La Cassazione rivoluziona il calcolo della tassazione separata del TFM: quando il patto di non concorrenza è condizione risolutiva, non sospensiva, cambia tutto.
Con l'ordinanza n. 33218 depositata il 19 dicembre 2024, la Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento fondamentale sulla tassazione del trattamento di fine mandato degli amministratori quando questo è collegato a un patto di non concorrenza. La sentenza affronta una questione legata alla corretta determinazione dell'imposta: quale biennio considerare per il calcolo dell'aliquota nella tassazione separata? La risposta dipende dalla natura giuridica del patto di non concorrenza, che secondo i giudici della Suprema Corte costituisce una condizione risolutiva e non sospensiva. Il quadro normativo: TFM come reddito assimilato Per comprendere la portata della sentenza, dobbiamo partire dal fatto che il TFM non è una semplice "liquidazione", ma una somma corrisposta a titolo di indennità per la cessazione di uffici ricoperti da amministratori, sindaci o revisori. Ai sensi dell'art. 50, comma 1, lett. c-bis) del TUIR, tali somme sono assimilate ai redditi di lavoro dipendente. Questa assimilazione è fondamentale perché apre la porta al regime di tassazione separata, previsto dall'art. 17, comma 1, lett. c). Il requisito della data certa La tassazione separata non è un automatismo. La norma richiede un requisito probatorio rigoroso: il diritto all'indennità deve risultare da un atto di data certa anteriore all'inizio del rapporto. Perché è fondamentale? Senza data certa, l'Agenzia delle Entrate riqualifica l'intera somma come reddito ordinario nell'anno di percezione, applicando l'aliquota marginale IRPEF (spesso il 43% più addizionali), distruggendo ogni vantaggio finanziario del TFM. Nella pratica professionale: Spesso si ricorre alla registrazione della delibera assembleare, allo scambio di PEC o alla firma digitale con marcatura temporale. In assenza di questi, il rischio di soccombenza in un eventuale contenzioso è prossimo al 100%. La disputa sul "momento di insorgenza del diritto" Il punto di rottura tra contribuenti e Fisco si consuma quasi sempre sull'interpretazione dell'art. 21 del TUIR. La norma stabilisce che l'aliquota si calcola sulla base della metà del reddito complessivo netto del contribuente nel biennio anteriore all'anno in cui è sorto il diritto alla percezione. Qui nasce il problema tecnico: quando "sorge" effettivamente il diritto se l'erogazione è legata a un patto di non concorrenza?
Tesi dell'Agenzia delle Entrate: Il diritto sorge solo quando l'amministratore ha terminato il periodo di non concorrenza (es. dopo 2 anni dalla cessazione). Pertanto, il biennio di riferimento dovrebbe essere quello immediatamente precedente al pagamento. Tesi della Cassazione (Ordinanza n. 33218/2025): Il diritto sorge nel momento in cui viene stipulato l'accordo (la firma del patto). L'obbligo di non concorrenza è una condizione che agisce "a ritroso".
Condizione sospensiva vs riso...
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