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Enfiteusi: di cosa si tratta?

L’enfiteusi è un diritto reale di godimento, che attribuisce al titolare la facoltà di utilizzare un fondo, percepire i frutti, apportare migliorie, previo pagamento di un canone. In origine, tale istituto era impiegato per destinare terreni alla coltivazione, nonostante non presentassero le opportune caratteristiche. Tramite l’enfiteusi, il proprietario attribuiva ad un terzo l’onere di rendere coltivabile un fondo boschivo o paludoso, sgravandosi del dovere di bonifica e adeguamento. Invero, era anche impiegata al fine di migliorare i fondi urbani. Ad oggi, l’istituto, nato con tali finalità, risulta scarsamente impiegato.

Cos’è l’enfiteusi?

Il legislatore ha previsto una definizione di enfiteusi all’art. 959 c.c., ove sono stabiliti quali sono i diritti. In particolare:

“L’enfiteuta ha gli stessi diritti che avrebbe il proprietario sui frutti del fondo, sul tesoro e relativamente alle utilizzazioni del sottosuolo in conformità delle disposizioni delle leggi speciali. Il diritto dell’enfiteuta si estende alle accessioni.”

L’enfiteusi è un diritto reale di godimento su bene immobile, che attribuisce al titolare la facoltà di utilizzare un fondo, percepire i frutti, apportare migliorie, previo pagamento di un canone.

Preliminarmente, dunque, ci sembra opportuno individuare una breve definizione di diritti reali di godimento. Questi ultimi, si distinguono dalla proprietà, il quale è il diritto reale per eccellenza, in quanto pieno ed assoluto. Essi conferiscono la facoltà di utilizzare totalmente un bene di proprietà di un’altra persona.

Dunque, essi costituiscono una forma di limitazione al diritto di proprietà. Il proprietario, infatti, non potrà esercitare alcune potestà che gli conferisce la legge sull’immobile. Hanno natura temporanea, in quanto il diritto di proprietà non può essere illimitatamente condizionato.

Il diritto di godimento attribuisce al titolare la facoltà di godere del bene e di disporne limitatamente. E’ soggetto a scadenza, che viene in genere determinata mediante accordo con il proprietario.

Come si costituisce?

Si tratta di un diritto reale di godimento su cosa altrui che si acquista per contratto. Questo deve avere forma scritta a pena di nullità, quindi è richiesta la forma ad substantiam. Ovviamente, come ogni diritto reale su bene immobile, è soggetto ad onere della trascrizione nei registri immobiliari.

Sul punto, è anche intervenuta la Corte di Cassazione (sentenza n. 4431/2017) la quale ha affermato che: “quando per l’esistenza di un determinato contratto la legge richiede a pena di nullità la forma scritta (nella specie, contratto costitutivo di enfiteusi), alla mancata produzione in giudizio del documento non può ovviare la produzione di una scrittura contenente la confessione della controparte in ordine alla pregressa stipulazione del contratto “de quo”, nemmeno se da tale confessione risulti che quella stipulazione fu fatta per iscritto.”

I diritti dell’enfiteuta

Come affermato nei paragrafi precedenti, all’enfiteuta spettano gli stessi diritti che spettano al proprietario del fondo.

  • In primo luogo, enfiteuta può far propri i frutti, i tesori rinvenuti sul fondo. Inoltre, ha diritto all’utilizzo del sottosuolo, salvo che per la subenfiteusi. Quest’ultima, infatti, è espressamente vietata dalla legge. Tali diritti, invero, si estendono anche alle accessioni.
  • Egli ha anche un limitato potere di disposizione, sia per atto tra vivi che a causa di morte. Ovviamente egli può disporre del diritto di godimento. Al proprietario del fondo, in tale ipotesi, non spetta alcun beneficio o vantaggio economico, sulla prestazione ricevuta.
  • Invero, le parti potrebbero comunque escludere tale facoltà di disposizione nell’atto costitutivo stesso, o comunque limitarlo per un periodo non superiore ai venti anni. Laddove il vincolo venisse violato, l’enfiteuta resta obbligato in solido con l’acquirente rispetto agli oneri derivanti dall’enfiteusi.
  • Come dicevamo poc’anzi, l’enfiteuta è poi tenuto al miglioramento del fondo. Tuttavia, le spese eventualmente sostenute dall’enfiteuta sono soggette a rimborso. Quest’ultimo è determinato in base all’incremento del valore del fondo, a seguito dei miglioramenti apportati. In luogo del rimborso, l’enfiteuta può anche trattenere il diritto e godere del bene fino a concorrenza del suo credito.

Diversa, invece, è la disciplina delle addizioni. In questo caso, infatti, a differenza dei miglioramenti, esse possono essere separate dal fondo stesso, senza arrecare pregiudizio. In questo caso, il concedente deve pagarne il prezzo in base al valore delle stesse al momento della riconsegna del fondo.

