Liquidazione coatta amministrativa

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La liquidazione coatta amministrativa è una procedura alternativa al fallimento, che presuppone la partecipazione dell’autorità amministrativa, solo in via residuale dell’autorità giudiziaria. Come funziona la procedura per banche, assicurazioni e società cooperative: presupposti, organi e fasi del procedimento.

La liquidazione coatta amministrativa (LCA) è un procedimento concorsuale di natura amministrativa che si applica nei casi espressamente previsti dalla legge e per categorie di imprese vigilate o “di diritto speciale”, con disciplina base oggi contenuta nel Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) Titolo VII, artt. 293‑315, coordinata con le leggi settoriali speciali.

La LCA persegue l’ordinata liquidazione dell’impresa tutelando, oltre ai creditori, anche interessi pubblicistici rilevanti (stabilità dei mercati, servizi essenziali, occupazione) e si distingue dalla liquidazione giudiziale per la prevalenza della componente amministrativa e per l’intervento dell’autorità di vigilanza competente sul settore. In numerosi ambiti (banche e intermediari, assicurazioni, cooperative, consorzi sottoposti a vigilanza), l’accesso alla LCA dipende da presupposti sia economico‑finanziari (insolvenza o dissesto) sia di legalità (gravi irregolarità o violazioni), con un ruolo centrale del decreto dell’autorità competente e con momenti giurisdizionali mirati (accertamento dello stato passivo, eventuale controllo del giudice).

Cos’è la LCA e perché esiste

Per il CCII art. 293 la LCA è il procedimento concorsuale amministrativo applicabile nei casi previsti dalla legge, che determina imprese soggette, presupposti ed autorità competente, con rinvio alle norme speciali che prevalgono in caso di contrasto. La finalità non è solo distributiva ma anche di protezione dell’interesse pubblico connesso alla specifica attività dell’impresa vigilata, che giustifica la gestione amministrativa della crisi e una disciplina degli effetti più funzionale agli obiettivi di sistema rispetto alla liquidazione giudiziale di diritto comune. In coerenza con tale impostazione, alcune regole della LCA recepiscono esigenze operative come la possibilità di acconti ai creditori e l’accertamento d’ufficio del passivo da parte del commissario, strumenti ritenuti più rapidi e idonei nei settori regolati.

Mentre nelle procedure ordinarie l’obiettivo primario è il soddisfacimento del ceto creditorio, nella liquidazione coatta amministrativa assumono rilevanza centrale interessi di natura pubblicistica quali la stabilità del sistema finanziario, i livelli occupazionali, l’impatto sociale e il funzionamento dei servizi pubblici essenziali.

Differenze con la liquidazione giudiziale

La contrapposizione tra liquidazionegiudiziale” e liquidazioneamministrativa” evidenzia come nel primo caso la procedura sia gestita dall’autorità giudiziaria, mentre nel secondo dall’autorità amministrativa di vigilanza. Questa differenza strutturale si riflette in numerosi aspetti procedurali:

  • Organi della procedura: nella LCA operano l’autorità di vigilanza, il commissario liquidatore e il comitato di sorveglianza, anziché il tribunale, il curatore e il comitato dei creditori;
  • Modalità di accertamento del passivo: il commissario procede d’ufficio all’accertamento delle passività, comunicando ai creditori le somme risultanti dalle scritture contabili;
  • Poteri di gestione: il commissario gode di maggiore autonomia nella liquidazione dell’attivo rispetto al curatore fallimentare;
  • Possibilità di distribuire acconti: diversamente dalla liquidazione giudiziale, la LCA prevede espressamente la facoltà di corrispondere acconti ai creditori.

