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Autotutela tributaria obbligatoria e facoltativa

Fisco NazionaleRiscossione dei tributiAutotutela tributaria obbligatoria e facoltativa

Il diritto di autotutela è un principio fondamentale nel diritto tributario che consente al contribuente di correggere eventuali errori o irregolarità nelle dichiarazioni fiscali o negli adempimenti tributari già effettuati (senza ricorrere al contenzioso). Gli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente ridefiniscono questo istituto.

L’autotutela tributaria è uno strumento di fondamentale importanza per garantire la giustizia e la correttezza nelle relazioni tra contribuenti e amministrazione finanziaria. Si tratta di uno dei diritti messi a disposizione del contribuente quando si vede notificare un atto illegittimo da parte dell’Amministrazione finanziaria. Può trattarsi, ad esempio, di un atto di accertamento o di constatazione, una comunicazione di irregolarità o una cartella esattoriale illegittimi. Tali atti devono essere annullati da parte dell’Amministrazione finanziaria. Quando questa non vi provvede autonomamente è compito del contribuente portare a conoscenza dell’errore l’ente che ha emesso l’atto.

Recentemente, grazie alla Legge di riforma fiscale, l’art. 1, co. 1, lett. m), del D.Lgs. n. 219/23 sono stati introdotti due articoli specifici, il 10-quater e il 10-quinquies, all’interno dello Statuto dei diritti del contribuente, che stabiliscono una nuova disciplina per l’esercizio dell’autotutela tributaria. In questo articolo esploreremo in modo approfondito queste nuove disposizioni (anche in relazione alla Circolare n. 21/E/24 dell’Agenzia delle Entrate), le loro implicazioni e come possono influire sui diritti e doveri dei contribuenti.

Cosa è l’autotutela tributaria?

L’autotutela tributaria rappresenta il potere dell’amministrazione finanziaria di annullare, rettificare o rinunciare ad atti di imposizione tributaria quando questi sono riconosciuti come illegittimi o infondati. Tale potere è stato da sempre disciplinato in modo autonomo rispetto all’autotutela amministrativa generale, per la specificità delle questioni tributarie.

La recente riforma ha introdotto una netta distinzione tra autotutela obbligatoria e autotutela facoltativa, stabilendo le condizioni e le modalità per ciascuna di esse, in modo da garantire maggiore chiarezza ai contribuenti e agli Uffici coinvolti.

Evoluzione della disciplina dell’autotutela tributaria

L’autotutela tributaria è stata storicamente disciplinata da norme che ne limitavano l’applicazione e ne definivano le modalità in modo parziale. Inizialmente regolata dall’articolo 68 del DPR n. 287 del 1992, il quale prevedeva che l’amministrazione finanziaria potesse procedere all’annullamento degli atti riconosciuti come illegittimi, l’autotutela è stata successivamente soggetta a continui aggiornamenti e modifiche normative.

Con l’introduzione del decreto legislativo n. 219 del 2023, è stata finalmente effettuata una revisione strutturale del sistema di autotutela, attraverso la creazione degli articoli 10-quater e 10-quinquies dello Statuto dei diritti del contribuente. Questi articoli regolamentano in modo distinto l’autotutela obbligatoria e facoltativa, specificando le condizioni di esercizio e le relative procedure. Un corretto esercizio di questo istituto determina, indirettamente, un minor ricorso alla giustizia tributaria da parte del contribuente per far valere i propri diritti.

L’autotutela obbligatoria: art. 10-quater Legge n. 212/00

L’articolo 10-quater della Legge n. 212/00 disciplina l’autotutela obbligatoria. Si tratta della possibilità per l’Amministrazione finanziaria di annullare – in tutto o in parte – anche senza istanza del contribuente, gli atti di imposizione (o di rinunciarvi), anche in pendenza di giudizio o in presenza di atti definitivi. Questo, nel caso in cui vi siano evidenti casi di manifesta illegittimità dell’atto, previsti dallo stesso articolo.

