L’art. 11 co. 2 della Legge n. 212/00 consente di ottenere un parere per quanto riguarda la verifica della sussistenza delle condizioni per disapplicare norme tributarie antielusive che limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive. Con questa tipologia di interpello il contribuente è chiamato a dimostrare la non sussistenza degli effetti elusivi nel caso concreto.
Come con tutte le istanze di interpello il contribuente richiede all’Amministrazione finanziaria la sua interpretazione in relazione, in questo caso specifico, alla disapplicazione di norme antielusive nella situazione specifica in cui si trova il contribuente. Come osservato dalla Circolare n. 9/E/2016 (§ 1.4) dell’Agenzia delle Entrate, si tratta dell’unica categoria di interpello rimasta nel sistema che riveste carattere obbligatorio (tutte le altre forme di interpello, invece, assumo carattere facoltativo). Come vedremo, questa particolarità determina una serie di conseguenze, e di specifiche tutele, per il contribuente che si trova a dover presentare questa specifica istanza di interpello all’Amministrazione finanziaria.
Indice degli Argomenti
- Cos’è l’interpello disapplicativo?
- Qual è l’oggetto dell’interpello disapplicativo?
- Quanto tempo ha l’Amministrazione finanziaria per la risposta all’interpello?
- Tutela del contribuente in caso di risposta negativa
- Contenuto e modalità di presentazione delle istanze di interpello
- Errori comuni nella presentazione dell’interpello
- Regime sanzionatorio dell’interpello disapplicativo
- L’Interpello disapplicativo e il contenzioso tributario
- Differenza tra interpello disapplicativo e interpello anti-abuso
- Consulenza fiscale online
- Domande frequenti
Cos’è l’interpello disapplicativo?
L’interpello disapplicativo è una procedura attraverso la quale il contribuente può chiedere all’Agenzia delle Entrate di non applicare una specifica norma antielusiva, dimostrando che, nel caso concreto, gli effetti elusivi che la norma intende prevenire non possono verificarsi. Questo strumento è disciplinato dall’articolo 11, comma 2, della Legge 27 luglio 2000, n. 212 (Statuto dei diritti del contribuente).
Qual è l’oggetto dell’interpello disapplicativo?
Rientrano nella tipologia di interpello disapplicativo le istanze finalizzate a disapplicare le seguenti disposizioni:
- Le norme che limitano l’utilizzo delle perdite, delle eccedenze di interessi passivi e delle eccedenze ACE anche a seguito di operazioni straordinarie (art. 84 co. 3 e art. 172, co. 7 del TUIR);
- I fenomeni di dividend washing (art. 109 co. 3-sexies del TUIR).
La limitazione deve rispondere ad una “finalità antielusiva di tipo sostanziale, frutto di una valutazione preliminare da parte del legislatore di tendenziale ma non sistematica offensività del fatto”. Questo è quanto precisato dalla citata Circolare n. 9/E/2016 dell’Agenzia delle Entrate.
Al contrario, non sono ricomprese nella categoria in esame le disposizioni che prevedono una deducibilità a forfait di taluni costi, come l’art. 164 del TUIR per le spese e gli altri componenti negativi relativi a taluni mezzi di trasporto a motore utilizzati nell’esercizio di imprese o di arti e professioni, in quanto volte ad evitare un “evasivo utilizzo privatistico del bene“; o le norme che regolano la residenza delle persone fisiche (art. 2 del TUIR) o dei soggetti diversi dalle persone fisiche (art. 73 del TUIR), in quanto preordinate a presidiare fenomeni di fittizio trasferimento di residenza.
Quanto tempo ha l’Amministrazione finanziaria per la risposta all’interpello?
Il termine dell’Amministrazione finanziaria per la risposta all’interpello disapplicativo è di 120 giorni, ma alcuni effetti della risposta sono diversi rispetto alle altre categorie di interpello. Innanzitutto nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole dall’Amministrazione, il contribuente ha comunque la possibilità di dimostrare che nella particolare fattispecie gli effetti elusivi non possono verificarsi anche nelle successive fasi dell’accertamento, sia in sede amministrativa che contenziosa.
