La riforma ISEE 2026 prevede l’esclusione della prima casa dal calcolo dell’indicatore economico. La proposta, attualmente in discussione parlamentare, potrebbe ridurre l’ISEE di migliaia di euro per milioni di famiglie italiane. Approvazione prevista entro dicembre 2025, con applicazione dal 1° gennaio 2026.
Immagina di scoprire che il valore della tua abitazione principale, quella dove vivi con la famiglia, non peserà più sull’ISEE. Per milioni di italiani questa prospettiva sta diventando realtà: la riforma ISEE 2026 prevede l’esclusione della prima casa dal calcolo del patrimonio immobiliare.
Una modifica che potrebbe cambiare le carte in tavola per chi oggi si trova appena sopra le soglie di accesso a bonus, agevolazioni universitarie o prestazioni sociali. Ma quanto vale realmente questa novità? Chi ne beneficerà davvero? E soprattutto: cosa devi fare per prepararti al cambiamento?
In questo articolo scoprirai come funzionerà il nuovo ISEE, quanto potrebbe abbassarsi il tuo indicatore e quali strategie adottare per ottimizzare la tua posizione. Perché una riforma fiscale non si subisce: si anticipa.
Indice degli argomenti
- Cosa cambia concretamente nel calcolo ISEE
- Chi beneficerà maggiormente della riforma
- Quanto potrebbe abbassarsi il tuo ISEE
- Tempistiche e iter di approvazione
- Come prepararti al cambiamento
- Impatto su bonus e prestazioni sociali
- Possibili criticità e limitazioni
- Cosa fare adesso: azioni concrete
- Domande frequenti
Cosa cambia concretamente nel calcolo ISEE
La proposta di riforma prevede che l’abitazione principale venga completamente esclusa dal patrimonio immobiliare utilizzato per calcolare l’ISEE. Attualmente, la prima casa contribuisce al patrimonio con il suo valore catastale, ridotto di eventuali mutui residui, franchigie e altre detrazioni.
Il cambiamento è sostanziale. Oggi una famiglia con un’abitazione di valore catastale di 150.000 euro vede questo importo (decurtato delle franchigie previste) confluire nel calcolo dell’ISP, l’Indicatore Situazione Patrimoniale. Con la riforma, quella stessa abitazione non peserà più un euro sull’indicatore finale.
La logica alla base è chiara: la casa dove si vive non genera reddito, non è liquidabile facilmente e rappresenta un bene necessario. Includerla nel calcolo dell’ISEE penalizza le famiglie che hanno investito nel proprio focolare domestico rispetto a chi, magari, vive in affitto con patrimoni liquidi equivalenti ma invisibili all’indicatore.
Il nuovo meccanismo manterrebbe invece nel calcolo tutti gli altri immobili: seconde case, immobili a reddito, terreni e fabbricati commerciali. L’obiettivo è rendere l’ISEE più equo, fotografando la reale capacità economica delle famiglie senza penalizzare chi possiede l’abitazione principale.
Chi beneficerà maggiormente della riforma
Non tutti vedranno lo stesso impatto sul proprio ISEE. La riduzione dell’indicatore sarà più significativa per alcune categorie specifiche di contribuenti, mentre per altre l’effetto sarà marginale o nullo.
I proprietari di abitazioni di valore medio-alto nelle grandi città registreranno il beneficio più consistente. Una famiglia milanese con un appartamento di valore catastale di 200.000 euro, redditi da lavoro dipendente di 40.000 euro annui e nessun altro patrimonio significativo potrebbe vedere il proprio ISEE scendere anche di 8.000-12.000 euro, a seconda della composizione del nucleo familiare.
Anche le famiglie monoreddito con figli a carico trarranno vantaggio importante. Chi oggi si trova appena sopra le soglie per accedere a bonus asilo nido, borse di studio universitarie o agevolazioni sulle rette scolastiche potrebbe rientrare nei parametri dopo la riforma.
I giovani professionisti che hanno acquistato casa con mutuo nei primi anni di carriera potrebbero finalmente accedere a prestazioni sociali attualmente precluse. Il paradosso attuale penalizza chi ha scelto di investire nell’abitazione principale anziché mantenere liquidità o investimenti finanziari.
Al contrario, l’impatto sarà minimo o nullo per chi vive in affitto, per chi possiede immobili di valore catastale molto basso (spesso in zone rurali o piccoli comuni) e per chi ha già un ISEE molto basso. In questi casi, le franchigie attuali già riducevano significativamente il peso della prima casa, rendendo l’esclusione totale meno rilevante.
Quanto potrebbe abbassarsi il tuo ISEE
La domanda che tutti si pongono è: di quanto scenderà concretamente il mio indicatore? La risposta dipende da tre variabili fondamentali: il valore catastale della prima casa, l’ammontare del mutuo residuo e la composizione complessiva del patrimonio familiare.
