Approfondimento sulla normativa e le sanzioni penali e civili per la contraffazione di marchi in Italia.Dal reato di contraffazione alla disciplina del codice della proprietà industrialein merito alla contraffazione del marchio
Il fenomeno della contraffazionedel marchio aumenta di anno in anno e l’Italia risulta purtroppo uno dei paesi più colpiti a livello mondiale. Con il presente articolo ci occuperemo di analizzare nel dettaglio la normativa in materia dal punto di vista penale nonché la disciplina contenuta sul tema nel codice della proprietà industriale (D.Lgs. n. 30 del 2005) andando poi ad esaminare quali sono le sanzioni applicabili a seguito delle violazioni previste in tema di marchi e che sono appunto disciplinate tanto nel codice penale quanto nel Decreto Legislativo n. 30/2005.
Brevi cenni sul reato di contraffazione del marchio ex art. 473 C.P.
Il diritto penale inquadra nella categoria dei delitti contro la fede pubblica il reato di contraffazione stabilendo, all’articolo 473 del codice penale, che:
Secondo l’articolo 473 c.p. quindi il reato di contraffazione si rileva ogniqualvolta sia ravvisabile una condotta tesa ad imitare, riprodurre, falsificare qualcosa e può riguardare tanto marchi o segni distintivi di prodotti industriali, siano essi nazionali o esteri, quanto i brevetti, i disegni o i modelli industriali, nazionali o esteri.
Ad un’attenta lettura si comprende bene quindi come questa norma punisca non solo l’attività propria della contraffazione bensì anche quella relativa all’uso di marchi o segni distintivi contraffatti ed appare chiaro come questa abbia altresì, come fine ultimo, quello di ingannare il consumatore circa la bontà della provenienza del prodotto e creare effettivamente confusione nel mercato tra due marchi simili tra loro.
Il reato di contraffazione di un marchio si verifica quando un individuo o un’azienda utilizza un marchio registrato, o un marchio molto simile, senza l’autorizzazione del proprietario del marchio.
Esempio
Supponiamo che un’azienda A produca scarpe sportive con un marchio ben noto e registrato. Un’altra azienda B inizia a produrre scarpe simili, utilizzando un logo che è quasi identico a quello del marchio registrato di A, o addirittura lo stesso nome. Se i consumatori acquistano le scarpe di B pensando che siano quelle di A, si tratta di un caso di contraffazione del marchio.
La contraffazione del marchio secondo il diritto penale: le altre ipotesi di reato, la confisca e le circostanze attenuanti e aggravanti ad esse relative
Con riguardo all’aspetto relativo alla violazione del marchio va detto che in realtà il nostro codice penale disciplina anche, oltre al reato di contraffazione ex art. 473 del codice penale (c.p.), altre fattispecie considerati – al pari di questo – penalmente rilevanti.
In particolare, gli artt. 474, 517, 517-ter, 517-quater, tipizzano e sanzionano altri tipi di condotte quali: l’introduzione nello stato e commercio di prodotti con segni falsi, la vendita di prodotti industriali con segni mendaci, la fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale, la contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.
All’art. 474.c.p. (Introduzione nello Stato e commercio di prodotti con segni falsi) è stabilito che:
È bene precisare che una tutela penale di detto tipo è però riconosciuta, a norma dell’articolo succitato, soltanto quando sono state rispettate e applicate “le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale”, ovvero quando il marchio è stato già registrato.
A tal proposito è intervenuta anche una pronuncia della Corte di Cassazione, la n. 41891 del 2013, la quale ha affermato, relativamente agli artt. 473 e 474 c.p., che:
Con riguardo alle ipotesi di reato previste dagli artt. 473 3 474 cp il nostro codice penale prevede poi, agli articoli art. 474-bis, Art. 474-ter. e Art. 474-quater, l’ipotesi di confisca, nonché circostanze attenuanti e aggravanti delle suddette fattispecie.
L’art. 474-bis.c.p., relativo alla confisca, stabilisce che:
Quando non è possibile eseguire il provvedimento di cui al primo comma, il giudice ordina la confisca di beni di cui il reo ha la disponibilità per un valore corrispondente al profitto. Si applica il terzo comma dell’articolo 322-ter. Si applicano le disposizioni dell’articolo 240, commi terzo e quarto, se si tratta di cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, ovvero che ne sono l’oggetto, il prodotto, il prezzo o il profitto, appartenenti a persona estranea al reato medesimo, qualora questa dimostri di non averne potuto prevedere l’illecito impiego, anche occasionale, o l’illecita provenienza e di non essere incorsa in un difetto di vigilanza.
Le disposizioni del presente articolo si osservano anche nel caso di applicazione della pena su richiesta delle parti a norma del titolo II del libro sesto del codice di procedura penale.
L’art. 474-ter c.p. disciplina la circostanza aggravante del reato stabilendo che:
L’ art. 474-quater c.p. disciplina invece la circostanza attenuante del reato stabilendo che:
L’art. 517 c.p. (Vendita di prodotti industriali con segni mendaci) punisce invece:
Per detta fattispecie è prevista poi all’art. 517 bis c.p. la circostanza aggravante che comporta un aumento di pena:
L’art. 517-ter.c.p. (Fabbricazione e commercio di beni realizzati usurpando titoli di proprietà industriale) stabilisce che:
Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 474-bis, 474-ter, secondo comma, e 517-bis, secondo comma.
I delitti previsti dai commi primo e secondo sono punibili sempre che siano state osservate le norme delle leggi interne, dei regolamenti comunitari e delle convenzioni internazionali sulla tutela della proprietà intellettuale o industriale.”
Infine, all’art. 517-quater c.p. (Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari) è stato stabilito che:
Con riguardo alle pene previste dagli articoli 517-ter e 517-quater, l’art. 517-quinquies il codice penale stabilisce infine una circostanza attenuante:
La contraffazione del marchio secondo il codice della proprietà industriale (CPI)
La contraffazione costituisce un atto illecito anche a norma di quanto stabilito in tema dal Codice della Proprietà Industriale. Come abbiamo già avuto modo di vedere approfonditamente sappiamo che attraverso la registrazione di un marchio il titolare dello stesso acquista il diritto di fare uso esclusivo del proprio segno. In particolare, l’art. 20 CPI stabilisce espressamente che
Detto articolo stabilisce quindi che non è mai ammessa l’identità di marchi ma che, nel caso in cui vi sia una similitudine, occorre accertare se sussista un rischio di confusione. In ogni caso non è mai ammesso l’utilizzo di un marchio, anche per prodotti o servizi diversi da quelli offerti da un altro marchio (famoso), quando sia chiaro l’intento di trarre un indebito vantaggio dalla rinomanza del secondo da parte del primo.
Qualora si verifichino ipotesi di questo tipo quindi il titolare del marchio ha il diritto di potersi rivolgere al Giudice al fine di chiedere non solo che chi ha copiato cessi immediatamente l’uso del marchio ma anche per ottenere un risarcimento del danno a norma dell’art. 125 CPI il quale stabilisce che:
Inoltre, il codice prevede poi delle sanzioni aggiuntive, che peraltro i Tribunali spesso applicano, quali la pubblicazione della sentenza di condanna prevista ex art. 126 CPI. A norma di detto articolo viene appunto stabilito che:
In ogni caso il codice della proprietà intellettuale stabilisce poi, all’art. 127 una sanzione amministrativa sancendo espressamente che:
Infine, come misura più stringente, il CPI all’art 129 stabilisce poi la misura del sequestro stabilendo che:
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