Ove, invece, le addizioni non possano esser separate senza arrecare pregiudizio all’immobile, esse sono intese come miglioramenti e si applica la relativa disciplina.

I doveri dell’enfiteuta

L’enfiteusi comporta anche una serie di doveri posti a carico dell’enfiteuta. Alcuni li abbiamo già richiamati nei paragrafi precedenti. In sintesi, però, possiamo riassumerli brevemente. L’obbligo principale dell’enfiteuta è il citato onere di apportare dei miglioramenti all’immobile, applicando la disciplina di cui al paragrafo precedente.

Il secondo onere, più volte richiamato, è quello del pagamento del canone periodico. Questo, in genere, è concordato nell’atto costitutivo del diritto, può esser determinato sia con beni in natura che in denaro.

Secondo un principio generale, l’enfiteuta non può chiedere la riduzione o la remissione del canone, anche ove se il fondo sia sterile o nel caso in cui dovesse perdere i frutti.

L’onere è imposto in capo a tutti i coenfiteuti e tutti gli eredi dell’enfiteuta fino a quando resta in piedi la comunione. In caso di divisione, ciascuno è tenuto per la propria parte. In fine, l’enfiteuta è tenuto al pagamento delle imposte e dei pesi che gravano sul fondo. Tuttavia, si ricorda che potrebbe esser differentemente previsto dalle leggi speciali.

Quando avviene l’estinzione dell’enfiteusi?

L’enfiteusi è un diritto che è soggetto ad estinzione, al verificarsi di specifici fatti. Le ipotesi più comuni sono:

  • Scadenza del termine, se pattuito nell’atto costitutivo dell’enfiteusi;
  • Prescrizione del diritto dell’enfiteuta, nel caso in cui non usi il fondo in modo protratto per 20 anni;
  • Rinuncia;
  • Consolidazione del diritto;
  • Per affrancazione quando con atto unilaterale il concessionario paghi al proprietario un valore come stabilito dalle leggi speciali;
  • Perimento del fondo.

In particolare, rispetto all’affrancazione del fondo da parte dell’enfiteuta, questa può verificarsi solo una volta decorsi 20 anni o il termine superiore previsto dal contratto (che ricordiamo non può essere superiore ai 40 anni).

L’affrancazione presuppone che sia versata al concedente una somma di denaro. Questa è quantificata in base alla capitalizzazione del canone annuo dell’interesse legale. Può esser anche promossa da uno solo dei confiteuti, ma in questo caso, esso subentra al concedente nel rapporto con gli altri confiteuti.

Enfiteusi e livello: differenze

Frequentemente, l’istituto dell’enfiteusi viene paragonato al c.d. livello. Questo è una figura giuridica, diffusosi alla fine dell’ ‘800, che non ha mai formalmente trovato una collocazione giuridica. Esso costituisce, in sostanza, un contratto con il quale il proprietario del fondo, concedeva al livellario sia il possesso che il diritto di sfruttare il fondo, previo pagamento di un canone e obbligo di apportare miglioramenti al fondo.

Come è evidente questa figura ha molte affinità con l’enfiteusi stessa. Proprio sul punto, invero, è anche intervenuta la giurisprudenza della Corte di Cassazione. Infatti, sul punto, la Corte a sezioni unite n. 617/2021, ha affermato infatti che il “livello” si identifica in un diritto reale di godimento equivalente all’enfiteusi.

Storicamente, da un certo momento in poi, infatti, i due istituti erano progressivamente confusi, fino ad identificare, quindi, lo stesso istituto. Dunque, esso è nella sostanza in disuso, tuttavia, in casi eccezionali, era impiegato dalle amministrazioni, statali e locali. Queste in particolari momento di crisi economiche, hanno iniziato a far valere tali diritti, che erano nati in base a contratti pregressi.

Esecuzione forzata

Invero, si è ad oggi molto dibattuto sulla possibilità di sottoporre ad esecuzione forzata sull’immobile gravato da diritto di enfiteusi. In tal caso possono infatti verificarsi due ipotesi:

  • Il pignoramento del diritto reale di godimento;
  • Il pignoramento del diritto di proprietà.

Nel primo caso, il diritto oggetto di pignoramento non può mai essere mutato in diritto di proprietà. Mentre se è pignorato proprio il diritto di proprietà, ma emerge che esso abbia natura di enfiteusi, in questo caso:

  • Il soggetto delegato per eseguire il pignoramento, lo comunica al Giudice dell’esecuzione;
  • Il giudice dell’esecuzione, a sua volta, emana un provvedimento di limitazione dell’espropriazione, individuando il diritto da sottoporre a vendita forzata;
  • Eseguita la vendita della piena proprietà, è necessario che il decreto di trasferimento indichi le formalità pregiudizievoli, in specie l’impossibilità di eliminare l’onere.
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    Elisa Migliorini
    Elisa Migliorinihttps://www.linkedin.com/in/elisa-migliorini-0024a4171/
    Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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