Prendiamo un caso concreto. Marco e Laura, coppia con due figli, possiedono un’abitazione con valore catastale di 180.000 euro e mutuo residuo di 80.000 euro. Reddito complessivo: 50.000 euro annui. Nessun altro patrimonio significativo. Con le regole attuali, dopo aver applicato le franchigie per numero di componenti e detratto il mutuo, circa 60.000-70.000 euro di patrimonio immobiliare contribuiscono all’ISEE.
Con la riforma 2026, questi 60.000-70.000 euro spariscono dal calcolo. Considerando che il patrimonio viene valorizzato al 20% nel calcolo finale dell’ISEE, parliamo di una riduzione dell’indicatore di circa 12.000-14.000 euro. Una differenza che può fare la differenza per accedere a mense universitarie agevolate, bonus bollette o riduzioni sulle tasse locali.
Per una famiglia con abitazione di valore inferiore, ad esempio 100.000 euro di valore catastale, la riduzione sarà proporzionalmente minore ma comunque significativa: tra 5.000 e 8.000 euro di ISEE in meno, sempre in funzione del mutuo residuo e delle altre variabili patrimoniali.
Chi invece possiede immobili molto costosi nelle zone centrali delle grandi città potrebbe vedere riduzioni anche superiori ai 20.000 euro. Tuttavia, in questi casi spesso il reddito complessivo è già elevato, limitando l’accesso a prestazioni vincolate a soglie ISEE basse.
Tempistiche e iter di approvazione
La riforma non è ancora legge. Attualmente si trova in fase di discussione parlamentare all’interno di un più ampio pacchetto di interventi sulle politiche sociali e fiscali. Le tempistiche legislative indicano una possibile approvazione entro la fine del 2025, con applicazione dal 1° gennaio 2026.
Il percorso normativo prevede passaggi sia alla Camera che al Senato, con possibili modifiche durante l’esame parlamentare. Non è garantito che la versione finale mantenga l’esclusione totale della prima casa: potrebbero emergere soluzioni intermedie, come l’innalzamento delle franchigie attuali o l’esclusione parziale fino a determinati valori catastali.
Un elemento critico riguarda la copertura finanziaria. L’esclusione della prima casa comporta un ampliamento della platea di beneficiari di prestazioni sociali legate all’ISEE, con conseguente maggiore spesa pubblica. Il Governo dovrà trovare le risorse necessarie o bilanciare la misura con altre modifiche al sistema delle prestazioni.
Dal punto di vista pratico, se la riforma venisse approvata, i cittadini dovranno presentare la nuova DSU (Dichiarazione Sostitutiva Unica) a partire da gennaio 2026 per ottenere l’ISEE aggiornato secondo le nuove regole. Chi ha già presentato l’ISEE nel 2025 non vedrà modifiche automatiche: sarà necessaria una nuova dichiarazione.
Come prepararti al cambiamento
Anche se la riforma non è ancora operativa, ci sono azioni concrete che puoi intraprendere oggi per ottimizzare la tua posizione e massimizzare i benefici futuri.
Prima di tutto, verifica la rendita catastale della tua abitazione. Spesso i valori sono obsoleti o imprecisi. Una rendita catastale corretta è fondamentale: se sovrastimata, penalizza l’ISEE attuale; se sottostimata, potresti perdere margini di manovra su altri fronti. Richiedi una visura catastale aggiornata e, se necessario, valuta una richiesta di revisione.
Se stai valutando l’acquisto di una casa, la riforma cambia i parametri di convenienza. Oggi molti rinunciano all’acquisto per non appesantire l’ISEE e mantenere l’accesso a prestazioni sociali. Con la nuova normativa, questa penalizzazione verrebbe meno, rendendo più conveniente l’investimento nell’abitazione principale.
Per chi ha un mutuo in corso, non ha senso accelerare il piano di ammortamento solo per ridurre il patrimonio immobiliare nell’ISEE attuale. Con la riforma, sia l’immobile che il mutuo usciranno dal calcolo, rendendo irrilevante questa strategia. Meglio mantenere liquidità per altre esigenze o investimenti.
Attenzione invece alla gestione delle seconde case. Queste continueranno a pesare sull’ISEE. Se possiedi immobili oltre all’abitazione principale, valuta attentamente costi-benefici di mantenerli in portafoglio. In alcuni casi potrebbe essere conveniente cedere proprietà poco redditizie che appesantiscono l’indicatore.
Infine, monitora l’evoluzione normativa. Iscriviti a fonti informative affidabili, segui i lavori parlamentari o, meglio ancora, affidati a un commercialista che possa aggiornarti tempestivamente e calibrare strategie personalizzate sulla tua situazione patrimoniale e reddituale.
L’abbassamento dell’ISEE non è un vantaggio teorico: si traduce in accesso concreto a decine di prestazioni attualmente precluse a molte famiglie.
Sul fronte universitario, migliaia di studenti potrebbero rientrare nelle fasce di reddito per borse di studio, esonero tasse universitarie e accesso alle mense a tariffe ridotte. Un ISEE che scende da 28.000 a 18.000 euro può significare la differenza tra pagare l’intera retta o beneficiare di riduzioni fino all’80%.
