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Tassazione di interessi dividendi e royalties nel modello OCSE

I criteri di territorialità per interessi dividendi e royalties nel modello di convenzione OCSE contro le doppie imposizioni.

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Le modalità di tassazione nella Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni fiscali di interessi dividendi e royalties transnazionali. Strumenti di Pianificazione fiscale internazionale per evitare fenomeni di doppia imposizione dei redditi.

Nell’ambito della pianificazione fiscale internazionale di società e persone fisiche la Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni rappresenta uno degli elementi da prendere in considerazione. Tale convenzione rappresenta, di fatto, la base di riferimento delle convenzioni internazionali siglate dall’Italia con i vari stati esteri. Si tratta di convenzioni che hanno l’obiettivo di andare a ridurre o eliminare fenomeni di doppia imposizione internazionale di redditi. L’obiettivo che mi pongo con questo articolo è quello di andare ad analizzare i criteri di collegamento dei redditi che derivano dal percepimento di interessi, dividendi e royalties transnazionali.

Come detto, il modello di Convenzione OCSE contro le doppie imposizioni rappresenta ormai uno dei principali punti di riferimento in relazione alle convenzioni siglate dall’Italia con la maggior parte dei Paesi esteri in tema di doppie imposizioni fiscali. Per questo motivo è fondamentale capire quanto disciplinato quando ci troviamo di fronte alla percezione di alcune categorie reddituali, come interessi, dividendi e royalties.

Convenzione OCSE: disposizioni Comuni

La struttura delle disposizioni contenute nella Convenzione OCSE, che si occupano della tassazione di dividendi, interessi e royalties è molto similare. Si tratta di disposizioni che, inevitabilmente, assieme a quelle legate all’identificazione della stabile organizzazione e della tassazione dei redditi di impresa costituiscono la parte più importante di ogni trattato internazionale ai fini dell’attenuazione della doppia imposizione dei redditi. Per questo motivo, capire come il modello OCSE disciplina i fenomeni di doppia imposizione di interessi, dividendi e royalties è un elemento molto importante per tutte le imprese che si avviano alla creazione di un gruppo multinazionale.

Tanto per fare un esempio, pensa al caso di una holding/subholding localizzata in Europa, partecipata da soggetti extra-europei, di beneficiare del trattamento favorevole previsto in materia di dividendi e interessi cross-border. Infatti, nella pratica professionale è frequente il caso di dove analizzare strutture societarie del tipo indicato e dover decidere il regime fiscale dei dividendi in uscita dell’entità fiscalmente residente in Italia, verso la holding/subholding europea. Può trattarsi anche, in alcuni casi, di schemi di pianificazione fiscale aggressiva, che devono essere attentamente individuati e gestiti.

Le principali disposizioni legate all’esenzione/riduzione delle ritenute sui redditi

Il contesto normativo di riferimento è legato all’applicazione di una tassazione, assolta mediante ritenuta, per i dividendi, interessi e royalties corrisposti da committenti residenti nei confronti di percipienti non residenti. Tuttavia, come indicato nella tabella seguente, vi sono alcune disposizioni di esenzione che devono essere analizzate, a patto di rispettare i criteri di applicazione previsti. Andiamo ad analizzare, nella tabella seguente, la normativa di riferimento, il beneficio che si può ottenere, ed i criteri richiesti per l’ottenimento dell’esenzione sulla ritenuta in uscita.

NORMATIVABENEFICIO LIMITAZIONE AL BENEFICIO
Convenzione OCSE contro le doppie imposizioniRiduzione/esenzione di ritenute su dividendi – interessi – royaltiesSolo in caso di beneficiario effettivo
Direttiva interessi e royalty (2003/49/CE)
art. 26-quater DPR 600/73
Esenzione ritenuta interessi e royalties verso la UESolo in caso di beneficiario effettivo
Direttiva Madre/Figlia (90/435/CEE – 2011/96/UE)
art. 27-bis DPR 600/73
Esenzione ritenuta su dividendi verso la UEAssenza di abuso del diritto

Accanto a questo quadro normativo complessivo, vediamo di seguito, cosa prevedono i singoli paragrafi del modello di convenzione OCSE, con maggiore dettaglio.

