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Dividendi da paesi Black List a imponibilità integrale

Disciplina fiscale legata alla tassazione degli utili di fonte estera derivanti da società controllate residenti in paesi a regime fiscale privilegiato.

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La tassazione dei dividendi provenienti da Paesi black list prevede una tassazione integrale ai fini IRPEF o IRES del dividendo percepito. In alternativa, è possibile una tassazione parziale, ma solo al verificarsi di alcune esimenti. 


La sempre più spregiudicata pianificazione fiscale internazionale delle imprese ha spinto negli ultimi anni il legislatore ad intervenire più volte per regolare sul piano amministrativo e fiscale l’onere tributario dovuto dalle imprese. In particolar modo si è intervenuti per regolare il regime di tassazione dei dividendi provenienti da Paesi black list. Questo al fine di evitare possibili comportamenti elusivi da parte delle imprese che operano in ambito multinazionale. Al fine di avere un quadro completo della situazione vediamo di seguito la disciplina legata alla tassazione dei dividendi da paesi black list, negli ultimi anni.

Dividendi da paesi black list integralmente imponibili

I dividendi provenienti da soggetti residenti o localizzati in Stati a fiscalità privilegiata sono integralmente imponibili per il soggetto percipiente (imprenditore o non imprenditore). Questo, si verifica a meno che:

  • Tali dividendi siano già stati imputati al socio, secondo le disposizioni delle Controlled Foreign Companies (c.d. “CFC” ex art. 167 del TUIR);
  • Ovvero, sia stata data dimostrazione che dalle partecipazioni non è stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati (c.d. “seconda esimente” del regime dei dividendi).

Gli utili di fonte estera che derivano da partecipazioni in società di capitali residenti in Stati considerati a fiscalità privilegiata sono imponibili per l’intero ammontare per il percipiente (artt. 47 co. 4 e 89 co. 3 del TUIR), ai fini IRPEF o IRES. In particolare:

  • Sia in caso di partecipazioni qualificate, sia in caso di partecipazioni non qualificate, viene operata una ritenuta a titolo di acconto del 26% da parte del sostituto d’imposta che interviene nella riscossione dell’utile;
  • La base imponibile della ritenuta è rappresentata dal 100% dei proventi percepiti, al netto delle ritenute operate dallo Stato estero.

Fanno eccezione a questo principio gli utili che derivano da partecipazioni in società residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata le cui azioni siano quotate nei mercati regolamentati, soggetti a ritenuta a titolo d’imposta del 26% sul 100% della remunerazione.

Possibilità di disapplicare la tassazione integrale del dividendo

Resta comunque ferma la possibilità di disapplicare la tassazione integrale del dividendo, beneficiando dell’esimente di cui all’art. 47-bis co. 2 lett. b) del TUIR (c.d. “seconda esimente“). Questo è possibile se dalle partecipazioni nei soggetti esteri controllati non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato.

Con maggiore dettaglio, possiamo dire che:

  • La presenza della c.d. “prima esimente” dell’art. 47-bis co. 2, lett. a), comporta il fatto che l’utile continua ad essere imponibile al 100%, ma i soci di controllo hanno la possibilità di applicare il c.d. “credito indiretto“, parametrato alle imposte assolte all’estero dalla partecipata. La verifica riguarda la dimostrazione che “il soggetto non residente svolga un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali“. In pratica, il socio residente nel territorio dello Stato deve provare il radicamento della propria partecipata nel Paese o territorio estero di insediamento, oltre ovviamente alla disponibilità in loco da parte della stessa di una struttura organizzativa idonea allo svolgimento dell’attività commerciale dichiarata, dotata peraltro di autonomia gestionale. In altri termini, allo scopo di escludere l’artificiosità della struttura estera, il radicamento diventa un elemento rilevante per provare che la CFC svolge nel territorio in cui è localizzata un’effettiva attività industriale o commerciale;
  • La presenza della c.d. “seconda esimente“, dell’art. 47-bis, co. 2, lett. b), comporta il fatto di assimilare i dividendi black list a quelli non provenienti da paese a fiscalità privilegiata. La verifica, in questo caso, riguarda la dimostrazione che “dalle partecipazioni non consegua l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato“. Può essere il caso, ad esempio, che la società localizzata in paese black list svolge la propria principale attività in uno Stato non compreso tra quelli a fiscalità privilegiata nel quale i redditi da essa prodotti sono integralmente assoggettati a tassazione. Oppure, ad esempio, nel caso in cui i redditi prodotti derivino dalla presenza di una stabile organizzazione in Stato non considerato a fiscalità privilegiata.

