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Mancato pagamento delle rate del mutuo: conseguenze

Fisco NazionaleImmobili e Società immobiliariMancato pagamento delle rate del mutuo: conseguenze

Il mancato pagamento delle rate del mutuo può avere conseguenze gravi per il debitore, che vanno dall’applicazione di interessi di mora fino all’avvio di procedure esecutive che possono culminare con il pignoramento e la vendita all’asta dell’immobile. In caso di inadempimento prolungato, la banca può risolvere il contratto e procedere con l’escussione delle garanzie, con un impatto significativo sulla situazione finanziaria e patrimoniale del debitore.

Mancato pagamento delle rate del mutuo: quando si realizza

Il mancato pagamento delle rate del mutuo si verifica quando il debitore non effettua il versamento dell’importo dovuto entro la scadenza stabilita nel contratto. Il ritardo può riguardare sia il capitale che gli interessi e può derivare da difficoltà economiche, perdita del lavoro o altri eventi imprevisti. La motivazione, assume scarsa rilevanza giuridica, rispetto alla situazione oggettiva.

Generalmente, il mancato pagamento assume rilevanza giuridica quando si verifica:

  • Il ritardo nel pagamento di una o più rate oltre i termini di tolleranza previsti dalla banca. Generalmente, un ritardo di un solo giorno non comporta conseguenze gravi. La maggior parte delle banche applica un periodo di tolleranza (grace period), durante il quale non vengono addebitati interessi di mora o segnalazioni negative. Un ritardo di 10 giorni è più significativo e potrebbe già comportare l’applicazione di interessi di mora sul pagamento dovuto.;
  • L’accumulo di ritardi reiterati nel tempo, che possono configurare una situazione di inadempimento grave. Secondo le linee guida della Banca d’Italia e della normativa europea, un ritardo superiore a 90 giorni consecutivi nel pagamento delle rate porta alla classificazione del debitore come credit impaired o inadempiente probabile (unlikely to pay);
  • Il mancato pagamento di almeno 18 rate, anche non consecutive, nei mutui fondiari (art. 40 TUB), che consente alla banca di agire per la risoluzione del contratto. Questo può comportare l’avvio di un’azione esecutiva senza necessità di ulteriori solleciti.

Effetti per il mutuatario

Le conseguenze dell’inadempimento possono essere suddivise in più fasi:

Applicazione di interessi di mora

In caso di ritardo nel pagamento, la banca applica interessi di mora, il cui tasso è stabilito nel contratto e solitamente superiore al tasso ordinario (dal 2 al 4% per ogni rata non pagata). La formula per il calcolo è la seguente: (importo della rata * interesse * giorni) /365.

Gli interessi di mora vengono applicati dal primo giorno successivo alla scadenza della rata e si accumulano fino al pagamento effettivo. Tuttavia, alcune banche prevedono un breve periodo di tolleranza (ad esempio, 5-10 giorni) in cui non vengono addebitate penalità.

Segnalazione alla Centrale Rischi

Il persistere del mancato pagamento comporta la segnalazione del debitore alla Centrale Rischi della Banca d’Italia o ad altre banche dati creditizie (CRIF, Experian). Essere registrati come cattivi pagatori può avere conseguenze significative sull’accesso al credito futuro, rendendo difficile ottenere nuovi finanziamenti o rinegoziare quelli esistenti.

La segnalazione alla Centrale Rischi avviene quando il debitore si trova in una situazione di inadempimento grave, secondo criteri ben definiti:

  • Ritardo superiore ai 90 giorni consecutivi: Se il ritardo nel pagamento delle rate del mutuo supera 90 giorni dalla scadenza, la banca è tenuta a classificare il cliente come credit impaired (inadempiente probabile);
  • Superamento della soglia dell’1% dell’esposizione totale: Se l’importo non pagato supera l’1% del totale del debito con la banca e rimane insoluto per più di 90 giorni, il cliente viene segnalato come soggetto a rischio di default;
  • Debito considerato difficilmente recuperabile: Anche in assenza di ritardi superiori ai 90 giorni, la banca può segnalare il cliente se ritiene che non sia in grado di adempiere ai suoi obblighi finanziari in futuro.