Tabella con le differenze

ProfiloLiquidazione coatta amministrativaLiquidazione giudiziale
NaturaProcedura concorsuale amministrativa con autorità di vigilanza e organi nominati/controllati da autorità settoriale Procedura concorsuale di diritto comune gestita dal tribunale e dagli organi giurisdizionali 
PresuppostiInsolvenza, gravi irregolarità/violazioni o interessi pubblici; settore bancario anche dissesto o rischio di dissesto Presupposto tipico è l’insolvenza ai sensi del CCII per imprese ordinarie 
Autorità competenteDecreto MEF su proposta Banca d’Italia per banche e intermediari; MIMIT per cooperative; altre autorità settoriali per categorie specifiche Tribunale competente per territorio secondo CCII 
OrganiAutorità di vigilanza, comitato di sorveglianza, commissario liquidatore pubblico ufficiale Giudice delegato, curatore, comitato dei creditori 
Accertamento passivoFormazione d’ufficio a cura del commissario con deposito in cancelleria e tutela giurisdizionale successiva Procedura di verifica e stato passivo con udienza e provvedimenti del giudice 
RipartiPossibilità di acconti e riparti parziali con regole di settore e autorizzazioni Riparti secondo regole CCII senza specifica funzione pubblicistica 

Chi è soggetto a LCA e chi decide

Sono soggette a LCA, tra le altre, banche, intermediari finanziari TUB/TUF (es. IP, IMEL, SIM, SGR, SICAV/SICAF, controparti centrali), assicurazioni e categorie ulteriori come le cooperative quando previsto da leggi speciali, con individuazione e regole settoriali proprie che si combinano con il Titolo VII CCII. Per le banche e numerosi intermediari la LCA è disposta con decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze su proposta della Banca d’Italia, che cura avvio, nomina degli organi liquidatori e autorizza gli atti principali, operando nel quadro del Meccanismo di risoluzione unico quando l’interesse pubblico non impone misure di risoluzione. Per le società cooperative e gli enti vigilati nel perimetro MIMIT la LCA è di competenza del Ministero (Direzione Generale Vigilanza), secondo le regole di vigilanza e i provvedimenti organizzativi pubblici dedicati alle liquidazioni coatte del comparto cooperativo.

Il problema delle imprese “di fatto

Una questione particolarmente rilevante riguarda le imprese che esercitano abusivamente attività riservate (c.d. società di fatto) senza la necessaria autorizzazione amministrativa. La giurisprudenza ha affrontato il tema con orientamenti non sempre uniformi.

Per espressa disposizione normativa, sono assoggettate esclusivamente alla LCA le società che svolgono di fatto l’attività propria delle società fiduciarie (art. 3-bis D.L. n. 27/1987) e delle imprese di assicurazione (art. 265 D.Lgs. n. 209/2005). Per le banche abusive, pur in assenza di una norma espressa, la dottrina prevalente ritiene applicabile la disciplina speciale, considerando che l’esercizio non autorizzato dell’attività bancaria integra di per sé una violazione di legge talmente grave da giustificare l’applicazione della LCA per irregolarità gestionali.

Presupposti: insolvenza, irregolarità e “rischio di dissesto

L’apertura può derivare da insolvenza, da gravi irregolarità gestionali o violazioni di legge, o da esigenze di interesse pubblico che impongano la soppressione o il trasferimento dell’impresa, a seconda della disciplina settoriale applicabile. Per gli intermediari bancari e finanziari la LCA interviene quando è accertato il dissesto o il rischio di dissesto e mancano soluzioni di mercato o l’interesse pubblico alla risoluzione, in coerenza con il perimetro della gestione delle crisi nel settore bancario. La dottrina e la giurisprudenza hanno chiarito che la LCA può coprire anche “crisi di legalità” e scenari prospettici, non solo un’attuale insolvenza, proprio per la necessità di salvaguardare interessi pubblicistici e sistemici connessi all’attività.

Presupposti economico-patrimoniali

L’insolvenza, intesa come incapacità di adempiere regolarmente alle proprie obbligazioni, costituisce il presupposto tradizionale. Tuttavia, per alcune categorie di imprese sono rilevanti anche:

  • Perdite patrimoniali di eccezionale gravità che privino l’impresa dell’intero patrimonio o di una parte significativa;
  • Sbilancio patrimoniale quando le passività superano le attività;
  • Rischio di dissesto futuro quando elementi oggettivi indicano che una situazione di crisi si realizzerà nel prossimo futuro.

