Il lavoro domestico, o lavoro di cura, è l’insieme di attività svolte all’interno delle mura domestiche che hanno lo scopo di garantire il benessere delle persone che vivono in quella casa. Queste attività comprendono la pulizia, la preparazione dei pasti, la cura della biancheria, la cura dei bambini, degli anziani e delle persone con disabilità, nonché altre attività che contribuiscono al mantenimento della casa.
Il lavoro domestico è sempre stato considerato un lavoro non retribuito e invisibile, svolto principalmente dalle donne. Tuttavia, negli ultimi anni, c’è stata una maggiore attenzione al lavoro domestico e al suo valore economico e sociale. Questa maggiore attenzione è stata accompagnata da alcune novità introdotte a livello legislativo.
In Italia, una delle novità più importanti è stata l’introduzione del Bonus Asilo Nido. Questo bonus è destinato alle famiglie che hanno bambini fino a tre anni e che utilizzano servizi di assistenza all’infanzia autorizzati. Il bonus è erogato sotto forma di detrazione fiscale e può coprire fino al 100% delle spese sostenute per il servizio di assistenza.
Inoltre, nel 2020, a causa della pandemia di COVID-19, è stato introdotto il “bonus babysitter”. Questo bonus era destinato alle famiglie con figli di età compresa tra 0 e 12 anni, che avevano bisogno di assistenza per motivi di lavoro. Il bonus era pari a 1.200 euro per famiglia e poteva essere utilizzato per pagare la babysitter o il centro estivo.
Tuttavia, nonostante queste novità, il lavoro domestico continua ad essere un lavoro precario e poco tutelato, per questo motivo, è importante continuare a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla importanza del lavoro domestico e sul suo valore economico e sociale.
È anche importante promuovere politiche che garantiscano la tutela dei lavoratori domestici e che riconoscano il loro ruolo fondamentale nella società.
A seguito di vari incontri sostenuti tra le Associazioni datoriali e le Organizzazioni sindacali, è stato reso noto il verbale dell’incontro del 16 gennaio 2023 il quale ha previsto all’articolo 38, comma 2 del Ccnl del settore domestico una modifica dei minimi retributivi del lavoro domestico.
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I contributi versati da una colf
Le lavoratrici domestiche devono versare come tutti gli altri lavoratori, regolarmente assunti i contributi previdenziali. I contributi previdenziali a carico della lavoratrice vengono trattenuti direttamente in busta paga, nonostante il datore di lavoro in questo caso non vesta la figura di sostituto d’imposta, il contributo previdenziale è l’unico importo che viene direttamente trattenuto in busta. I contributi delle colf vengono calcolati sulla paga oraria e non sulla retribuzione mensile.
Per il datore di lavoro può essere utile utilizzare lo sportello online dell’INPS che permette di calcolare i contributi previdenziali, per trimestre, in base ai dati richiesti relativi alle ore lavorate. Di seguito il link utile per potervi accedere.
Per quanto concerne il calcolo dei contributi previdenziali, prevede un calcolo convenzionale che interessa la suddivisione del montante ore, svolte da colf e badanti. Si prende come riferimento un orario inferiore o superiore alle 24 ore settimanali, nel caso in cui l’orario svolta sia pari o inferiore a 24 ore, il contributo orario dovuto sulla retribuzione varia in base al reddito.
Nel caso in cui le ore siano superiori a 24, il contributo orario non varia in base alle fasce di reddito, ma è fisso per tutte le ore lavorate.
Nel caso in cui le ore siano inferiori a 24 è opportuno visitare le tabelle INPS pubblicate annualmente dalla quale possiamo evincere per ogni fascia di retribuzione oraria effettiva il contributo orario corrispondente.
Contributi cassa colf
La cassa Colf è prevista dal Contratto collettivo nazionale del lavoro domestico, è stata istituita per fronteggiare i bisogni dei lavoratori. I contributi versati alla cassa Colf consentono di far fronte ad eventuali prestazioni e servizi quali ad esempio quelle assistenziali sanitarie e assicurative.
Con la cassa Colf, la contrattazione nazionale ha cercato di offrire a questa categoria di lavoratori i benefici spettanti, come ad ogni altro lavoratore.
I contributi versati alla cassa ad ora sono pari a 6 centesimi di cui: 2 centesimi a carico del lavoratore e gli altri 4 a carico del datore di lavoro.
Come versa le tasse un lavoratore domestico?
Su questo punto c’è da dire che a differenza di tutti gli altri tipi di lavoro, il lavoro domestico, prevede un datore di lavoro, che non risulta essere un sostituto d’imposta, questo perché si tratta di una persona che non esercita alcuna attività imprenditoriale.
Se le tasse non vengono trattenute in busta paga perché il datore di lavoro non si sostituisce al versamento delle tasse non essendo sostituto d’imposta, come procede il lavoratore?
Chiaramente i lavoratori sono tenuti a versare l’Irpef e le relative addizionali anche se queste non vengono trattenute in busta paga, è per questo che la determinazione delle imposte dovute si effettua in sede di dichiarazione dei redditi, attraverso il modello 730 o redditi persone fisiche.
Cosa è necessario indicare in sede di dichiarazione dei redditi?
Il lavoratore dovrà avere con sé una dichiarazione scritta, rilasciata dal datore di lavoro, la quale attesti le somme erogate nell’anno. Il commercialista o chi presenta la dichiarazione dei redditi è tenuto ad indicare tali somme ai fini del corretto versamento delle imposte dovute.
Si prende in riferimento il reddito imponibile al netto della contribuzione previdenziale trattenuta e eventuali altri oneri deducibili, dal reddito imponibile verrà calcolata l’Irpef lorda, successivamente verranno calcolate le detrazioni spettanti, quelle da lavoro dipendente o altri tipi di detrazioni qualora abbia i requisiti ed infine si procede al conteggio dell’Irpef netta e delle relative addizionali regionali e comunali.
Novità sui minimi retributivi a partire dal 2023
A seguito di vari incontri sostenuti tra le Associazioni datoriali e le Organizzazioni sindacali, è stato reso noto il verbale dell’incontro del 16 gennaio 2023 il quale ha previsto all’articolo 38, comma 2 del Ccnl del settore domestico una modifica dei minimi retributivi del lavoro domestico.
La scelta, per quanto sia stata poco voluta dalle associazioni datoriali, ha interessato moltissime fasce di lavoratori che si trovavano a svolgere questo tipo di attività, con dei minimi retributivi più bassi rispetto all’aumento del costo della vita.
Si è deciso di provvedere in tal senso ad un aumento che toccasse da vicino tutti questi lavoratori, per offrire loro uno stato di vita più agevole a seguito dell’incremento inflattivo degli ultimi mesi.
L’accordo ha previsto che a partire dal 1 gennaio 2023 i nuovi minimi retributivi per i lavoratori conviventi risultano essere:
- livello A, euro 725,19;
- livello AS, euro 857,06;
- livello B, euro 922,98;
- livello BS, euro 988,90;
- livello C, euro 1.054,85;
- livello CS, euro 1.120,76;
Di seguito il link presente sul sito del Ministero del Lavoro dal quale è possibile visionare la Tabella dei Minimi Retributivi.
Il seguente accordo in vigore dal 2023 è stato letto, approvato e sottoscritto da:
- Fidaldo
- Domina
- Federcolf
- Filcams Cgil
- Fisascat Cisl
- Uiltucs