Decadenza dal beneficio del termine

Se il debitore non rispetta le scadenze previste dal contratto e accumula ritardi nei pagamenti, la banca può revocare questo beneficio e chiedere l’intero importo residuo in un’unica soluzione. Questo significa che il debitore perde la possibilità di proseguire con il piano rateale e deve saldare immediatamente tutto il debito ancora dovuto.

Le condizioni per la decadenza dal beneficio del termine sono definite nel contratto di mutuo e dalla normativa vigente, in particolare dall’art. 40 del Testo Unico Bancario (TUB). La banca può dichiarare la decadenza dal beneficio del termine nei seguenti casi:

  • Mancato pagamento di un numero significativo di rate: Per i mutui fondiari, la legge prevede che la banca possa dichiarare la decadenza dal beneficio del termine dopo l’omesso pagamento di almeno 18 rate, anche non consecutive (art. 40 TUB). Per i mutui ordinari, il numero di rate non pagate per far scattare la decadenza è stabilito nel contratto, ma generalmente è inferiore (spesso 3-6 rate consecutive);
  • Inadempimento grave del debitore: Anche senza l’omesso pagamento di un numero specifico di rate, la banca può procedere se il debitore è in una condizione economica che lascia presumere l’impossibilità di saldare il mutuo (ad esempio, fallimento o altre difficoltà finanziarie conclamate);
  • Violazione di altre clausole contrattuali: Alcuni contratti di mutuo prevedono che la decadenza dal beneficio del termine possa essere dichiarata anche in caso di eventi particolari.

Procedura esecutiva e pignoramento dell’immobile

Nei casi più gravi, la banca avvia la procedura esecutiva, che può culminare con il pignoramento e la vendita all’asta dell’immobile per recuperare il credito.

Azione sulle garanzie e responsabilità patrimoniale del debitore

Se la vendita dell’immobile non copre il debito residuo, la banca può rivalersi su altre garanzie personali (come fideiussioni) o sul patrimonio del debitore.

Queste conseguenze evidenziano l’importanza di rispettare le scadenze di pagamento o, in caso di difficoltà, di cercare soluzioni con la banca prima che la situazione diventi irreversibile.

Avvio di procedure esecutive e pignoramento dell’immobile

Quando un mutuatario non riesce a far fronte al pagamento delle rate del mutuo e la situazione di inadempienza si protrae nel tempo, la banca può avviare un’azione esecutiva per recuperare il credito. Questo processo prevede diverse fasi, che culminano con il pignoramento dell’immobile e la sua successiva vendita all’asta. La normativa vigente prevede alcune tutele specifiche per la prima casa, ma non esclude del tutto la possibilità che venga sottoposta a procedura esecutiva.

Iter della procedura esecutiva e ruolo del pignoramento

L’azione esecutiva prende avvio con la notifica dell’atto di precetto, un documento attraverso il quale la banca intima al debitore di saldare il debito residuo entro un termine di 10 giorni. Se il pagamento non avviene, viene notificato l’atto di pignoramento, con cui l’immobile viene formalmente vincolato a garanzia del credito. Da questo momento, il debitore perde la possibilità di disporre liberamente del bene, che diventa soggetto alla gestione del tribunale per la successiva vendita all’asta.

Il giudice nomina un perito per stimare il valore dell’immobile e fissa le condizioni della vendita. Durante questo periodo, il debitore può ancora saldare il debito o trovare un accordo con la banca per evitare l’asta giudiziaria. Se la situazione rimane irrisolta, si procede alla pubblicazione dell’avviso d’asta e alla successiva alienazione forzata del bene. Il ricavato della vendita viene destinato alla soddisfazione del credito della banca e, in caso di residuo positivo, il surplus viene restituito al debitore. Se la vendita non copre l’intero debito, il creditore può agire ulteriormente sul patrimonio del debitore o su eventuali garanti del mutuo.