Quest’ultimo aspetto è particolarmente rilevante per le imprese bancarie e finanziarie, dove l’art. 17 D.Lgs. n. 180/2015 prevede espressamente il “rischio di dissesto” come presupposto autonomo. Si tratta di un giudizio prognostico che valuta se nel prossimo futuro potrebbero manifestarsi situazioni tali da rendere necessario l’intervento mediante LCA.

Presupposti di legalità

Le cosiddette “crisi di legalità” costituiscono un presupposto peculiare della LCA, estraneo alle procedure concorsuali ordinarie. Rientrano in questa categoria:

  • Gravi irregolarità nell’amministrazione che giustificherebbero la revoca dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività;
  • Violazioni di disposizioni legislative, regolamentari o statutarie di gravità tale da compromettere la corretta gestione dell’impresa;
  • Mancato rispetto dei requisiti prudenziali per gli intermediari vigilati.

La rilevanza di questi presupposti si giustifica con la necessità di eliminare dal mercato imprese che presentano patologie incompatibili con l’esercizio di attività caratterizzate da particolare rilevanza pubblicistica.

La procedura di apertura

L’apertura della liquidazione coatta amministrativa si articola in due fasi distinte ma coordinate: l’accertamento giudiziale dello stato di insolvenza e l’emanazione del provvedimento amministrativo di liquidazione.

Dichiarazione dello stato di insolvenza

Quando il presupposto è l’insolvenza, il tribunale del luogo dove l’impresa ha la sede principale accerta con sentenza lo stato di insolvenza su istanza dei creditori, del debitore o dell’autorità di vigilanza. La sentenza segue il procedimento previsto per l’accertamento dell’insolvenza nelle procedure ordinarie ed è reclamabile davanti alla corte d’appello.

Se la dichiarazione di insolvenza precede il decreto di liquidazione, viene comunicata all’autorità amministrativa affinché disponga la liquidazione. Se invece l’autorità ha già disposto la liquidazione per altri presupposti, può richiedere successivamente l’accertamento giudiziale dell’insolvenza quando questo emerga durante la procedura.

Decreto di liquidazione

Il provvedimento che ordina la liquidazione è emanato dal Ministro competente o dall’autorità di vigilanza del settore (Banca d’Italia per le banche, IVASS per le assicurazioni, ecc.). Il decreto:

  • Nomina uno o più commissari liquidatori;
  • Nomina il comitato di sorveglianza (facoltativo per le cooperative);
  • È pubblicato nella Gazzetta Ufficiale;
  • È iscritto nel registro delle imprese.

Trattandosi di un atto amministrativo, il decreto è impugnabile davanti al TAR per vizi di legittimità (violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere).

Gli organi della procedura

Alla procedura della liquidazione partecipano i seguenti organi:

  • Il commissario liquidatore;
  • L’autorità di vigilanza;
  • Il comitato di sorveglianza.

Commissario liquidatore

Il commissario liquidatore svolge un ruolo determinante, infatti assume una posizione giuridica e funzioni analoghe a quelle del curatore del fallimento.

Il commissario liquidatore assume il ruolo di pubblico ufficiale. Egli provvede all’amministrazione del patrimonio e la gestione dell’impresa durante la liquidazione. Riceve in consegna il patrimonio, a seguito dell’inventario. Devono essere consegnati anche le scritture contabili e agli altri documenti dell’impresa, dall’imprenditore o dagli amministratori della società.

Può compiere da solo tutti gli atti di ordinaria amministrazione mentre deve essere autorizzato dall’autorità di vigilanza per gli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione. Deve esercitare le sue funzioni con diligenza e personalmente pur potendo avvalersi di tecnici e di persone retribuite.