Inoltre, a differenza di tutti gli altri casi di interpello, le risposte all’interpello disapplicativo sono impugnabili, potendosi avverso le stesse proporre ricorso, anche se solo unitamente all’atto impositivo (art. 6 co. 1 del D.Lgs. n. 156/15). La possibilità di impugnare la risposta dell’Amministrazione per gli interpelli disapplicativi è la conseguenza della loro obbligatorietà. Tuttavia, come detto, il ricorso al giudice tributario non può essere immediato, dovendosi attendere il successivo atto impositivo dell’Ufficio. Infatti, in caso di risposta negativa all’interpello disapplicativo l’atto impositivo dell’Agenzia delle Entrate deve essere precededuto, a pena di nullità, dalla notifica di una richiesta di chiarimenti da fornire entro il termine di 60 giorni.
Detta richiesta viene notificata dall’Amministrazione entro il termine di decadenza previsto per la notificazione dell’avviso di accertamento. Tra la data di ricevimento dei chiarimenti, ovvero di inutile decorso del termine assegnato al contribuente per rispondere, e quella di decadenza dell’Amministrazione dal potere di notificazione dell’atto impositivo, devono intercorrono almeno 60 giorni. In difetto, il termine di decadenza per la notificazione dell’atto impositivo viene automaticamente prorogato, in deroga a quello ordinario, fino a concorrenza dei 60 giorni.
Altro obbligo in capo all’Amministrazione riguarda la motivazione dell’accertamento. Quest’ultimo deve essere specificamente motivato, a pena di nullità, anche in relazione ai chiarimenti forniti dal contribuente.
Tutela del contribuente in caso di risposta negativa
La natura obbligatoria dell’interpello non comporta preclusioni difensive.
In caso di risposta negativa all’istanza e di successiva disapplicazione della disposizione antielusiva in contrasto al parere reso dall’Amministrazione, ovvero in caso di mancata presentazione dell’istanza, il contribuente ha la possibilità, comunque, di fornire la dimostrazione della spettanza della disapplicazione in sede amministrativa e giurisdizionale.
L’art. 1 comma 3 primo periodo del D.Lgs. n. 128/15 stabilisce infatti che “le norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti di imposta o altre posizioni soggettive altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, possono essere disapplicate qualora il contribuente dimostri che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi”.
Il secondo e terzo periodo del medesimo comma 3 stabiliscono che “a tal fine il contribuente interpella l’amministrazione ai sensi dell’articolo 11, comma 2, della legge 27 luglio 2000, n. 212, recante lo Statuto del contribuente”, ferma restando “la possibilità del contribuente di fornire la dimostrazione di cui al primo periodo anche ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa”.
A sua volta, l’art. 11 comma 2 della Legge n. 212/00 prevede che “il contribuente interpella l’amministrazione finanziaria per la disapplicazione di norme tributarie che, allo scopo di contrastare comportamenti elusivi, limitano deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta, o altre posizioni soggettive del soggetto passivo altrimenti ammesse dall’ordinamento tributario, fornendo la dimostrazione che nella particolare fattispecie tali effetti elusivi non possono verificarsi”, confermando altresì che “nei casi in cui non sia stata resa risposta favorevole, resta comunque ferma la possibilità per il contribuente di fornire la dimostrazione di cui al periodo precedente anche ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa”.
L’omessa presentazione dell’istanza disapplicativa ex art. 11 comma 2 della L. 212/2000 non preclude comunque la possibilità di ottenere nel merito la disapplicazione della norma antielusiva specifica fornendo la prova richiesta direttamente in sede di accertamento o in sede contenziosa. In buona sostanza, la presentazione dell’istanza di interpello preventivo non è inderogabile: è possibile ottenere la disapplicazione della norma in sede amministrativa e contenziosa sia nel caso in cui l’istanza sia stata presentata con risposta di diniego alla disapplicazione, sia nel caso in cui l’istanza non sia stata presentata affatto.
Contenuto e modalità di presentazione delle istanze di interpello
Le regole procedurali di presentazione delle istanze sono comuni a tutte le tipologie di interpello dell’art. 11 della Legge n.. 212/2000. Occorre, a tal fine, fare riferimento ai co. 3, 5 e 6 dell’art. 11, agli artt. 2-6 del D.Lgs. n. 156/2015 e al provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 4.1.2016 n. 27, come modificato dal provv. 1.3.2018 n. 47688.