Pignoramento della prima casa: tutela e limiti normativi

Il pignoramento della prima casa è regolato da specifiche norme di tutela. In particolare, l’Agenzia delle Entrate-Riscossione non può procedere al pignoramento della prima casa del debitore se questa rappresenta l’unico immobile di proprietà, è destinata ad uso abitativo e non rientra nella categoria di lusso. Tuttavia, tale protezione si applica esclusivamente ai debiti di natura fiscale e tributaria. Nel caso di mutui ipotecari, le banche mantengono il diritto di escutere il credito anche sulla prima casa se il mutuatario non adempie ai pagamenti.

Se il mutuo è garantito da un’ipoteca di primo grado, la banca ha la priorità nel recupero del credito attraverso la vendita forzata dell’immobile. Il legislatore ha introdotto alcune misure di protezione, come la possibilità di rinegoziare il debito o accedere a fondi di solidarietà, ma se il debitore non trova una soluzione alternativa, la banca può comunque procedere con l’esecuzione forzata.

Pignoramento di immobili diversi dalla prima casa

Per gli immobili diversi dalla prima casa, il rischio di pignoramento è ancora più elevato, poiché non godono delle tutele previste per l’abitazione principale. Se il debitore possiede più proprietà, la banca può scegliere quale immobile aggredire in base alla sua convenienza economica.

Gli immobili ad uso investimento, commerciali o seconde case sono generalmente le prime risorse su cui la banca agisce per recuperare il credito. In questi casi, la procedura esecutiva segue le stesse fasi previste per la prima casa, ma senza particolari vincoli normativi che impediscano la vendita forzata. Se l’immobile è locato, l’acquirente dell’asta può decidere se mantenere il contratto di locazione o recedere, in base alle condizioni previste dalla legge.

Effetti della vendita all’asta e responsabilità del debitore

La vendita all’asta è spesso una soluzione poco vantaggiosa per il debitore, poiché gli immobili vengono ceduti a prezzi inferiori rispetto al valore di mercato. Questo può determinare una situazione in cui il ricavato della vendita non è sufficiente a coprire il debito residuo, lasciando il debitore con un’esposizione ancora aperta nei confronti della banca.

Se dopo la vendita rimane un debito insoluto, la banca può agire su altri beni del debitore, su eventuali stipendi o pensioni attraverso il pignoramento presso terzi, oppure sui garanti del mutuo. In alcune circostanze, è possibile trovare accordi con la banca per la chiusura del debito residuo tramite transazioni o saldo e stralcio, ma ciò dipende dalla disponibilità dell’istituto di credito e dalla situazione economica del debitore.

Rinegoziazione del mutuo

La rinegoziazione del mutuo è un’opzione che il mutuatario può richiedere alla banca per modificare le condizioni originarie del finanziamento al fine di renderlo più sostenibile. Questa operazione si rivela particolarmente utile in situazioni di difficoltà economica o in presenza di condizioni di mercato più favorevoli rispetto a quelle applicate al momento della stipula del mutuo.

Quando è possibile richiederla

La rinegoziazione del mutuo consiste in una modifica unilaterale o bilaterale dei termini contrattuali stabiliti inizialmente. Si tratta di un accordo tra la banca e il mutuatario che consente di rivedere alcuni aspetti del finanziamento, senza dover necessariamente ricorrere a una nuova operazione di prestito.

Non esiste un diritto automatico alla rinegoziazione, in quanto l’istituto di credito non è obbligato ad accettare la richiesta del cliente. Tuttavia, spesso le banche sono propense a trovare una soluzione alternativa al mancato pagamento, poiché l’ipotesi di avviare un’azione esecutiva è un processo lungo e oneroso anche per l’istituto finanziatore.

Le situazioni più comuni in cui può essere utile richiedere una rinegoziazione includono la difficoltà nel sostenere l’attuale importo della rata, il peggioramento della situazione economica del mutuatario o la possibilità di ottenere condizioni più vantaggiose rispetto a quelle originarie, come un abbassamento dei tassi di interesse.