I criteri di collegamento dei dividendi transnazionali

Articolo 10, co. 1 modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni
Dividends paid by a company which is a resident of a Contracting State to a resident of the other Contracting State may be taxed in that other State

L’articolo 10 del modello di Convenzione OCSE (article 10 – Dividends) tratta dei dividendi pagati da una società che risiede nello Stato A (lo stato della fonte dei dividendi) a una società o persona fisica, che risiede nello Stato B. In tale contesto, il termine “pagati” ha un significato molto ampio. L’articolo 10, ai paragrafi 1 e 2 attribuisce allo Stato della fonte un diritto impositivo limitato sui dividendi. In particolare, si intende per Stato della fonte il Paese in cui è residente la società che distribuisce i dividendi. Tuttavia, anche lo Stato della residenza del socio percipiente avrà diritti impositivi. L’articolo in commento si applica ai dividendi che fluiscono fra residenti di due diversi Stati contraenti: esso non si applica ai dividendi erogati fra soggetti residenti nello stesso Stato, o ai dividendi pagati e o erogati da residenti in un terzo Stato.

Lo Stato della fonte può imporre una tassazione massima pari al 5% dell’ammontare lordo dei dividendi nel caso di distribuzione di utili infragruppo (ovvero, la partecipazione di una società nell’altra è pari almeno al 25% del capitale della società partecipata), e pari al 15% nel caso di dividendi legati a partecipazioni di investimento.

Una delle ragioni per l’applicazione di aliquote inferiori nel caso di partecipazioni qualificate, ovvero nel caso dell’esistenza di una società madre, è evitare l’applicazione della doppia imposizione economica e incoraggiare gli investimenti. I due Stati contraenti possono, in sede di negoziazione, concordare aliquote anche inferiori. Nei trattati conclusi da alcuni Stati, la percentuale di ritenuta su dividendi infragruppo viene talvolta ridotta a zero. Lo stesso risultato è Stato ottenuto, anche se per una via diversa, relativamente ai dividendi infragruppo, distribuiti nell’ambito dell’Unione Europea, che si qualificano per l’applicazione dei benefici di cui alla Direttiva madre/figlia.

Definizione di dividendi transfrontalieri

L’articolo  10, paragrafo 3, della Convenzione OCSE contiene una definizione del termine “dividendi“. Il termine si applica alla distribuzione di utili ai soci di società o di altri enti il cui capitale sia rappresentato da azioni, ovvero il reddito derivante da quote societarie di altra natura che comunque diano diritto alla partecipazione dei profitti della società. Lo stesso dicasi per i redditi derivanti da diritti patrimoniali assoggettati allo stesso regime fiscale dei redditi delle azioni secondo la legislazione dello Stato in cui è residente al società erogante.

Divieto di applicazione del principio della forza di attrazione della stabile organizzazione

L’articolo 10, paragrafo 4, sancisce la proibizione dell’applicazione della forza di attrazione, ovvero è vietato che i dividendi pagati da una società in uno Stato in cui il percipiente ha anche una stabile organizzazione siano attribuiti a tale stabile organizzazione qualora ad essa non riferibili.

Ad esempio, se la società Alfa residente nello Stato A, distribuisce i dividendi alla società Beta, residente nello Stato B, ma avente una stabile organizzazione nello Stato A, tali dividendi si considerano percepiti da Beta, e non dalla sua stabile organizzazione nello Stato A.

Dividendi e società di persone estere

La definizione di dividendi è stata oggetto di interpretazioni contrastanti, fra cui si deve ricordare il caso del reddito derivante da società di persone. Infatti, non sono rari i casi in cui la distribuzione di redditi di una società di persone estera ad un socio non residente venga equiparata alla distribuzione di dividendi. Gli Stati che considerano le società di persone fiscalmente non trasparenti, sostengono che, sulla base di tale definizione, essi possano applicare una ritenuta sui profitti della società di persone che vengono distribuiti al socio residente in altro Stato. Questa posizione viene contestata dagli Stati che invece considerano le società di persone come fiscalmente trasparenti. I veri problemi si evidenziano quando una società di persone viene ubicata in uno Stato che considera la società non trasparente, mentre i soci sono residenti in uno Stato in cui le società di persone sono considerate essere fiscalmente trasparenti.

In Belgio, Portogallo e Spagna, ad esempio, le società di persone sono trattate come società di capitali. Nei trattati stipulati da tali Stati viene inclusa una clausola che assimila il trattamento dei profitti distribuiti dalle società di persone ai redditi derivanti dalle azioni in società di capitali. Questo non può obbligare l’altro Stato contraente ad assumere la stessa posizione ai fini dell’applicazione dei metodi per eliminare la doppia imposizione. Nell’ultima parte dell’articolo 10, paragrafo 3, viene esplicitamente indicato che la norma convenzionale si applica solo agli utili distribuiti, ovvero ai dividendi, e non alla tassazione degli utili della società rispetto ai quali è stata deliberata la distribuzione dei dividendi.