Casi di applicazione dell’autotutela obbligatoria

I casi al ricorrere dei quali l’Amministrazione agirà in modo obbligatorio sono i seguenti:

  • Errore di persona nella notifica dell’atto. Situazione, frequente quando un atto è notificato al soggetto A, ma è intestato al soggetto B;
  • Evidente errore logico o di calcolo nella pretesa impositiva. Situazione in cui la pretesa tributaria non è calcolata in modo corretto all’interno dell’atto;
  • Errore sul presupposto dell’imposta. Situazione in cui l’imposta viene applicata in base ad un presupposto, ad esempio il percepimento di redditi, quando invece tali redditi non sono mai stati percepiti;
  • Doppia imposizione dello stesso tributo. Ad esempio viene notificata due volta la cartella esattoriale per il pagamento di uno stesso tributo relativo allo stesso anno;
  • Mancata considerazione di pagamenti regolarmente eseguiti dal contribuente. Situazione molto frequente. Soprattutto quando il contribuente effettua pagamenti utilizzando il Ravvedimento Operoso;
  • Mancanza di documentazione successivamente presentata (non oltre i termini di decadenza);
  • Sussistenza dei requisiti per fruire di deduzioni, detrazioni o regimi agevolativi, precedentemente negati;
  • Errore materiale del contribuente, facilmente riconoscibile dall’Amministrazione finanziaria.

Possiamo dire che è illegittimo l’atto che presenta errori non attinenti all’esistenza o all’ammontare del credito tributario (es. carenza di motivazione, omessa indicazione delle aliquote, errata notifica, etc). Tuttavia, anche in una di queste casistiche, non vi è obbligo di annullamento dell’atto se sia intervenuta una sentenza passata in giudicato favorevole all’Amministrazione finanziaria o sia decorso un anno dalla definitività dell’atto viziato per mancata impugnazione.

Limiti dell’autotutela obbligatoria

L’autotutela obbligatoria non è sempre applicabile e presenta limiti specifici che mirano a bilanciare l’interesse del contribuente con quello dell’amministrazione finanziaria. Ad esempio, non è prevista in presenza di una sentenza passata in giudicato favorevole all’amministrazione finanziaria, poiché l’esistenza di una decisione giudiziaria definitiva chiude la possibilità di contestazione amministrativa. Inoltre, l’autotutela obbligatoria non può essere applicata se l’atto viziato è divenuto definitivo da oltre un anno, limitando così l’intervento dell’amministrazione a situazioni recenti e ben delimitate nel tempo. Questo limite temporale garantisce stabilità alle posizioni giuridiche già consolidate.

Un altro importante limite riguarda il caso in cui gli atti siano stati definiti attraverso strumenti agevolativi, come l’accertamento con adesione. Tali strumenti, infatti, comportano un accordo tra contribuente e amministrazione, e l’intervento in autotutela andrebbe a intaccare la natura consensuale e definitiva dell’adesione. L’accertamento con adesione rappresenta un punto di arrivo delle trattative tra le parti, con il quale si raggiunge un compromesso che ha valore vincolante per entrambe le parti.

È importante anche considerare che l’autotutela obbligatoria non è consentita nei casi in cui l’atto sia conforme a una normativa dichiarata successivamente incostituzionale, se tale dichiarazione di incostituzionalità è avvenuta dopo che l’atto è divenuto definitivo. In questi casi, infatti, la tutela del principio di certezza del diritto prevale sul possibile interesse del contribuente a una revisione dell’atto.

Inoltre, l’autotutela non può essere esercitata se l’annullamento dell’atto comporta un pregiudizio significativo per l’erario, a meno che non vi sia un vizio grave e manifesto. Questo criterio aggiunge una protezione all’interesse pubblico, garantendo che l’annullamento degli atti sia compatibile con la sostenibilità finanziaria delle operazioni dell’amministrazione fiscale. Tuttavia, qualora vi siano situazioni di evidente ingiustizia o violazioni palesi dei diritti del contribuente, l’amministrazione è comunque incentivata a trovare soluzioni alternative che possano tutelare entrambe le parti.

