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Imposta sostitutiva rivalutazione TFR: acconto il 16 dicembre

Fisco NazionaleFiscalità del lavoroImposta sostitutiva rivalutazione TFR: acconto il 16 dicembre

La rivalutazione dell'importo del trattamento di fine rapporto dei lavoratori dipendenti prevede il versamento di un'imposta in acconto. Si avvicina la scadenza dell'acconto che i datori di lavoro dovranno versare per quanto riguarda l'imposta sostitutiva sulla rivalutazione del TFR. La data da fissare è il 16 dicembre.

La gestione dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) è un aspetto cruciale per i datori di lavoro italiani, specialmente con l’avvicinarsi delle scadenze annuali. Quest’articolo fornisce una guida dettagliata sui requisiti normativi, le scadenze e le modalità di pagamento dell’imposta, con l’obiettivo di aiutare le aziende a evitare sanzioni e ottimizzare la propria gestione fiscale. Esploreremo anche le recenti modifiche normative e i chiarimenti forniti dall’Agenzia delle Entrate, rendendo il quadro ancora più chiaro e attuale per il 2024.

Cos’è l’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del TFR?

Il Trattamento di Fine Rapporto (TFR) rappresenta una forma di risparmio obbligatorio che viene accantonato mensilmente per ogni lavoratore dipendente. Questa somma viene poi corrisposta al termine del rapporto di lavoro. Durante il periodo di accumulo, il TFR è soggetto a rivalutazione, che tiene conto del tasso di inflazione e di altri parametri economici.

Ogni anno le aziende che trattengono il TFR sono tenute a sostenere la sua tassazione. In particolare l’imposta sostitutiva si applica su entrambe le parti di cui è costituito il TFR, ossia sulla quota di rivalutazione del capitale e sulla quota finanziaria. Entrando più nel dettaglio la quota capitale è la somma delle retribuzioni lorde erogate durante l’anno, diviso per 13,5. La quota finanziaria è invece la rivalutazione annua del fondo all’ultimo giorno dell’anno precedente.

L’imposta sulla quota capitale è da pagare soltanto al momento del versamento del TFR, mentre per la quota finanziaria, bisogna procedere annualmente alla compilazione del modello F24 per l’imposta sostitutiva. La quota finanziaria è la rivalutazione del TFR secondo gli indici ISTAT. L’imposta sostitutiva riduce l’ammontare del fondo TFR, che è poi versato al netto al lavoratore. Il riferimento normativo lo troviamo all’art. 2120 del codice civile

La rivalutazione del TFR è soggetta a un’imposta sostitutiva pari al 17%, la quale è calcolata annualmente sulla quota finanziaria del fondo. Questa imposta è gestita direttamente dai datori di lavoro, che agiscono come sostituti d’imposta.

Imposta sostitutiva solo sulla quota finanziaria rivalutata del TFR

La tassazione della quota capitale viene applicata solo se il TFR è versato per via di un’interruzione del rapporto di lavoro, o nel caso in cui è il lavoratore a chiedere un anticipo per  l’acquisto della prima casa. La quota finanziaria viene tassata annualmente tramite l’imposta sostitutiva ed in base alla dovute rivalutazioni annuali.

Tutti questi aspetti rappresentano un passaggio fondamentale per il calcolo dell’ imposta sostitutiva del TFR. Per effettuare la rivalutazione si prende in considerazione la cifra registrata il 31 dicembre dell’anno precedente: ad essa si applica il tasso risultante dalla somma tra la quota fissa dell’1,5% e il 75% della rivalutazione ISTAT dell’aumento dell’indice dei prezzi al consumo, per le famiglie di operai e impiegati nell’anno di riferimento. La rivalutazione non è da applicare alla quota maturata nell’anno stesso. 

L’imposta sostitutiva applicata a queste due quote è del 17% . Secondo il principio della tassazione separata l’aliquota IRPEF applicata non è quella dell’ultimo anno di stipendio, ma la media delle aliquote di tutti gli anni in cui è durato il rapporto lavorativo. 