Il commissario agisce compiendo atti amministrativi e negoziali: a seconda della natura, i loro vizi (violazione di legge, incompetenza, eccesso di potere) sono impugnabili avanti il giudice amministrativo o ordinario.

Al commissario si applicano gli artt. 32, 37 e 38, comma 1; l. fall. (art. 199, cit. ult. comma):

  • L’art. 37 stabilisce che il tribunale può revocare il commissario su proposta del giudice delegato o del comitato di sorveglianza;
  • L’art. 38 stabilisce che il commissario adempie ai doveri del suo ufficio con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico.

Autorità di vigilanza

L’autorità di vigilanza, invece, riassume in sé le funzioni del comitato dei creditori, del giudice delegato e del Tribunale. Egli svolge l’attività di gestione e vigilanza sulla procedura (art. 201, l. fall.). Può provvedere alla nomina, revoca, surroga del commissario liquidatore, nomina il comitato di sorveglianza, sovraintende ed autorizza la liquidazione e ripartizione dell’attivo, autorizza le azioni di responsabilità contro gli amministratori della società, autorizza la presentazione del concordato da parte del debitore e, in caso di risoluzione o di annullamento, adotta i provvedimenti del caso.

Dunque, in sintesi, sovraintende alle operazioni di liquidazione.

Comitato di sorveglianza

Il comitato di sorveglianza è composto da tre o cinque esperti nel ramo di attività esercitata dall’impresa scelti possibilmente, ma non necessariamente dai creditori, costituisce un organo consultivo. Il comitato, infatti, dà il suo potere in ordine agli atti di straordinaria amministrazione e in ordine alla continuazione dell’esercizio dell’impresa.

Fa un rapporto semestrale all’autorità di vigilanza sulla situazione patrimoniale dell’impresa e sull’andamento della gestione. Dà parere con carattere vincolante sulle vendite in blocco dei mobili e su quelle degli immobili.

Il rinvio fatto dall’art. 201, l. fall. alla disciplina sugli effetti del fallimento fa ritenere alla dottrina che il comitato debba autorizzare il commissario al subentro nei contratti pendenti.

L’accertamento del passivo

Una delle peculiarità più rilevanti della liquidazione coatta amministrativa riguarda le modalità di accertamento delle pretese creditorie, che seguono un procedimento semplificato rispetto alla verifica dei crediti nella liquidazione giudiziale.

Comunicazione ai creditori

Entro un mese dalla nomina, il commissario liquidatore deve comunicare a ciascun creditore risultante dalle scritture contabili:

  • Le somme risultanti a credito secondo la contabilità aziendale;
  • L’invito a comunicare entro 15 giorni l’indirizzo PEC per le successive comunicazioni;
  • L’invito a presentare eventuali osservazioni o istanze.

La comunicazione ha natura meramente ricognitiva e non costituisce riconoscimento del debito, essendo effettuata con riserva di contestazioni.

Formazione dello stato passivo

Entro 90 giorni dal provvedimento di liquidazione (salvo diversi termini nelle leggi speciali), il commissario forma l’elenco dei crediti ammessi o respinti e delle domande di rivendica o restituzione. L’elenco viene depositato nella cancelleria del tribunale del luogo dove l’impresa ha sede.

Con il deposito in cancelleria, lo stato passivo:

  • Assume natura giurisdizionale;
  • Diventa esecutivo;
  • Non può più essere modificato dal commissario.

I creditori le cui pretese non siano state accolte ricevono comunicazione del rigetto e possono proporre opposizione, impugnazione o revocazione secondo gli artt. 98-99 L. fall.

Domande tardive

I creditori che non abbiano presentato tempestivamente le proprie istanze possono ricorrere al procedimento di insinuazione tardiva entro 12 mesi dal deposito dello stato passivo, secondo la disciplina dell’art. 101 L. fall.

La liquidazione dell’attivo

Il commissario liquidatore gode di ampia autonomia nella gestione della fase liquidatoria, non essendo vincolato alle modalità delle vendite giudiziarie previste dal codice di procedura civile.

