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Lavoro in Italia per azienda estera: le possibilità

Fisco InternazionaleAgevolazioni fiscali per impatrio in ItaliaLavoro in Italia per azienda estera: le possibilità

Le variabili connesse all'apertura di un ufficio di rappresentanza o di una stabile organizzazione in Italia per l'azienda estera che intende operare con dipendenti che operano in Italia.

La globalizzazione dei mercati connessa alla recente situazione epidemiologica ha favorito l’internazionalizzazione delle imprese ed anche un maggior utilizzo delle tecnologie dell’informazione. Tutto questo ha, di fatto, determinato un forte incremento della mobilità internazionale dei lavoratori, anche attraverso il ricorso allo “smart working“. Questa situazione finisce, inevitabilmente, anche per influenzare le scelte di localizzazione delle attività imprenditoriali di imprese estere.

Quello che voglio dire è che moltissime imprese multinazionali che non hanno sede in Italia si stanno trovando nella situazione ove sempre più lavoratori richiedono la possibilità di operare in smart working in Paesi diversi rispetto a quelli ove sono stati assunti. Caso classico è quello di un lavoratore italiano, che dopo anni all’estero decide di sfruttare l’opportunità di proseguire l’attività lavorativa in Italia. Allo stesso modo il lavoratore che viene assunto dalla sede estera dell’azienda ma ottiene la possibilità di operare prevalentemente dall’Italia in smart working. In entrambi i casi la fattispecie è quella di un’azienda estera che non dispone di unità locale in Italia (che può assumere direttamente il lavoratore). Ebbene, in questo caso occorre chiedersi se questa situazione sia praticabile o se ci siano delle problematiche fiscali da valutare.

In particolare, i profili che andremo ad analizzare riguardano:

  • La posizione del lavoratore dipendente, assunto dall’estero, che trasferisce la propria residenza fiscale in Italia. In particolare gli aspetti connessi alle agevolazioni per il rientro in Italia dei lavoratori. In particolare, la c.d. “agevolazione impatriati” di cui all’art. 5 del D.Lgs. n. 209/23;
  • La posizione dell’azienda non residente in Italia che si trova nella situazione di valutare le scelte a sua disposizione per regolamentare la situazione del lavoratore dipendente. Si tratta, infatti, di individuare la migliore modalità per permettere l’assunzione con contratto di lavoro italiano del lavoratore che presterà prevalentemente attività lavorativa (per conto dell’azienda) in Italia.

Si tratta di profili di estremo interesse anche in relazione ai recenti chiarimenti emersi dall’Agenzia delle Entrate.

Il mantenimento del contratto di lavoro estero per il lavoratore impatriato in Italia

Nella fattispecie sopra evidenziata di un lavoratore che decide di trasferire la propria residenza fiscale in Italia restando in continuità di contratto di lavoro dipendente estero occorre effettuare alcune precisazioni.

In ordine alla possibilità di usufruire delle agevolazioni per il rientro dei lavoratori in Italia di cui art. 5 del D.Lgs. n. 209/23 occorre tenere in considerazione che il rientro in Italia con contratto estero è possibile. Tuttavia, aumenta il periodo di residenza fiscale estera richiesta prima del rientro in Italia (rispetto ai 3 anni ordinari). In particolare, il periodo estero richiesto se il lavoratore prosegue l’attività con lo stesso datore di lavoro con cui lavorava prima del trasferimento. Con maggiore dettaglio:

  • Sono richiesti sei anni se il lavoratore non è stato in precedenza impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo;
  • Sono richiesti sette anni, se il lavoratore, prima del suo trasferimento all’estero, è stato impiegato in Italia in favore dello stesso soggetto oppure di un soggetto appartenente al suo stesso gruppo.