Cosa deve contenere l’istanza di interpello disapplicativo?
L’istanza d’interpello deve contenere:
- I dati identificativi del contribuente o del suo eventuale rappresentante (codice fiscale);
- L’indicazione della specifica tipologia di interpello, la descrizione puntuale della fattispecie e, quindi, l’esposizione analitica della situazione concreta che ha generato il dubbio interpretativo (il contribuente non può limitarsi a una rappresentazione sommaria e approssimativa del caso);
- Le disposizioni di legge di cui si chiede l’interpretazione, l’applicazione o la disapplicazione;
- L’indicazione dei recapiti per comunicare la risposta, compresi quelli telematici;
- La soluzione interpretativa proposta dal contribuente;
- La sottoscrizione dell’ istante o del suo legale rappresentante ovvero del procuratore generale o speciale incaricato ai sensi dell’ articolo 63 del DPR n. 600/73. In tal caso la procura, se non contenuta in calce o a margine dell’atto, deve essere allegata all’istanza.
Nel caso in cui le istanze siano carenti dei dati sopra indicati, diversi da quelli relativi alla identificazione dell’istante e alla descrizione puntuale della fattispecie, l’ufficio invita alla regolarizzazione il contribuente, che deve provvedere entro 30 giorni a fornire le informazioni mancanti.
All’istanza di interpello deve essere allegata la copia della documentazione non in possesso dell’Amministrazione procedente o di altre Amministrazioni pubbliche indicate dall’istante, rilevante ai fini della risposta. Qualora la risposta presupponga accertamenti di natura tecnica, non di competenza dell’Amministrazione procedente, alle istanze devono essere allegati anche i pareri resi dall’Ufficio competente.
Quando non è possibile fornire risposta sulla base dei documenti allegati, l’Amministrazione chiede, una sola volta, all’istante di integrare la documentazione presentata. In tal caso il parere è reso entro 60 giorni dalla ricezione della documentazione integrativa.
La mancata presentazione della documentazione entro il termine di un anno comporta la rinuncia all’istanza di interpello, ferma restando la facoltà di presentazione di una nuova istanza, ove ricorrano i presupposti previsti dalla legge.
A chi deve essere inviata l’istanza di interpello disapplicativo?
Le istanze, redatte in carta libera e non soggette al pagamento dell’imposta di bollo, devono essere indirizzate:
- Alla Direzione regionale competente in base al domicilio fiscale dell’istante nel caso di tributi erariali o nel cui ambito opera l’ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto dell’interpello nel caso di tributi concernenti l’imposta ipotecaria dovuta in relazione agli atti diversi da quelli di natura traslativa, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali nonché le istanze aventi ad oggetto disposizioni o fattispecie di natura catastale
- Alla Divisione Contribuenti, esclusivamente nel caso di interpelli presentati da Amministrazioni centrali dello Stato, Enti pubblici a rilevanza nazionale, soggetti non residenti nel territorio dello Stato (indipendentemente dalla nomina di un rappresentante fiscale o dall’identificazione diretta) e soggetti di più rilevante dimensione (con volume d’affari o ricavi non inferiori a 100 milioni di euro).
Per tutte le tipologie di interpello è previsto che l’istanza sia presentata:
- A mano (presso la sede della Direzione regionale competente, ovvero, presso la Divisione Contribuenti in via Giorgione, 106 – 00147 Roma dal lunedì al venerdì, dalle 9:30 alle 13:00).
- Mediante spedizione a mezzo plico raccomandato con avviso ricevimento
- Telematicamente:
- da una casella PEC (Posta Elettronica Certificata):
- all’indirizzo PEC della Direzione regionale (disponibile al seguente link) competente in base al domicilio fiscale dell’istante nel caso di tributi erariali o nel cui ambito opera l’ufficio competente ad applicare la norma tributaria oggetto dell’interpello nel caso di tributi concernenti l’imposta ipotecaria dovuta in relazione agli atti diversi da quelli di natura traslativa, le tasse ipotecarie e i tributi speciali catastali nonché le istanze aventi ad oggetto disposizioni o fattispecie di natura catastale
- all’indirizzo PEC della Divisione Contribuenti (disponibile al seguente link), esclusivamente nel caso di interpelli presentati da Amministrazioni centrali dello Stato, Enti pubblici a rilevanza nazionale; soggetti non residenti nel territorio dello Stato che si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato; soggetti di più rilevante dimensione
- da una casella PEL (Posta Elettronica Libera) al seguente indirizzo di PEL: [email protected] esclusivamente nel caso di interpelli presentati da soggetti non residenti che non si avvalgono di un domiciliatario nel territorio dello Stato.
