Pochi giorni fa si è tenuta la giornata contro il cyberbullismo, un fenomeno sempre più in crescita negli ultimi anni, le cui vittime, per lo più giovani e giovanissimi, possono essere persone di tutte le età. Nel presente articolo analizzeremo tale crescente fenomeno esaminando gli interventi normativi che sono stati posti in essere a livello giuridico per cercare di contrastarlo.
Esamineremo anche le diverse tipologie attraverso le quali il cyberbullismo può essere posto in essere ed infine prenderemo in esami le tutele a disposizione delle vittime di detto fenomeno.
Nascita, diffusione e interventi normativi sul fenomeno del cyberbullismo
Con l’evolversi del digitale nonché del suo utilizzo da parte della quasi totalità di persone a livello mondiale, il fenomeno prima conosciuto come bullismo ha iniziato ad assumere una sua nuova forma virtuale, cyber appunto, da qui il termine “cyberbullismo” che indica la prassi di utilizzare dispositivi informatici di comunicazione per molestare/offendere e minacciare una determinata persona.
In rete si trovare moltissimi filmati che riprendono scene dove per esempio nelle aule degli istituti scolastici vengono presi di mira con insulti i professori, di ragazze riprese in bagno o nella loro intimità, di ragazzi (talvolta anche disabili) picchiati ecc.
Un dato da segnalare sta nel fatto che tali atteggiamenti non risultano perpetrati solo da parte della popolazione maschile, ma anche le ragazze iniziano ad assimilare detti comportamenti violenti e i recenti casi di cronaca hanno purtroppo evidenziato come una diffusione crescente di dette condotte stia dilagando anche tra i giovanissimi.
Il numero delle vittime di comportamenti violenti e minacciosi perpetrati soprattutto attraverso i social network sarebbe quindi in forte aumento e le conseguenze che il cyberbullismo provoca sulle vittime si tramutano spesso in tendenze all’isolamento, al rifiuto della scuola e alla depressione.
Visto il fortissimo incremento che detto fenomeno ha avuto negli ultimi anni si è quindi deciso di intervenire anche dal punto di vista normativo con la legge n.71/2017 che definisce il cyberbullismo come: “Qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi ad oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo. (Art.1) e indica misure di carattere preventivo ed educativo nei confronti dei minori (qualunque sia il ruolo nell’episodio) da attuare in ambito scolastico, e non solo”.
La ratio del nuovo testo normativo è chiaramente quella di combattere il bullismo nonché di prevenire, informare ed educare soprattutto i minori, ma anche i loro genitori e gli istituti scolastici, che in questo hanno un ruolo centrale.
L’articolo 2 di predetta legge prevede poi che: “ciascun minore ultraquattordicenne, nonche’ ciascun genitore o soggetto esercente la responsabilità del minore che abbia subito taluno degli atti di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge, puo’ inoltrare al titolare del trattamento o al gestore del sito internet o del social media un’istanza per l’oscuramento, la rimozione o il blocco di qualsiasi altro dato personale del minore, diffuso nella rete internet, previa conservazione dei dati originali, anche qualora le condotte di cui all’articolo 1, comma 2, della presente legge, da identificare espressamente tramite relativo URL, non integrino le fattispecie previste dall’articolo 167 del codice in materia di protezione dei dati personali, di cui al decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, ovvero da altre norme incriminatrici. 2. Qualora, entro le ventiquattro ore successive al ricevimento dell’istanza di cui al comma 1, il soggetto responsabile non abbia comunicato di avere assunto l’incarico di provvedere all’oscuramento, alla rimozione o al blocco richiesto, ed entro quarantotto ore non vi abbia provveduto, o comunque nel caso in cui non sia possibile identificare il titolare del trattamento o il gestore del sito internet o del social media, l’interessato puo’ rivolgere analoga richiesta, mediante segnalazione o reclamo, al Garante per la protezione dei dati personali, il quale, entro quarantotto ore dal ricevimento della richiesta, provvede ai sensi degli articoli 143 e 144 del citato decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196.”
