Il TFR può essere pignorato? Modalità e limiti

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Il Trattamento di Fine Rapporto può essere pignorato dai creditori, ma la legge prevede importanti limitazioni per tutelare il lavoratore e garantire la sua sussistenza economica.

La principale preoccupazione di chi ha debiti è vedersi pignorare i propri beni: lo stipendio o la pensione, la casa, l’automobile, ma il TFR può essere pignorato? Nel momento in cui una procedura di recupero crediti giunge alla conclusione della sua fase giudiziaria, viene stabilito il diritto del creditore di ottenere quanto dovuto, tramite il pignoramento.

Vediamo se può entrare in gioco la possibilità di prelevare anche una quota del TFR cui ha diritto il lavoratore e in che misura. Precisiamo subito che il pignoramento del trattamento di fine rapporto segue regole ben precise, in parte, ma non totalmente simili a quelle previste per il pignoramento della pensione o dello stipendio.

Cos’è il pignoramento

Quando chi ha debiti non provvede a versare quanto dovuto, può subire azioni giudiziarie che prevedono l’espropriazione dei beni. Si tratta del pignoramento, una procedura che si attiva quando, a seguito di numerosi solleciti, non avviene il pagamento di quanto dovuto entro le scadenze stabilite.

L’azione esecutiva avviene a seguito di:

  • Decreto ingiuntivo;
  • Sentenza;
  • Titolo esecutivo.

Ci sono diverse tipologie di pignoramento, a seconda del bene:

  • Mobiliare;
  • Immobiliare;
  • Presso terzi.

Cos’è TFR

Il trattamento di fine rapporto (TFR) è una quota di denaro che viene accantonata automaticamente dai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, e della quale si entra in possesso una volta terminato il rapporto di lavoro. La somma spetta dopo il licenziamento, le dimissioni volontarie o anche dopo il semplice pensionamento.

Il lavoratore dipendente ha la possibilità di chiedere espressamente che la somma spettante venga versata in un fondo pensione, anziché consegnatagli al termine del rapporto di lavoro. Per esempio, se l’azienda nella quale si lavora ha assunti più di cinquanta lavoratori dipendenti, allora il trattamento viene versato d’ufficio al Fondo di Tesoreria dell’INPS.

Il TFR può essere pignorato?

La risposta a questa domanda è affermativa: il TFR può essere pignorato per soddisfare le pretese del creditore. Il pignoramento vale sia per i lavoratori dipendenti del settore pubblico che per quelli del settore privato. L’ordinanza di assegnazione non può avvenire prima che maturino le condizioni stesse per il pagamento dello stesso lavoratore.

La Corte di Cassazione ha chiarito che il TFR, una volta maturato, entra a far parte del patrimonio del lavoratore e può quindi essere sottoposto a pignoramento. Quindi, il pignoramento del TFR può avvenire solo dopo che è maturato il diritto alla corresponsione e non in corso dello svolgimento del rapporto di lavoro.

Una volta cessato il rapporto di lavoro, il pignoramento dello stipendio si trasferisce sul TFR.
Come viene pignorato il trattamento di fine rapporto? Può essere pignorato alla fonte, ovvero presso il datore di lavoro e prima che venga versato sul conto corrente oppure può essere pignorato una volta accreditato.

Da punto di vista del debitore non si tratta di una differenza trascurabile. Per quale motivo? Quando viene pignorato alla fonte, la legge impone il limite di 1/5 del totale. Invece, quando viene pignorato sul conto corrente, allora è possibile il pignoramento nella quota eccedente tre volte il valore dell’assegno sociale.

Pignorabilità TFR non ancora erogato 

Se il TFR non è ancora stato accreditato sul conto corrente , il creditore può richiedere un pignoramento nel limite di un quinto dell’importo solo dopo l’udienza di assegnazione.

TFR sul conto corrente

Il creditore può notificare l’atto di pignoramento alla banca dove è depositato il TFR. Il creditore può pignorare l’intero importo che eccede il triplo dell’assegno sociale. Se invece il pignoramento viene avviato prima del versamento del TFR, il creditore può pignorare solo un quinto dell’importo.

Quali sono i limiti del pignoramento del TFR

Il trattamento di fine rapporto non può essere pignorato per intero. La quota pignorabile può variare a seconda che questi sia trattenuto alla fonte o pignorato quando già accreditato sul conto corrente del beneficiario. La legge stabilisce alcune garanzie a tutela del debitore, un po’ come accade per lo stipendio o la pensione.

Le somme relative al TFR possono essere pignorate, ma solo quando sono già state maturate. Non si possono pignorare le somme in divenire. Ciò vuol dire che il creditore può agire sul TFR solo nella misura in cui il trattamento sia già a disposizione del lavoratore.

L’articolo 545 del Codice di Procedura Civile dispone che il pignoramento non possa eccedere un quinto dell’importo complessivo del TFR, garantendo così che almeno quattro quinti della somma rimangano nella disponibilità del debitore. Di fatto, si tratta dello stesso limite al pignoramento previsto per lo stipendio. Quando concorrono più creditori, la quota pignorabile deve essere ripartita tra tutti i soggetti che hanno ottenuto decreti di pignoramento, rispettando l’ordine cronologico di notificazione degli atti al terzo pignorato.

Casi specifici del pignoramento del TFR

Ci sono alcune differenze in funzione della natura stessa del debito e, di conseguenza, anche del credito. Quando si tratta di crediti di natura alimentare come, per esempio, gli assegni di mantenimento, il giudice stabilisce la quota massima di TFR pignorabile, nel limite del 50% di quanto spetta al lavoratore.

