermedio si riferisce. Così, ad esempio, se un cespite viene acquistato nel primo trimestre ma utilizzato a partire dal secondo, l’ammortamento non dovrà essere calcolato ed imputato al bilancio intermedio che si riferisce ai primi tre mesi, ma dovrà essere considerato a partire da quelli successivi.
- Valutazione delle rimanenze di magazzino. La valutazione delle rimanenze risultanti alla fine del periodo intermedio deve essere eseguita nel rispetto degli stessi criteri valutativi previsti per quelle riferite al bilancio d’esercizio. Si dovranno utilizzare, pertanto, i metodi del FIFO, del LIFO o del COSTO MEDIO PONDERATO ed eventualmente procedere alla loro svalutazione quando il relativo valore di mercato risulti inferiore a quello contabile. Tra i metodi valutativi, l’unico che può essere maggiormente fuorviante in termini di corretta informativa di bilancio è rappresentato dal LIFO, che, a causa delle sue modalità di calcolo, potrebbe fornire, in relazione ad un periodo intermedio, informazioni distorte. A tal proposito, l’OIC 30 consiglia, nel caso dovessero sorgere tali problematiche, di darne adeguata indicazione nella Nota Integrativa.