La cassazione con l’Ordinanza n. 31406/2025 ribalta tutto: nei controlli fiscali su evasori totali l’IVA è già inclusa nei ricavi accertati. Cosa cambia per contribuenti e professionisti.
Il 2 dicembre 2025 la cassazione ha depositato l’ordinanza n. 31406 che cambia radicalmente l’approccio agli accertamenti induttivi derivanti da indagini finanziarie. Il principio è chiaro: quando l’Agenzia delle Entrate ricostruisce ricavi non dichiarati attraverso le movimentazioni bancarie, l’importo accertato deve intendersi già comprensivo dell’IVA.
Questo significa che su un accertamento di 122.000 euro, non si calcolano ulteriori 26.840 euro di IVA (22% di 122.000). Invece, quei 122.000 euro includono già 22.000 euro di imposta, lasciando 100.000 euro come base imponibile per le imposte dirette.
La differenza economica è rilevante. La sentenza recepisce un orientamento della corte di giustizia europea già espresso nel 2021 e si contrappone a una recente pronuncia dello stesso giugno 2025 che aveva affermato l’opposto (vedi il nostro contributo “Indagini finanziarie e IVA: niente scorporo dai ricavi presunti“). Vediamo nel dettaglio cosa cambia per chi subisce controlli fiscali.
Indice degli argomenti
La svolta della cassazione del 2 dicembre 2025
L’ordinanza n. 31406 riguarda un contribuente verificato dall’Agenzia delle Entrate per numerose movimentazioni finanziarie non giustificate sui conti correnti. L’erario ha accertato che il soggetto svolgeva attività d’impresa in totale evasione d’imposta, ricostruendo induttivamente la materia imponibile sia ai fini delle imposte dirette che dell’IVA.
La cassazione ha espresso questo principio di diritto: nel caso di contribuente che realizzi operazioni IVA completamente occultate all’amministrazione finanziaria (il cosiddetto “evasore totale“), secondo la direttiva 2006/112/UE e in particolare gli articoli 73 e 78 letti alla luce del principio di neutralità dell’IVA, la ricostruzione mediante accertamento induttivo puro della maggiore materia imponibile deve essere intesa comprensiva dell’IVA.
Il contribuente mantiene inoltre il diritto di detrarre l’IVA a monte, da esercitare entro il termine di decadenza prescritto, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di adottare sanzioni per contrastare la frode fiscale.
Cosa cambia nei controlli fiscali
L’impatto pratico della sentenza si comprende con un esempio concreto. Supponiamo che l’ufficio accerti maggiori ricavi per 122.000 euro derivanti da movimentazioni bancarie non giustificate.
Approccio tradizionale (ora superato):
- Ricavi accertati: 122.000 euro
- IVA 22% da versare: 26.840 euro (122.000 x 22%)
- Totale preteso dal fisco: 148.840 euro di cui 26.840 euro di IVA
Nuovo approccio (ordinanza 31406/2025):
- Importo lordo accertato: 122.000 euro
- IVA già inclusa: 22.000 euro (scorporo: 122.000 / 1,22 x 0,22)
- Base imponibile imposte dirette: 100.000 euro (122.000 / 1,22)
- IVA dovuta: 22.000 euro (già compresa nei 122.000)
La differenza è di 4.840 euro solo sull’IVA, senza considerare l’impatto sulle imposte dirette che vengono calcolate su 100.000 invece che su 122.000.
Per i professionisti questo significa dover rivedere completamente l’approccio alla difesa negli accertamenti da indagini finanziarie. Non si tratta più solo di contestare l’entità dei ricavi presunti, ma anche di verificare che l’ufficio abbia correttamente scorporato l’IVA dall’importo ricostruito.
Il principio europeo della neutralità IVA
Il ragionamento della cassazione si fonda sulla sentenza della corte di giustizia europea C-521/2019 del 1° luglio 2021. In quel caso, un agente spagnolo aveva ricevuto pagamenti in contanti per servizi di intermediazione senza emettere fatture né presentare dichiarazioni IVA.