I chiarimenti precedenti

L’Agenzia delle Entrate aveva già espresso, nella precedente formulazione dell’agevolazione, parere positivo sulla casistica. Il riferimento è alla Circolare n. 33/E/2020 (§ 7,5) con la quale l’Agenzia ha chiarito quanto segue:

in presenza di tutti i requisiti previsti dalla norma agevolativa in commento, possono accedere all’agevolazione i soggetti che vengono a svolgere in Italia attività di lavoro alle dipendenze di un datore di lavoro con sede all’estero, o i cui committenti (in caso di lavoro autonomo o di impresa) siano stranieri (non residenti). Nell’ipotesi in cui gli impatriati, precedentemente assunti presso sedi secondarie ubicate in diversi Paesi in cui opera il datore di lavoro estero non residente, vengano a svolgere la loro attività lavorativa presso la sede secondaria italiana del medesimo datore di lavoro, possono accedere al regime fiscale in commento, non essendoci preclusioni in tal senso nella norma

Il rischio stabile organizzazione occulta in Italia per il datore di lavoro estero

L’agevolazione impatriati è applicabile per il lavoratore che intende trasferirsi in Italia per lavorare per conto della sede italiana del datore di lavoro estero non residente. Questo, in continuità di contratto con il datore di lavoro non residente (anche se sul punto mancano chiarimenti sul rispetto del “requisito del collegamento“). Su questo punto tuttavia, l’Agenzia delle Entrate prosegue in questo modo: “Il lavoratore impatriato, peraltro, potrebbe configurare una stabile organizzazione nel territorio dello Stato del datore di lavoro non residente, ai sensi di una Convenzione contro le doppie imposizioni conclusa dall’Italia, ove esistente, o ai sensi dell’articolo 162 del TUIR“.

Questo significa che occorre prestare attenzione alle fattispecie in cui il lavoratore può rappresentare una fattispecie di stabile organizzazione in Italia del datore di lavoro non residente. Fattispecie questa che, ove verificata, porterebbe il datore di lavoro non residente a dover determinare la propria imponibilità fiscale anche in Italia (ai fini delle imposte sui redditi), oltre all’applicazione di sanzioni. L’Agenzia delle Entrate non ha approfondito come effettuerà questi controlli e quali fattispecie, in dettaglio, andrà ad attenzionare.

Per questo motivo, al fine di evitarsi possibili accertamenti in questo senso è importante analizzare le opzioni a disposizione del datore di lavoro non residente (senza sede operativa in Italia) per ottenere la struttura tale da permettere un contratto di lavoro in Italia al lavoratore.

Le scelte a disposizione della società non residente per l’assunzione di personale dipendente in Italia

La necessità di fornire un contratto di lavoro italiano al lavoratore che opera in Italia in smart working, come abbiamo visto, è una necessità per l’impresa estera (priva di entità giuridiche in Italia). Sostanzialmente, le scelte a disposizione dell’impresa non residente sono:

  • La costituzione di un ufficio di rappresentanza in Italia;
  • La costituzione di una stabile organizzazione in Italia.

Andiamo, quindi, ad analizzare con maggiore dettaglio queste possibilità a disposizione dell’impresa non residente per operare sul mercato italiano per offrire un contratto di lavoro dipendente.

Apertura di un ufficio di rappresentanza

L’ufficio di rappresentanza consiste nel poter esercitare, da parte dell’azienda estera attività di promozione dei prodotti, generalmente viene fatto quando l’azienda intende avviare un’attività preparatoria o ausiliaria per un futuro inserimento dell’impresa nel mercato italiano.

La società estera che intenda operare sul territorio italiano, senza doversi costituire in una delle forme societarie previste dalla legislazione, ha a disposizione la possibilità di operare con un ufficio di rappresentanza. In pratica, l’ufficio di rappresentanza è la forma più semplice da implementare ed è utilizzata nel caso in cui la società estera intenda promuovere prodotti, l’attività o i servizi della società estera direttamente in loco, con bassi costi di costituzione e gestione e senza acquisire una soggettività tributaria in Italia. Sostanzialmente, l’ufficio di rappresentanza viene utilizzato dall’impresa non residente al fine di stabilire un primo contatto con il territorio italiano, per poi arrivare ad un successivo stabilimento mediante stabile organizzazione o società.