Dividendi percepiti attraverso conduit company totalmente imponibili

Il D.L. n. 223/06 ha previsto l’assoggettamento a tassazione integrale anche dei dividendi provenienti da paesi black list, indirettamente percepiti da società residenti, attraverso società figlie interposte (c.d. “conduit company“). Tale finalità è espressamente affermata nella relazione illustrativa al provvedimento ove viene posto in evidenza come attraverso anelli intermedi della catena fosse possibile sfuggire alla tassazione integrale per dividendi provenienti da paesi black list.

La disposizione ha la finalità di contrastare le operazioni di aggiramento “del regime di tassazione integrale degli utili provenienti da partecipate situate in Paesi a fiscalità privilegiata, interponendo nella catena societaria un altro soggetto estero residente in un Paese a regime fiscale non privilegiato“.

Conseguentemente, attualmente il regime di tassazione integrale si rende applicabile non solo agli utili e ai proventi equiparati distribuiti direttamente dai soggetti residenti nel paradiso fiscale, ma anche a quelli generati in paesi a fiscalità privilegiata che vengono percepiti dalla casa madre italiana, tramite società intermedie mere conduit companies.

Come si individuano i paesi black list?

A partire dal 2019, l’art. 47-bis del TUIR (introdotto dal D.Lgs. n. 142/2018) prevede due nozioni di “regimi fiscali privilegiati” a seconda che la società partecipata sia sottoposta o meno al controllo da parte del socio italiano. Si considerano residenti in Paradisi fiscali le partecipate:

  • Il cui livello di tassazione effettiva è inferiore al 50% di quello italiano, per le partecipazioni di controllo;
  • Il cui livello di tassazione nominale è inferiore al 50% di quello italiano, per le partecipazioni che non integrano il requisito di controllo.

Una partecipazione si considera di controllo secondo l’attuale disciplina CFC ex art. 167 del TUIR. Occorre poi tenere presente che non sono mai considerati regimi fiscali privilegiati quelli di Stati o territori appartenenti all’Unione europea o allo Spazio economico europeo.

Il requisito del controllo per le partecipate estere

Ai fini della qualifica di soggetti “controllati” non residenti, si applica l’art. 167 co. 2 del TUIR per il quale risulta necessario, in alternativa, che:

  • Si verifichi il controllo diretto o indiretto, anche tramite società fiduciaria o interposta persona, ai sensi dell’art. 2359 c.c. (controllo di “diritto“; controllo di “fatto“, controllo “contrattuale“), oppure
  • Oltre il 50% della partecipazione agli utili sia detenuto, direttamente o indirettamente, mediante una o più società controllate ai sensi dell’art. 2359 c.c., o tramite società fiduciaria o interposta persona (secondo quanto precisato dalla relazione illustrativa in caso di partecipazione indiretta, la percentuale di partecipazione agli utili è determinata tenendo conto dell’eventuale demoltiplicazione prodotta dalla catena societaria partecipativa).

I criteri utili per individuare gli Stati a fiscalità privilegiata fino al 2018

I criteri per individuare gli Stati o i territori a fiscalità privilegiata sono stati oggetto di diversi interventi normativi da parte del:

Di seguito, si riporta lo schema, tratto dalla Circolare n. 35/E/2016 (§ 1.2.2), che riassume l’evoluzione normativa del concetto di Stato a fiscalità privilegiata fino al 2018.

PeriodoFino al 31.12.2014Dall’1.1.2015 al 31.12.2015Dall’1.1.2016
Criterio di individuazione dei regimi fiscali privilegiati
Inclusione nel DM 21.11.2001 (black list) in vigore durante l’esercizio di chiusura della controllata
Inclusione nel DM 21.11.2001 (black list) in vigore durante l’esercizio di chiusura della controllata

Regime speciale che preveda un livello di tassazione inferiore al 50% di quello applicato in Italia

Esclusione dei Paesi UE e SEE
Livello nominale di tassazione inferiore al 50% di quello applicabile in Italia

Regimi speciali

Esclusione dei Paesi UE e SEE

Rilevanza del periodo di maturazione per i dividendi da Paesi a fiscalità privilegiata

Secondo l’art. 1 co. 1007 della Legge n. 205/2017, non si considerano provenienti da società residenti o localizzate in Stati o territori a regime fiscale privilegiato:

  • Gli utili percepiti a partire dal 2015 e maturati in periodi d’imposta precedenti nei quali la partecipata era residente o localizzata in Stati o territori non inclusi nella black list di cui al DM 21.11.2001 (primo periodo);
  • Gli utili maturati dal 2015 in poi in Stati o territori non a regime privilegiato e, in seguito, percepiti in periodi d’imposta in cui risultino integrate le condizioni per considerare a fiscalità privilegiata lo Stato o territorio estero.