Poteri e limiti del commissario

Nella liquidazione dell’attivo il commissario:

  • Non deve predisporre un programma di liquidazione come nella liquidazione giudiziale;
  • Può scegliere liberamente le modalità di vendita più opportune;
  • Deve ottenere l’autorizzazione dell’autorità di vigilanza per vendite di immobili o beni mobili in blocco;
  • Deve acquisire il parere del comitato di sorveglianza per le operazioni più rilevanti.

La discrezionalità del commissario non significa arbitrarietà: la sua attività deve rispettare i principi di diligenza professionale e perseguire l’interesse della procedura.

Regime delle impugnazioni

Gli atti del commissario liquidatore possono essere impugnati davanti a giurisdizioni diverse a seconda della loro natura:

  • Atti amministrativi di gestione della procedura: TAR;
  • Negozi di diritto privato (contratti di vendita): tribunale ordinario;
  • Provvedimenti di autorizzazione dell’autorità di vigilanza: TAR.

Ripartizione dell’attivo e chiusura

La fase finale della procedura prevede la distribuzione del ricavato dalla liquidazione e la chiusura formale della LCA. Una peculiarità della liquidazione coatta amministrativa è la possibilità di distribuire acconti parziali ai creditori, anticipando somme che il commissario valuta come probabilmente spettanti nei futuri riparti. Si applicano comunque le norme sulla graduazione dei crediti previste dagli artt. 111-113 L. fall.

Completata la liquidazione, il commissario presenta all’autorità di vigilanza:

  • Il bilancio finale di liquidazione;
  • Il conto della gestione;
  • Il piano di riparto finale;
  • La relazione del comitato di sorveglianza.

Autorizzato il deposito, questi documenti vengono depositati in cancelleria e comunicati ai creditori ammessi al passivo. I creditori hanno 20 giorni per proporre ricorso al tribunale, che decide con decreto in camera di consiglio.

In assenza di contestazioni, il commissario procede alle ripartizioni finali e la procedura si chiude.

LCA per attrazione e per conversione

Il fenomeno dell’estensione della LCA a imprese che normalmente non vi sarebbero soggette può verificarsi secondo due modalità.

Assoggettamento per attrazione

Si verifica quando imprese di diritto comune vengono assoggettate a LCA in ragione della loro appartenenza a un gruppo di cui fa parte un’impresa soggetta a vigilanza. È il caso delle società appartenenti a:

  • Gruppi bancari;
  • Gruppi assicurativi;
  • Gruppi finanziari

L’estensione si giustifica con l’esigenza di gestire unitariamente la crisi del gruppo, evitando che procedure diverse possano compromettere l’efficacia dell’intervento.

Assoggettamento per conversione

La conversione si verifica quando una procedura di liquidazione giudiziale già aperta si trasforma in LCA al verificarsi di determinati eventi, come:

  • L’assoggettamento a LCA della capogruppo;
  • Modifiche normative che estendono l’ambito di applicazione della procedura amministrativa.

Un esempio storico significativo è stata la conversione dei fallimenti pendenti al 1° luglio 1999 per intermediari finanziari speciali in procedure di LCA.

Fonti

  • Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (D.Lgs. 14/2019), artt. 293-316
  • Testo Unico Bancario (D.Lgs. 385/1993), artt. 80 ss.
  • Codice delle Assicurazioni Private (D.Lgs. 209/2005), artt. 245 ss.
  • Testo Unico della Finanza (D.Lgs. 58/1998), artt. 57 ss.
  • D.Lgs. 180/2015, art. 17
  • Cassazione Civile, Sez. Un., n. 22378/2011
  • Tribunale di Treviso, 27 gennaio 2018; App. Venezia, 18 dicembre 2019

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Elisa Migliorini
Elisa Migliorinihttps://www.linkedin.com/in/elisa-migliorini-0024a4171/
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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