Modalità di presentazione dell’istanza di autotutela obbligatoria

L’autotutela obbligatoria non richiede l’intervento diretto del contribuente. Tuttavia, in caso di istanza da parte del contribuente, è fondamentale che quest’ultimo descriva nel dettaglio la natura dell’errore, allegando la documentazione necessaria per facilitare l’istruttoria dell’Ufficio competente. Questa documentazione può includere copie dei pagamenti effettuati, dichiarazioni fiscali corrette e qualsiasi altro documento che possa provare l’illegittimità dell’atto. Una presentazione dettagliata e precisa riduce i tempi di verifica e aumenta le probabilità di una risposta positiva.

Il contribuente può presentare l’istanza sia in formato cartaceo che digitale, utilizzando la posta elettronica certificata (PEC) per garantire la tracciabilità della comunicazione. È consigliabile che l’istanza includa anche un riepilogo sintetico degli eventi che hanno portato alla richiesta di autotutela, specificando le ragioni per cui l’atto risulta illegittimo e il rimedio auspicato. Questa procedura dettagliata consente di snellire il lavoro degli Uffici e di fornire un quadro chiaro e coerente della situazione.

L’amministrazione è tenuta a rispondere entro 90 giorni dalla ricezione dell’istanza. Tale termine può sembrare lungo, ma è pensato per consentire all’Ufficio di effettuare una verifica accurata e approfondita di tutti gli elementi presentati. Durante questo periodo, il contribuente ha il diritto di richiedere aggiornamenti sullo stato di avanzamento dell’istanza, contattando direttamente l’Ufficio competente. Se la richiesta viene erroneamente inviata a un Ufficio incompetente, tale Ufficio è obbligato a trasmetterla a quello competente, garantendo così la continuità del processo senza penalizzare il contribuente.

Inoltre, è previsto che, in caso di mancata risposta entro i 90 giorni, il contribuente possa sollecitare formalmente una risposta tramite un’ulteriore comunicazione scritta. Tale sollecito serve a mettere in evidenza eventuali ritardi e a richiamare l’attenzione dell’amministrazione sulla necessità di concludere l’istruttoria in tempi ragionevoli. Questo meccanismo aggiuntivo di sollecito è stato introdotto per evitare che le istanze dei contribuenti vengano trascurate e per incentivare un’efficace gestione delle richieste di autotutela.

L’autotutela facoltativa: art. 10-quinquies Legge n. 212/00

L’articolo 10-quinquies della Legge n. 212/00 disciplina l’autotutela facoltativa. Si tratta di una disciplina applicabile fuori dai casi visti in precedenza, da parte dell’Amministrazione finanziaria, per annullare in tutto o in parte gli atti di imposizione, anche senza istanza di parte, laddove riconosca una illegittimità o una infondatezza dell’atto o dell’imposizione, anche per un atto già divenuto definitivo o in pendenza di giudizio.

In pratica, l’Amministrazione finanziaria può decidere di annullare ogni atto che ritiene illegittimo o infondato. Questo, al di fuori dei motivi tassativamente previsti per l’istituto obbligatorio.

Condizioni e limiti dell’autotutela facoltativa

L’esercizio dell’autotutela facoltativa è discrezionale, il che significa che l’amministrazione può decidere se annullare un atto sulla base delle circostanze presentate dal contribuente. Questo potere discrezionale non implica un diritto per il contribuente, il quale può solo sollecitare l’intervento senza poter costringere l’Ufficio a intervenire.

Gli Uffici non sono tenuti a rispondere entro un termine specifico e la mancata risposta non è contestabile in sede giudiziale, a meno che non siano violate altre norme di diritto sostanziale.

Laddove l’Amministrazione finanziaria prenda atto di aver commesso un errore nell’emissione di un documento, può correggerlo autonomamente. Pensa al caso più frequente di avvisi bonari o di avvisi di accertamento per imposte dirette o indirette, con palesi errori di notifica o di prescrizione. In questi casi l’Ufficio può autonomamente annullare il proprio operato e correggere l’errore riscontrato, senza necessità di attendere la decisione di un giudice.

