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Crowdfunding: tassazione dei proventi

Fisco NazionaleProfessioniCrowdfunding: tassazione dei proventi

L'investimento in crowdfunding per l'investitore privato italiano prevede una tassazione del 26% sull'investimento effettuato (dividendo o plusvalenza per l'equity crowdfunding) o interessi (sul lending crowdfunding).

Il crowdfunding indica un metodo innovativo di finanziamento di progetti da parte di un ampio numero di investitori (“crowd“), tramite elargizioni in denaro (“funding“) effettuate attraverso internet. Si tratta di una realtà in profonda espansione nel mondo del Web, costituita da gruppi di investitori non professionali che si impegnano a sostenere un progetto o molto spesso un’azienda, dotate di un progetto creativo ed innovativo, ma che non hanno a disposizione i fondi necessari alla sua realizzazione.

L’aspetto innovativo che caratterizza il crowdfunding risiede sia nella presenza prevalentemente di investitori non professionali, sia per lo strumento utilizzato, ovvero il Web all’interno di alcune piattaforme specializzate (online), per l’incontro tra domanda e offerta.

In Italia il questo tipo di investimento ha avuto successo per la scarsità di canali di raccolta fondi da parte di soggetti imprenditoriali di nuova costituzione (“Start-up“), caratterizzati da un alto rischio di chiusura, ma anche dalla possibilità di generare rendimenti elevati in caso di successo. Soprattutto ed in relazione ad iniziative su prodotti e tecnologie innovativi.

Profili fiscali del crowdfunding

I profili fiscali dipendono essenzialmente dalla categoria di soggetto proponente del progetto da finanziare. Infatti a seconda del tipo di soggetto il reddito eventualmente derivante sarà sottoposto a diverse discipline fiscali. Vediamo di riassumere di seguito le potenziali fattispecie che si possono verificare:

Investitore persona fisica

La tassazione dei proventi derivanti da investimenti in crowdfunding in Italia è regolamentata da un quadro normativo specifico che mira a garantire la conformità fiscale e la trasparenza. Nelle sue diverse forme (equity, lending, reward e donation), comporta implicazioni fiscali diverse a seconda del tipo di rendimento ottenuto dall’investitore.

Equity

Nel caso dell’equity crowdfunding, gli investitori ricevono azioni o quote del capitale sociale dell’impresa finanziata. I proventi derivanti da questa tipologia di investimento possono assumere la forma di dividendi o plusvalenze (redditi di capitale, tassati ai sensi dell’art. 44 del TUIR attraverso l’applicazione di una ritenuta a titolo di imposta del 26% (ex art. 27, co. 1 del DPR n. 600/73)).

  • Dividendi: I dividendi distribuiti agli investitori sono soggetti a una ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 26%. Questa ritenuta si applica indipendentemente dal fatto che l’investitore sia un individuo o una società;
  • Plusvalenze: Le plusvalenze realizzate dalla cessione delle partecipazioni acquisite tramite equity sono anch’esse soggette a un’imposta sostitutiva del 26%. È importante che l’investitore tenga traccia del costo d’acquisto delle partecipazioni per calcolare correttamente la plusvalenza imponibile al momento della vendita.

Lending

Sotto il profilo fiscale, qualora il finanziatore sia una persona fisica soggetto privato, gli interessi percepiti si qualificano come redditi di capitale, ai sensi dell’art. 44, lett. a) del TUIR. Nell’ipotesi in cui il gestore della piattaforma sia un intermediario finanziario iscritto all’albo, questi è tenuto ad applicare la ritenuta a titolo di imposta del 26% (art. 27, co. 1 del DPR n. 600/73). Altrimenti, l’investitore è tenuto a dichiarare il provento e tassarlo, sempre con ritenuta, in dichiarazione dei redditi.

Reward e donation

Il reward e il donation crowdfunding non generano generalmente proventi imponibili per gli investitori. Nel reward gli investitori ricevono prodotti o servizi in cambio del loro contributo, mentre nel donation non ricevono nulla in cambio del loro contributo. Pertanto, non ci sono implicazioni fiscali dirette per gli investitori in queste forme di investimento.