Per approfondire: “Società di persone estera e tassazione in Italia“.

I dividendi “occulti

Il termine dividendi non include solo i dividendi deliberati da un’assemblea dei soci, ma anche i c.d. “dividendi occulti“, ovvero le remunerazioni di denaro o in natura, diverse dai dividendi ufficialmente deliberati, pagati ai soci dalle società. In alcuni casi gli imprenditori cercano di portare fuori utili dalla società non facendoli passare come dividendi e questo può essere un problema sotto il profilo fiscale. Occorre rilevare che, secondo i trattati di alcuni Stati (tra cui i Paesi Bassi), il reddito derivante da prestiti la cui remunerazione è legata alla redditività dell’impresa o da obbligazioni convertibili è espressamente considerato un dividendo.


I criteri di collegamento per gli interessi transnazionali

Articolo 11, co. 1 modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni
Interest arising in a Contracting State and paid to a resident of the other Contracting State may be taxed in that other State

L’articolo in commento prevede il principio generale sulla base del quale l’interesse maturato in un Paese e pagato al residente dell’altro Paese può essere ivi tassato (criterio di tassazione nel Paese del beneficiario). Tuttavia, non viene prevista la tassazione esclusiva nel Paese del beneficiario.

Con il termine interessi si intende, generalmente, la remunerazione erogata a fronte di un prestito di denaro. Molti Stati applicano una ritenuta in uscita sugli interessi in uscita (transnazionali). In ambito nazionale, tale imposizione può quasi sempre essere compensata con l’imposta sul reddito definitivamente dovuto. L’articolo  11 del modello di convenzione OCSE si applica unicamente agli interessi derivanti in uno Stato contraente e pagati a un soggetto residente dell’altro Stato. In particolare, l’articolo  11, paragrafo 1, stabilisce il diritto di tassazione degli interessi da parte dello Stato della residenza del percipiente. Tuttavia, l’articolo 11, paragrafo 2, attribuisce un diritto impositivo limitato allo Stato della fonte (fino all’applicazione di un’aliquota massima del 10% sull’ammontare lordo). Nei trattati conclusi in alcuni casi, la percentuale di ritenuta applicabile sugli interessi infragruppo viene a volte ridotta a zero. Analogamente ai dividendi, in ambito europeo è prevista la Direttiva sugli interessi e royalties  infragruppo, che prevede una procedura per l’ottenimento della riduzione o del rimborso della ritenuta applicata.

La definizione di interessi

Come già nell’articolo 10, l’articolo 11, paragrafo 3, della Convenzione OCSE contiene una definizione del termine “interessi” ai fini dell’applicazione del trattato. Con il termine interessi si includono i redditi derivanti da debiti di qualsiasi natura, siano essi garantiti o meno da ipoteca e la cui remunerazione concorra o meno al diritti di partecipazione agli utili. Secondo tale definizione, gli interessi includono i redditi derivanti dai titoli del debito pubblico e il reddito da buoni o obbligazioni. Il termine include anche i premi e gli altri frutti annessi a tali titoli. Tuttavia, le penali relative ai ritardati pagamenti non sono considerate interessi ai fini del trattato. Le obbligazioni con il diritto di partecipazione sono considerati quali finanziamenti, a meno che il finanziamento non partecipi al rischio di impresa proprio dal debitore. In tal caso, gli interessi verranno trattati quali dividendi secondo il modello OCSE.

Altri aspetti

L’articolo 11, paragrafo 4, della Convenzione OCSE conferma la proibizione di applicazione della forza di attrazione ai pagamenti di interessi. Sostanzialmente, la limitazione alla tassazione nel Paese della fonte non è soggetta alle limitazioni dell’art. 11 qualora il beneficiario residente nell’altro Stato contraente operi nel paese della fonte mediante una stabile organizzazione e all’asset di quest’ultima sia riferibile l’interesse maturato. Pertanto, l’interesse maturato deve essere tassato nel medesimo Stato in cui si forma e, dunque, non sussistono i presupposti per la limitazione all’imposizione.

L’articolo 11, paragrafo 5, contiene una disposizione piuttosto complicata. Esso spiega a quale Stato debbano riferirsi gli interessi qualora occorra una situazione di tipo triangolare che coinvolge una stabile organizzazione quale debitrice degli interessi. Da ultimo, l’articolo 11, paragrafo 6, contiene il dispositivo in materia di transfer pricing con riferimento al pagamento di interessi.