La rivalutazione del TFR

La rivalutazione è uno strumento molto importante per creare una corretta tassazione in base al valore reale del fondo. Questa avviene in due diversi momenti: alla fine di ogni anno e al momento del versamento del TFR. 

Come accennato per effettuare la rivalutazione è necessario applicare gli indici ISTAT FOI dell’aumento dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati. Nel caso di rivalutazione per cessazione del rapporto di lavoro, l’indice di riferimento è quello del mese della cessazione. Grazie alla rivalutazione si può ottenere un Trattamento di Fine Rapporto che sia adeguato al cambio del costo della vita, che avviene durante gli anni che passano tra l’accantonamento del TFR e il versamento al lavoratore.

Al 75% della variazione dell’indice ISTAT FOI rispetto all’anno precedente si somma il tasso fisso dell’1,5%, che deve essere rapportato al numero di mesi trascorsi dall’inizio dell’anno. Se la base di calcolo cambia da un anno all’altro, allora la variazione degli indici ISTAT tiene conto del coefficiente di raccordo tra le basi. Nel caso di deflazione si noterà che l’indice ISTAT ha una variazione negativa, quindi la percentuale di scostamento considerata sarà pari a zero.

Come funziona il calendario dei versamenti?

L’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del TFR viene versata in due rate:

  • Acconto: entro il 16 dicembre dell’anno in corso;
  • Saldo: entro il 16 febbraio dell’anno successivo.

L’acconto è pari al 90% dell’imposta totale sulle rivalutazioni maturate nell’anno precedente, e può essere calcolato utilizzando il metodo storico o quello previsionale. Il saldo, invece, copre l’intera rivalutazione definitiva, al netto dell’acconto già versato. Le istruzioni sono state fornite dall’Agenzia  con le Circolari n. 29/2001 e n. 50/2002

Deve essere precisato che l’imposta sostitutiva non è dovuta per i lavoratori che aderiscono a una forma pensionistica complementare alla quale confluiscono le quote di TFR. (questo in quanto i dipendenti in questione sono privi di TFR essendo interamente destinato al fondo pensione). Ricordiamo anche che i datori di lavoro in ambito domestico (ad esempio di colf e badanti) non rientrano nella categoria di sostituti d’imposta.

Un’altra precisazione consiste nel fatto che la tassazione separata non si applica alle quote di trattamento di fine rapporto di importo superiore a 1.000.000 euro in quanto tali somme concorrono alla formazione del reddito complessivo. La norma, prevista dall’articolo 24, comma 1, del D.L. n. 201/2011, si applica anche a tutti i compensi e le indennità erogati agli amministratori delle società di capitali.

Differenze tra aziende con più o meno di 50 dipendenti

La gestione del TFR varia a seconda della dimensione dell’azienda:

  • Aziende con almeno 50 dipendenti: l’onere della rivalutazione rimane a carico dell’INPS. Ciò significa che l’azienda non deve gestire direttamente l’accantonamento delle somme per il TFR, delegando così l’onere amministrativo e i rischi connessi all’INPS. Questo meccanismo permette alle grandi aziende di concentrarsi sulle attività core, lasciando la gestione delle risorse di TFR in mani pubbliche. Inoltre, la gestione tramite INPS rappresenta una garanzia di sicurezza e stabilità per i lavoratori, poiché l’ente previdenziale garantisce la corretta rivalutazione e disponibilità delle somme al momento opportuno;
  • Aziende con meno di 50 dipendenti: l’onere resta in capo all’azienda, che deve decidere se trattenere il TFR in azienda o trasferirlo a un fondo pensionistico complementare. La scelta di mantenere il TFR in azienda può rappresentare un vantaggio finanziario per l’imprenditore, in quanto queste somme possono essere temporaneamente utilizzate per finanziare l’attività aziendale, contribuendo alla liquidità e alla gestione delle spese correnti. Tuttavia, questo comporta anche rischi significativi, specialmente in termini di gestione della liquidità, in quanto l’azienda deve essere in grado di corrispondere il TFR in qualsiasi momento venga richiesto dal dipendente. L’accumulo del TFR in azienda richiede dunque una pianificazione accurata, considerando che il mancato accantonamento delle somme potrebbe portare a difficoltà finanziarie future.