- da una casella PEC (Posta Elettronica Certificata):
Errori comuni nella presentazione dell’interpello
Presentare un interpello disapplicativo è una procedura delicata, che richiede un’approfondita conoscenza delle normative fiscali e delle dinamiche aziendali. Alcuni degli errori più comuni commessi dai contribuenti includono:
- Insufficiente documentazione: non fornire tutti i documenti necessari per supportare la propria richiesta è uno degli errori più frequenti. La documentazione è fondamentale per dimostrare che non ci sono intenti elusivi;
- Descrizione incompleta della fattispecie: l’istanza deve descrivere in modo accurato e dettagliato la situazione aziendale. Ogni elemento deve essere evidenziato per dimostrare la non applicabilità della norma antielusiva;
- Mancanza di motivazione: è essenziale giustificare, con motivazioni dettagliate, il perché la norma non debba essere applicata. Un’istanza generica o poco argomentata è destinata ad essere respinta.
Regime sanzionatorio dell’interpello disapplicativo
Come anticipato, l’interpello disapplicativo ha natura obbligatoria. La mancata presentazione dell’istanza comporta, ai sensi dell’art. 11 co. 7-ter del D.Lgs. n. 471/97:
- La sanzione amministrativa da 2.000 a 21.000 euro;
- La sanzione amministrativa è raddoppiata nelle ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria disconosca la disapplicazione delle norme relative a deduzioni, detrazioni, crediti d’imposta o altre posizioni soggettive.
L’Interpello disapplicativo e il contenzioso tributario
Nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate fornisca una risposta negativa, il contribuente ha comunque la possibilità di contestare tale decisione. Questo può avvenire sia in fase di accertamento che nel contenzioso tributario.
È infatti possibile dimostrare, davanti alla Commissione Tributaria, che le condizioni di fatto non rientrano nell’ambito di applicazione della norma antielusiva, fornendo prove e documentazione che dimostrino l’assenza di intenti elusivi. Questo è un passaggio fondamentale per aziende che vogliono evitare conseguenze fiscali ingiuste.
Differenza tra interpello disapplicativo e interpello anti-abuso
Spesso si crea confusione tra l’interpello disapplicativo e l’interpello anti-abuso. Anche se entrambi mirano a chiarire la posizione del contribuente nei confronti di normative antielusive, vi sono alcune differenze sostanziali:
- Interpello disapplicativo: riguarda esclusivamente la non applicabilità di norme antielusive specifiche, come quelle relative alle società di comodo o alle perdite sistematiche;
- Interpello anti-abuso: è utilizzato per valutare la legittimità di un’operazione fiscale potenzialmente abusiva, e riguarda più in generale l’applicazione delle norme sull’abuso del diritto.
Mentre l’interpello disapplicativo è obbligatorio per evitare l’applicazione di determinate norme, l’interpello anti-abuso è facoltativo e serve a ottenere una conferma preventiva sulla legittimità di un’operazione.
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Domande frequenti
L’interpello disapplicativo non prevede costi amministrativi per la sua presentazione. Tuttavia, potrebbe essere necessario sostenere spese per la consulenza di un esperto fiscale che aiuti nella redazione dell’istanza e nella raccolta della documentazione necessaria.
Sì, l’Agenzia delle Entrate può revocare una risposta positiva se emergono nuovi elementi che modificano la situazione descritta nell’istanza o se vengono riscontrate informazioni false o incomplete da parte del contribuente.
Sì, è possibile presentare un interpello disapplicativo anche in altre situazioni dove si desidera ottenere la disapplicazione di norme antielusive, purché si dimostri che non sussistono effetti elusivi. Ogni caso deve essere valutato singolarmente per verificare la sussistenza dei requisiti necessari.