Per arrivare a definire un ufficio di rappresentanza occorre rifarsi a quanto previsto dal modello OCSE (di convenzione contro le doppie imposizioni). Questo documento definisce ufficio di rappresentanza una sede fissa che svolge funzioni meramente promozionali e pubblicitarie, di raccolta di informazioni, di ricerca scientifica o di mercato. L’ufficio di rappresentanza deve svolgere un’attività ausiliaria o preparatoria alla penetrazione dell’impresa sul mercato di riferimento. Tale struttura non permette di effettuare attività di produzione o di vendita che potrebbero qualificarlo quale stabile organizzazione. Si tratta, in buona sostanza, di un mero centro di costo dell’impresa non residente. L’ufficio non può svolgere alcuna attività di vendita e non soggiace agli obblighi civilistici previsti per le sedi secondarie. Non producendo alcun reddito l’ufficio di rappresentanza non subisce alcun carico fiscale. Tuttavia, è necessaria la tenuta della contabilità ordinaria per la rendicontazione dei costi e delle spese (es. costi del personale, degli strumenti di lavoro, etc), coperti dalla società non residente.

Tabella: caratteristiche ufficio di rappresentanza

CARATTERISTICADESCRIZIONE
SOGGETTIVITA’ AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITINO
NECESSITA DI CODICE FISCALESI
ISCRIZIONE AL REA SI
TENUTA LIBRI SOCIALINO
TENUTA DELLA CONTABILITA’ ORDINARIASI
POSSIBILITA’ DI ASSUMERE PERSONALESI

Aspetti previdenziali

Abbiamo precisato che l’azienda estera non presente sul territorio italiano necessita di un ufficio di rappresentanza per i presupposti prima citati. Per l’apertura si necessario conferire un apposito mandato ad un soggetto ivi residente affinché agisca in nome e per conto dell’impresa estera in qualità di rappresentante ai fini previdenziali, il quale provvederà quindi: 

  • Alla tenuta del tenuta del LUL;
  • Versamento dei contributi alle  scadenze ordinarie;
  • Predisposizione del modello CU;
  • Predisposizione del modello 770.

A seguito di accordi bilaterali tra l’Italia e i paesi UE ed in osservanza del principio lex loci laboris, saranno dovuti all’INPS i contributi IVS e i contributi “minori” in base alle caratteristiche contributive dell’azienda. Qualora si trattasse di paesi extra UE, in assenza di accordi bilaterali i contributi dovuti all’INPS saranno gli IVS e i contributi “minori”. Per ultimo caso, quello di rapporti tra Italia e paese extra UE con sottoscrizione di accordi bilaterali, si prevede il pagamento della quota IVS e saranno dovuti all’INPS solo i contributi minori a carico del datore di lavoro estero.

L’assunzione del lavoratore

Una società non residente ha la possibilità di assumere un dipendente in Italia anche senza operare attraverso un ufficio di rappresentanza. In tal caso la società estera può nominare un soggetto residente in Italia (es. il lavoratore dipendente stesso, un professionista o una società) al fine di adempiere agli obblighi previdenziali ed assicurativi derivanti dallo svolgimento dell’attività lavorativa del personale da assumere.

L’impresa non residente deve poi conferire un mandato al soggetto italiano nominato affinché possa assolvere agli adempimenti in suo nome e per suo conto presso gli enti previdenziali ed assicurativi (INPS e INAIL). Non ci sono, in questo caso, obblighi di natura fiscale per l’ufficio di rappresentanza (in quanto l’ufficio di rappresentanza non può essere considerato “sostituto di imposta” ex art. 23 del DPR n. 600/73). Sul punto vedasi la Risoluzione Ministeriale n. 649/1980 e la Circolare Ministeriale n. 326/1997.

Tornando all’ipotesi in cui il lavoratore autocertifichi al datore di lavoro (tramite l’ufficio di rappresentanza) la presenza dei requisiti richiesti per l’agevolazione impatriati, in questo caso l’agevolazione può essere fruita in dichiarazione dei redditi (non in busta paga). Tuttavia, su questa casistica sarebbero auspicabili maggiori chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Quanto costa per l’impresa estera aprire un’ufficio di rappresentanza? 