L’art. 1 co. 1007 della L. 205/2017 non richiama esplicitamente l’ipotesi dei dividendi distribuiti in un periodo di imposta in cui la partecipata risulta residente in uno Stato a fiscalità ordinaria, ma si riferiscono ad utili maturati quando il medesimo Stato era a fiscalità privilegiata. In tale circostanza, sono tuttora applicabili i principi della Circolare n 35/E/2016, (Risposta n. 52 dell’Agenzia Entrate a Telefisco 2019 del 31.1.2019).

Pertanto, il dividendo deve essere considerato come proveniente da uno Stato a fiscalità ordinaria se:

  • Lo Stato estero, al momento della distribuzione, non integra più i presupposti per essere considerato un “paradiso fiscale“;
  • Tale condizione risulta altresì verificata, secondo i criteri vigenti all’atto della percezione del dividendo (guardando, cioè alle attuali regole, anche per gli utili formatisi prima del 2015), per ogni esercizio di formazione degli stessi utili.

In altri termini, i dividendi distribuiti da una società estera e formati con redditi prodotti in un esercizio in cui era considerata black list con le regole all’epoca vigenti, ma non con le regole vigenti al momento della distribuzione, non sono soggetti a tassazione integrale.

Tabella: criteri di individuazione dei dividendi da paesi Black list secondo il periodo di maturazione dell’utile

La tabelle che seguono riepilogano i criteri di tassazione di tali utili.  

Tabella: Anno di maturazione dell’utile – La società è a regime fiscale ordinario

Anno di distribuzione –
La società è a regime fiscale ordinario
Anno di distribuzione –
La società è a regime fiscale privilegiato
Maturazione sino al 2014: se lo Stato non è incluso nella black list (DM 21.11.2001), tassazione ordinaria (art. 1 co. 1007 primo periodo) Maturazione sino al 2014: se lo Stato non è incluso nella black list (DM 21.11.2001), tassazione ordinaria (art. 1 co. 1007 primo periodo)
Maturazione dal 2015: tassazione ordinaria (regole generali art. 47 co. 4 TUIR) Maturazione dal 2015: tassazione ordinaria (art. 1 co. 1007 secondo periodo)

Tabella: Anno di maturazione dell’utile – La società è a regime fiscale privilegiato

Anno di distribuzione –
La società è a regime fiscale ordinario
Anno di distribuzione –
La società è a regime fiscale privilegiato
Maturazione sino al 2014: tassazione integrale (circ. 35/2016) Maturazione sino al 2014: tassazione integrale (circ. 35/2016)
Maturazione dal 2015: tassazione integrale (circ. 35/2016) Maturazione dal 2015: tassazione integrale (regole generali art. 47 co. 4 TUIR)

Disapplicazione della tassazione integrale dei dividendi

Il regime di integrale imponibilità dei dividendi in argomento può essere disapplicato, anche mediante presentazione di apposita istanza di interpello ex art. 11 co. 1 lett. b) della Legge n. 212/2000. Nell’istanza deve essere dimostrato che dalla partecipazione non consegue l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato (art. 47-bis co. 2 lett. b) del TUIR).

Detassazione dividendi provenienti da paesi Black List

Ai sensi dell’art. 89 co. 3 del TUIR, gli utili provenienti da soggetti a regime fiscale privilegiato:

  • Sono esclusi dalla formazione del reddito dell’ente ricevente per il 50% del loro ammontare;
  • A condizione che sia dimostrato, anche a seguito di interpello, l’effettivo svolgimento di un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di persone, attrezzature, attivi e locali.

Distribuzione degli utili da parte della CFC

L’imputazione per trasparenza al socio italiano del reddito della CFC esaurisce il prelievo fiscale in relazione a tale reddito. Questo, con la conseguenza che gli utili distribuiti dalla CFC sono totalmente esclusi da tassazione al momento della distribuzione. Tale effetto avviene a prescindere dalla circostanza che l’ammontare degli stessi non coincida con il reddito già assoggettato a tassazione separata in Italia, per effetto delle variazioni in aumento o in diminuzione operate ai fini della determinazione di quest’ultimo. Sul punto, da analizzare la Circolare n 51/E/2010, § 8.3 dell’Agenzia delle Entrate.