I criteri di collegamento per le royalties

Articolo 12, co. 1 modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni
Royalties arising in a Contracting State and beneficially owned by a resident of the other Contracting State shall be taxable only in that other State

L’articolo 12, paragrafo 1, del modello OCSE di Convenzione contro le doppie imposizioni stabilisce che le royalties  transnazionali siano tassabili esclusivamente nello Stato di residenza del beneficiario effettivo. Il termine “beneficiario effettivo” viene utilizzato in questo articolo con la stessa accezione prevista agli articoli 10 e 11 della Convenzione OCSE. Molti Stati, tra cui l’Italia, tuttavia, hanno esplicitato una riserva relativamente al diritto esclusivo di tassazione attribuito allo Stato di Residenza. Tali Stati applicano una ritenuta, anche se ridotta, sulle royalties come in genere concordato nei trattati bilaterali.

Ad esempio, nella Convenzione tra Italia e Svizzera, le royalties in uscita dall’Italia sono soggette all’applicazione di una ritenuta italiana del 5%.

La definizione di royalties

Le royalties sono i pagamenti per l’utilizzo o il diritto all’utilizzo di:

  • Diritti d’autore su opere di natura letteraria, artistica, o scientifica, fra cui anche le opere cinematografiche;
  • Brevetti, marchi, disegni e modelli, formule segrete e processi;
  • Le informazioni relative a esperienze di natura industriale, commerciale o scientifica (“know-how“).

I pagamento resi a fronte della fornitura di servizi di natura tecnica o per i servizi di direzione o management esplicitamente non rientrano nella definizione di royalties, sebbene molte autorità fiscali non applicano nella pratica tale concetto.

Pagamenti per cessioni

Il Commentario alla Convezione OCSE prevede che i pagamenti effettuati a fronte del trasferimento della piena proprietà di uno degli elementi che determinano la definizione di royalties non possono essere trattati come pagamento di royalties ai sensi dell’articolo 12. Ciò in quanto i pagamenti non sono effettuati con riferimento all’uso o al diritto all’utilizzo di tale bene in proprietà. La stessa logica sarebbe da applicarsi ai pagamenti effettuati solo con lo scopo di ottenere i diritti esclusivi di distribuzione di un prodotto o servizio in un dato territorio, i ai pagamenti per lo sviluppo di design, modelli o piani che ancora non esistono, anche nel caso in cui l’autore si riservi i diritti intellettuali su tali beni. Infine, il Commentario al modello OCSE chiarisce che i pagamenti effettuati da un distributore di software al soggetto detentore dei diritti di autore per l’acquisto e la distribuzione delle copie di tale software (senza il diritto a riprodurre il software stesso) devono essere trattai come redditi di impresa piuttosto che come royalties.

La clausola del beneficiario effettivo nelle convenzioni internazionali

La nozione convenzionale di beneficial owner è stata introdotta nel Modello di Convenzione nel 1977, a fronte dell’impegno dello Stato della fonte ad esentare da ritenuta i flussi in uscita di interessi, royalties e dividendi (o ad applicare ritenute in misura ridotta), al fine di evitare (o moderare) la doppia imposizione giuridica. Un aspetto che caratterizza i criteri di collegamento di interessi, dividendi e royalties nelle convenzioni internazionali riguarda la clausola del beneficiario effettivo. Si tratta di una disposizione molto importante in quanto è un valido strumento per cercare di attenuare i fenomeni internazionali di “treat shopping“.

Il treaty shopping è un fenomeno diffuso e consiste nella possibilità di sfruttare le asimmetrie nelle convenzioni internazionali al fine di ottenere vantaggi fiscali. Si tratta di azioni di elusione fiscale internazionale che l’OCSE combatte da tempo. Il classico caso di schema elusivo si realizza quando un soggetto fiscalmente residente in uno Stato e un soggetto residente in un altro Stato (magari extra-UE). Tra questi due soggetti viene interposta una società (c.d. “conduit company“), ossia una società che non opera come beneficiario effettivo dei redditi ma è stata costituita con l’obiettivo di ottenere un indebito risparmio fiscale. Obiettivo che si ottiene attraverso l’applicazione di un regime convenzionale altrimenti non spettante che può prevedere l’esenzione o comunque l’indebita riduzione della ritenuta alla fonte (in uscita).

Nel Commentario, l’OCSE ha chiarito che per gli art. 10, 11 e 12 del modello OCSE si deve prendere in considerazione l’effettivo beneficiario di dividendi interessi e canoni, al posto del proprietario dei beni da cui tali provengono (es. azioni, crediti, beni immateriali). Questo chiarimento ha l’obiettivo di evitare che il beneficiario effettivo agisca come mandatario, ed evitando, quindi, che possano agire come beneficiario le società interposte e che presentano i presupposti per essere inquadrate come fiduciaria per conto del soggetto titolare (beneficiario) dei proventi. Affinché vi possa essere in disconoscimento della qualità di beneficiario effettivo è necessario che vengano a verificarsi due diversi presupposto: deve esservi l’obbligo di trasferire il controvalore economico ad un soggetto terzo; tale obbligazione deve essere conseguente dalla percezione dei proventi.