La corte europea ha stabilito che quando un soggetto passivo IVA commette evasione non indicando l’operazione all’amministrazione tributaria, non emettendo fattura e non dichiarando i redditi, la ricostruzione degli importi versati e percepiti da parte dell’amministrazione deve essere intesa come prezzo già comprensivo dell’IVA.
Il principio di neutralità dell’IVA impone che l’imposta gravi solo sul consumatore finale. Se l’amministrazione calcolasse ulteriore IVA su un corrispettivo già comprensivo dell’imposta, farebbe sopportare a un soggetto passivo (l’imprenditore) un onere tributario che dovrebbe gravare unicamente sul consumatore.
La direttiva europea prevede una sola eccezione: se il diritto nazionale offre ai soggetti passivi la possibilità di ripercuotere e detrarre successivamente l’IVA nonostante l’evasione. Ma questa possibilità, per avere senso pratico, richiede che l’importo accertato sia considerato al lordo dell’imposta.
Il contrasto con la precedente cassazione n. 16471/2025
Il tema aveva già trovato risposte contrastanti nella giurisprudenza di merito. La commissione tributaria di secondo grado della Liguria (sentenza n. 122/2/25 del 14 febbraio 2025) e quella del Lazio (sentenza n. 1109/12/24 del 19 febbraio 2024) si erano già pronunciate a favore dello scorporo dell’IVA, richiamando proprio la sentenza europea C-521/2019.
Tuttavia, la cassazione stessa, con l’ordinanza n. 16471 del 18 giugno 2025, si era espressa in senso opposto. In quel caso i giudici avevano ritenuto che i ricavi presunti non potessero ritenersi già comprensivi dell’IVA, confermando l’approccio tradizionale dell’amministrazione finanziaria.
La contraddizione tra le due pronunce della cassazione a distanza di pochi mesi evidenzia la complessità del tema. L’ordinanza 31406/2025 ha però il pregio di richiamare espressamente il diritto europeo e di allinearsi all’interpretazione della corte di giustizia UE, che nel sistema delle fonti prevale sulla normativa nazionale.
Dal punto di vista operativo, questa oscillazione giurisprudenziale conferma quanto sia delicato il tema per i contribuenti. Chi ha ricevuto accertamenti basati su indagini finanziarie negli ultimi anni potrebbe trovarsi di fronte a pretese calcolate secondo l’approccio ora dichiarato errato dalla più recente cassazione.
Evoluzione giurisprudenziale sull’IVA inclusa/scorporata
| Data | Organo | Numero | Principio |
| 01/07/2021 | Corte Giustizia UE | C-521/2019 | IVA compresa nel prezzo ricostruito |
| 19/02/2024 | CGT II Lazio | 1109/12/24 | IVA va scorporata |
| 14/02/2025 | CGT II Liguria | 122/2/25 | IVA va scorporata |
| 18/06/2025 | Cassazione | 16471/2025 | IVA non è compresa (superato) |
| 02/12/2025 | Cassazione | 31406/2025 | IVA è compresa (principio attuale) |
Diritto alla detrazione anche per gli evasori totali
Un aspetto particolarmente significativo della sentenza riguarda il diritto alla detrazione dell’IVA a monte. La cassazione afferma che, ferma restando la possibilità di adottare sanzioni per contrastare la frode fiscale, il soggetto passivo deve disporre del diritto di detrarre l’IVA sugli acquisti.
Questo principio supera l’obiezione che molti uffici avanzano negli accertamenti: se il contribuente non ha tenuto contabilità, non ha emesso fatture e non ha presentato dichiarazioni, come può pretendere di detrarre l’IVA?