Un ulteriore aspetto da considerare per le piccole aziende è la possibilità di incentivare i propri dipendenti a trasferire il TFR in un fondo pensionistico complementare. Questa scelta può portare benefici sia ai dipendenti, che vedranno aumentare il loro risparmio pensionistico con vantaggi fiscali, sia all’azienda, che ridurrà l’impegno di liquidità e il rischio connesso alla gestione di fondi per lungo termine. Tuttavia, è fondamentale che i dipendenti siano pienamente informati dei pro e contro di ciascuna opzione, e che la scelta avvenga in modo consapevole.

Mantenere il TFR in azienda è un vantaggio per gli imprenditori?

Alla luce della rivalutazione quanto è conveniente per gli imprenditori che i dipendenti mantengano il TFR in azienda? Il trattamento di fine rapporto è una forma di salario differito. Se quindi il dipendente decide di lasciarlo in azienda, le conseguenze finanziare possono essere anche negative.

Tuttavia, è comunque auspicabile per l’impresa che il dipendente mantenga questa decisione. Infatti, per fronteggiare la mancanza di liquidità che da sempre contraddistingue la quotidianità di queste realtà avere a disposizione delle risorse aggiuntive, sebbene non siano proprie, è importante. Soldi che, comunque, l’imprenditore ha in prestito e deve almeno in parte corrispondere al proprio dipendente quando quest’ultimo durante il periodo lavorativo lo richiede o interamente al termine del rapporto di lavoro.

Metodi di calcolo dell’acconto: storico e previsionale

I datori di lavoro possono scegliere tra due metodi per calcolare l’acconto dell’imposta sostitutiva:

  • Metodo storico: si basa sulle rivalutazioni maturate nell’anno precedente. Questo metodo offre una maggiore stabilità nei calcoli e riduce il rischio di errori, poiché si utilizzano dati già consolidati e certi. Tuttavia, in situazioni di forte inflazione o deflazione, il metodo storico potrebbe non riflettere correttamente la realtà economica dell’anno in corso, portando potenzialmente a versamenti non del tutto adeguati alle reali necessità dell’azienda. Per questo motivo, il metodo storico viene spesso utilizzato in contesti di stabilità economica, dove i cambiamenti nei valori di rivalutazione sono minimi e facilmente prevedibili;
  • Metodo previsionale: prevede una stima delle rivalutazioni per l’anno in corso, offrendo maggiore flessibilità e la possibilità di ottimizzare l’acconto. Il metodo previsionale consente alle aziende di adeguare il versamento in base alle previsioni economiche e alle aspettative di rivalutazione del TFR. Questo approccio è particolarmente utile in situazioni di mercato volatile, dove la capacità di prevedere un adeguamento dell’acconto può evitare la creazione di un credito che sarebbe difficile da recuperare. Tuttavia, il metodo previsionale richiede un’accurata analisi dei trend economici e l’assistenza di consulenti fiscali esperti, poiché un errore di valutazione potrebbe comportare sanzioni per acconto insufficiente.

La scelta tra questi due metodi è importante, in quanto permette alle aziende di ridurre il rischio di versamenti in eccesso, evitando di generare crediti difficili da recuperare. Optare per il metodo storico può risultare più semplice dal punto di vista gestionale e amministrativo, in quanto si basa su dati consolidati e minimizza la necessità di effettuare stime. Tuttavia, in un contesto economico variabile, il metodo previsionale offre una maggiore aderenza alla realtà corrente, permettendo di allineare l’importo dell’acconto alle aspettative effettive di rivalutazione. In questo modo, si può evitare di versare somme eccessive che potrebbero poi richiedere procedure complesse per essere recuperate o compensate.