Attribuzione del credito di imposta indiretto

Per i dividendi dei soggetti non imprenditori (art. 47 del TUIR) e quelli degli imprenditori (artt. 59 e 89 del TUIR), è previsto il credito di imposta indiretto per il socio italiano possessore di partecipazioni in società residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata. Tale soggetto deve essere in grado di dimostrare che la società partecipata svolge un’attività economica effettiva, mediante l’impiego di personale, attrezzature, attivi e locali (art. 47-bis co. 2 lett. a) del TUIR). In questo caso:

  • Gli utili concorrono al reddito del percipiente in misura integrale (l’applicazione del regime ordinario, come sopra rilevato, rimane condizionata alla dimostrazione dell’esimente prevista dall’art. 47-bis co. 2 lett. b) del TUIR);
  • Al socio residente in Italia (o alle sue controllate residenti che percepiscono i dividendi) è, però, concesso un credito d’imposta ai sensi dell’art. 165 del TUIR che attenua tale imposizione integrale. Tale credito di imposta deve essere liquidato all’interno del quadro CE del modello Redditi.

Si tratta di un credito di imposta “indiretto“, in quanto è riconosciuto in ragione delle imposte pagate all’estero non dal contribuente beneficiario del credito stesso, ma dalla società partecipata dalla quale provengono gli utili tassati in Italia. Per gli utili imponibili nella misura del 50% ai sensi dell’art. 89 co. 3 del TUIR il credito indiretto dovrebbe essere proporzionalmente ridotto.

Modalità di applicazione del credito di imposta indiretto

A questo credito di imposta si applicano i principi delineati dall’art. 165 del TUIR. Pertanto, il credito in argomento spetta fino a concorrenza della quota di imposta lorda italiana corrispondente al rapporto tra gli utili conseguiti e il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi di imposta ammesse in diminuzione. Analogamente, si ritiene applicabile la regola della per country limitation, di cui al co. 3 dell’art. 165 del TUIR, in base alla quale la detrazione si applica separatamente Stato per Stato, a prescindere dall’unicità o dalla pluralità delle fonti di reddito ivi localizzate.

Con riferimento alla ricostruzione dell’utile lordo, l’ammontare del credito è computato in aumento del reddito complessivo. Tale ammontare deve essere determinato avendo riguardo al credito teoricamente fruibile e non a quello effettivamente spettante. In tal senso, quindi, l’importo del suddetto credito risulta coincidente con l’imposta estera, che rappresenta l’ammontare massimo accreditabile in Italia. Questo, a prescindere dalla circostanza che sia possibile usufruire immediatamente per intero della relativa detrazione oppure che, a causa dell’incapienza della quota d’imposta italiana, si determini un’eccedenza d’imposta estera riportabile in avanti. Anche in quest’ultima ipotesi, infatti, deve ritenersi che il credito d’imposta spettante sia pari non soltanto a quanto in concreto detraibile, ma anche all’importo che, pur non essendo attualmente accreditabile, è memorizzato come eccedenza e potrà, in seguito, dare luogo alla formazione di un credito.

Obbligo di segnalazione in dichiarazione dei redditi

Occorre segnalare all’interno della dichiarazione dei redditi i dividendi da paesi black list se:

  • Il contribuente intende far valere la sussistenza delle condizioni indicate nella lett. c) del co. 1 dell’art. 87 beneficiando della tassazione ordinaria, ma non ha presentato l’apposita istanza di interpello (art. 47-bis co. 2 lett. b) del TUIR);
  • Oppure, avendo presentato interpello, non abbia ricevuto risposta favorevole.

Il contribuente dovrà segnalare l’importo escluso da tassazione, e non l’intero ammontare del dividendo. Si applica una sanzione amministrativa quando la segnalazione dei dividendi provenienti da regimi fiscali privilegiati risulti omessa o incompleta. Tale sanzione è pari al 10% dell’ammontare dei dividendi di cui si è omessa l’indicazione in dichiarazione. La sanzione è fissata nella misura che varia da un minimo di 1.000,00 euro ad un massimo di 50.000,00 euro (cfr. art. 8 co. 3-ter del D.Lgs. n. 471/97).

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