Le principali modifiche che si possono ottenere

Con questa procedura è possibile intervenire su diversi aspetti del contratto per adattarlo alle nuove esigenze del debitore. Tra le modifiche più comuni vi sono:

  • Allungamento della durata del mutuo: una delle soluzioni più adottate consiste nel prolungare la durata residua del mutuo per ridurre l’importo della rata mensile. Se, ad esempio, un mutuo originario di 20 anni viene esteso a 30 anni, il debito verrà ripartito su un periodo più lungo, rendendo le rate più sostenibili;
  • Riduzione del tasso di interesse: se il tasso originariamente concordato è più alto rispetto alle attuali condizioni di mercato, il mutuatario può richiedere una revisione del tasso di interesse per ottenere un risparmio sul costo complessivo del finanziamento;
  • Passaggio da tasso variabile a tasso fisso (o viceversa): in presenza di fluttuazioni dei tassi di interesse, il mutuatario potrebbe scegliere di passare da un tasso variabile a un tasso fisso per ottenere maggiore stabilità nei pagamenti, oppure viceversa per sfruttare eventuali riduzioni dei tassi di mercato;
  • Modifica della periodicità delle rate: in alcuni casi, può essere utile passare da una rata mensile a una rata trimestrale o semestrale, adattando i pagamenti alle proprie disponibilità economiche.

Procedura di richiesta

La procedura si avvia con una richiesta formale alla banca, nella quale il mutuatario deve motivare le ragioni per cui intende modificare le condizioni del finanziamento. È consigliabile allegare documentazione aggiornata che dimostri la capacità di rimborso del debito e la necessità di adattare il piano di pagamento.

La banca valuta la richiesta in base a diversi fattori, tra cui lo storico dei pagamenti, la situazione finanziaria del cliente e le condizioni di mercato. Se l’istituto ritiene che la rinegoziazione sia una soluzione percorribile, propone al mutuatario un nuovo piano di ammortamento con le condizioni aggiornate.

Una volta raggiunto l’accordo, viene stipulato un atto integrativo al contratto di mutuo senza la necessità di rivolgersi a un notaio. Questa operazione, a differenza della surroga o della sostituzione del mutuo, non comporta costi aggiuntivi come spese notarili o perizie tecniche.

Surroga del mutuo

La surroga del mutuo, disciplinata dalla Legge Bersani (L. 40/2007), è un’operazione che consente al mutuatario di trasferire il proprio mutuo da una banca a un’altra per ottenere condizioni più vantaggiose, senza costi aggiuntivi. Questa opzione è particolarmente utile in presenza di tassi di interesse più bassi rispetto a quelli originariamente concordati o quando si desidera modificare altri parametri del finanziamento.

Caratteristiche e vantaggi

Questa procedura consente di modificare alcuni aspetti del mutuo, come il tasso di interesse, la durata del finanziamento e la tipologia del tasso (fisso o variabile), mantenendo invariato l’importo del debito residuo. A differenza della rinegoziazione, che implica un accordo con la stessa banca, la surroga prevede il passaggio del mutuo a un nuovo istituto di credito, che offre condizioni più vantaggiose.

Uno dei principali vantaggi di questa operazione è l’assenza di costi per il mutuatario. Per legge, infatti, la banca che subentra nel finanziamento deve sostenere tutte le spese relative al trasferimento, comprese quelle notarili, di perizia e di istruttoria. Il cliente, quindi, può beneficiare di condizioni migliori senza dover affrontare oneri aggiuntivi.

Procedura da seguire

La procedura si articola in diverse fasi. Inizialmente, il mutuatario deve individuare una nuova banca disposta a subentrare nel finanziamento e che offra condizioni migliori rispetto a quelle attuali. È consigliabile confrontare più offerte sul mercato e richiedere preventivi dettagliati, considerando non solo il tasso di interesse, ma anche eventuali spese accessorie.

Una volta individuato l’istituto di credito più conveniente, si presenta la richiesta di surroga, corredata dalla documentazione relativa al mutuo in corso. La nuova banca valuta il profilo del mutuatario e, se l’esito dell’analisi è positivo, procede con la formalizzazione dell’operazione.

La fase successiva prevede il passaggio effettivo del mutuo alla nuova banca. La vecchia banca non può opporsi alla surroga e deve fornire la documentazione necessaria per il trasferimento. Il nuovo contratto di mutuo viene stipulato tramite atto notarile, senza costi a carico del cliente. L’ipoteca esistente viene mantenuta e trasferita alla nuova banca senza necessità di una nuova iscrizione, grazie al meccanismo della “portabilità dell’ipoteca“.