Un altro elemento da considerare nella scelta del metodo di calcolo dell’acconto è il livello di competenze interne in materia fiscale e contabile. Se l’azienda dispone di un team amministrativo qualificato e in grado di fare previsioni affidabili, il metodo previsionale può rappresentare un’opportunità per ottimizzare la gestione della liquidità. Al contrario, in assenza di tali competenze, il metodo storico potrebbe risultare preferibile, poiché garantisce una maggiore sicurezza dal punto di vista dell’adempimento fiscale, riducendo il rischio di errori che potrebbero comportare sanzioni da parte delle autorità fiscali.

In definitiva, la scelta del metodo di calcolo dell’acconto deve tener conto delle specificità dell’azienda, della volatilità del contesto economico e delle competenze interne. L’adozione del metodo più adatto può contribuire a una gestione fiscale più efficace, riducendo il rischio di sanzioni e ottimizzando le risorse finanziarie a disposizione.

Acconto 2025 e saldo 2024: coefficiente in calo

Entro il 16 febbraio 2025 il datore di lavoro dovrà versare il saldo della imposta sostitutiva, determinato dalla differenza tra l’effettiva imposta dovuta (con rivalutazione dei fondi TFR al 31 dicembre 2024, utilizzando il coefficiente di rivalutazione che sarà reso noto a metà gennaio 2025), e l’importo dell’acconto già versato . 

Anche quest’anno, con ogni probabilità la differenza sarà negativa, e potrà essere portata con credito in compensazione esponendola nel prossimo Modello 770. Il versamento deve essere effettuato utilizzando il Modello F24 indicando i seguenti codici tributo:

  • 1712 per l’acconto
  • 1713 per il saldo.

I datori di lavoro possono compensare l’imposta sostitutiva, direttamente nel modello F24, utilizzando eventuali crediti maturati per altre imposte o contributi. 

I chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate

Con la Risoluzione n. 68/E del 7 dicembre 2023, l’Agenzia delle Entrate ha introdotto una nuova opzione per il calcolo dell’acconto dell’imposta sostitutiva: è ora possibile utilizzare l’incremento presuntivo dell’indice ISTAT di dicembre. Questa novità rappresenta un’importante svolta per i datori di lavoro, soprattutto quelli di piccole e medie imprese, poiché offre un’alternativa più flessibile nella determinazione dell’acconto. Utilizzare un incremento presuntivo consente alle aziende di stimare l’importo da versare sulla base di proiezioni più accurate, riflettendo l’andamento economico attuale e riducendo il rischio di sovrastimare l’importo dovuto. Ciò è particolarmente utile se l’indice ISTAT dell’anno corrente è previsto essere inferiore rispetto all’anno precedente, evitando così la creazione di un credito eccessivo da recuperare che spesso comporta complicazioni amministrative e un impatto negativo sulla liquidità aziendale.

Inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che l’uso dell’incremento presuntivo non è obbligatorio, ma costituisce una facoltà opzionale che le aziende possono adottare per migliorare la precisione dei calcoli fiscali. Questa possibilità offre un vantaggio competitivo significativo per le aziende che dispongono di competenze interne o di consulenti in grado di effettuare previsioni affidabili sull’andamento dell’indice ISTAT. La Risoluzione ha inoltre specificato che, qualora l’indice presuntivo si rivelasse più basso del valore effettivo di dicembre, le aziende dovranno versare la differenza entro il termine previsto per il saldo, minimizzando comunque le sanzioni grazie alla trasparenza e alla buona fede dimostrata nel calcolo dell’acconto.

