La riscossione dei dividendi di fonte estera da parte di una persona fisica residente fiscalmente in Italia non è priva di problematiche. La riforma del regime dei dividendi contenuta nella Legge n. 205/17 ha effetti anche sugli utili di fonte estera. Attualmente, infatti, siamo di fronte ad un regime binario di applicazione della tassazione sui dividenti esteri (provenienti da paesi collaborativi), che ha come discriminante la presenza di un intermediario finanziario residente che interviene (o meno) nella riscossione del provento.
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Criteri di tassazione dei dividendi esteri percepiti da privati residenti provenienti da paesi white list
La disciplina legata alla tassazione dei dividendi white list (paesi collaborativi) si differenzia a seconda che:
- Il dividendo estero viene percepito dal contribuente residente per il tramite di un intermediario finanziario residente. In questo caso, ai sensi della Risoluzione n. 61/E/2019 dell’Agenzia delle Entrate, è prevista l’applicazione della ritenuta del 26%, sul c.d. “netto frontiera“;
- Il dividendo estero viene percepito dal contribuente residente senza l’intervento di un intermediario residente. In questo caso, l’art. 18, co. 1 del TUIR, prevede che il contribuente assolva la tassazione sul dividendo in dichiarazione dei redditi, con base imponibile lorda (quindi senza tenere conto dell’eventuale ritenuta in uscita subita nello Stato estero di erogazione del dividendo).
Questa situazione crea una evidente problematica non omogeneità di tassazione. Nei due casi indicati, solo in uno trova concreta applicazione il meccanismo nel netto frontiera. Mentre, il meccanismo del credito per imposte estere non può trovare applicazione in quanto non si imponibilità IRPEF del dividendo. Senza l’intervento di un intermediario residente il contribuente è chiamato a tassare in dichiarazione dei redditi il provento senza possibilità di attenuare la doppia imposizione.
La posizione dell’Agenzia delle Entrate ribadita nelle istruzioni del modello Redditi
La posizione dell’Agenzia, ribadita dalle istruzioni di compilazione della dichiarazione, prevede che senza l’intervento di un intermediario nella riscossione del dividendo la ritenuta trovi applicazione sul dividendo lordo, senza considerare le ritenute in uscita subite al momento dell’uscita del dividendo dal Paese di erogazione. Questo orientamento, inutile negarlo, rischia di condurre ad un contenzioso potenzialmente di vasta portata. A questa considerazione si può giungere pensando a quante situazioni di questo tipo di possono presentare.
Vediamo, di seguito, con maggiore dettaglio le due modalità di tassazione dei dividendi white list percepiti da persone fisiche residenti e di seguito la posizione della giurisprudenza che si sta formando sull’argomento.
Dividendo estero incassato con intermediario residente tassato al netto frontiera
I dividendi percepiti da persona fisica residente sono considerati redditi di capitale. La base imponibile da assoggettare a tassazione è determinata al lordo delle imposte estere. Tuttavia, in deroga a questo principio vi è il caso degli utili da partecipazione in enti di diritto estero. Per questi proventi, infatti, è concessa l’applicazione della ritenuta fiscale (attualmente del 26%) sul c.d. “netto frontiera”.
Cos’è il netto frontiera? |
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È la differenza tra il dividendo lordo e la ritenuta in uscita applicata dallo Stato di erogazione del dividendo. Si tratta di un metodo previsto dalle Convenzioni internazionali per l’attenuazione della doppia imposizione. |
L’applicazione della ritenuta sul netto frontiera è condizionata dal fatto che i dividendi vengano riscossi attraverso un sostituto d’imposta o un intermediario (co. 4-bis dell’art. 27 del DPR n. 600/73). L’intermediario residente (istituto bancario) è chiamato ad assolvere una serie di adempimenti:
- Accertare che il dividendo non sia deducibile dal reddito dell’emittente estero (art. 44 co. 2 lett. a) del TUIR);
- Verificare che l’importo percepito non sia relativo a riserve di capitale (e che quindi sia tassabile);
- Accertare che non sia proveniente da un soggetto a fiscalità privilegiata. In questo caso, occorre verificare l’applicazione dell’esimente secondo cui dalla partecipazione non si verifica l’effetto di localizzare i redditi in paesi a fiscalità privilegiata (art. 47-bis co. 2 lett. b) del TUIR).
Pertanto, le ritenute operate a titolo d’imposta (verso privati) o d’acconto (verso imprese) sul dividendo di fonte estera devono essere operate dall’intermediario residente al netto delle imposte applicate nello Stato estero dove risiede la società erogante.