Per quanto riguarda, invece, i debiti con l’Agenzia delle entrate, il TFR può essere pignorato fino a 1/5, ma per le somme superiori a 5000 euro. Qualora il suo valore sia compreso tra i 2500 euro e i 5000 euro, il limite scende a 1/7 del totale e, per importi fino a 2500 euro, si riduce a 1/10.

Le procedure di pignoramento presso il datore di lavoro

Il pignoramento del TFR segue le regole del pignoramento presso terzi, essendo il datore di lavoro il soggetto tenuto al pagamento della somma. Il creditore deve notificare l’atto di pignoramento sia al debitore che al datore di lavoro, il quale assume la qualifica di terzo pignorato.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di dichiarare l’esistenza e l’ammontare del TFR maturato a favore del dipendente, indicando eventuali altri pignoramenti in corso. La mancata o inesatta dichiarazione può comportare la responsabilità del terzo pignorato per le somme che avrebbe dovuto versare.

Il pignoramento diventa efficace dal momento della notificazione al terzo e si estende alle somme che matureranno successivamente, fino alla concorrenza del credito per cui si procede. Il datore di lavoro deve trattenere le somme pignorate e versarle secondo le indicazioni dell’ufficiale giudiziario o del creditore procedente.

La tutela del TFR ancora in corso di maturazione

Una questione particolare riguarda il pignoramento del TFR ancora in corso di maturazione per i rapporti di lavoro in essere. La giurisprudenza ha chiarito che è possibile pignorare anche le quote di TFR che matureranno in futuro, purché il rapporto di lavoro sia ancora in corso e sussista certezza sulla continuazione del rapporto stesso.

In questo caso, il pignoramento si estende alle quote che matureranno mensilmente, sempre nel rispetto del limite del quinto. Il datore di lavoro dovrà quindi operare una trattenuta mensile sulla quota di TFR che matura, versandola al creditore procedente.

Questa forma di pignoramento cessarà automaticamente con la fine del rapporto di lavoro, salvo che nel frattempo non sia intervenuta la liquidazione della procedura esecutiva.

I crediti privilegiati e le eccezioni ai limiti

Alcuni crediti godono di un trattamento privilegiato rispetto ai limiti ordinari del pignoramento del TFR. I crediti alimentari, derivanti da obblighi di mantenimento stabiliti in sede giudiziale, possono essere soddisfatti in misura superiore al quinto, fino alla metà dell’importo complessivo del TFR.

Analogamente, i crediti erariali e previdenziali possono essere oggetto di procedure esecutive con limiti più ampi rispetto a quelli ordinari, in considerazione della loro natura pubblicistica. Tuttavia, anche in questi casi permane una quota indisponibile destinata a garantire la sussistenza del debitore.

Le procedure concorsuali, come il fallimento o il concordato preventivo, possono comportare l’applicazione di regole diverse, con la possibilità di aggredire quote maggiori del TFR per soddisfare la massa dei creditori.

La cessione del quinto e il TFR

La cessione del quinto rappresenta una particolare forma di finanziamento garantita dalle trattenute dirette sulla busta paga del lavoratore. Quando il lavoratore ha già in corso una cessione del quinto sui propri emolumenti, questo può influire sulla pignorabilità del TFR.

La giurisprudenza ha chiarito che la cessione del quinto non preclude completamente il pignoramento del TFR, ma può ridurre la quota aggredibile dai creditori. Il calcolo deve tenere conto dell’effetto cumulativo delle diverse trattenute per evitare che il lavoratore sia privato completamente dei mezzi di sussistenza.

In presenza di più procedure esecutive, il giudice può disporre una regolamentazione coordinata delle trattenute per garantire un equilibrio tra i diritti dei diversi creditori e la tutela del debitore.

Le tutele procedurali e i rimedi del debitore

Il debitore dispone di diversi strumenti di tutela contro il pignoramento del TFR. L’opposizione all’esecuzione può essere proposta per contestare l’esistenza o l’ammontare del credito, mentre l’opposizione agli atti esecutivi può essere utilizzata per eccepire vizi procedurali.

Particolare rilevanza assume l’istanza di riduzione del pignoramento, prevista dall’articolo 553 del Codice di Procedura Civile, che consente al debitore di chiedere la riduzione delle trattenute quando queste compromettano gravemente le sue condizioni di vita o quelle della sua famiglia.

Il debitore può inoltre richiedere la sospensione dell’esecuzione in presenza di gravi motivi, dimostrando che il pignoramento comporterebbe un pregiudizio irreparabile sproporzionato rispetto all’interesse del creditore.

Gli aspetti fiscali

Il pignoramento del TFR comporta specifiche implicazioni fiscali che devono essere considerate sia dal debitore che dal creditore. Le somme pignorate mantengono la loro natura di reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali, con applicazione delle relative aliquote e detrazioni.

Il datore di lavoro, in qualità di sostituto d’imposta, deve operare le ritenute fiscali e previdenziali anche sulle somme oggetto di pignoramento, versando al creditore l’importo netto risultante. Questa circostanza può influire sull’effettiva somma recuperata dal creditore e deve essere considerata nella valutazione della convenienza della procedura esecutiva.

La tassazione del TFR pignorato segue le regole ordinarie previste per il trattamento di fine rapporto, con possibilità di applicazione del regime di tassazione separata in presenza dei requisiti di legge.

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Elisa Migliorini
Elisa Migliorinihttps://www.linkedin.com/in/elisa-migliorini-0024a4171/
Laureata in Giurisprudenza presso l'Università di Firenze. Approfondisce i temi legati all'IVA ed alla normativa fiscale domestica oltre ad approfondire aspetti legati al diritto societario.
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