Investitore start-up e Pmi

In questo caso i proventi derivanti dal progetto sono configurabili tra i redditi di impresa e saranno soggetti ad Irpef o ad Ires, a seconda della tipologia societaria adottata, o dal regime fiscale prescelto. Da precisare che, nel caso di un aumento di capitale sociale tramite equity crowdfunding, quindi non gratuito ma a pagamento, è previsto il pagamento dell’imposta di registro fissa nella misura di 200 euro. Questo per ogni aumento di capitale sottoscritto (si configura come operazione esente dall’applicazione dellIva). Per l’investitore la tassazione varia a seconda che questi sia una persona fisica o giuridica:

  • Nel primo caso la società trattiene il 26% dal guadagno complessivo come ritenuta a titolo d’imposta sui redditi di capitale generati;
  • Nel secondo caso, i redditi sono configurati come finanziari e concorreranno in misura parziale al reddito d’impresa imponibile, con un’ulteriore distinzione da fare a seconda che dall’altra parte ci sia una società di capitali o di persone o un imprenditore individuale.

Per la partecipazione al capitale delle PMI innovative alle persone fisiche spetta, sugli investimenti fino a 100.000 euro in startup innovative una detrazione pari al 50% dell’investimento con il vincolo di detenzione delle quote per almeno 3 anni (per le PMI innovative, con la soglia di 300.000 euro). Oltre alle soglie citate c’è la detrazione del 30% fino al milione di euro, e per le persone giuridiche c’è una deduzione dall’imponibile del 30% fino a 1,8 milioni di euro.

In caso di applicazione del modello reward o il donation è opportuno ricordare che le sopravvenienze attive straordinarie concorrono a formare il reddito nell’esercizio in cui siano state incassate. Ai fini delle imposte sul reddito delle società (Ires) esse produrranno quindi una variazione in aumento, e quindi, di conseguenza una maggiore tassazione. Inoltre, ai fini della determinazione del reddito fiscale, essendo le sopravvenienze riconducibili alle fattispecie di cui all’articolo 88 del DPR n. 917/86, dovrebbe essere consentita la loro rateizzazione ai fini fiscali per il criterio di cassa nell’esercizio in cui sono state incassate e nei successivi, non oltre il quarto.

La rateizzazione delle sopravvenienze in un arco temporale massimo di 5 esercizi permette di suddividere l’incidenza del carico fiscale su cinque anni. Comportando la registrazione di imposte differite. Nel caso del donation rientra nella disciplina delle donazioni ed è quindi a sua volta esente dall’applicazione dell’Iva.

Infine, qualora l’impresa abbia raccolto risorse finanziarie con il meccanismo del pre-purchase, dovrà essere considerata anche l’incidenza dell’Iva. Ai sensi del DPR n. 633/72. In questo caso dovrà considerarsi sussistente il requisito della professionalità. Con la conseguente soggezione al regime dell’imposta sul valore aggiunto nella cessione di beni o servizi.

Emissione della fattura

L’impresa sarà tenuta ad emettere fattura per la produzione dei beni o la cessione dei servizi nei confronti dei finanziatori, versando la corrispondente Iva, con periodicità mensile o trimestrale. Naturalmente, l’Iva che andrà a versare sarà stata anticipata nell’importo sottoscritto dai finanziatori. In questi casi, ai sensi dell’articolo 6 del DPR n. 633/72 la cessione rientra nella fattispecie della “vendita di cosa futura“: anche per questa fattispecie, le cessioni di beni o servizi si considerano effettuate nel momento della consegna o spedizione del bene se riguardano beni mobili, nel caso dei servizi l’operazione diviene effettiva, e quindi imponibile, all’atto del pagamento del corrispettivo. La fatturazione per i beni mobili dovrà dunque avvenire al momento di effettiva cessione della proprietà del bene, cioè alla sua spedizione o consegna.

Investitore impresa no-profit

Gli enti del terzo settore che appartengono alla categoria del no-profit, sotto un profilo fiscale possono assumere sia la qualifica di enti commerciali o non commerciali, ai sensi dell’articolo 73, comma 1, del DPR n. 917/86. L’elemento distintivo in questi casi è dato dalla commercialità dell’attività svolta: qualora l’ente non lucrativo svolga prevalentemente un’attività commerciale rientrante tra quelle definite dall’articolo 2195 del c.c., così come stabilito dall’articolo 55 del DPR n. 917/86, l’ente è considerato commerciale benché dichiari finalità non lucrative.