Dividendo estero incassato senza intermediario residente tassato al lordo frontiera
Fuori dalla casistica sopra indicata vi sono una serie di situazioni in cui diventa impossibile (o molto difficile) avere l’ausilio di un intermediario residente nella riscossione del dividendo. Mi riferisco, in particolare, alle seguenti fattispecie:
- Utili di fonte estera incassati da società estere non quotate;
- Utili di fonte estera incassati su conto estero.
Nella prima fattispecie l’intermediario bancario italiano che riceve la somma di denaro non è in grado di identificare che lo stesso sia un dividendo. Tale partecipazione non può essere compresa nel portafoglio titoli del detentore. Pertanto, l’intermediario non è in grado di applicare la ritenuta a titolo di imposta sul dividendo. Nel secondo caso l’intermediario nazionale non è in grado di applicare la ritenuta in quanto il dividendo viene incassato su un conto corrente detenuto all’estero.
In questi due casi il contribuente è chiamato a dichiarare i proventi nella sezione V del quadro RM del modello Redditi (rigo RM 12, codice H). In questo modo è possibile la tassazione con imposta sostitutiva (ex art. 18 del TUIR) con aliquota 26% (senza possibilità di opzione per la tassazione ordinaria IRPEF).
Nell’individuare la base imponibile da indicare nel rigo RM12 le istruzioni del modello Redditi sono ferme nel prevedere che è determinata al lordo delle ritenute subite all’estero. Tale impostazione è coerente con la Risoluzione n. 80/E/2007 e con la Risposta a interpello n. 111/E/2020. Tale soluzione, tuttavia, risulta iniqua e contraddice in modo espresso i principi enunciati dall’Amministrazione finanziaria nella Circolare n. 26/E/2004 (§ 4.3).
La posizione della giurisprudenza su netto frontiera e dividendi
Cassazione: sentenza n. 25698/22: incasso di dividendi dagli USA con possibilità di applicazione del credito per imposte estere
La Corte di Cassazione ha fornito un importante principio di diritto con la sentenza n. 25698/22. Il caso analizzato dai giudici è quello di un contribuente residente che, senza l’intervento di intermediario residente ha percepito dividendi di fonte statunitense. I giudici arrivano alla conclusione che al contribuente spetti l’applicazione del credito per imposte estere sulla base delle considerazioni seguenti.
L’art. 23, co. 3 della Convenzione contro le doppie imposizioni tra Italia e Stati Uniti, prevede che l’Italia deve dedurre dalle imposte sul reddito (ex art. 2), l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti. Al terzo periodo dell’art. 2 viene previsto che, “tuttavia, nessuna deduzione sarà accordata ove l’elemento dì reddito sia assoggettato in Italia ad imposizione mediante ritenuta a titolo d’imposta su richiesta del beneficiario di detto reddito in base alla legislazione italiana“.
Qualora l’assoggettamento a imposizione mediante ritenuta a titolo di imposta, come nel caso dell’art. 27, co. 4 del DPR n. 600/73 o mediante imposta sostitutiva (ex art. 18, co. 1, del TUIR), quando il contribuente sia persona fisica, avvenga non su richiesta del beneficiario del reddito ma obbligatoriamente, non potendo il contribuente chiedere l’imposizione ordinaria, l’imposta sul reddito pagata negli Stati Uniti si deve considerare detraibile. Questo in relazione al fatto che la locuzione “anche su richiesta del contribuente” che figura in molte Convenzioni siglate dall’Italia conferma che quando l’Italia ha voluto negare il credito di imposta, lo ha previsto espressamente.
Testo della Convenzione tra Italia e USA
Tale interpretazione trova conferma nella diversità del testo vigente degli accordi bilaterali contro le doppie imposizioni conclusi con altri Paesi, secondo i quali “nessuna detrazione sarà accordata ove l’elemento di reddito venga assoggettato in Italia ad imposizione mediante imposta sostitutiva o ritenuta a titolo di imposta, ovvero ad imposizione sostitutiva con la stessa aliquota della ritenuta a titolo di imposta, anche su richiesta del contribuente, ai sensi della legislazione italiana“.
Sentenza C.G.T. di Siena n. 68/1/24
La sentenza della C.G.T. I Siena n. 68/1/24 ha stabilito che le persone fisiche residenti possono scomputare l’imposta assolta all’estero sui dividendi dall’imposta sostitutiva italiana del 26%. La sentenza richiama la precedente posizione della Cassazione.