L’atto illegittimo può essere annullato d’ufficio, in via autonoma, o su richiesta del contribuente. La presentazione dell’istanza in autotutela, tuttavia, non sospende i termini per la presentazione del ricorso dinanzi al giudice tributario. Questo poiché l’istituto è per l’Amministrazione una facoltà discrezionale. L’annullamento dell’atto illegittimo comporta automaticamente anche quello degli atti ad esso consequenziali e l’obbligo di rimborso delle somme riscosse in forza dei medesimi.

Esempi di autotutela facoltativa

Tra gli esempi di applicazione dell’autotutela facoltativa possiamo includere:

  • Situazioni di illegittimità non manifesta dell’atto di imposizione;
  • Errori che richiedono una valutazione approfondita da parte dell’amministrazione;
  • Casi in cui la richiesta viene presentata oltre il termine di un anno dalla definitività dell’atto.

Questi scenari sottolineano l’importanza del dialogo tra contribuente e amministrazione, nell’ottica di assicurare una corretta gestione delle controversie fiscali.

Quali i termini di esercizio?

L’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di esercitare il potere di autotutela anche nel caso in cui:

  • L’atto è divenuto definitivo per decorso del termine per ricorrere;
  • Vi è pendenza di giudizio;
  • Il ricorso tributario è stato presentato nei termini ma respinto con sentenza passata in giudicato.

Deve essere specificato, quindi, che l’istituto può essere richiesto da parte del contribuente in qualsiasi momento, ma occorre specificare che essendo un potere discrezionale non comporta la sospensione dei termini per ricorrere davanti alle Commissioni tributarie competenti (come invece avviene con l’accertamento con adesione).

Chi può avviare la procedura?

L’autotutela è una procedura che può essere attivata su richiesta:

  • Dell’Amministrazione finanziaria, a cura dell’organo che ha emanato l’atto illegittimo o che è competente per gli accertamenti d’ufficio;
  • Del contribuente destinatario dell’atto illegittimo;
  • Alla Direzione Regionale da cui dipende l’Ufficio che ha emesso l’atto in caso di inerzia di quest’ultimo o se l’importo dell’atto è superiore a 516.456,90 euro;
  • Dal Garante del Contribuente, il quale autonomamente o su istanza del contribuente può invitare l’Amministrazione finanziaria ad attivare tale procedura.

Di fatto, solitamente, è il contribuente attraverso la presentazione di istanza in carta semplice ad invitare l’Amministrazione finanziaria a riesaminare il procedimento e a dare avvio alla procedura.

Il processo istruttorio e l’esito dell’autotutela

Attraverso la richiesta di esercizio del potere di autotutela, il contribuente ha la possibilità di chiedere all’ufficio di riesaminare un atto che deve essere modificato o annullato. La richiesta del contribuente può essere effettuata in carta libera, da presentare direttamente all’ufficio o da spedire a mezzo raccomandata A.R., o via email, seguendo le istruzioni (solitamente) riportate all’interno dell’atto notificato.

Il contribuente ha la possibilità anche di utilizzare il modello di istanza reso disponibile dall’agenzia delle Entrate. L’istituto consente all’Amministrazione finanziaria, anche in pendenza di giudizio o nei casi in cui le pretese di recupero sono ormai definitive e non più impugnabili, di annullare i propri atti illegittimi. Nel rispetto dei cittadini, gli atti non corretti possono essere annullati sempre, senza limiti di tempo. Commettere degli errori in materia fiscale è aspetto che può accadere. Tuttavia, non tutti sono pronti a riconoscere l’errore. Per questo è importante

A chi deve essere indirizzato l’atto?