Il mancato coordinamento tra stati

Lo scopo della ripartizione dei diritti impositivi stabilita dalle convenzioni in tema di interessi, royalties e dividendi è evitare la doppia imposizione giuridica, imponendo allo Stato della fonte l’esonero/riduzione dalla applicazione di ritenute in uscita e attribuendo la potestà impositiva esclusiva allo Stato di residenza del percettore dei flussi (o moderando gli effetti della potestà impositiva concorrente dei due Stati sul medesimo soggetto)

Le convenzioni non prevedevano alcuna forma di coordinamento tra gli Stati contraenti. Lo Stato della residenza cui è riconosciuto il potere esclusivo di tassare non è obbligato ad esercitare effettivamente questo potere.

In situazioni come questa le convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni contengono specifiche clausole antiabuso necessarie a contrastare fenomeni di pianificazione fiscale internazionale e prevenire forme di abuso. Su questo punto vedasi la Direttiva UE n. 2003/49/CE (direttiva interessi e canoni) e l’art. 26-quater del DPR n. 600/73.

Stando al commentario del modello OCSE è considerato beneficiario effettivo dei flussi reddituali, quando il percettore dei redditi gode del semplice diritto di utilizzo dei flussi reddituali e non sia obbligato a retrocedere gli stessi ad un altro soggetto, sulla base di obbligazioni contrattuali o legali.

Tassazione di interessi dividendi e royalties nel modello OCSE: conclusioni

Hai bisogno di aiuto nel decifrare la Convenzione OCSE oppure vuoi sapere dove vengono tassati i redditi esteri sotto forma di dividendi, interessi o royalties che stai percependo dall’estero? 

Se hai letto questo articolo e ti stai rendendo conto che necessiti dell’analisi della tua situazione personale, ti invito a contattarci attraverso il form di cui al link seguente. Riceverai il preventivo per una consulenza personalizzata in grado di risolvere i tuoi dubbi sull’argomento. Soltanto in questo modo, infatti, potrai essere sicuro di evitare di commettere errori, che in futuro possono esserti contestati e quindi sanzionati.

Interessi dividendi e royalties nel modello OCSE: FAQ

Che cosa sono le convenzioni contro le doppie imposizioni?

Si tratta di accordi bilaterali sovranazionali, che hanno fonte gerarchica superiore alle norme nazionali degli Stati aderenti. Stabiliscono come deve essere ripartito il potere impositivo fra i due Stati contraenti, trattamento regolamentando il trattamento fiscale delle il singole categorie di reddito ordinamenti nazionali. Le convenzioni prevedono se il reddito percepito da un contribuente a carattere trans-nazionale deve essere dichiarato in un solo Stato o in entrambi gli stati (tassazione concorrente). Prevedono anche le possibilità previste per l’eliminazione (attenuazione) della doppia imposizione sul reddito.

Cosa prevede la Convenzione OCSE su interessi e royalties?

La Convenzione OCSE su interessi e royalties prevedono la tassazione definitiva nel Paese di residenza del beneficiario, riconoscendo anche allo Stato in cui è residente il soggetto erogante (Stato della fonte) la possibilità di tassare, ma entro aliquote prestabilite e (generalmente) più basse di quelle previste negli ordinamenti nazionali.

Quando è possibile chiedere un rimborso allo Stato della fonte?

La Convenzione OCSE prevede che si possa chiedere il rimborso delle imposte trattenute nello Stato delle fonte. Il rimborso può avvenire esclusivamente nel caso in cui vi sia stato un prelevamento dell’imposta in misura eccedente rispetto a quanto previsto convenzionalmente.

Come si applicano, concretamente, le convenzioni contro le doppie imposizioni?

Le autorità fiscali dei due paesi possono prevedere specifiche modalità per il rimborso o per l’applicazione diretta della disciplina convenzionale: si tratta di specifici modelli legati alla richiesta di applicazione della Convenzioni bilaterali. Per interessi, dividendi e royalties i modelli riguardano le dichiarazioni da rilasciare da parte del beneficiario (in relazione ai requisiti richiesti dalla Convenzione) e l’attestazione di residenza fiscale rilasciata dall’autorità fiscale del Paese di residenza del beneficiario.

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