Il caso è quello di un soggetto che percepisce dividendi alla Germania. La Convenzione tra i due Paesi indica all’art. 24, § 2, lett. a), una formulazione analoga a quella dell’art. 23, § 3, della Convenzione Italia-Stati Uniti. Pertanto, per analogia, il contribuente ha la possibilità di chiedere a rimborso dell’Italia la maggiore imposta pagata complessivamente, rispetto all’imposta che sarebbe stata dovuta in caso di applicazione del credito per imposte estere.
Se l’Italia avesse consentito la detrazione dell’imposta estera da quella italiana, ipotizzando un dividendo di 100 ed una ritenuta di 15, il prelievo sarebbe: 26 (26% di 100) – 15 (ritenuta estera) = 11. Se, invece, fosse intervenuto un intermediario residente nell’incasso del dividendo il prelievo sarebbe stato pari a: 85 (100 – 15) * 26% = 22,1. La differenza tra questi due valori determina l’importo da chiedere a rimborso all’Erario italiano (pari a 22,1 – 11 = 11,1). In pratica è l’11,1% del dividendo lordo la somma da chiedere a rimborso, pari alla differenza tra la somma trattenuta dalla banca e quella che sarebbe stata ottenibile nel caso in cui fosse stato applicabile il credito per imposte estere.
Sentenza CGT di Milano n. 3184/24
Anche i dividendi provenienti dalla Svizzera consentono la possibilità di detrarre la ritenuta trattenuta dalla Svizzera (pari al 15%). Come visto sopra, l’art. 24, secondo paragrafo della Convenzione nega il diritto al credito d’imposta solo nel caso in cui il credito venga assoggettato in Italia a ritenuta a titolo di imposta su richiesta del beneficiario del reddito.
Quale posizione tenere sui dividendi di fonte estera?
Il punto di partenza deve essere il fatto che l’Amministrazione finanziaria non permette, in dichiarazione, di poter portare a credito la ritenuta estera. Tuttavia, secondo la Cassazione è possibile per il percettore persona fisica utilizzare il foreign tax credit. Inoltre, la sentenza della C.T.G. di Siena, in attesa di un possibile consolidamento della posizione, porta a considerare legittime le domande di rimborso della maggiore imposta pagata in Italia, a fronte della mancata detrazione dell’imposta estera potrebbe incrementare il numero di contenziosi.
Non potendo formare ed utilizzare il credito in dichiarazione la strada da seguire la delinea la sentenza della C.T.G. di Siena, la quale considera legittime le domande di rimborso della maggiore imposta pagata in dichiarazione a fronte della mancata detrazione dell’imposta estera. Pertanto, in attesa di chiarimenti ufficiali, l’unica strada percorribile è quella dell’istanza di rimborso.
Infatti, una volta individuata la spettanza del credito, non potendone materialmente usufruire in dichiarazione dei redditi, il contribuente si trova di fronte alla possibilità di presentare istanza per il rimborso all’Agenzia delle Entrate. Questa ipotesi deve essere valutata con attenzione, con il proprio commercialista.
Non si deve dimenticare, infatti, che occorre farsi trovare preparati ad impugnare l’eventuale silenzio rifiuto da parte dell’Amministrazione finanziaria. Situazione che, sovente potrebbe accadere ed alla quale occorre farsi trovare preparati per valutare il ricorso in Corte di Giustizia Tributaria, per far valere il riconoscimento del credito.
Conclusioni e consulenza fiscale
Sul tema del riconoscimento del credito di imposta sulle ritenute da dividendi esteri è auspicabile un intervento di prassi che possa chiarire in modo inequivocabile la questione.
In questo periodo transitorio si profilano comportamenti diversi, con profili di rischio diversi a carico del contribuente. Nel caso in cui si valuti la presentazione dell’istanza di rimborso è necessario preliminarmente (ed assieme al proprio consulente):
- Verificare la spettanza del credito, andando ad analizzare l’applicazione della Convenzione contro le doppie imposizioni in essere con l’Italia;
- Presentare l’istanza di rimborso, prestando attenzione al rispetto dei requisiti, fornendo adeguata documentazione sull’applicazione della ritenuta. Particolare attenzione deve essere prestata ad evitare errori di forma o di sostanza (legati alla motivazione o alla documentazione);
- Prepararsi ad una possibile fase di contenzioso nel caso in cui l’Agenzia delle Entrate non risponda all’istanza (silenzio-rifiuto). Per poter ipotizzare un esito favorevole della procedura è necessario il rispetto di tutti i requisiti, sia formali che sostanziali. Pertanto, la collaborazione con professionisti esperti è fondamentale.
Per poter valutare la propria situazione al meglio possiamo assisterti attraverso l’analisi della propria situazione anche attraverso la nostra collaborazione con studi legali tributari esperti.
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