La prevalenza dell’attività commerciale rispetto a quella istituzionale deve essere rilevata dall’atto costitutivo o dallo Statuto se esistenti in forma di atto pubblico o scrittura privata autenticata. In mancanza di tali documenti deve essere verificata l’effettiva attività svolta.

Inoltre, indipendentemente dalle previsioni statutarie, l’ente no-profit che per un intero periodo d’imposta esercita prevalentemente attività commerciale, perde la qualifica di ente non commerciale.

Investitore ente commerciale e non

In particolare, quindi, potremmo avere le seguenti fattispecie:

  • Enti commerciali – Il reddito, qualsiasi sia la sua provenienza, dovrà essere considerato reddito di impresa (articoli 81 e seguenti del DPR n. 917/86). Le sovvenzioni ottenute dalla campagna di crowdfunding subiranno lo stesso trattamento previsto per le imprese. Simmetricamente sarà considerata l’imponibilità ai fini Iva delle operazioni di cessioni di beni e/o servizi effettuate dall’ente;
  • Enti non commerciali – Ai sensi dell’articolo 143 del DPR n. 917/86, non sono tassabili ai fini delle imposte sui redditi i “fondi pervenuti a enti a seguito di raccolte pubbliche effettuate occasionalmente. anche mediante offerte di beni di modico valore o di servizi ai sovventori, in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione“. La raccolta di fondi costituisce una delle principali fonti di finanziamento dell’attività degli enti non commerciali. La disposizione del comma 3 dell’art. 143 mira quindi ad incentivare tale forma di finanziamento. Sottraendola all’imposizione ai fini delle imposte sui redditi e da qualsiasi altro tributo erariale o locale, purché siano concomitanti le seguenti circostanze:
    • Dovrà trattarsi di iniziative occasionali;
    • La raccolta fondi deve avvenire in concomitanza di celebrazioni, ricorrenze o campagne di sensibilizzazione;
    • I beni ceduti eventualmente nell’ambito della raccolta devono essere di modico valore.

Gli enti non commerciali non sono considerati soggetti passivi dell’imposta sul valore aggiunto per l’esercizio delle attività istituzionali. Essi sono considerati soggetti passivi solamente per le attività commerciali eventualmente esercitate in via secondaria. Questo in base all’articolo 4, comma 4, DPR n. 633/72.

Per approfondire: “Il crowdfunding immobiliare: tassazione dei proventi“.

Piattaforme di crowdfunding in Italia

In Italia le principali piattaforme di crowdfunding sono nate negli ultimi anni. La più famosa è sicuramente Kickstarter, gigante mondiale, con oltre due miliardi di dollari raccolti nei primi sei anni di attività.

Altre piattaforme in Italia attive sono:

  • Eppela,
  • Kapipal,
  • Starteed e
  • Wedo.

Se invece volete semplicemente informarvi, vi segnalo questo portale: “italiancrowdfunding.it

Esenzione dalla disciplina dei servizi di investimento Consob

Al fine di favorire lo sviluppo del crowdfunding e agevolare l’accesso ai finanziamenti per Pmi e Start-up , l’articolo 17 del Regolamento Consob stabilisce un’esenzione dall’applicazione della disciplina sui servizi di investimento qualora ricorrano le seguenti fattispecie:

  • Nel caso in cui gli ordini siano impartiti da investitori persone fisiche, il relativo controvalore sia inferiore a €. 500 per singolo ordine e €. 1.000 considerando gli ordini complessivi annuali;
  • Per gli ordini impartiti da investitori persone giuridiche, il relativo controvalore sia inferiore a €. 5.000 per singolo ordine e €. 10.000 in relazione agli ordini annuali.

Ai fini dell’applicazione dell’esenzione è necessario che gli investitori rilascino una dichiarazione in cui affermano di non avere superato le predette soglie.

Consulenza fiscale online

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