Condizioni che possono essere modificate

Con la surroga del mutuo è possibile ottenere una serie di modifiche vantaggiose rispetto al contratto originario. Tra le principali variazioni ammesse vi sono:

  • Riduzione del tasso di interesse: se il tasso di mercato è più basso rispetto a quello applicato nel mutuo iniziale, la surroga permette di abbassare il costo del finanziamento;
  • Cambio della tipologia di tasso: il mutuatario può scegliere di passare da un tasso fisso a uno variabile (o viceversa), in base alle condizioni economiche e alla propria propensione al rischio;
  • Modifica della durata del mutuo: estendendo la durata del finanziamento si può ridurre l’importo della rata mensile, mentre riducendola si paga meno interessi nel lungo periodo.

Non è invece possibile aumentare l’importo del mutuo, in quanto la surroga prevede esclusivamente il trasferimento del debito residuo senza possibilità di ottenere liquidità aggiuntiva.

Criticità e aspetti da considerare

Nonostante i numerosi vantaggi, la surroga presenta alcune limitazioni. La prima riguarda l’importo del mutuo residuo: le banche sono generalmente più propense a concedere la surroga per mutui di importo medio-alto, mentre potrebbero non essere interessate a piccoli finanziamenti. Inoltre, la surroga può essere rifiutata se il mutuatario ha una storia creditizia problematica o se il valore dell’immobile è diminuito rispetto al momento della stipula del mutuo originario.

Composizione della crisi da sovraindebitamento

La composizione della crisi da sovraindebitamento è uno strumento legale che permette ai debitori non fallibili, come privati, piccoli imprenditori e professionisti, di trovare una soluzione per ristrutturare i debiti e uscire da una situazione finanziaria insostenibile. La normativa di riferimento è la Legge n. 3/12, successivamente modificata dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/19), che ha introdotto strumenti per aiutare i soggetti sovraindebitati a ristrutturare i debiti e ripartire.

Quando il sovraindebitamento è legato a un mutuo, il rischio principale è il pignoramento dell’immobile da parte della banca, con la conseguente vendita all’asta. La procedura di composizione della crisi offre un’opportunità per bloccare le azioni esecutive e negoziare una soluzione alternativa.

Nel caso di un mutuo ipotecario, è possibile proporre un piano che preveda:

  • La ristrutturazione del debito con un allungamento dei termini e una riduzione della rata;
  • L’accordo con la banca per un saldo e stralcio, con la possibilità di ridurre il debito residuo attraverso il pagamento di una somma inferiore;
  • La liquidazione controllata del patrimonio, che consente di vendere l’immobile in modo ordinato, evitando l’asta giudiziaria e ottenendo un ricavato più alto.

Piano del consumatore

Il Piano del Consumatore è una procedura specifica per i soggetti privati che hanno contratto debiti, inclusi mutui, senza colpa grave. Si tratta di una proposta presentata al giudice, con il supporto di un Organismo di Composizione della Crisi (OCC), che prevede un piano di rientro compatibile con il reddito del debitore.

Se il piano viene approvato dal tribunale, diventa vincolante per la banca, che non può più avviare azioni esecutive come il pignoramento dell’immobile. Questo strumento è particolarmente utile per i mutuatari che hanno subito una riduzione del reddito per cause indipendenti dalla propria volontà, come la perdita del lavoro o problemi di salute.

Vantaggi

Uno dei principali vantaggi della composizione della crisi è la possibilità di sospendere le azioni esecutive, inclusi il pignoramento e la vendita all’asta dell’immobile. Una volta presentata l’istanza di sovraindebitamento al tribunale, viene disposta la sospensione delle procedure in corso fino alla decisione del giudice.

Se il piano di ristrutturazione o l’accordo con i creditori viene approvato, il mutuatario può continuare a pagare il debito con condizioni più favorevoli.

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    Elisa Migliorini
    Elisa Migliorinihttps://www.linkedin.com/in/elisa-migliorini-0024a4171/
    Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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