L’istanza deve essere emessa nei confronti dell’Ente che ha emesso la comunicazione per la quale si intende ottenere un annullamento parziale o totale. Nel caso, ad esempio, di una istanza per la notifica di una cartella esattoriale, la richiesta di annullamento deve essere indirizzata:

  • Direttamente all’Agente della riscossione – questo nel caso in cui il soggetto intende andare a contestare esclusivamente la legittimità della cartella esattoriale emessa. Ad esempio, il caso classico può essere quello di una mancata firma del responsabile, per un vizio di notifica, o per iscrizione ipotecaria per un credito inferiore ad €. 8.000,00;
  • All’Ente titolare della pretesa impositiva – questo in tutti i casi in cui il soggetto non intenda contestare la cartella esattoriale ma il contenuto della pretesa impositiva l’istanza deve essere intestata all’Ente che ha emesso il documento che ha poi dato al concessionario l’incarico di riscuoterlo. Ad esempio, nel caso in cui la cartella esattoriale derivi da un atto emesso dall’Agenzia delle Entrate, dal Comune, o dall’INPS, deve essere nei confronti di uno di questi Enti che il soggetto è chiamato ad indirizzare la propria istanza. Per esempio, in caso di avviso di accertamento per l’IRPEF la richiesta deve essere indirizzata all’Agenzia delle Entrate, in caso di avvisi di accertamento per IMU, la richiesta deve essere indirizzata direttamente al Comune. In questi casi è sempre necessario mettere l’Agente della riscossione a conoscenza dell’istanza presentata, spedendogli una copia della stesa.

Infine, nel caso, invece, di contravvenzioni per violazioni del codice della strada, la richiesta deve essere inoltrata anche alla Prefettura competente. Infine, può essere utile ricordare che, nel caso in cui ci si rivolga ad un Ufficio sbagliato (ad esempio al Concessionario della riscossione quando questi non è ente competente) l’ente deve “far da tramite” andando ad inoltrare l’istanza al corretto Ufficio.

Cosa deve essere indicato nell’istanza?

L’istanza predisposta dal soggetto interessato deve recare al suo interno alcuni elementi essenziali al fine di ottenere l’effetto sperato nei confronti dell’Ufficio. In particolare, gli elementi essenziali che deve contenere l’istanza sono quelli di seguito riportati:

  • Indicazione dell’atto di cui viene chiesto l’annullamento (totale o parziale). Di solito è sufficiente riportare la data di emissione dell’atto, quella di notifica ed il numero di protocollo identificativo dello stesso (per una sua rapida identificazione);
  • I motivi per cui si ritiene tale atto illegittimo e quindi annullabile. Tali motivazioni, per potere essere effettivamente prese in considerazione dall’Ufficio, devono essere opportunamente corredate da documentazione giustificativa. Ad esempio, se si ritiene che un atto è dovuto solo parzialmente si dovranno allegare le quietanze degli avvenuti pagamenti. Se si ritiene che un atto sia stato notificato in ritardo rispetto ai termini ultimi di accertamento è necessario andare allegare la notifica della raccomandata. In questo caso, allora, in sede di difesa potranno contestarsi, nel caso:
    • L’emissione di un nuovo atto sostitutivo di quello originario, ma nel quale siano state inserite modifiche sostanziali e/o vi sia una diversa valutazione del medesimo materiale probatorio;
    • L’integrazione di accertamento attraverso un secondo atto che non si fondi su elementi nuovi o non conosciuti/conoscibili al momento del precedente accertamento;
    • L’illegittima riapertura dei termini per l’accertamento tramite tali atti sostitutivi o integrativi.

Possibili esiti dell’istanza

Dopo essere andanti ad analizzare il contenuto dell’istanza e l’atto oggetto di contestazione, l’Ufficio dovrebbe comunicare al contribuente la propria decisione di accoglimento o di rigetto dell’istanza presentata. Tuttavia, non sempre questo avviene e spesso gli Enti non forniscono alcun riscontro al contribuente. In questo caso deve essere prestata la massima attenzione. Infatti, il silenzio non può essere considerato come assenso all’istanza presentata. Inoltre, come già detto, la presentazione dell’istanza non interrompe i termini utili per la proposizione del ricorso alla Commissione tributaria competente.