Non avendo personalità giuridica in Italia, per la costituzione di un ufficio di rappresentanza non è richiesto alcun atto notarile, e pertanto non è prevista la necessità di un capitale sociale minimo iniziale. Occorre invece richiedere l’attribuzione di un codice fiscale al competente ufficio dell’Agenzia delle Entrate, e l’iscrizione al Registro delle Imprese della locale Camera di Commercio. La casa madre deve individuare un indirizzo in Italia e nominare un rappresentante dell’ufficio di rappresentanza. Tale carica può essere conferita anche ad un soggetto non residente in Italia, ma lo stesso deve essere munito del codice fiscale italiano. L’indirizzo dell’ufficio di rappresentanza ed il suo rappresentante nominato vengono iscritti presso il Registro delle Imprese e presso l’Agenzia delle Entrate.

Le pratiche legate all’aspetto contabile verranno portate avanti da un commercialista, il quale costo annuo si aggira intorno alle 1.000 / 1.500 euro annue, chiaramente dipende dal tipo di società o impresa. 

Per quanto riguarda invece il costo relativo alle pratiche previdenziali e assistenziali, il costo annuo di un consulente del lavoro potrebbe aggirarsi intorno ai 1.800 euro, tenendo conto anche che il costo può variare poiché influenzato dal numero di buste paga da effettuare in un anno, considerando che il costo medio della compilazione di una busta paga si aggira intorno ai 15/20 euro. 

Ufficio di rappresentanza: le problematiche

Con l’assunzione di personale da parte dell’ufficio di rappresentanza, è necessario seguire le procedure e comunicazioni ordinarie verso gli enti preposti, anche in relazione agli obblighi fiscali e previdenziali connessi al rapporto di lavoro subordinato. In questo contesto assumono rilevanza i ruoli e le funzioni svolte dal personale in caso di verifica da parte dell’Amministrazione finanziaria atta a far emergere l’esercizio celato in Italia di un’attività commerciale (al posto dell’ufficio di rappresentanza).

Sul punto, è molto interessante quanto indicato dalla Circolare n. 1/2008 della Guardia di Finanza (paragrafo 4.b. del volume 3), in relazione alle indicazioni operative nell’ipotesi di accertamento di una “stabile organizzazione occulta“. Gli Uffici devono approfondire “l’operativa delle unità locali di imprese estere che formalmente assumono la forma di meri uffici di rappresentanza, vale a dire di quelle entità con funzioni esclusivamente promozionali e pubblicitarie di raccolta di informazioni e ricerche di mercato“. Ebbene l’obiettivo degli Uffici accertatori è quello di verificare che dietro ad un ufficio di rappresentanza non vi sia in realtà una stabile organizzazione occulta dell’impresa estera. Questo tipo di accertamento, solitamente, avviene con un accesso presso l’ufficio di rappresentanza per raccogliere informazioni sull’attività concretamente esercitata.

Apertura di una stabile organizzazione

La stabile organizzazione è il presupposto per l’imposizione di un’attività economica svolta da una società in un Paese diverso da quello della propria residenza fiscale. Per quanto riguarda la normativa italiana è l’art. n. 162 del TUIR ad offrire la definizione di stabile organizzazione, come: “una sede fissa di affari per mezzo della quale l’impresa non residente esercita in tutto o in parte la sua attività nel territorio“.

In primo luogo, la stabile organizzazione implica la presenza di una “sede di affari” in presenza di locali, immobili o macchinari, impianti ed attrezzature varie per lo svolgimento dell’attività di impresa. Tuttavia, occorre considerare che all’interno delle varie ipotesi di stabile organizzazione in Italia si deve prestare particolare attenzione a quanto previsto dalla lettera f-bis) del co.2 dell’art. 162 del TUIR. Questa ricomprende nella definizione di stabile organizzazione tutti i casi in cui vi sia “una significativa e continuativa presenza economica nel territorio dello Stato costituita in modo da non far risultare una consistenza fisica nel territorio stesso“. Disposizione, questa, volta a ricomprendere nella definizione di stabile organizzazione anche le attività online o immateriali.