Caratteristiche e tipologie di cyberbullismo
Il cyberbullismo possiede una serie di caratteristiche specifiche: la pervasività, l’anonimato del cyberbullo (anche se talvolta detta caratteristica viene meno poiché l’aggressore è facilmente identificabile), la volontarietà dell’aggressione e l’ampiezza di portata delle condotte poste in essere – condividere più volte delle foto o mettere un video in rete è per esempio un modo per amplificare le proprie azioni molto praticate dai cyberbulli -; l’assenza di confini spaziali, poiché il cyberbullismo può avvenire ovunque e l’assenza di limiti temporali, può cioè essere perpetrato in qualunque momento.
Inoltre, un altro aspetto essenziale e allarmante nel fenomeno del cyberbullismo sta nel fatto che questo viene posto in essere con condotte aggressive, offensive, denigratorie senza però che via sia un contatto diretto con la vittima cosicché il cyberbullo non si rende conto delle conseguenze che i propri gesti e parole possono significare sulla vittima e non può quindi cogliere la gravità delle conseguenze delle proprie azioni.
Circa i tipi di bullismo esistenti sul web e recentemente classificati si può parlare di:
- Flaming, ovvero messaggi online violenti e volgari che servono per provocare e umiliare le vittime prese di mira;
- Impersonation, ovvero lo scambio di persona, dove un soggetto finge di essere un altro per mandare messaggi e ingannare l’altra persona;
- Cyberstalking che, pari dello stalking, consiste in una serie di molestie ripetute e/o minacce vere e proprie atte a incutere nella vittima un’autentica paura di poter subire delle ripercussioni sulla propria incolumità;
- Doxing, la diffusione via internet di dati personali e particolari;
- Denigration, una delle forma più comuni di cyberbullismo e che consiste nello sparlare di qualcuno, talvolta anche con una cattiveria inaudita, denigrando una persona al fine di provocare dolore gratuito e danneggiala pubblicamente;
- Cyberbashing, si ha quando un gruppo di soggetti maltratta o aggredisce una persona e qualcuno riprende il tutto facendo un video e pubblicandolo su internet;
- infine si può avere l’Harassment (il cui caso più conosciuto è la Blue Whale), vere e proprie molestie (ma anche minacce di morte) perpetrate sul web al fine di ferire psicologicamente la vittima.
Difendersi dal cyberbullismo: le tutele a disposizione delle vittime
Come abbiamo visto quando ci siamo sopra occupati della normativa in materia la legge del 2017 prevede che la vittima di cyberbullismo possa chiedere al gestore del sito internet o del social media o al titolare del trattamento di oscurare, rimuovere o bloccare i contenuti diffusi in Rete oggetto della pratica e che, se questo non provvede entro le 48 ore successivo, l’interessato può rivolgersi al Garante della privacy.
Oltre a questo la vittima (o i genitori in caso di minorenne) può scegliere di avanzare richiesta di ammonimento al questore nei confronti dell’autore dell’atto di cyberbullismo ma può anche decidere di sporgere denuncia/querele per tali fatti e per questo ottenere una tutela dal punto di vista penale.
In questi casi le pene possono essere differenti a seconda del tipo di reato perpetrato; rientrano infatti nelle ipotesi di diffamazione, ex art. 595 cod. pen., i tipi di cyberbullismo consistenti nella denigration, flaming ed impersonation.
Il cyberstalking rientra invece nell’ambito del reato di atti persecutori, disciplinato ex art. 612 bis cod. pen. mentre il doxing è sanzionato dalla normativa privacy, laddove vengano diffusi dati di un soggetto senza che lo stesso abbia prestato il proprio consenso e che da tale condotta derivi un danno alla persona.
Il Cyberbashing invece può rientrare nell’ipotesi di cui agli articoli 581 o 582 cod. pen., fino ad arrivare, nelle ipotesi più gravi, all’omicidio preterintenzionale di cui all’art. 584 cod. pen.
L’harassment invece può arrivare ad integrare, nelle casistiche più gravi, il reato di cui all’art. 580 cod. pen., ossia l’istigazione al suicidio.
Ma, a seconda di come dette condotte vengono poste in essere da parte degli autori, queste possono integrare anche ipotesi si violenza privata, minaccia o danneggiamento.