Per questi motivo, è necessario evidenziare che l’atto emesso rimane ancora valido in assenza di un espresso annullamento e se siamo vicini alla scadenza dei termini per la proposizione del ricorso è bene affrettarsi ad effettuarne la presentazione. Nel caso in cui la comunicazione di accoglimento dell’istanza dovesse pervenire dopo aver presentato il ricorso, non vi sono particolari problematiche, in quanto sarà cessata la materia del contendere e con essa anche il ricorso. In questo caso, quando il contribuente ottiene l’annullamento dell’atto impositivo ha diritto di ottenere il rimborso delle somme eventualmente già versate.

Possibile contenzioso

Anche dal punto di vista del contenzioso tributario, la nuova autotutela ha riformulato gli articoli 19 e 21 del D.Lgs. n. 546/92. L’art. 19 prevede la possibilità di impugnare il rifiuto espresso o tacito sull’istanza previsto dall’art. 10-quater (autotutela obbligatoria) e l’impugnabilità del solo rifiuto espresso sull’istanza prevista dall’art. 10-quinquies (autotutela facoltativa).

Ai sensi dell’art. 21 del D.Lgs. n. 546/92, il ricorso avverso il rifiuto tacito – nei soli casi che riguardano l’autotutela obbligatoria – può essere presentato dopo il 90° giorno dalla proposizione dell’istanza.

Il caso di autotutela obbligatoria, se l’Amministrazione non si sia pronunciata in merito all’istanza proposta dal contribuente, contro tale silenzio il contribuente può presentare ricorso, dopo 90 giorni dalla proposizione della stessa e fino a quando il diritto non si sia prescritto.

Contro il rifiuto espresso dell’istanza di annullamento, invece, il contribuente ha la possibilità di proporre ricorso entro il termine di 60 giorni dalla notificazione dello stesso.

Nel caso, invece, di istanza facoltativa il contribuente può proporre ricorso solo contro il diniego espresso dell’Amministrazione finanziaria, impugnandolo entro il termine ordinario di 60 giorni. Non è possibile proporre ricorso avverso il rifiuto tacito (in caso di silenzio dell’Amministrazione).

Quali sono gli effetti?

La procedura può concludersi con un atto autonomo rispetto al precedente emesso dall’Ufficio interessato. Tale documento può avere carattere eliminatorio (quindi favorevole al contribuente), oppure sostitutivo (quindi sfavorevole al contribuente).

In caso di esito favorevole al contribuente l’Ufficio interessato può:

  • Procedere all’annullamento dell’atto (totale o parziale). In questo caso viene emesso un secondo atto che abroga il precedente, dal quale dovranno risultare i motivi per cui l’atto è illegittimo. In caso di annullamento parziale, il nuovo atto deve dichiarare l’invalidità solo di una parte del provvedimento di primo grado conservando l’efficacia di quella non viziata, oppure sostituirà il precedente assumendo la forma di atto completamente autonomo;
  • Procedere ad una rinuncia. In questo caso l’Ufficio rivaluta la procedura di controllo decidendo di non avviare un accertamento e/o di non esercitare un’attività impositiva nei confronti del contribuente.

L’esito favorevole al contribuente consente di far decadere totalmente o parzialmente l’onere di pagare il quantum richiesto dall’Amministrazione finanziaria. In caso esito sfavorevole al contribuente vi è l’emissione di un nuovo atto che integra o convalida il precedente. Anche in questo caso il nuovo atto deve essere adeguatamente motivato.

Consulenza fiscale

L’autotutela rappresenta un meccanismo che consente al contribuente di chiedere la correzione, totale o parziale di atti ritenuti illegittimi. Un primo punto di rilievo emerso è la natura preventiva dell’istituto, che permette ai contribuenti di individuare errori o omissioni e di porvi rimedio volontariamente. Questo approccio proattivo favorisce la trasparenza e la correttezza nel rapporto tra contribuente e fisco, riducendo il rischio di irregolarità e comportamenti scorretti.

Inoltre, l’istituto si configura come un efficace strumento di semplificazione amministrativa. Consentendo al contribuente di autoregolarsi, si evitano complesse procedure di accertamento e contenzioso tributario, che comportano costi sia per il contribuente che per l’amministrazione fiscale. Favorisce quindi una gestione più efficiente delle risorse e una riduzione dei tempi di risoluzione delle controversie.

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