La risposta deriva ancora una volta dal principio di neutralità. L’IVA non deve gravare sull’imprenditore ma sul consumatore finale. Se l’imprenditore ha sostenuto costi per l’acquisto di beni o servizi con IVA, quella imposta non può essere considerata un suo costo definitivo, anche se ha totalmente evaso gli obblighi formali.
Naturalmente il contribuente dovrà dimostrare l’esistenza e l’ammontare dell’IVA a monte. Ma il principio è chiaro: la violazione di obblighi formali (mancata fatturazione, omessa dichiarazione) non può comportare la perdita del diritto sostanziale alla detrazione, se il contribuente riesce a fornire la prova degli acquisti effettuati.
Nella pratica, questo significa che in sede di contraddittorio o di ricorso, il contribuente può documentare i propri acquisti anche attraverso fatture passive, estratti conto che dimostrano pagamenti a fornitori, o altri elementi oggettivi. L’onere probatorio è certamente più gravoso rispetto al contribuente che ha tenuto regolare contabilità, ma il diritto alla detrazione non viene meno per il solo fatto dell’evasione totale.
Attenzione: anche se hai diritto alla detrazione IVA sugli acquisti, devi conservare e produrre la documentazione. Fatture passive, estratti conto con pagamenti identificabili, contratti: ogni elemento probatorio è fondamentale. L’onere della prova è più gravoso rispetto a chi ha tenuto contabilità regolare, ma il diritto non si perde per il solo fatto dell’evasione totale.
Impatti operativi per contribuenti
Dal punto di vista operativo, l’ordinanza 31406/2025 impone una revisione completa dell’approccio agli accertamenti induttivi da indagini finanziarie.
Per i contribuenti già sottoposti ad accertamento, diventa essenziale verificare se l’ufficio ha calcolato ulteriore IVA sui ricavi presunti. Se l’accertamento è ancora impugnabile o è in fase di contenzioso, il nuovo principio di diritto può essere fatto valere immediatamente, con prospettive concrete di successo dato il richiamo al diritto europeo.
Per i professionisti che assistono contribuenti in fase di verifica o di contraddittorio pre-accertamento, la questione deve essere posta sin da subito. Non si può attendere l’emissione dell’avviso di accertamento: già nelle osservazioni al processo verbale di constatazione occorre evidenziare che eventuali maggiori ricavi ricostruiti devono intendersi comprensivi dell’IVA.
Particolare attenzione va prestata anche alla quantificazione dell’IVA detraibile. Se il contribuente ha effettivamente sostenuto costi con IVA per produrre quei ricavi, deve raccogliere tutta la documentazione possibile (fatture passive, estratti conto, contratti) per dimostrare l’esistenza e l’ammontare dell’imposta a monte. Anche se la contabilità non è stata tenuta, elementi oggettivi come i pagamenti documentati possono essere sufficienti.
Dal lato sanzionatorio, la sentenza è chiara: il riconoscimento del diritto alla detrazione non esclude l’applicazione di sanzioni per la frode fiscale. Quindi il contribuente non deve aspettarsi un trattamento di favore sul piano sanzionatorio, ma solo il corretto calcolo della pretesa tributaria secondo i principi europei.
Consulenza fiscale online
Il principio di neutralità IVA prevale sulle prassi consolidate dell’amministrazione finanziaria e obbliga a un approccio diverso nel calcolo delle pretese tributarie. Per i professionisti è fondamentale aggiornare immediatamente l’approccio difensivo negli accertamenti da indagini finanziarie. Il tema deve essere sollevato sin dalle prime fasi del contraddittorio, senza attendere l’avviso di accertamento.
La questione rimane aperta sul piano applicativo: l’amministrazione finanziaria dovrà adeguare le proprie procedure di accertamento al nuovo principio, e non è escluso che in sede di merito possano emergere ulteriori questioni interpretative. Per questo motivo, in ogni singolo caso occorre valutare con attenzione tutti gli elementi specifici prima di definire la strategia più opportuna.
Se desideri analizzare la tua situazione personale contattaci per una consulenza personalizzata.