Questo nuovo approccio permette anche una migliore pianificazione finanziaria, poiché le imprese possono utilizzare i dati disponibili per allineare più accuratamente il versamento dell’acconto alle loro reali capacità economiche. In un contesto di forte variabilità dei prezzi e di inflazione elevata, la possibilità di fare affidamento su dati presuntivi per il calcolo dell’acconto offre una boccata d’ossigeno per molte aziende, che possono così evitare l’accantonamento di risorse eccessive. A tal proposito, la risoluzione incoraggia anche l’adozione di strumenti di analisi e di monitoraggio continuo dei dati macroeconomici, che possono supportare le aziende nella scelta più adatta al loro contesto economico specifico. Questo permette una maggiore flessibilità e una gestione più efficiente dei flussi di cassa, riducendo il rischio di immobilizzare capitali in eccedenza.

Infine, l’Agenzia delle Entrate ha ribadito che, per poter beneficiare di questa opzione, è necessario documentare accuratamente le stime adottate e le fonti dei dati utilizzati. La trasparenza nel processo decisionale e nella determinazione dell’acconto è essenziale per evitare contestazioni future e per garantire che la scelta dell’incremento presuntivo sia giustificata dalle condizioni economiche del momento. Le aziende che adottano questa soluzione dovrebbero considerare l’eventuale necessità di presentare ulteriori documentazioni a supporto delle proprie scelte, nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate dovesse richiedere chiarimenti o verifiche. Questa maggiore attenzione alla documentazione e alla trasparenza mira a facilitare il dialogo tra contribuenti e amministrazione fiscale, riducendo le potenziali aree di conflitto e promuovendo una maggiore conformità fiscale.

Tardivo versamento imposta sostitutiva: le sanzioni

Il mancato rispetto delle scadenze di pagamento dell’imposta sostitutiva comporta una sanzione del 30% dell’importo dovuto. Tuttavia, è possibile beneficiare del ravvedimento operoso se il versamento viene effettuato entro i termini stabiliti per la presentazione della dichiarazione dei redditi successiva. Il ravvedimento consente di ridurre la sanzione e minimizzare le conseguenze di un ritardo, con percentuali di riduzione che variano in base alla tempestività del pagamento.

È inoltre importante ricordare che il ravvedimento operoso non solo riduce le sanzioni pecuniarie, ma evita anche che il ritardo possa portare a conseguenze amministrative più gravi, come l’iscrizione a ruolo dell’importo o altre misure esecutive. La tempestività nella regolarizzazione permette alle aziende di mantenere una buona posizione nei confronti dell’Amministrazione finanziaria, dimostrando buona fede e cooperazione. Di conseguenza, è sempre consigliabile procedere rapidamente al versamento dell’imposta, anche se in ritardo, per usufruire di tali agevolazioni e ridurre al minimo l’impatto economico del mancato rispetto delle scadenze originali.

Conclusioni

Cadendo di sabato la data originariamente prevista per il pagamento dell’acconto dell’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del TFR, quest’anno ci sarà tempo fino al 18 dicembre per effettuare il versamento. Visto l’andamento dell’inflazione a sorridere sarà sicuramente il fisco rispetto ai sostituti d’imposta, che vedranno applicarsi ancora una stangata.

Gli ultimi chiarimenti dell’Agenzia delle Entrate sono stati però in senso favorevole, prevedendo che ora è possibile utilizzare l’incremento presuntivo dell’indice ISTAT del mese di dicembre per il calcolo dell’acconto, invece di basarsi sull’indice dell’anno precedente.

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    Andrea Baldini
    Andrea Baldinihttps://fiscomania.com/
    Laurea in Economia Aziendale nel 2014 presso l'Università degli Studi di Firenze. Collabora stabilmente nella redazione giornalistica di RadioRadio nel ambito fiscale. Appassionato da sempre di Start-up, ha il sogno di diventare business angel per il momento opera come consulente azienda nel mondo delle Start up. [email protected]
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