Tabella: caratteristiche della stabile organizzazione

CARATTERISTICADESCRIZIONE
SOGGETTIVITA’ AI FINI DELLE IMPOSTE SUI REDDITISI
NECESSITA DI CODICE FISCALE E PARTITA IVASI
ISCRIZIONE AL REA SI
TENUTA LIBRI SOCIALINO
TENUTA DELLA CONTABILITA’ ORDINARIASI
POSSIBILITA’ DI ASSUMERE PERSONALESI

La stabile organizzazione, quindi, è una struttura più complessa rispetto ad un ufficio di rappresentanza. In questo caso, infatti, la società estera produce un’attività commerciale in Italia, e per questo la stabile organizzazione consente una soggettività fiscale ai fini delle imposte sui redditi. La stabile organizzazione rappresenta, quindi, un’alternativa rispetto alla costituzione in Italia di una subsidiary da parte della casa madre non residente. Rispetto all’opzione subsidiary la stabile organizzazione consente di non essere assoggettati al deposito del bilancio ed alla tenuta dei libri sociali. Tuttavia, si deve considerare che la stabile organizzazione dichiara i propri redditi sia nello Stato ove viene costituita (Italia), sia nello Stato estero di residenza della società (con applicazione del credito per imposte estere).

L’assunzione del lavoratore

Il lavoratore dipendente può essere assunto dalla stabile organizzazione. Sul punto valgono le stesse considerazioni effettuate per l’assunzione con ufficio di rappresentanza. Tuttavia, la stabile organizzazione in Italia rientra tra i sostituti di imposta, ex art. 23, co. 1 del DPR n. 600/73. Questo significa che il lavoratore, in questo caso, sarà assoggettato non solo a ritenute previdenziali ed assistenziali, ma anche alle ritenute fiscali. Tornando all’ipotesi in cui il lavoratore autocertifichi al datore di lavoro (stabile organizzazione) la presenza dei requisiti richiesti per l’agevolazione impatriati, in questo caso l’agevolazione può essere fruita direttamente in busta paga.

Talvolta le aziende estere si avvalgono di lavoratori che stipulano contratti per loro conto, così facendo sarà opportuno verificare se come stabile organizzazione si intenda anche stabile organizzazione personale; anche in questo caso scattano gli obblighi fiscali e previdenziali. In ambito fiscale dovrà compilare e conservare i libri obbligatori, applicare le ritenute fiscali ed emettere modello CU e dichiarazione 770. In ambito previdenziale dovrà compilare e conservare i libri obbligatori, aprire le posizioni assicurative presso gli enti previdenziali ed assistenziali e applicare il versamento delle ritenute previdenziali. 

Tabella di confronto tra ufficio di rappresentanza e stabile organizzazione

UFFICIO DI RAPPRESENTANZASTABILE ORGANIZZAZIONE
NaturaNon ha personalità giuridica: rappresenta l’azienda esteraHa una struttura fissa di affari: può concludere contratti
Attività permessaSolo attività non commerciale come informazione o promozionePuò svolgere attività commerciali e produttive
Implicazioni fiscaliNon genera reddito imponibile in ItaliaGenera reddito imponibile in Italia
Assunzione di lavoratoriPuò assumere lavoratori per attività di rappresentanzaPuò assumere lavoratori per attività commerciali e produttive

L’azienda estera che opera senza una stabile organizzazione o un ufficio di rappresentanza

Nel caso in cui l’azienda estera decida di assumere il lavoratore all’estero facendolo lavorare in Italia, senza che vi sia propria stabile organizzazione o ufficio di rappresentanza, le conseguenze cambiano. In questo caso, l’onere previdenziale viene assolto dall’azienda nello Stato ove è stato predisposto il contratto di lavoro, mentre sotto il profilo fiscale il lavoratore assunto avrà l’obbligo di adempiere agli obblighi fiscali esclusivamente presentando la dichiarazione dei redditi attraverso il Modello Redditi.