Per le famiglie con figli piccoli, l’impatto coinvolge bonus asilo nido, agevolazioni sulle rette comunali, bonus bollette e contributi per l’acquisto di libri scolastici. Prestazioni spesso vincolate a soglie ISEE tra 15.000 e 25.000 euro, proprio il range dove la riforma avrà l’effetto più significativo.
Anche l’Assegno Unico Universale, pur essendo destinato a tutte le famiglie con figli, prevede importi crescenti al diminuire dell’ISEE. Una riduzione dell’indicatore si traduce automaticamente in un assegno mensile più alto, con differenze che possono arrivare a diverse centinaia di euro all’anno.
Sul fronte sanitario, l’ISEE determina l’accesso a prestazioni socio-sanitarie come l’assistenza domiciliare, i ricoveri in RSA con tariffe agevolate, le protesi e gli ausili per persone con disabilità. Per le famiglie che assistono anziani o persone fragili, la riduzione dell’ISEE può alleggerire significativamente il carico economico.
Infine, numerose agevolazioni locali (IMU, TARI, trasporto pubblico, servizi comunali) sono legate all’ISEE. Ogni Comune stabilisce le proprie soglie, ma generalmente un ISEE più basso significa bollette e tasse locali più leggere.
Possibili criticità e limitazioni
Come ogni riforma, anche questa presenta zone d’ombra e potenziali effetti collaterali che è importante conoscere.
La prima criticità riguarda l’equità rispetto a chi vive in affitto. Un inquilino con patrimonio equivalente in liquidità o investimenti finanziari continuerà a vederli pesare sull’ISEE, mentre il proprietario di casa vedrà azzerato il peso dell’immobile. Questo potrebbe creare disparità di trattamento a parità di capacità economica reale.
Un secondo tema concerne le abitazioni di lusso. Escludere totalmente dal calcolo anche immobili di altissimo valore (ville, attici, abitazioni in zone extralusso) potrebbe generare situazioni paradossali, con nuclei familiari patrimonialmente molto ricchi che accedono a prestazioni pensate per fasce sociali in difficoltà.
C’è poi il rischio di spostare il problema anziché risolverlo. Se la prima casa esce dal calcolo ma le soglie di accesso alle prestazioni rimangono invariate, ci sarà un’esplosione di nuovi beneficiari senza adeguata copertura di bilancio. Il Governo potrebbe quindi essere costretto ad abbassare le soglie ISEE o ridurre gli importi delle prestazioni, vanificando in parte il beneficio.
Dal punto di vista operativo, la modifica richiederà un aggiornamento di tutti i software utilizzati da CAF, commercialisti e INPS per il calcolo dell’ISEE. Nella fase di transizione potrebbero verificarsi errori, ritardi o difficoltà interpretative che rallenteranno l’erogazione delle prestazioni.
Infine, non dimentichiamo che l’ISEE è uno strumento imperfetto per sua natura. Escludere la prima casa migliora la fotografia della situazione economica, ma rimangono altre distorsioni: patrimoni all’estero difficili da tracciare, redditi da lavoro autonomo sotto dichiarati, asset sfuggenti come criptovalute o opere d’arte.
Cosa fare adesso: azioni concrete
Mentre aspetti che la riforma diventi operativa, ci sono passi immediati che puoi compiere per posizionarti al meglio.
Richiedi una simulazione ISEE sia con le regole attuali che con quelle prospettiche. Un commercialista esperto può elaborare scenari comparativi, mostrandoti esattamente quanto potrebbe cambiare il tuo indicatore e quali nuove prestazioni potresti richiedere. Questo ti permette di pianificare decisioni familiari importanti: iscrizioni universitarie, richieste di contributi, scelte abitative.
Valuta operazioni straordinarie come donazioni, costituzioni di fondi patrimoniali o modifiche nella titolarità degli immobili. Attenzione: queste operazioni devono avere motivazioni legittime e non configurarsi come elusione. Un professionista può guidarti verso scelte conformi alla legge e vantaggiose sul piano fiscale e successorio.
Non fare mosse affrettate basandoti solo su indiscrezioni giornalistiche. Fino all’approvazione definitiva, ogni scenario resta ipotetico. Decisioni patrimoniali importanti (vendite, acquisti, donazioni) vanno valutate nel loro complesso, non solo in funzione dell’ISEE prospettico.
Domande frequenti
La riforma dovrebbe entrare in vigore dal 1° gennaio 2026, subordinatamente all’approvazione parlamentare prevista entro fine 2025. Il vecchio ISEE rimarrà valido fino alla scadenza naturale, ma non verrà aggiornato automaticamente.
La riduzione dipende dal valore catastale dell’immobile, dal mutuo residuo e dalla composizione patrimoniale complessiva. In media, per abitazioni di valore catastale tra 100.000 e 200.000 euro, la riduzione può oscillare tra 5.000 e 15.000 euro di ISEE.
Sì, la riforma prevede l’esclusione della sola abitazione principale. Tutti gli altri immobili (seconde case, immobili a reddito, terreni, fabbricati commerciali) continueranno a essere inclusi nel calcolo del patrimonio immobiliare.