La possibilità, per azienda estera, di far operare dipendenti in Italia in continuità di contratto estero è stata accettata dall’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 33/E/2020. Nel documento il riferimento era legato ai lavoratori impatriati, ma estendibile per analogia. L’aspetto su cui l’Agenzia si sofferma è legato al fatto che verranno effettuati controlli per verificare se la posizione del lavoratore o dei lavoratori in Italia possono configurare ipotesi di stabile organizzazione in Italia dell’azienda estera. Per questo, spetta al datore di lavoro non residente assumersi (o meno) la responsabilità di questa scelta per i propri lavoratori.

L’Agenzia delle Entrate, confermando un precedente orientamento regionale, ritiene che l’operatore straniero non residente e senza stabile organizzazione nel nostro paese non rivesta la qualifica di sostituto d’imposta. Per la previdenza, l’azienda estera dovrà nominare un rappresentante previdenziale che possa adempiere agli obblighi previdenziali ed assistenziali in suo nome e per suo conto analogamente a quanto precedentemente descritto nel caso di assunzione di personale attraverso un ufficio di rappresentanza. 

Conclusioni e consulenza fiscale

In questo articolo ho cercato di riassumere quali sono le principali variabili a disposizione di un’azienda non residente (priva di unità locale) che intende assumere un lavoratore in Italia. Ho affiancato a questa ipotesi il caso del lavoratore che intende operare ed essere assunto in Italia per sfruttare l’agevolazione dei lavoratori impatriati. In questo caso la scelta relativa alla costituzione di un più flessibile ufficio di rappresentanza, rispetto ad una più complessa stabile organizzazione dipende, essenzialmente, dall’esercizio (o meno) di un’attività commerciale in Italia. E’ attorno a questa variabile che devono ruotare le scelte aziendali. Il consiglio che posso dare è di non utilizzare l’ufficio di rappresentanza per svolgere funzioni che non rientrano in questa casistica. In questo contesto l’Amministrazione finanziaria effettua specifici controlli per verificare la regolare attività degli uffici di rappresentanza.

Per questo motivo è auspicabile effettuare questo tipo di valutazioni assieme ad un professionista (dottore Commercialista esperto) che possa aiutarvi nell’individuare la soluzione migliore in relazione alle caratteristiche dell’azienda. Se hai bisogno di approfondire la tua situazione e ricevere una consulenza fiscale personalizzata contattami al link sottostante. Potrai ricevere il preventivo per una consulenza in grado di risolvere i tuoi dubbi.

Domande frequenti

Qual è la principale differenza tra un ufficio di rappresentanza e una stabile organizzazione?

L’ufficio di rappresentanza svolge attività non commerciali e rappresenta l’azienda estera in Italia, mentre la stabile organizzazione ha una struttura fissa di affari e può svolgere attività commerciali e produttive.

Un ufficio di rappresentanza può concludere contratti in Italia?

No, un ufficio di rappresentanza non può concludere contratti. Può svolgere attività di promozione e informazione.

Una stabile organizzazione genera reddito imponibile in Italia?

Sì, una stabile organizzazione genera reddito imponibile in Italia e ha obblighi fiscali e contabili.

Quali sono gli obblighi contabili di un ufficio di rappresentanza?

Un ufficio di rappresentanza deve tenere una contabilità semplificata e non è tenuto alla redazione del bilancio.

Un’azienda estera può assumere lavoratori in Italia senza avere né un ufficio di rappresentanza né una stabile organizzazione?

In generale, un’azienda estera che intende assumere lavoratori in Italia dovrebbe avere una qualche forma di presenza legale nel paese, come un ufficio di rappresentanza o una stabile organizzazione, per gestire le questioni relative al lavoro e agli obblighi fiscali e previdenziali.

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